Ecco a voi il secondo capitolo… Innanzitutto ci tengo a fare dei
ringraziamenti: a Bellafifi1986, Chefame93, Juju210 e PikkolaGrandefan, per avere inserito questa fic tra i loro preferiti… E inoltre un ringraziamento
doppio a Juju210 e PikkolaGrandefan per le loro
recensioni (a proposito, niente paura, PikkolaGrandefan,
è OVVIAMENTE una Lizzie/Gordo,
anche se loro due ne dovranno passare di tutti i colori prima di poterlo
capire!).
E ora, sperando che questo capitolo sia di vostro gradimento, vi auguro
una buona lettura…
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
2. Il ballo di fine anno
Ma chi accidenti me
l’ha fatto fare?
Mi guardo allo specchio per
l’ennesima volta. I capelli mi sembrano l’unica cosa decente.
Pensare che ero tanto soddisfatta, quando ho prosciugato la mia paghetta per comprare
questo completo. E ora, invece, mi sembra che lo specchio rifletta
semplicemente l’immagine di una totale idiota.
Del resto, però, che
razza di migliore amica sarei se non facessi questo favore a Miranda? Mi ha
praticamente implorato in ginocchio.
Matt entra nella mia stanza e
mi osserva con aria critica. Mi sento talmente sfinita che non ho neanche
voglia di urlargli contro di bussare prima di entrare.
«Sembri una scema
agghindata a festa, sorellina», sogghigna.
Mi viene voglia di
strozzarlo.
«Ma davvero? Si
dà il caso che nessuno abbia chiesto il tuo parere, fratellino.»
«Ecco, è
esattamente questo tuo brutto atteggiamento a sfigurarti, credo»,
aggiunge Matt. «Magari, se provassi a rilassarti un
po’…»
Buffo. Stavolta la peste ha
detto qualcosa di sensato.
Dal piano di sotto mi giunge
il suono del campanello. Mi precipito giù per le scale e apro la porta
prima che possano farlo i miei.
Miranda indossa un bel
vestito azzurro, con la gonna lunga e non troppo stretta. Ha i capelli neri
sciolti sulle spalle e mi squadra da capo a piedi.
«Uao, Lizzie, stai
benissimo! Mica come me, che sembro una totale idiota…»
È proprio strano: i
nostri pensieri riguardo noi stesse sono praticamente identici, però
scambiati di posto. Mi liscio nervosamente i pantaloni in velluto.
«Sei tu che stai
benissimo», le assicuro con sincerità. «Ehm… Allora
andiamo?»
Annuisce e dal suo silenzio
capisco che è psicologicamente distrutta. Grido un saluto alla mamma e
al papà, mi chiudo la porta di casa alle spalle ed esco con Miranda.
Ci incamminiamo lentamente,
in direzione della scuola.
«Grazie per essere
venuta con me», esordisce Miranda dopo una lunga pausa di silenzio.
«Non ce l’avrei fatta a farmi accompagnare da Tudgeman. Sarà
già dura al ritorno, quando non potrò evitarlo in alcun
modo… Pensa che imbarazzo se si fosse presentato a casa dai miei!»
«Non c’è
problema», dico automaticamente, anche se il problema c’è,
eccome.
Non avevo intenzione di
andare a quel ballo, cavolo!
Arriviamo a scuola fin troppo
presto. Le finestre della palestra sono illuminate: è lì che si
terrà il ballo. La musica ci raggiunge e comincio a sentirmi fuori
posto.
Larry Tudgeman è in
piedi nel cortile, con un gran mazzo di strani fiori in mano. Indossa uno
smoking scuro che sembra risalire come minimo a trent’anni fa e,
nonostante l’eleganza, sembra più fuori posto di me.
Miranda geme lievemente
quando Larry si volta verso di noi. Il suo viso si illumina come un albero di
Natale. Si avvicina a grandi passi.
«Miranda! Sono
così felice che tu sia qui…» Intuisco che non ci credeva
nemmeno lui, e non saprei dire chi è più sorpreso dalla cosa, tra
lui e Miranda. «Questi sono per te», aggiunge, porgendole i fiori.
