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Autore: Water_wolf    22/01/2014    10 recensioni
Tutti conoscono Percy Jackson e Annabeth Chase. Tutti sanno chi sono. Ma ancora nessuno sa chi sono Alex Dahl e Astrid Jensen, semidei nordici che passano l'estate a sventrare giganti al Campo Nord.
Che cos'hanno in comune questi ragazzi? Be', nulla, finché il martello di Thor viene rubato e l'ultimo luogo di avvistamento sono gli States.
Chi è stato? No, sbagliato, non Miley Cyrus. Ma sarà quando gli yankees incontreranno il sangue del nord che la nostra storia ha inizio.
Scritta a quattro mani e un koala, cosa riusciranno a combinare due autori non proprio normali?
Non so bene quando mi svegliai, quella mattina: so solo che quel giorno iniziò normale e finì nel casino. || Promemoria: non fare arrabbiare Percy Jackson.
// Percy si diede una sistemata ai capelli e domandò: «E da dove spunta un arcobaleno su cui si può camminare?» Scrollai le spalle. «L’avrà vomitato un unicorno.» «Dolcezza, questo è il Bifrost» mi apostrofò Einar. «Un unicorno non può vomitare Bifrost.»
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Partiamo, destinazione: un mare di guai

•Percy•
 
Era stato il consiglio di guerra più lungo e confuso di tutta la mia vita. E ultimamente ne avevo visti tanti. All’inizio era partito bene, finché Astrid non si era assentata per prendere un po’ d’aria. Io non ci trovai nulla di strano, fino a quando Annabeth non le aveva detto qualcosa riguardo sua madre e del fatto che lei la “informasse”.
Quelle parole, uscite dalla bocca della figlia di Atena, mi ferirono: non l’avevo mai vista così acida e scontrosa – anche se, teoricamente, era sempre stata una musona. Mi sembrò perfino di aver visto un sorriso compiaciuto affiorare appena dalle sue labbra. Annabeth, che stai facendo? Tu non sei così!, mi dissi nella mente, come se volessi convincermi di qualcosa.
«Potresti smetterla con queste domande? Astrid non c’entra nulla.»
Le parole del figlio di Odino mi riportarono bruscamente alla realtà. Aveva battuto un pugno sul tavolo, come per abbatterlo – lasciando un profondo solco bruciato, come se la sua mano fosse stata avvolta dalle fiamme-, e stava scrutando Annabeth con durezza. I suoi occhi grigi parvero avere la consistenza del ghiaccio che trapassavano la figlia di Atena. Per la prima volta, la vidi vacillare.
«Lei… è chiaro che è stata lei! Abbiamo tutte le prove per incolparla!» rispose, ricomponendosi subito.
Adesso la riconoscevo la mia Sapientona: sempre pronta a ribattere e ad aver ragione. Solo che questa vola aveva trovato pane per i suoi denti.
«Molto bene, figlia di Atena… Sei forse gelosa? O tua madre non si è dimenticata di darti il cervello? Svegliati, non c’è nulla di concreto: un orco che dice che è stata “ una figlia di Hell” non è molto. Inoltre, se conoscessi Loki come lo conosco io, è più probabile che sia stato lui a mettere insieme questa storia per portarci su una falsa pista» fu la secca risposta del figlio di Odino.
I suoi occhi scintillavano di rabbia contenuta e io sentii la temperatura della stanza alzarsi pericolosamente, come se stesse per andare a fuoco. Molto mi aveva colpito, in quel discorso: Alex aveva sempre evitato di parlare in modo sprezzante, mantenendo una rispettosa calma e un fiero contegno, anche se qualcuno lo insultava sui suoi parenti di parte divina. Ora, lui aveva pronunciato le parole “figlia di Atena” come se fossero un terribile insulto. Inoltre, aveva messo in dubbio l’intelligenza di Annabeth, cosa mai accaduta qui al Campo.
«Sei troppo coinvolto emotivamente. Non capisci che ti sta manipolando?»
Il tono di lei si era fatto conciliatorio e più calmo. Aveva capito che Alex non era solo un guerriero, ma sapeva essere intelligente e accorto, quando in mano non aveva una spada e stava cercando di mostrare il suo punto di vista.
