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Autore: lafilledeEris    22/01/2014    1 recensioni
Hunter Clarington è sparito a poche settimane dalle Regionali. Kurt e Sebastian vengono incaricati, loro malgrado, di andare a recuperare il leader degli Usignoli.
Sarà un viaggio che li porterà ad attraversare l'America. Riusciranno a sopravvivere l'uno all'altro o si scanneranno?
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Dal Cap. I
Un blazer scorrazzava per la scuola, senza fermarsi davanti a niente e a nessuno, travolgendo il povero bidello e rovesciando il secchio piano d’acqua.
“Signor Sterling, il preside lo verrà a sapere” si sentì dire da una voce indistinta.
E a dare l’allarme fu un Usignolo biondo, dal maldestro ciuffo spettinato a causa della corsa e con la cravatta fuori posto. La cravatta fuori posto non era ben vista alla Dalton. Oh, no. Soprattutto se eri un Usignolo: ne andava del buon nome del Glee Club.
“Abbiamo perso un Usignolo!” gridò Jeff a gran voce, aprendo all’improvviso la pesante porta in mogano della sala prove del Glee Club.
Il viso paonazzo e il fiatone furono ciò che lo fecero stramazzare al suolo, poco dopo.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.a L'ultimo aggiornamento di questa storia risale al 6 settembre 2013. Sono passati quattro mesi dall'ultimo aggiornamento. So che nel frattempo ho messo l'annuncio sul mio profilo avvisando che mi sarei presa una pausa, ho ripreso a pubblicare dopo un po', ma sapete, è stata proprio questa storia a farmi dannare. Ogni volta che provavo a scrivere il nuovo capitolo c'era sempre qualcosa che non mi convinceva. Che fosse la forma o l'idea generale, continuavo a cestinare tutto. Però mi mancava scrivere questa long, perché l'idea in sé mi piace moltissimo. Mi sta aiutando a capire cosa mi piace e cosa non mi piace quando devo scrivere. Ora, spero di aver detto tutto e mi auguro di non far passare nuovamente così tanto tempo per la pubblicazione del capitolo successivo.

Bacini rock'n roll.

 

N.

 

 

 

 

III

Illinois

 

 

“E comunque, a Thompsonville non ci fermiamo” aveva sentenziato Sebastian mentre percorrevano la I-70 W.

Kurt, in quel momento intento a leggere Vogue, non aveva dato peso a quelle parole. Insomma, da quando avevano lasciato l'Indiana non avevano fatto alcuna sosta, era umanamente impossibile che l'altro non volesse riposarsi.

Kurt continuava a pensare che in tutta quella situazione – il viaggio, loro due che dividevano la stessa macchina, lo stesso letto, la stessa aria - ci fosse qualcosa di sbagliato.

Sebastian era un tipo strano. Era taciturno e a Kurt piaceva parlare, le uniche volte in cui apriva bocca, lo faceva per insultarlo. Aveva una propensione a rubargli le coperte, lo aveva scoperto a sue spese, nella notte passata in Indiana.

Sebastian era tutto ciò che Kurt non cercava in un ragazzo. Ok, Kurt non stava cercando un ragazzo. Lui stava bene nel suo mondo fatto di maratone di soap opera e reality show, marshmallow e patatine. Aveva lasciato alla Dalton il suo cuscino-fidanzato, non poteva certo permettersi che Sebastian lo scoprisse, lo avrebbe preso in giro a vita, come minimo.

Aveva incasinato completamente la sua vita per quello stupido viaggio. Dio, avrebbe strozzato Hunter appena se lo fosse trovato davanti.

“Sebastian, davvero. Io devo andare in bagno!” protestò Kurt.

“Puoi farla benissimo in aperta campagna”.

“Non lo farò mai”.

“Per Dio, Kurt sei un uomo, hai qualcosa che molte donne invidierebbero in casi come questi e tu vuoi un bagno?”