«Grazie, Larry»,
fa lei, imbarazzata.
Se non altro, il suo è
stato un bel gesto. Ho imparato a conoscere Larry Tudgeman e ho capito che non
è male, come ragazzo… Beh, almeno in linea di massima.
«Andiamo?»
Vedo Miranda farsi coraggio e
affiancarsi a Larry, che non mi ha nemmeno salutato. Ripensandoci, ci sono
molti punti negativi, in questo tipo…
Entro anch’io e mi
guardo intorno con ammirazione. La palestra è tutta addobbata e
l’insieme è davvero carino: rinfresco, pista da ballo e perfino un
dj.
Qualcuno sta già
ballando, ma non sono dell’umore giusto per unirmi a loro. Dato che non
posso godere di altre distrazioni, mi dirigo alla tavola imbandita e mi caccio
svogliatamente in bocca una manciata di popcorn. La serata non promette un gran
divertimento, esattamente come previsto.
Mi siedo su una panca
accostata ad una parete e scorro la pista con lo sguardo. Non c’è
traccia di Claire, che certamente sta ancora digerendo il rifiuto di Ethan
Craft. Kate, al contrario, è impettita al margine della pista, tirata a
lucido nel suo abitino rosso da almeno trecento dollari e stretta al braccio di
Ethan. Li fisso e noto con piacere sadico che Ethan sembra più
interessato al rinfresco che a Kate.
«Ehi, ciao.»
Sussulto e mi volto. Mi
ritrovo a guardare Gordo.
«Ciao», ribatto,
sorpresa. «Credevo che non volessi venire… Qualcosa a proposito di
una dimostrazione dei tuoi ideali o cose del genere, no?»
«Effettivamente no, non
volevo», sorride con aria un po’ impacciata. «Ma mi sono
detto che non era giusto lasciare sola la mia migliore amica.»
Ricambio il sorriso con
infinita gratitudine.
«Grazie, Gordo.
Davvero.»
Si siede accanto a me e mi
guarda ironico.
«Ehi, cos’hai
capito? Io parlavo di Miranda…»
Gli mollo un pugno leggero
sul braccio, ridendo.
«Brutto scemo.»
«Almeno ti ho fatto
ridere. Non è una buona cosa?»
Scuoto la testa continuando a
sorridere. Certo che è una buona cosa.
Parliamo del più e del
meno e non mi rendo neanche conto del passare del tempo. Miranda continua a
battere la pista con Larry, scoccandoci spesso degli sguardi imploranti.
Improvvisamente la musica
cambia e le luci si abbassano. Le coppie cominciano a ballare un lento. Mi
volto verso Ethan e Kate e li vedo abbracciati. Vorrei sprofondare, pur di non
assistere a questa scena.
«Ci stai proprio male,
vero?», mormora Gordo.
Mi accorgo che ha seguito il
mio sguardo e ha percepito il mio fastidio. Beh, del resto è un
po’ difficile non notarlo.
Cerco di fare finta di
niente.
«Ma no, la cosa non mi
tocca neanche.»
Bleah. Che bugia debole.
Gordo si volta a guardarmi.
«Non hai bisogno di
mentire con me, Lizzie. Credi che non ti conosca abbastanza da capire come ti
senti? Sto solo cercando di farti capire che, se vuoi, puoi sempre sfogarti con
qualcuno. Tutto qui.»
Annuisco lentamente e alzo lo
sguardo su di lui. Improvvisamente capisco qual è la prossima cosa da
dire.
«Balleresti con me,
Gordo?»
Per un istante mi fissa
stupito. Poi sorride timidamente, si alza e mi porge la mano.
Lo conduco sulla pista,
lascio che le sue braccia mi circondino la vita e lo abbraccio
all’altezza delle spalle. Gli sfioro appena la spalla con una guancia,
chiudo gli occhi e mi rendo improvvisamente conto di aver già vissuto
una scena simile a questa…
È stato quando Matt ha
istituito una sorta di pub nel cortile di casa nostra. Anche allora la scuola
aveva organizzato un ballo. Anche allora non ero riuscita ad andarci con Ethan.