«Sei tu che sei troppo coinvolta. La guardi con astio da quando ha salvato il tuo ragazzo all’Arena. Sei gelosa, per caso? Lei non ti ha fatto niente e, anzi, dovresti ringraziarla per aver sistemato la situazione! Invece la accusi sulla base di prove inconsistenti. Bella gratitudine, voi greci. Ora capisco perché siamo nemici. Se tua madre è Dea della Saggezza, dimostralo. Aspetta di avere in mano ogni elemento e poi tira le conclusioni, senza farti trascinare da stupidi sentimentalismi.» L’arringa di Alex ebbe il miracoloso effetto di zittire Annabeth che, con riluttanza, abbassò lo sguardo, come se stesse riflettendo. Annotare sul calendario: Sapientona sconfitta per la prima volta in vita sua.
Anche se ciò che più mi premeva era il fatto di esser stato tirato in ballo: davvero ero io l’insita causa di tutto quel putiferio? Dovevo chiarirmi con entrambe, se non volevo che la situazione degenerasse.
Di nuovo i miei pensieri furono interrotti da Clarisse che, in barba al ragionamento che aveva zittito gli altri, si piantò davanti ad Alex in tutta la sua massiccia corporatura.
«Sia quel che sia, voi avete fatto un po’ troppi danni, qui. Quindi, ci faresti un grande favore se ti levassi dai piedi» minacciò, tenendo la mano stretta al pugnale, mentre alcuni degli altri capigruppo annuivano incerti.
«Ora basta, Clarisse!» la redarguì Chirone bruscamente. «Ti ricordo che ci sono regole molto precise: l’ospitalità è sacra, violarla sarebbe un affronto agli Dei, tuo padre compreso.»
«Non c’è da preoccuparsi, la vostra ospitalità è stata eloquente. Per quel che mi riguarda, dovremo andare nell’Hellheim, quindi restare qui è inutile. Partiremo appena saremo pronti. Probabilmente tra meno di un’ora» sentenziò il figlio di Odino gelido, come se volesse evocare di nuovo il ghiaccio per infilzarci tutti.
«Vorrei venire con voi.»
Le mie parole ammutolirono i capigruppo e Annabeth aveva l’aria di una persona a cui avevano tolto il pavimento da sotto i piedi.
«Percy, abbiamo già provato la nostra innocenza. Siamo in guerra e tu sei uno dei nostri migliori guerrieri. Lascia perdere questa storia e rimani» mi consigliò pazientemente Chirone, evidentemente nervoso dalla mia uscita. «Avanti, posso farcela. Se qualcosa sta tramando contro di noi, sarebbe sciocco ignorarlo, anche se di carattere norreno. Mi assenterò solo un paio di giorni, tornerò presto» replicai io fiducioso.
Dopotutto, ero entrato nel Labirinto, avevo passeggiato per gli Inferi, combattuto un titano e attraversato il Mare di Mostri. Quanto poteva essere pericoloso un viaggetto nell’Hellheim? Alla fine ebbi ragione, nonostante le insistenze di Chirone, e fui felice che, essendo un’impresa non proprio greca, non avrei nemmeno dovuto consultare l’Oracolo che, sinceramente, trovavo terribilmente inquietante. Anche Nico si sarebbe unito all’impresa, curioso di vedere la controparte norrena degli Inferi e convinto che i suoi poteri, in quel territorio, sarebbero stati utili.
Chirone acconsentì a malincuore, ma io ero tranquillo. Ne avevo viste di peggio ed ero sicuro di tornare prima che Crono facesse una sola mossa.
Stavo per abbandonare il consiglio di guerra, quando Annabeth si piazzò davanti a me con uno sguardo di fuoco che ardeva come la fucina di Efesto. Ebbi l’impressione che, forse, non era l’Hellheim la cosa più pericolosa che avrei dovuto affrontare.
«Stupido Testa D’alghe! Cosa credi di fare?» strepitò lei furibonda.
«Io… veramente… credevo di… insomma…» balbettai confuso.