Un attimo, gli stava davvero proponendo di farla così, col sedere all'aria, col rischio che qualcuno potesse vederlo... No.

Quel ragazzo lo stava portando all'esasperazione.

“Al prossimo autogrill ci fermiamo” sentenziò Kurt.

“No”.

Hummel strabuzzò gli occhi, incredulo. Continuava a battere freneticamente il piede contro il tappetino dell'auto, facendo tremare le cosce e stringendo in maniera convulsa le mani fra queste.

Sebastian non sembrava per nulla indispettito, da quei gesti nervosi. Invece, Kurt voleva che lo fosse, voleva esasperarlo e costringerlo a fermarsi nel primo posto dotato di un bagno, fosse anche uno di quelli chimici. Ok, non esageriamo. Magari un bagno alla turca, ecco. Quello sarebbe stato il suo limite. Di tanto in tanto, Kurt buttava un occhio, sperando che Sebastian non si accorgesse che lo stava studiando per capire quanto mancasse a fargli perdere la pazienza.

Ottenendo l'effetto contrario, Kurt continuava a sentire il bisogno impellente di dover andare in bagno, ormai era arrivato al limite della sopportazione. Sospirò esasperato, finché ad un tratto non sentì una mano sulla coscia, che stringeva, anche se non troppo forte. Beh, se lui teneva le sue in mezzo alle gambe...

“Sebastian!” abbaiò Kurt.

Il ragazzo, chiamato in causa, alzò gli occhi al cielo.

“Sei snervante, sappilo!”.

“Leva subito la mano dalla mia coscia. E per la cronaca, è colpa tua: io devo andare in bagno, ma tu non ti vuoi fermare”.

“Io non ho detto che non mi voglio fermare” precisò Smythe, “ti ho detto che potresti farla ovunque vorresti, ma tu sei troppo femmina da non capire come si usa l'idrante che hai fra le gambe. Ferma questo cavolo di tremolio”.

Sebastian era insopportabile, voleva sempre avere l'ultima parola. Kurt non riusciva a capacitarsi di come, al momento, fosse riuscito ad imporsi di non mettergli le mani al collo. E stringere più forte che avrebbe potuto. Era snervante discutere con lui, soprattutto perché si mettevano a litigare per le cose più futili. Questo, aveva supposto Kurt, dipendeva dal fatto che fosse abituato ad avere sempre la meglio col suo interlocutore. Ma con lui era tutta un'altra storia: non avrebbe mai dato ragione a Sebastian, nemmeno fra un trilione di anni.

“Io so benissimo cosa c'è fra le mie gambe” sentenziò serio Kurt, alzando il mento e evitando accuratamente lo sguardo di Sebastian. Se avesse fatto diversamente sarebbe arrossito, anzi no, sarebbe diventato di tutti i colori dell'arcobaleno e Sebastian lo avrebbe preso in giro a vita. Forse anche di più, magari stava escogitando già il modo di prenderlo in giro anche oltre. Era di Sebastian Smythe che stava parlando: lui faceva le pentole ( e forse anche i coperchi ) insieme al diavolo.

“Ci fermiamo” disse Sebastian, frenando il flusso dei pensieri di Kurt “ ma solo perché ho bisogno di un caffè”.

“Come vuoi” soffiò Kurt, mentre slacciava la cintura di sicurezza ( che si era rivelata parecchio utile visto come guidava Sebastian) e si defilava alla disperata ricerca di un bagno.

 

 

Quando Kurt tornò dal bagno, trovò Sebastian seduto ad un tavolo che teneva la guancia premuta contro il palmo della mano sinistra, mentre con l'altra girava pigramente la tazza di caffè lungo. Teneva gli occhi leggermente socchiusi, con le ciglia lunghe , un po' più chiare sule punte, che facevano una piccola ombra appena sotto gli occhi. Anche i capelli sembravano più chiari, con il sole, anche se un po' ingrigito dalle nuvole cariche di pioggia, che arrivava perpendicolare e illuminava tutto intorno. Era strano vederlo così tranquillo, per lui che era abituato a vederlo sempre con una scintilla di malizia in quegli inquieti occhi verdi. Aveva un'aria meno severa senza il blazer degli Usignoli, sostituito da un maglione grigio antracite che lo avvolgeva dolcemente.