Ricordo che Gordo non aveva ricevuto nemmeno un invito: in
quell’occasione erano le ragazze a invitare. E ricordo che non siamo
andati al ballo, che ci siamo rifugiati in cortile con Matt e Miranda e che io
ho invitato Gordo a ballare.
È buffo il modo in cui
la storia si ripete.
No,
aspettate un momento… Qualche differenza c’è. Quella volta
io ero un po’ più alta di Gordo. Adesso non è più
così. Ehi, ma quando diavolo è cresciuto? Io dov’ero? E
poi… E poi, quella volta, non abbiamo ballato così… Non
eravamo così… abbracciati…
Apro gli occhi: la mia testa
è reclinata sulla spalla di Gordo, quasi contro la mia volontà, e
siamo tremendamente vicini. Riesco quasi a sentire i battiti del suo cuore.
Sollevo di poco la testa,
sentendomi improvvisamente a disagio. Vedo Miranda stretta nella morsa di
Larry: cerca di divincolarsi e guarda verso di me, negli occhi un misto di
terrore, disgusto e… invidia?
La musica finalmente cessa e
le luci tornano normali, mentre il dj inserisce un pezzo rock. Mi allontano
lentamente da Gordo. Ci sorridiamo, ma vedo bene che è incerto e confuso
quanto me.
«Fa un po’ caldo,
qui dentro», dice, distogliendo lo sguardo.
«Sì, hai
ragione. Sarà meglio uscire», convengo io.
Sgattaioliamo fuori dalla
pista e ci dirigiamo verso la porta. A metà strada finisco addosso a
qualcuno che sembra sbucato dal nulla.
«Oh, chiedo
scusa…»
Alzo la testa e mi blocco
all’istante. È Ethan.
«Lizzie?», fa lui
con tono quasi incredulo, mandandomi in ebollizione. «Stai benissimo,
stasera!»
«Grazie, Ethan»,
sorrido scostandomi i capelli dal viso, cercando di indurlo a dirmi
qualcos’altro di carino.
Ma all’improvviso
appare Kate accanto a lui.
«Ah. McGuire»,
pronuncia a mo’ di saluto, fissandomi dall’alto in basso. Poi si
volta e mi ignora. «Vieni, Ethan, andiamo a prenderci qualcosa da
bere.»
Mi lancia uno sguardo
trionfante mentre lo trascina via con sé. Ricambio con
un’occhiataccia.
«Che smorfiosa.»
Gordo mi prende per un braccio e mi fa voltare. «Dai, lasciala
perdere.»
Sospiro e mi lascio guidare
fuori, all’aperto.
L’aria fresca mi sembra
un toccasana. Il cielo è limpido, senza una nuvola; la luna è
piena e le stelle brillano. Per qualche istante smetto di pensare a qualsiasi
cosa.
Mi siedo su una panchina nel
cortile e guardo la luna, puntando i gomiti sulle ginocchia e poggiando la
testa su una mano.
«È
bellissima», mormoro.
Gordo mi siede accanto e mi
guarda.
«Sì.
Fantastica.»
Sposto lo sguardo su di lui e
vedo che il suo viso è ben illuminato dalla luce proveniente dalla
finestra alle nostre spalle. Che strano… Non mi sono mai soffermata sui
suoi occhi. Non ho mai davvero notato che sono chiari e limpidi.
All’improvviso capisco che ci sono molte cose del mio migliore amico a
cui non ho mai pensato.
Continuo a guardarlo senza
parlare. Indossa uno smoking simile a quello di Larry, eppure sta benissimo.
È… Oddio, non avrei mai pensato di poter definire Gordo in questi
termini, ma… Sì, è carino, a modo suo.
«Lizzie…»
Mi sembra di vederlo arrossire, ma non ne sono sicura. «Ecco,
c’è… C’è una cosa che… vorrei
dirti.»
Oh, oh. Di botto tutte le
parole di Kate che ho sempre voluto ignorare mi ripiombano addosso. Non
è possibile. Gordo sta davvero per dirmi che io gli piaccio? Davvero ha
una cotta per me? Non capisco più niente.
