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Autore: Pascoli Oscar    22/01/2014    1 recensioni
Joseph in camera teneva ancora dei peluche, tra cui un cane lupo, che, dal momento che la stella era entrata in camera sua, si era animato; non faceva altro che ululare e, quando Joseph si decise scendere giù dal suo letto, disse:
– Finalmente ti sei deciso a lasciare la tua cuccia.
– Per tua regola il mio è un letto, non una cuccia, quella dovrei costruirla per te, visto che adesso non sei più un peluche, ma sei realmente un cane lupo – rispose seccamente Joseph.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Joseph aveva ricevuto in regalo per il suo quattordicesimo anno d’età un bellissimo telescopio e, per lui fu in assoluto il regalo più bello che avessero potuto fargli; difatti, quasi non si curò della festa che i suoi genitori gli avevano preparato e prese a montare il telescopio nella sua cameretta. Quella stessa sera, quando tutti furono andati via, prese a scrutare il cielo e, alla vista dello spazio così bello e infinitamente immenso, ne restò tanto affascinato che da quel momento avrebbe osservato il cielo tutte le sere. Egli, presa la sua enciclopedia, cominciò a studiare i vari pianeti, le stelle e le costellazioni che formavano l’universo. Joseph era un ragazzino esile alto un metro e sessanta circa, il visino delicato e sottile era di un bianco candido con qualche lentiggine sul naso il mento leggermente appuntito e una delicata fossetta appena sotto le piccole labbra rosse come il papavero, anche il suo naso era piccolo e leggermente appuntito. Gli occhi, tra il grigio e l’azzurro, sembravano essere di ghiaccio, tanto lucidi, da sembrare di specchiarsi nelle acque di un ruscello di montagna, i capelli biondi come il grano in agosto erano leggermente lunghi e con morbidi riccioli. Calzava comuni scarpe da tennis e t shirt colorate, Solo da poche settimane aveva cominciato ad indossare pantaloni in jeans. Di carattere dolce e sereno, amava la scuola e dedicava molto tempo allo studio, gli piaceva tanto giocare con i suoi fratelli e i suoi genitori, in particolare col padre che, ancora allora, gli raccontava splendide favole. Un uomo davvero simpatico e giocoso che amava scherzare anche con la famiglia così come con gli amici. Alto poco più di un metro e settanta di corporatura snella aveva gli occhi verdi, il colore della pelle era mediterraneo così come il suo naso pronunziato e i capelli castano scuri. Si era sposato che aveva ancora ventidue anni e già a ventitré era padre di Joseph. Il suo lavoro però gli imponeva di indossare seri vestiti con giacca e cravatta dandogli così un aspetto serioso che non gli s'addiceva. La madre di Joseph una donna giovane e affascinante, aveva appena diciannove anni quando si sposò, era dedita alla famiglia e amava stare tra i fornelli per preparare piatti speciali e succulenti dolci. Snella e della stessa altezza del marito, aveva il viso sottile e curato gli occhi azzurro chiaro ha lunghi capelli biondi. Era solita indossare colorati vestiti fiorati, raramente portava jeans, pensava che non la facessero abbastanza donna, “Buoni per quando curo i fiori del giardino” diceva. Anche lei amava giocare con i suoi figli e ascoltare il marito che raccontava le favole ai figli, Alex e Alba, rispettivamente di otto e quattro anni. Come tutti i bambini pensavano più a giocare e andavano molto d’accordo con il fratello più grande, il quale spesso li faceva giocare a cavalluccio fino a quando non si stancava. Alex frequentava la terza elementare, ma, al contrario di Joseph non gli piaceva molto studiare, si somigliavano solo fisicamente, entrambi, erano il ritratto della madre. Alba che sembrava avere i lineamenti del padre, frequentava la scuola materna, gli piacevano le bambole, come tutte le bambine e amava scarabocchiare