Non capivo il motivo di tanta rabbia: volevo solo arrivare in fondo a quella storia, come pensavo volesse lei. E va bene, lo ammetto, volevo anche chiarirmi con Astrid. D’altro canto mi sentivo in colpa per non averla sostenuta. Inoltre era carina, gentile e simpatica. Non era colpa sua se sua madre era una dea poco di buono degli Inferi.
«Molto bene, sottospecie di gambero senza cervello che non sei altro. Verrò anche io, e ti terrò d’occhio» ringhiò rabbiosa.
Non mi piaceva quel  “ti terrò d’occhio”, suonava troppo come “Cercherò di torturarti più che posso, durante il viaggio.” Tutti ci guardarono con imbarazzo, tranne Alex che aveva trovato un grande interesse per la rete al centro al tavolo da ping-pong.
«Bene… ehm… il consiglio è aggiornato. Percy, meglio se vai a prepararti. Io preparerò Blackjack e Timballo al volo. Non sarà una passeggiata, soprattutto in territorio norreno» disse, infine, il centauro, togliendomi dalla situazione imbarazzante.
 Alex si diresse, rapido, verso la foresta, mentre io andai nella mia stanza. Mi assicurai di avere nettare e ambrosia a sufficienza per il viaggio, per potermi curare. Non avevo molti soldi umani e preferii non portarli. Ovviamente presi Vortice, mia fida arma in un sacco di avventure mortali. Avevo pensato di contattare Grover, ma ultimamente il Legame Empatico che mi univa al satiro si era indebolito. Credo fosse colpa dei mostri che distruggevano le foreste: bloccavano il nostro contatto come se stesser abbattendo i ripetitori per cellulari. Alla fine uscii dalla Casa Numero 3 e mi diressi alle stalle, ma, proprio lì, incontrai il figlio di Loki che stava osservando qualcosa in lontananza: una Cacciatrice.
Seguendolo con lo sguardo notai che era la stessa che quella mattina aveva cercato di picchiarlo e alla quale aveva regalato un mazzo di rose –non proprio apprezzato.
«Peccato, eh? È sprecata come Cacciatrice.»
Sussultai. Non pensavo si fosse accorto di me. Stava sorridendo, ma, per la prima volta, non aveva un sorriso spavaldo o ammiccante come al solito. Stavolta mi parve amichevole e sincero. Sospettai fosse un’illusione, ma poi mi resi conto che non lo era. Ne ero quasi certo.
«Sai che non potrai mai stare insieme a lei? Le Cacciatrici sono eternamente vive ed eternamente vergini. Non possono avere nemmeno un appuntamento» spiegai dispiaciuto; possibile che si fosse invaghito proprio di una Cacciatrice?
«È troppo bella per rimanere senza compagno, anche se immagino che a te non interessi, vero? Un figlio di Loki non è un interesse per nessuno» sospirò lui, scuotendo la testa, sorridendo triste. Sembrava molto diverso da come si era presentato la prima volta.
«Ehi… mi dispiace. Comunque, a quel che ho capito, se hai i talenti di tuo padre, non avrai difficoltà a trovarne altre» cercai di rassicurarlo io, tentando di tirarlo su.
«Chi ha detto che ne voglio cercare un’altra?»
Vai, brutta figura in arrivo, il figlio di Poseidone colpisce ancora con il suo tatto pari a quello di un elefante alla carica.
«Comunque, consiglio anche a te di chiarirti, perché la tua ragazza è un po’… ehm… alterata» aggiunse, regalandomi di nuovo uno di quei sorrisetti allusivi.
Adesso che intenzioni aveva?
«Lei non è la mia ragazza» risposi, arrossendo, anche se con la mente tornai a quando Annabeth mi si era piazzata davanti con rabbia avvertendomi che sarebbe venuta anche lei.
«Tu non ci sai fare con le donne, amico! Non lo capisci che è gelosa?» mi canzonò Einar, ridendo.
In questi giorni le mie guance stavano cercando di superare il “record per il più grande arrossamento per imbarazzo”.