Kurt abbassò gli occhi sul piano del tavolo e vide che davanti alla sedia che avrebbe dovuto occupare vi era già una tazza di caffè nero fumante.

Strano, Sebastian non sapeva come lui prendesse il caffè. A dire il vero, non sapevano molto l'uno dell'altro. Quando prese la tazza in mano, lasciò che il calore del liquido gli riscaldasse le mani gelate. Sebastian davanti a lui continuava a far girare a vuoto il cucchiaino dentro la tazza.

Kurt si portò la tazza alle labbra, soffiando piano per raffreddarlo, il tanto di non bruciarsi la lingua.

Assaggiò il caffè...

“Che schifo!” Iniziò a sputacchiare il caffè, in maniera molto poco aggraziata, cosa che portò l'attenzione di Sebastian su di lui.

“Che diamine stai facendo?” Alzò il sopracciglio, squadrandolo – quasi schifandolo - , mentre Kurt rischiava di soffocare. Si alzò in direzione del bancone e quando tornò aveva con sé una zuccheriera, di quella tonde e panciute sui fianchi, ma col fondo squadrato.

“Tu non sai affatto come io prenda il caffè”.

Sebastian storse le labbra.

“Perché dovrebbe interessarmi?Io lo prendo amaro, quindi alla fine stava a te vedere quando zucchero metterci”.

Kurt indicò la tazza, spalancando gli occhi.

“Mi hai ordinato la colazione alla cieca, tirando a indovinare e nemmeno a me interessa sapere come prendi il caffè. Avresti almeno potuto chiedere!”

“Avrei dovuto seguirti in bagno”.

Colpito. Kurt ammutolì e riprese il suo posto, mentre apriva la zuccheriera e infilava il cucchiaino di plastica verde fino in fondo, portandolo poi strapieno di zucchero sul bordo della tazza.

Uno.

Il cucchiaino venne tuffato nuovamente dentro la zuccheriera.

Due.

Niente di strano, a molti piaceva dolce.

Tre.

Tanto dolce.

Quattro.

Da diabete.

Cinque.

Sebastian sentiva il colesterolo di Kurt gridare vendetta.

Quando quest'ultimo stava per infilare di nuovo il cucchiaino, Sebastian ebbe la prontezza di riflessi di togliergli da sotto il naso il mal capitato contenitore.

“Ehi!” protestò Kurt “Non avevo ancora finito”.

“Io dico di sì”.

Kurt allungò la mano per recuperare il mal tolto, guardando in cagnesco Sebastian. Era guerra aperta.

“E' zucchero di canna” ringhiò Kurt.

“Ti fa male troppo zucchero, ad ogni modo” disse atono Sebastian.

Kurt mise un piccolo broncio, mollando la presa. Non poteva fare una scenata in un luogo pubblico, non era da lui. Lui non era come Hunter con lo Splenda.

“A titolo di cronaca, lo zucchero di canna è dietetico”. Dopo di che nascose metà viso dietro la tazza. Magari se si concentrava su quello avrebbe evitato di fare qualcosa di sconsiderato. Come strozzare Sebastian ( pernsiero che, a quanto pareva, stava diventando ricorrente). Quando riabbassò la tazza, tenne gli occhi bassi, cercando di non pensare alla lingua che ancora pizzicava a causa del caffè bollente.

“Mi prendi in giro?” ringhiò piano Sebastian. Le labbra erano contratte in un linea sottile e aveva una piccola ruga corrucciava le sopracciglia. Sembrava arrabbiato, o infastidito. Kurt non riusciva a capirne il motivo. Spalancò gli occhi, cercando di capire cosa potesse aver fatto stavolta.