i quaderni del fratello, diceva che quelli non erano scarabocchi ma i suoi disegni. Una sera Joseph si attardò più del solito a guardare la costellazione dello Zodiaco perché aveva come l’impressione che le stelle che lo raffiguravano si animassero. Il sagittario sembrava impazzito e lanciava le sue frecce a dritta e a manca, mentre l’Unicorno lo inseguiva come se lo volesse fermare, ma il Sagittario, giratosi di scatto, gli scagliò contro una delle sue frecce colpendolo dritto in fronte, facendogli così saltare il corno che, cadendo si perse nel buio dell’universo. Certo, il tempo delle favole era già passato da un po’ per Joseph, ma gli era sembrato di assistere ad un vero e proprio combattimento dove l’Unicorno aveva avuto la peggio, di fatto, il candido animale era rimasto a terra stremato. Joseph chiuse il telescopio e si mise sul suo lettino. – Certo che devo averne di fantasia, se riesco a vedere delle stelle che combattono fra loro – pensava, mentre si metteva sotto le coperte e, proprio mentre pensava questo, ecco una luce abbagliante entrare nella sua stanza e dentro la luce apparire una signora con gli occhi gonfi di pianto, che gli disse: – Joseph, ti prego, solo tu puoi aiutarci – Joseph saltò in piedi sul letto e guardò bene la donna. Era come se la luna fosse entrata direttamente nella sua stanza con tutto il proprio splendore, insieme alle stelle che la circondavano. – Chi è? Cosa cerca? – chiese il ragazzo spaventato. – Sono la tua stella, colei che per tanti anni, durante la tua infanzia, ti ha aiutato, confortato e ti ha guidato, quando hai avuto bisogno, e colei che ahimè, adesso invoca il tuo aiuto – rispose lei singhiozzando. – Non è possibile. Le stelle non parlano e tanto meno entrano nelle stanze dei ragazzi – rispose Joseph rimettendosi sotto le coperte, coprendosi persino gli occhi. La stella allora diventò più luminosa e, come per incanto, i giochi che Joseph teneva nella sua stanza cominciarono ad animarsi, mentre egli si scopriva gli occhi lentamente. – Cosa sta succedendo? – Chiese guardandosi intorno, meravigliato – Ti ricordi la ninna nanna che ti cantava tuo padre, quando eri bambino? – chiese la stella. – Più o meno – rispose Joseph diffidente. – Cerca di sforzare un po’ la memoria – lo pregò la stella. - Faceva più o meno così: “…l’uccellino nella notte in cielo volò una piccola stella rubò e sul cuscino di Joseph la posò. La piccola stella nella notte tante storie gli raccontò. Gli raccontò che, il mondo è tondo e che il mare è profondo – Joseph non si rendeva conto che realmente stava discutendo con una stella del cielo, quelle parole di fatto le ricordava, in quanto il padre ancora adesso cantava, quella ninna nanna, per fare addormentare i suoi fratelli più piccoli, oppure, quando si mettevano a giocare nella sua camera da letto. – Ma bravo, non credevo la ricordassi ancora così bene – disse la piccola stella accennando ad un applauso. - Questa è bella. Adesso sto parlando anche con una stella. Di sicuro sto facendo un fantastico sogno – disse Joseph e prese a darsi schiaffi in faccia. Quelli però li sentì veramente. – Se non fosse che sono ancora un ragazzino, penserei di essere uscito di senno – disse e saltò giù dal letto. Quando fu in piedi, vide davanti a sé l’Unicorno che agonizzante era a terra e con un filo di voce chiedeva aiuto. Joseph in camera teneva ancora dei peluche, tra cui un cane lupo, che, dal momento che la stella era entrata in camera sua, si era animato; non faceva altro che ululare e, quando Joseph si decise scendere giù dal suo letto, disse: – Finalmente ti sei deciso a lasciare la tua cuccia. – Per tua regola il mio è un letto, non una cuccia, quella dovrei costruirla per te, visto che adesso non sei più un peluche, ma sei realmente un cane lupo – rispose seccamente Joseph. – Chiedo perdono – si scusò il