Tuttavia, non potei fare a meno di pensare al fatto che lo strano comportamento di Annabeth era iniziato proprio quando Astrid mi aveva salvato la vita dandomi il bacio che, poi, aveva strappato il veleno dal mio corpo. Possibile che questo avesse fatto scoppiare una scintilla tra le due. Certo che, però, non riuscivo a non pensare al modo in cui la figlia di Hell mi aveva salvato. Era tutto molto confuso, ma il momento del contatto era stato nitido: ricordavo la morbidezza delle labbra di lei sulle mie, il modo dolce con cui aveva compiuto quell’azione.
Avevo sentito invitante il sapore dolce che mi pervadeva: un calore accogliente ed invitante. Se in quel momento non fossi stato sul punto di morire, probabilmente avrei voluto approfondire il bacio, magari abbracciandola. Non ci trovavo nulla di male. Dopotutto Annabeth non era la mia ragazza, no? Avevo il diritto di limonare con chi mi pareva, soprattutto se ciò faceva rima con “salvarmi la vita.”
«Dammi retta, Percy, non puoi averne due in un colpo solo. Lo ammetto, Astrid è molto carina e, a mio parere, è troppo buona per essere una traditrice. Il problema è che corri il rischio di trovarti una spada di Odino piantata nella nuca, visti gli interessi di Alex nei suoi confronti» mi spiegò pazientemente il figlio di Loki, strappandomi dai miei pensieri su baci velenosi e ragazze gelose. «Stanno insieme?» chiesi, sorpreso: all’inizio l’avevo pensato.
Ma poi avevo avvertito qualcosa che mi diceva che tra i due non c’era nulla, se non una forte amicizia.
«Diciamo che loro dicono di no. Alex è molto legato al padre, anche se dice di odiarlo. E credo sia vero, dato che è stato abbandonato per molti anni, prima che il signor “Occhio di meno” si facesse vivo per dare una mano. Ma allo stesso tempo ne cerca l’approvazione, quindi è restio ad affermare completamente il fatto che è innamorato  dell’unica figlia di Hell del Campo Nord. Tuttavia si vede lontano un miglio che si piacciono. È solo questione di tempo. Ho scommesso sessantadue monete d’oro con mio fratello Damian che si baceranno entro la fine dell’anno.»
Ok, mi aspettavo tutto, tranne che una scommessa su di loro.
«Cos’ha Hell che non va’? Cioè, è una Dea degli Inferi e allora? Io conosco Ade. È un tipo a posto, per essere un Dio.»
Un tentativo come un altro di cambiare argomento.
Einar sospirò, cercando di mantenere un tono neutro e disse: «La mia cara sorellona divina. Devi sapere che noi abbiamo pochi Oracoli. Al contrario di voi che avete le Parche, noi siamo riusciti a slegarci da un futuro certo e adesso li consultiamo solo raramente e, spesso, sono imprecisi, tuttavia la Dea che legge il futuro, la Muta Frigg, moglie di Odino, tempo fa, lanciò un oracolo certo. Fu l’unica volta che parlò.»
«E cosa diceva l’oracolo?»
Insana la mia dannata curiosità. Avrei fatto meglio a fermarmi lì. Einar mi lanciò uno sguardo penetrante, come se stesse cercando di scavare fino in fondo alla mia anima. Nei suoi occhi vidi, alla fine, ciò che si nascondeva dietro la finta maschera dello spavaldo figlio di Loki: tristezza.
Un passato malinconico, una vita passata a sopportare gli insulti velati che altri gli imputavano pur non avendo fatto nulla di male. Una vita di menzogne, sopportata solo grazie al fatto che aveva dei fratelli: ragazzi che dovevano sopportare come lui, un destino di voci sopite, insulti nascosti e sguardi malevoli.
«I figli di Loki porteranno grandi mali agli Dèi
«Come?»
Ero talmente concentrato su di lui che avevo perso il filo del discorso.
«La profezia. Mi hai chiesto cosa dicesse l’oracolo e ora lo sai. I figli di Loki porteranno grandi mali agli Dèi» pronunciò di nuovo, tornando a nascondersi dietro la maschera finta.