“Fai quella cosa con la lingua” Sebastian si indicò il contorno della labbra con l'indice “Senti, per me sei un novellino” Kurt gli fece una linguaccia “ Ma qualcuno ha gradito, lasciati dire che probabilmente ha qualche problema, ma ehi, de gustibus”.

Kurt piegò la testa da una parte.

“Eh?”

“Un tipo deve aver gradito il tuo giochino con la lingua”.

Di sicuro lo stava prendendo per il culo, lui non faceva mai nulla di anche lontanamente sexy, o che potesse attirare l'attenzione di qualcuno. Oltretutto, se si parlava del momento in cui beveva il caffè, gli piaceva solo la sensazione dello zucchero sulle labbra. Oh.

“Non lo faccio apposta” disse, abbassando gli occhi.

“ A me non fa nessun effetto”, Sebastian alzò le braccia, come per tirarsene fuori ( bugiardo, pessimo bugiardo, più avanti lo avrebbe capito) “ ma c'è chi apprezza, a quanto pare”.

Kurt si morsicò piano un angolo del labbro inferiore, sentendo le guance imporporarsi leggermente.

“Chi è?” Tenne gli occhi bassi mentre lo chiedeva. Non era abituato a sentirsi dire che qualcuno potesse in qualche modo essere interessato a lui. Oltre allo stare sul palcoscenico, non aveva mai davvero pensato a come sarebbe stato ricevere attenzioni – quel tipo di attenzioni che richiedevano impegno, che ti facevano sospirare e sentire apprezzato – da qualcuno che si prendeva cura solo di lui. Era qualcosa che comprendeva avere un coinvolgimento di qualunque tipo con l'altra persona, e lui era troppo sognatore, romantico e indaffarato a pensare a come stare su un palcoscenico, piuttosto che cercare qualcuno con cui impegnarsi. E al momento, l'unico con cui aveva intenzione di impegnarsi, si trovava a chilometri di distanza.

“Se te lo dico non devi girarti” disse Sebastian “ abbi almeno un po' di amor proprio”.

Kurt si mise una mano sul cuore – tenendo ben nascosta quella con le dita incrociate, era troppo curioso di vedere chi potesse essere il ragazzo in questione – e guardò Sebastian.

“Giuro”.

“E' vicino al bancone. Non è neanche malaccio come tipo, alto, capelli scuri, ben piazzato. Un po' un Clark Kent dei poveri, con quegli occhialini da nerd”.

Kurt era davvero troppo curioso – e non era nella sua indole non soddisfare certe curiosità – e si voltò di scatto. Quello che vide gli piacque, eccome. Anche Sebsatian poté intuire quanto gli piacesse, forse a causa della bocca che formava un piccola “o” e non accennava a volersi chiudere.

“Dannazione, Kurt! Hai giurato!”

Hummel mosse la mano, senza nemmeno seguire i movimenti che faceva, cercava solo di far zittire Sebastian.

Quel ragazzo era davvero bello, aveva fascino. Aveva i capelli scuri come la pece, la carnagione era olivastra, la fronte non eccessivamente ampia, teneva lo sguardo basso su un libricino, mentre con le mani grandi girava con cura le pagine di un libro che Kurt dovette immaginare fosse di cucina, da quella distanza, anche se ne aveva poggiato un angolo contro uno spigolo della macchina del caffè, non riusciva a vedere bene, distingueva a malapena quello che doveva essere un vassoio con sopra una pietanza; il dubbio venne dissipato quando Kurt notò la casacca da chef con vari piccoli stemmi, sotto il cardigan nero. E doveva avere proprio un bel sorriso, anzi no, aveva un bel sorriso perché in quel momento lo stava guardando.

“Cavolo!” si girò di nuovo verso Sebastian.

“Beccato” lo prese in giro l'altro, ghignando come per dire “Te l'avevo detto”.