cane lupo. Al coniglietto che si divertiva a salterellare sopra il suo lettino, chiese: – Non hai capito? – e con voce severa aggiunse – Questo è il mio letto. Il coniglietto si mise sotto il letto tremando di paura, mentre il pappagallo svolazzando di qua e di là gracidava: - Aiutalo. Aiutalo! – E tu fammi la cortesia di posarti da qualche parte e chiudi il becco. Il pappagallo in quel momento posandosi sopra l’armadio gracidò: – Più crescono più sono intrattabili. Intanto il disegno di una grande aquila reale si staccava dalla parete e, posatosi sulle spalle, con le sue grandi ali abbracciò Joseph in segno di protezione. – Ho sempre pensato che mio padre ti avesse disegnata troppo realisticamente – scherzò Joseph – E allora giovanotto? Ti decidi o no? – chiese l’aquila dentro il suo orecchio. – Ho come l’impressione che tutti voi abbiate fatto una congiura alle mie spalle – disse Joseph e, mettendosi le mani ai fianchi, aggiunse: – Potrei anche dire di si, ma vorrei capire perché proprio io. – Perché tu solo hai visto quello che è accaduto ed è tuo dovere aiutarci – disse la piccola stella e d’improvviso la stanza di Joseph si illuminò ancora di più, come se, insieme alla luna, tutte le stelle fossero entrate dentro la sua stanza. Joseph si fece indietro dicendo: – A questo punto posso anche pensare che tutto sia frutto del demonio e mi metterò a gridare così forte da svegliare i miei genitori – Joseph però non era spaventato; anzi, a guardarlo era come stupefatto da ciò che gli stava accadendo. IL coniglio che ne aveva d’esperienza, avvicinandosi a lui disse: – Ascolta, io di paura me ne intendo e tu non ne hai proprio, anzi, se credi che esiste il demonio, a maggior ragione devi credere a ciò che stai per vivere e, se proprio lo vuoi sapere, sono certo che non vedi l’ora di vivere questa avventura. – Joseph si sedette sul cubo che era ai piedi del suo letto e nascosto il proprio volto tra le sue mani rifletteva su ciò che era giusto fare. –Ragazzi, che dilemma! Certo che sarà un’avventura e per ciò ci saranno anche dei pericoli e se qualcosa dovesse andare storto, cosa ne sarà di me?– L’aquila in quel momento si riavvicinò a lui e coprendo le sue spalle come a fare da mantello, lo incoraggiò così: – Ascolta Joseph. Noi ti saremo sempre accanto a costo della nostra vita, però tu devi fare il possibile per salvare l’Unicorno – Joseph volse il capo per cercare l’animale agonizzante, ma questi era svanito insieme alla piccola stella. Guardò dunque i suoi animali animati e chiese: – Come mai è così importante salvare un cavallo con un corno in testa, che non è altro poi che il nome di un simbolo dello zodiaco? – L’aquila si eresse allora nella sua maestà e rispose: – Tu non puoi capire, ma quello che per molti è solo un simbolo, moltissimi secoli fa, era libero nei giardini della terra amato e rispettato da tutti gli uomini poiché segno di purezza, nessuno osava cavalcarlo, solo chi come lui era puro – – Ciò che dici altro non fa che aggiungere dubbi – disse Joseph chinando il capo. – Mi chiedo ancora per-ché proprio io – aggiunse. Ci fu un minuto di silenzio che sembrò durare un’eternità, poi, avvicinatosi all'aquila, gli sussurrò qualcosa, dopo di ché l’aquila volò via dalla finestra, mentre Joseph la seguiva con lo sguardo e tutti gli altri dietro lui fecero la stessa cosa. – Perché è andata via? – chiese il cane lupo. L’aquila continuava a volare fino a diventare un puntino nel cielo, per poi sparire, e di un tratto riapparire più maestosa che prima. Quando si posò nel giardino della casa di Joseph, le sue ali provocarono un gran vento a cui gli alberi dovettero inchinarsi. – Ecco la risposta alla tua domanda – disse il coniglio al cane lupo. Il pappagallo posandosi sulla testa dell’aquila, indispettita gracidò. – Non potevi portare anche me, eh? Sarei potuto diventare