«Un momento… ma tu sei un figlio di Loki» gli feci notare, sorpreso.
Ok, era un po’ strano e bravo a fingere, ma non mi era sembrato cattivo.
«Vero, come anche, in pratica, Hell.  Motivo per cui io e i miei fratelli siamo mal visti» rispose con un sorriso sornione, quasi volessi sfidarmi a dire che era un traditore.
«A me non sembri così male, anche se sei strano» ammisi, cercando di osservarlo meglio.
Quella profezia mi sembrava troppo simile ad un’altra a me ben nota.
«Grazie, è un complimento. Di solito a me ci si rivolge con parole la cui più gentile è “bastardo”. Il punto è questo, però: mentre io ho un bel po’ di fratelli con cui posso confidarmi, Astrid non ha nessuno. Hell ha avuto pochissimi figli mezzosangue nella storia e tutti sono considerati dei traditori» spiegò con calma, osservando il cielo che si era finalmente fatto terso.
Il caro Zeus doveva ave intuito che Alex se ne sarebbe andato presto.
«Quindi, secondo te è colpevole?» chiesi, soppesando attentamente le parole.
«No, è troppo buona per essere una traditrice. Non ci conosciamo bene, ma lei non è tipa da fare queste cose. Odia sua madre più di qualsiasi cosa» rispose Einar, giocherellando con la sua spada che era tornata ad essere una comune sigaretta elettronica.
«Ma l’orco ha parlato di una figlia di Hell» cli ricordai io.
Nonostante tutto, il sospetto non poteva non esserci. «Inoltre tu hai detto che è l’unica.»
Lui mi osservò con il suo solito sorriso criptico. I suoi occhi erano tornati luminosi e finti: «L’unica al Campo Nord» mi corresse, mentre si allontanava verso la Casa Grande.
Io mi diressi alle stalle dei pegasi, riflettendo sulle parole del figlio di Loki. Non capivo come mai mi avesse raccontato tutte quelle cose e con una sincerità che non gli apparteneva. Ma di certo avrei dovuto tenere gli occhi aperti. Pensando ad Hell non potei, però, non provare un leggero sentimento di pietà: lei non aveva fatto ancora nulla contro gli Dèi Norreni, ma quelli l’avevano esiliata nell’Oltretomba.
Una storia che negli Dèi Greci si ripeteva troppe volte e che, più volte, mi aveva spinto a dubitare dei loro buoni propositi. Mi chiesi quanto fossero simili le due cerchie di divinità, pur essendo rivali dai tempi della creazione.
“Ehi, capo! Potresti dire a quella lucertolona di non guardarci come se fossimo la cena?”
Blackjack attirò la mia attenzione. Aveva gli occhi larghi e respirava velocemente: era spaventato da qualcosa ed era probabile che fosse la viverna di Alex.
«Cos’ha che non va?» chiesi perplesso.
Vesa sembrava tranquillissima.
“Cos’ha che non va!? Le viverne sono malvage. Hanno mangiato un sacco di pegasi alla loro epoca, quando i cavalieri del nord combattevano contro i greci.”
«Stai tranquillo. Per oggi, saranno dalla nostra parte» risposi per rassicurarlo.
Talia venne ad augurarci buona fortuna, ma si rifiutò categoricamente di mettere piede su un pegaso, anche solo per un attimo, quindi non sarebbe venuta. Timballo avrebbe trasportato Einar e Nico, mentre io sarei salito con Annabeth su Blackjack. Astrid e Alex avrebbero guidato il resto di noi su Vesa. Timballo continuava a frignare qualcosa sul fatto che non gli piacesse Nico e che puzzava di morte, ma non ci badai. Annabeth arrivò poco dopo con aria combattiva.
Io ero già a bordo, mentre il figlio di Odino sgranchiva le ali della sua viverna, facendo evoluzioni in aria con lei. Astrid li guardava come se fossero pazzi, non gradendo per nulla lo spettacolo. Invitai Annabeth a salire, ma lei mi lanciò uno sguardo di fuoco e smontò senza il mio aiuto. Tremai. Non era una bella cosa farla arrabbiare e se lo era così tanto, voleva dire che dovevo guardarmi da lei e dal suo coltello, mentre eravamo in volo.