Ad un certo punto, però la sua espressione cambiò e fece qualcosa che stupì Kurt. Si alzò e scivolò accanto a lui, mettendo un braccio dietro la sua schiena. Quando il ragazzo che era seduto al bancone, si alzò Kurt capì le intenzioni di Sebastian.

“Mi spieghi che problemi hai?” sussurrò a denti stretti, sorridendo in direzione dello chef, mentre Sebastian lo guarda cupo.

“Guarda che se hai intenzione di farti rivoltare come un calzino, sei ancora in tempo”.

Kurt arricciò le labbra.

“Io non voglio farmi rivoltare come un calzino, sai non tutti gli uomini sono fissati come qualcuno” si premurò di calcare sull'ultima parola “ di mia conoscenza”.

“Stai scherzando?” Sebastian lo guardò stupito “Quello ce lo aveva scritto in fronte che se avesse avuto campo libero ci avrebbe volentieri provato con te”.

Kurt ci pensò un attimo.

“Ehi, ma lui può avere campo libero con me, perché io sono libero!”

“Ma lui non lo sa, crede che tu stia con me”.

“Ma non è vero, dannazione, Sebastian che cosa c'è di sbagliato in te?”

Sebastian si avvicinò all'orecchio di Kurt, stando bene attento che lo chef lo notasse.

“Sappi che non ti permetterò di fare sesso sul sedile posteriore della mia macchina, siamo intesi?”

Kurt scese con la mano sulla coscia di Sebastian, mentre aveva sul viso uno sguardo innocente.

“Non ti azzardare mai più a decidere per me, chiaro?” E accompagnò le parole pizzicando la coscia di Sebastian che sussultò per il dolore.

“Credo che tutto questo stia diventando imbarazzante”. Kurt si fece spazio fra Sebastian e il tavolo, dirigendosi verso il bancone. Lo chef era ancora alla cassa e Kurt riuscì a sorridergli, come a cercare di fargli capire che si stava scusando per la pessima figura di prima. Quando si avvicinò alla cassa per pagare, scoprì che il loro conto era già stato saldato.

Kurt aveva stentato a crederci. Quando aveva voltato lo sguardo, aveva visto allontanarsi l'uomo e lui si sentiva in colpa a lasciarlo andare, senza averlo ringraziato. Era stato carino da parte sua, nonostante lui lo avesse guardato con lo sguardo da pesce lesso e Sebastian gli avesse augurato di farsi male al primo gradino che avrebbe incontrato. Non si curò di avvisare Sebastian e si fiondò fuori dal locale alla sua ricerca.

Quando lo trovò, stava per salire in macchina e cercò di attirare la sua attenzione.

“Scusa” Gli posò la mano sulla spalla. L'uomo si voltò e gli sorrise. Aveva un sorriso bellissimo, con i denti bianchissimi che risaltavano ancora di più grazie alla carnagione scura con due piccole fossette ai lati delle labbra. Era davvero adorabile.

“Volevo ringraziarti” disse Kurt “per la colazione”.

“Solitamente non offro la colazione agli sconosciuti, a meno che non siamo abbastanza carini”.

Quindi Sebastian aveva ragione, lo chef ci stava effettivamente provando con lui.

“Sono Kurt” Gli porse la mano e quando l'altro prese la sua rimase piacevolmente stupito, aveva mani calde e dalla presa salda, avevano un che di rassicurante.

“ Manuel”.

Si vedeva che era molto più grande di Kurt, forse più di venticinque anni, ma poco gli importava, non voleva darla vinta a Sebastian, non stavano facendo nulla di male, ma intrattenevano una conversazione come due persone civili senza saltarsi addosso.

Quando Kurt stava per aprire bocca ( non voleva che Manuel andasse via in fretta), qualcuno che avrebbe voluto sparisse dalla faccia della Terra, comparve al suo fianco.