come te e invece eccomi qua: un semplice e piccolo pappagallo – L’aquila scrollò la testa per liberarsene. – Non credo proprio che tu possa diventare, come me – rispose fiera. – A cosa servirebbe un pappagallo tanto grande, se poi ha un cervello troppo piccolo? – scherzò il coniglio – Mentre la tua paura è più grande di sua maestà l’aquila – rispose il pappagallo offeso. – Se non la finite, di voi due ne faccio un solo bocco-ne – replicò il cane lupo, infastidito da quei discorsi stupidi. – E no! Così non va proprio. Se già da ora vi fate i dispetti mando tutto e tutti a quel paese. Se sei rimasto così ci sarà un motivo valido, di sicuro anche tu avrai la tua parte in questa storia – Joseph stava già per perdere la pazienza e gli amici lo avevano capito Stettero dunque in religioso silenzio aspettando le decisioni di Joseph, quando l’aquila rompendo gli indugi disse: – Dai, saltate su che si parte! – Joseph prese il coniglio e lo mise nella tasca del marsupio, il pappagallo legato alla bretella dei pantaloni e salì in groppa all'aquila. Prese tra le mani, le sue piume per tenersi stretto, mentre il cane lupo affondò i suoi artigli nella carne dell’aquila, la quale gridò: – Ehi, fai male, trova un altro modo di tenerti a me – – Mi dispiace, ma non so come fare. Mica ho le mani; ho le zampe io – disse il cane lupo. Joseph si portò la mano destra al mento e fregandolo disse: – Questo è un problema. Ci vorrebbe un’idea – Entrò in camera sua e, rovistando tra le proprie cose, trovò un vecchio zaino. Vi fece entrare il cane lupo e se lo mise sulle spalle. – Certo che, per essere un peluche, pesi – disse Joseph salendo in groppa all'aquila, la quale si alzò subito in volo. Quando erano già in alto nel cielo Joseph chiese all'aquila: – Sappiamo dove andare? Io nella confusione non ho chiesto niente alla piccola stella – – Andiamo dalla stella polare, lì ti diranno dove andare e cosa fare – suggerì lei e nella sua mente pensò “ o almeno lo spero “ Joseph aveva ricevuto un dono dalla piccola stella, sentire anche i pensieri di chi lo seguiva, oltre che a parlare con loro, ma questo l’aquila non lo sapeva. – Cosa significa“almeno spero” – chiese Joseph e lei imbarazzata rispose; – Nulla, era solo una mia riflessione. Mi è venuta così – -Beh; fai attenzione alle tue riflessioni, perché a quanto pare riesco a leggere anche il pensiero - l’avvisò il ragazzo. Durante il volo verso la stella polare, Joseph non poté fare a meno di notare che nel cielo vi era un vuoto, in pratica non vi erano stelle. – Mi chiedo come mai non siano presenti le stelle in questo angolo di cielo – – Come!? Non ricordi? Qui vi abitava l’Unicorno – affermò il cane lupo. Il ragazzo chinò il capo e mestamente considerò: – Hai ragione. Non capisco cosa sia potuto passare per la mente del Sagittario, quando, ha scagliato quella freccia all'indirizzo dell’Unicorno. E pensare che ho creduto fosse la mia immaginazione – Il coniglio allora tirò fuori il suo piccolo muso dal marsupio e rispose: – Tu non sai cosa l’immaginazione di un ragazzino possa provocare – e si nascose di nuovo perché aveva paura di volare. Mentre si avvicinavano, furono splendore del castello che stavano per raggiungere. Era come fatto di cristallo e aveva i colori del diamante. Sulla torre più alta troneggiava un enorme leone alato. Intanto che si facevano più vicini, sentivano delle voci provenire dal castello. – Solo il ragazzo dai riccioli d’oro e gli occhi di ghiaccio potranno salvarlo – diceva una alquanto stridente vocina. – Credete stiano parlando di me? – chiese Joseph, mentre l’aquila si posava sulla torre più bassa accanto a quella del leone alato. – Suppongo di sì – rispose il pappagallo. Tutti i segni dello Zodiaco e le costellazioni erano presenti tranne il Sagittario che, come impazzito, vagava per tutto l’universo e l’Unicorno