Partimmo quando il sole, ormai, era vicino a sparire completamente. Mentre Alex volava alto nel cielo, io e Nico mantenevamo una quota bassa, quasi rasente l’acqua. Zeus era il dominatore dei cieli e non gli piaceva che i figli dei suoi fratelli si facessero passeggiate spensierate nel suo territorio come niente fosse. Meglio per noi, quindi, rimanere vicino all’acqua, dove ero relativamente sicuro di non essere folgorato. Presto il sole sparì del tutto e noi ci ritrovammo a volare alla cieca.
Sentii Annabeth afflosciarsi, appoggiandosi alla mia schiena per addormentarsi, contatto che mi provocò diversi brividi di piacere. Per non essere perso di vista, anche il Figlio di Odino si era avvicinato e notai che anche Astrid si era accoccolata alle sue spalle. Sembrava così tranquilla.
«ATTENTI!»
Alex urlò fortissimo, mentre un’onda innaturale si alzava dall’acqua come se fosse esplosa una mina subacquea. Ci fermammo appena in tempo per non essere travolti e lì, proprio al centro dei flutti agitati, non potei non riconoscere mio padre.
«Fermo, Percy!» mi comandò, puntando contro di noi il suo tridente. «Non posso permetterti di passare. Stai per uscire dal mio territorio. Se lo farai, le acque non ti saranno più così amiche.» «Ciao, papà. Ehm… scusa se ti farò preoccupare. Ma volevo solo dare una mano» risposi, cercando di mantenere la calma, mentre Annabeth e Astrid si svegliavano confuse.
Il tono di mio padre era stato fermo e deciso, ma avevo avvertito anche una nota di preoccupazione.
«Tu non capisci, figlio mio, se entri nel territorio di Njordr, non potrò più sostenerti» spiegò lui, con impazienza, guardandosi alle spalle, come se temesse di essere aggredito.
«Cos’è Jord?»
Non capivo perché gli Dèi Norreni dovessero avere nomi complicati e che provocassero spasmi alla lingua di colui che provava a pronunciarli correttamente.
«Njordr» mi corresse Einar, per poi spiegare più chiaramente:  «È il nostro Dio dei Mari, tenuto in grande considerazione presso di noi.»
«Ed è stato lungamente mio nemico. Mi sono battuto con lui innumerevoli volte, nel Medioevo, e posso dire che è pericoloso. Ti considererà una minaccia, Percy, e potrebbe mandare un mostro ad eliminarti» aggiunse Poseidone, squadrandomi con calma.
Quasi si aspettasse che io voltassi il Blackjack e me ne tornassi indietro.
«Mi spiace, papà, ma sento che la cosa giusta sia andare. Non posso abbandonare i miei amici. E poi sai che novità, credo che sia normale che qualcuno mandi un mostro ad uccidermi» replicai, senza scompormi.
Annabeth mi tirò un pizzicotto, ma cercai di ignorarla. Avevo preso la mia decisione e non me ne sarei andato.
«E sia. Stai attento, figlio mio. Voglio vederti tornare sano e salvo. E tu» aggiunse rivolto al figlio di Odino, «se dovesse accadergli qualcosa, ti consiglio di non avvicinarti più alle mie acque. Altrimenti, farò in modo che mi preghi di ucciderti!»
Detto questo, sparì in un turbinio di acqua e venti che sapevano di salsedine.
«Però… tuo padre ha proprio un bel caratterino» fece notare Astrid che era rimasta a bocca aperta per tutta l’apparizione.
«Lasciamolo perdere e andiamo» risposi, arrossendo, mentre procedevamo senza sosta.
Finì, ovviamente, che ci addormentammo tutti, di nuovo a bordo delle nostre cavalcature e, tipico dei semidei, iniziai a fare un sogno strano. Ma questo fu più strano di tutti: ero sul ponte principessa Andromeda. Crono, intrappolato nel corpo di Luke era in piedi su di esso e osservava il mare ad oriente, come se stesse aspettando qualcosa.