«Certo, dimmi», mormoro,
sperando di non farfugliare.
Gordo si passa una mano
dietro il collo, senza guardarmi; poi torna a voltarsi verso di me.
«Beh…
Io…»
Qualcuno o qualcosa sfreccia
fuori dalla palestra e piomba sulla panchina. Alzo lo sguardo, confusa.
«Ah, eccovi qui»,
ansima Miranda. «Vi supplico, aiutatemi: Larry mi sta facendo impazzire!
Nascondetemi! Portatemi a casa! Almeno voi, abbiate pietà!»
«Miranda!»
Larry appare alle sue spalle.
Miranda si irrigidisce.
«Ecco
dov’eri!», sorride Larry. «Dai, vieni dentro, ti stai
perdendo la festa.»
Miranda mi guarda
supplichevole, ma con lo sguardo le faccio capire che non posso farci niente.
Dopotutto è stata lei a cacciarsi in questa situazione: avrebbe potuto
semplicemente rifiutare l’invito di Larry.
Mentre tornano dentro, mi
volto di nuovo verso Gordo.
«Allora… Cosa
stavi dicendo?»
Non so perché, ma ho
proprio voglia che le cose si chiariscano, tra noi. Anche se non ho idea di
come reagirei se lui ora mi dicesse che… Aiuto, non so cosa fare!
Gordo mi guarda e infine
scuote la testa.
«Niente, lascia
stare.» Si alza di scatto dalla panchina. «Dai, torniamo dentro
anche noi.»
***
Siamo in
piedi nel parcheggio della scuola. Il ballo è finito da una buona
mezz’ora. Miranda è andata via con Larry, come gli aveva promesso.
Gordo si è offerto di farmi compagnia finché non arriverà
mio padre.
Avevo pensato che, durante la
serata, avrebbe ripreso il discorso lasciato in sospeso. Ma non l’ha
fatto. Questa, poi, sarebbe l’occasione adatta per parlare. Invece siamo
qui già da dieci minuti e non è successo proprio nulla. Non so
più cosa pensare.
Finalmente l’auto del
papà entra nel parcheggio e si ferma davanti a noi. Mio padre esce con
la testa dal finestrino.
«Ehi, Gordo. Sali, ti
do un passaggio.»
«Grazie mille, signor
McGuire.»
Gordo apre la portiera
posteriore. Io mi siedo accanto al papà e mi allaccio la cintura.
«Allora, tesoro»,
esordisce il papà mentre riparte, «ti sei divertita?»
«Per niente»,
ribatto. «Finché non è venuto qualcuno a farmi
compagnia.»
Mi volto verso Gordo e gli
sorrido. Lui ricambia, poi si gira a guardare fuori dal finestrino.
Durante il tragitto parliamo
tranquillamente del più e del meno. Ben presto arriviamo davanti a casa
Gordon.
Gordo ringrazia del passaggio
e io scendo per salutarlo.
«Beh, ‘notte,
Lizzie.»
«Ehi», lo fermo
prima che rientri in casa. «Grazie per stasera. Davvero. Ti ringrazio
tanto.»
«E di cosa?»
Gordo sorride impacciato. Per
un istante ho l’impressione che stia per aggiungere qualcosa, ma poi
sembra rinunciarci e scuote leggermente la testa.
«Allora
buonanotte», lo saluto.
Poi, prima che possa rendermi
conto di ciò che sto facendo, avanzo verso di lui e lo bacio su una
guancia.
Gordo rimane immobile a
guardarmi. Lo vedo arrossire nella penombra e all’improvviso avverto
tutto l’imbarazzo del gesto che ho appena compiuto.
Mi volto e torno velocemente
alla macchina.
Mentre rimette in moto, il
papà mi fissa a lungo, in silenzio. Mi chiedo che cos’abbia visto.
Sfuggo ai suoi occhi e appoggio una guancia rovente al vetro gelido del
finestrino.
È assurdo. È
semplicemente assurdo. Io non ho una cotta per Gordo.
Ma allora perché ho
questo vuoto allo stomaco?