che, agonizzante, era stato portato al sicuro dove poteva essere curato. – Eccolo è arrivato – li avvisò l’Ariete. Entrò nella torre preceduto dall'Ariete e seguito da gli altri segni zodiacali, scese per la scale che come in vertiginosa una spirale lo condusse alla sala del trono dove ad attenderlo c’erano altre stelle dalle sembianze quasi umane tranne per il fatto che non avevano gambe e piedi ma si libravano nel vuoto e, al passaggio di Joseph si raccolsero in due grandi ali, in fondo alle quali si intravedeva una giovane donna dal pallido viso fine e delicato, le sue labbra erano così piccole che quasi non si vedevano, aveva lunghissimi capelli biondo oro e gli occhi di un azzurro argenteo. Indossava un lungo abito candido come la neve e il colletto alto che quasi gli copriva il mento. Un lungo mantello color argento trapunto di stelle legato al petto con una cordicella d’oro al centro della quale vi era una spilla con un medaglione, anch'esso d’oro con in rilievo l’immagine del leone alato che aveva visto sulla torre più alta del castello, che si trascinava dietro e infine un diadema d’oro frastagliato di diamanti e sulla cui sommità vi erano stelle brillanti, era posto sulla sua piccola testa. – Vieni avanti. Non avere paura – disse con la sua voce angelica. Un tenero sorriso faceva brillare il suo volto luminoso come la luna; dagli occhi però, traspariva la sua preoccupazione. Joseph si prostrò davanti a lei e col capo chino chiese: – Come posso aiutarvi io, semplice mortale? – La voce gli tremava e la sensazione di disagio si trasformò in paura, pensava: “ Tu guarda in che situazione sono andato a cacciarmi. Chi, me l’ha fatto fare? “ – Tu giovane uomo dovrai salvare l’universo da un pericolo incombente, di fatto c’è una creatura che lo vuole distruggere per diventarne poi il signore assoluto e ridurre in schiavitù quelli che lo abitano – -Mi domando cosa c’entri questo essere con il corno del cavallo bianco- obbiettò il ragazzo. -Egli vuole il corno del cavallo bianco perché da esso può ricavarne linfa, che lo riporterebbe in vita!- La giovane regina intanto sfilò dal suo anulare un bellissimo anello di diamanti con un grosso zaffiro sopra che raffigurava un leone alato. Lo porse a Joseph dicendo: – Prendilo. Questo ti permetterà di entrare in tutti i luoghi del regno. Basta che tu lo mostri a chiunque voglia impedire il tuo cammino – Joseph mise l’anello al suo anulare e, come per magia questo si incollò al suo dito. – Maestà. Vi ringrazio per codesto dono, però non so da dove iniziare e cosa cercare – spiegò poi. - Devi cercare il corno e riportarlo all'Unicorno. Per quanto riguarda dove, sarà il tuo istinto a rivelartelo – rispose lei. - Credete veramente che io sarò in grado di portare a temine il compito che mi state affidando?- domandò il ragazzo mentre fissava l’anello. -Ne sono certa- rispose lei con fermezza. -Io però… ecco, continuo a pensare di potercela fare- replicò Joseph -Devi avere fiducia in te stesso ragazzo mio. Vedrai, tutto ti sembrerà molto più facile- continuò, la regina, guardandolo con tenerezza. Joseph allora si alzò in piedi dicendo: – Bene. Spero proprio di potervi aiutare – e, girate le spalle, andò via mentre la regina continuava a fissarlo. “Va Joseph, non aver paura. Tu sei il futuro dell’umanità” pensava ma, questi pensieri, il ragazzo non poteva carpirli. Giunto dai suoi amici salì subito in groppa all'aquila e, senza fare alcun cenno al colloquio intercorso tra lui e la regina, disse: – Coraggio amici miei, si va alla ricerca del corno del cavallo bianco – l’aquila, senza fare domande, spiccò il volo. Note dell'autore Salve a tutti! Seguendo il suggerimento del mio Recensore ho modificato il testo. Troverete che sono stati aggiunti nuovi particolare. Arrivederci alla prossima
  
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