«Mio signore» sussurrò con reverenza Ethan Nakamura, figlio di Nemesi e servo del nemico. «Cosa c’è?» fu la secca risposta del signore dei Titani, evidentemente seccato dell’intrusione. «Ecco…» Deglutì. «Il vostro ospite è arrivato.»
Seguii i passi dei due fino a raggiungere la poppa, dove, con mia grande sorpresa c’era un dio in costume da bagno che avrei riconosciuto tra mille, pur avendolo visto solo una volta.
«Loki, ben arrivato. Vedo che vi siete già messo comodo» salutò Crono, sedendosi anche lui su una sdraio al bordo della piscina.
«In effetti, è proprio una bella sistemazione. Complimenti, Crono, hai tutta la mia stima. Anche se ci vorrebbero più semidee carine.»
E detto questo, fece un cenno ad una ragazza sui quindici anni di avvicinarsi. La riconobbi: era una delle semidee traditrici che aveva combattuto contro di noi nella battaglia del labirinto – una figlia di Ecate. Aveva lunghi capelli neri, con un ciuffo tinto di blu, e in quel momento indossava un imbarazzatissimo completo a due pezzi che copriva praticamente nulla.
Nel guardarla notai che i suoi occhi erano vuoti e vitrei: Loki doveva averla stregata per farle indossare quella roba. La ragazza gli si sedette accanto come un cagnolino addestrato e il dio le mise una mano sui fianchi.
«E ora agli affari. Vuoi il mio aiuto, no?» domandò il norreno sedendosi, mentre la sua schiavetta personale gli massaggiava le spalle.
Era una scena che mi disgustava e spaventava al tempo stesso. Quella ragazza non aveva più volontà ed era costretta a fare tutto ciò che le sarebbe stato detto. Mi resi conto di quanto subdolo potesse essere Loki. Mi chiesi fino a che punto i suoi figli potessero imitarlo.
«Quindi, siamo d’accordo: il tuo incentivo per raggiungere l’Olimpo, in cambio il mio aiuto per liberare Fenrir?» chiese Crono, con un sorriso freddo.
Mi si gelò il sangue quando capii cosa stava succedendo: un patto tra un dio norreno e un Titano per far cadere l’Olimpo.
«E sia. Sarà divertente e il tuo piano mi piace, ti aiuterò. Fornirò mostri e truppe per rafforzare il tuo esercito» accettò Loki, stringendogli la mano.
«Allora è deciso. È stato un piacere non conoscerti» concluse Crono, alzandosi, mentre il dio norreno tornava a concentrarsi sulla ragazza.
«Sveglia, Testa d’Alghe!»
Annabeth mi tirò uno scappellotto sulla nuca, riportandomi alla realtà. Eravamo su una sconosciuta costa che, però, capii subito non essere quella di Long Island.
«Siamo vicini. Il Campo non è lontano, seguitemi» ci incoraggiò il figlio di Odino, mettendosi in marcia seguito subito da noi altri.
Il sole stava sorgendo e ce l’avevamo proprio in faccia. Non lontano vidi una verdeggiante collinetta, che mi ricordava un po’ quelle che circondavano il campo mezzosangue.
«Perché non siamo andati volando? Sarebbe stato più facile» si lamentò Nico, sbadigliando. «Certo, il che implicherebbe di essere bersagliati dall’artiglieria anti-aerea del Campo Nord. Non è proprio il massimo, sai?» fu la divertita risposta di Einar.
Io riflettei velocemente. Eravamo vicini, ma volevo evitare che qualcuno ci sentisse. Dovevo avvertire gli altri del sogno che avevo appena fatto e in fretta.
«Ragazzi… Io dovrei dirvi una cosa.»
Quando ebbi finito, tutti si guardavano dubbiosi. Adesso i sospetti tornavano ad essere incerti: un elemento di troppo si era incastrato in questa storia, un elemento greco di nome Crono. Che c’entrasse lui dietro tutta quella storia? Magari aveva mandato uno dei suoi semidei, o forse era stato Loki in persona che aveva preso le sembianze di Astrid o – e  questo non mi piacque per nulla- era stata lei stessa ad agire spinta dalle intriganti parole del Dio degli Inganni.