“Kurt, dobbiamo andare”. Sebastian squadrava Manuel, in cagnesco. Lo odiava a pelle, si capiva.

Per fargli intendere che non era aria, Smythe portò un braccio attorno al fianco di Kurt, avvicinandolo a sé, senza guardarlo negli occhi, ma stando bene attento a non abbassare lo sguardo dallo chef.

“Ehm” tentò Kurt “ Sebastian, questo è Manuel, ci ha offerto la colazione”.

“Bene, grazie, ciao”. Che nel linguaggio di Sebastian avrebbe potuto benissimo poter dire “ Datti fuoco”, “Stai attento a non scivolare sulla cacca di cane”, “Spero che un fulmine ti colpisca in pieno”.

“Oh, scusa” tentò Manuel “non...”

“Io e il mio ragazzo” Kurt sperò con tutto il cuore che Sebastian non stesse davvero inventando la balla colossale che stessero insieme, perché se così fosse stato gliela avrebbe fatta pagare cara “ dobbiamo andare”.

“Mh, buon viaggio, allora”. Manuel sorrise, anche se si percepiva quanto la notizia di Kurt impegnato lo avesse fatto rimanere male.

“Noi...” iniziò Hummel, cercando di trattenere ancora qualche minuto Sebastian, per poter chiarire con Manuel.

“Dobbiamo andare” concluse per lui Sebastian “ l'ho già detto io. Ora, muoviamoci”.

Kurt continuava a tenere lo sguardo su Manuel, mentre veniva trascinato via. Quando furono abbastanza lontani, Kurt strattonò la mano di Sebastian e la scacciò in malo modo lontana dal suo fianco.

“Mi spieghi qual'è il tuo problema?” Kurt era furioso, quando salì in macchina chiuse la portiera sbattendola più forte che poteva. “Cosa te ne frega se un ragazzo ci prova con me?”

Sebastian non lo guardava negli occhi, mentre metteva in moto l'auto e si allontanava dai parcheggi dell'autogrill.

“Potrei farti la stessa domanda. Mi spieghi come ti è venuto in mente di seguire uno sconosciuto in un parcheggio?”

“Disse quello che si porta gli sconosciuti nei bagni dello Scandal”.

Kurt incrociò le braccia al petto, facendo capire che con quella frase non aveva più niente da dire.

In quel momento, per Sebastian fu strano. In teoria, Kurt poteva fare quello che voleva, ma lui mal sopportava l'idea che uno come Kurt potesse avere a che fare con un mondo simile a quello che frequentava lui. Quando aveva notato come Manuel – cazzo, ne ricordava persino il nome – guardava Kurt, si era sentito davvero infastidito da quella situazione. Sino ad arrabbiarsi. Quelli come Manuel – e quindi anche come lui – avevano poco da spartire con quelli come Kurt. C'era un abisso fra loro.

Sebastian ricordava bene come fosse essere come Hummel, perché anche lui un tempo – non troppo lontano, ma si sa che la gente cambia in fretta – era così. Quando ancora esisteva qualcuno per cui valesse credere nel buono delle persone, quando riusciva a vedere il bianco, se doveva scegliere fra bianco e nero, quando anche lui sapeva sorridere e non ghignare.

C'era stato un periodo in cui anche Sebastian era stato innamorato, ma a vederlo adesso, a consumare amplessi nei bagni pubblici, a cercare un quarto d'ora di felicità, sembrava passata non una vita, ma due. Quella del vecchio Sebastian e quella del nuovo. C'era stato un momento in cui Sebastian aveva visto il cambiamento palesarsi allo specchio, quando si guardava e vedeva che il suo viso cambiava e andava a spegnersi. Ma adesso non faceva più male. Doveva essere per forza così.

Buttò uno sguardo di sfuggita verso Kurt e lo trovò addormentato.

Chissà se anche lui riusciva ad essere così sereno, almeno mentre dormiva, oppure se i suoi pensieri lo seguissero sino al mondo dei sogni.

   
 
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