«Un’alleanza. Loki ha detto mostri, ma non ha parlato di semidei…» rifletté Annabeth, preoccupata, voltandosi verso Alex.
«Impossibile» fu la secca risposta del ragazzo. «Solo Odino potrebbe impartire ordine a tutte le Orde di muoversi e, anche se fosse, bisognerebbe prima consultare il consiglio di guerra per decidere se è opportuno o no, dare rifornimenti aggiuntivi ed equipaggiamento… no, Loki non userà semidei norreni.»
Magra consolazione, presto avremo dovuto occuparci del doppio dei nemici. Non ne parlammo più, ma tutti pensavamo la stessa cosa: non è una coincidenza se ci siamo incontrati adesso; qualcuno lo voleva. Arrivammo in cima alla collina dove era di guardia un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi azzurri. Aveva proprio l’aria di un ragazzo del nord.
«Comandante!» esclamò lui, mettendosi sull’attenti alla vista di Alex. «Ben tornato. Spero che ce l’abbiate fatta. Sono felice che siate vivo.»
«Sono vivo, ma il GPS era una trappola. Devo parlare con Hermdor, il martello è ad Asgard. Disattiva il campo minato. E, Gerard… preferirei che mantenessi la mia presenza qui sotto silenzio.»
Non disse nell’Hellheim, probabilmente anche lì, Astrid non sarebbe stata ben vista. Il ragazzo annuì sbrigativo e prese un telecomando. Appena premette il pulsante, si sentì un secco rumore elettronico: le difese erano state disattivate e noi entrammo di filata. Non ci fermammo nemmeno un secondo.
Ebbi una veloce visione del Campo Nord dall’alto: gli alloggi e i templi con il bosco vicino simile al nostro. I templi erano, però, molto più “spartani” delle nostre case, anche se, a modo loro, erano fieri e altezzosi. Sembrava più un accampamento militare che un vero e proprio Campo.
La loro Casa Grande era più simile ad un castello fortificato e le guardie all’esterno erano elfi in armatura. Ricordavano vagamente quelli del Signore degli Anelli, ma notai come emanassero una certa luminosità personale. Non ci bloccarono e ci lasciarono entrare nel salone principale: un grande stanzone, illuminato da lampadari, costituito da una lunga fila di colonne che formava tre navate.
Dopo una decina di metri, si apriva ulteriormente, creando uno spazio circolare con un grosso tavolo al centro, dove ci attendeva un uomo alto dall’aria dura e minacciosa. Indossava mimetica e aveva armi attaccate in ogni parte del corpo. Sulla sua spalla era appollaiato un corvo che mi sembrò proprio Mugin.
«So perché siete qui. Hugin mi tiene informato» disse appena ci vide, prima che potessimo proferir parola. Silenzio.
 «Ma non era Mugin?» chiesi, stupito, osservando l’uccello che svolazzava via.
«Mio padre ha due corvi gemelli: Hugin e Mugin. Spesso aiutano anche i suoi figli portando informazioni» mi spiegò Alex sottovoce, mentre avanzava verso il suo superiore.
Osservandolo, mi venne a mente quanto Chirone fosse differente: lui ci avrebbe accolti a braccia aperte, stringendoci e chiedendoci come stavamo, magari offrendoci nettare e ambrosia per sanare le nostre ferite.
«Siamo qui per andare nell’Hellheim. Dobbiamo aprire il Bifrost. Il martello di Thor è lì e posso raggiungerlo solo in questo modo» spiegò Alex, guardando negli occhi l’uomo che doveva essere Hermdor.
C’era qualcosa che non mi piaceva nello sguardo di quest’ultimo.
«Mi spiace, Alex, ma non posso. Ordini dall’alto, nostro padre ha convocato la figlia di Hell. Verrà condotta ad Asgard per essere giudicata dal Consiglio degli Dèi. In quanto ai greci, sono nostri nemici e lo sono stati in passato. Potranno andarsene, ma che sappiano che non saranno più accolti qui.»
A quelle parole notai che, dietro le colonne, si era radunato un plotone di circa trenta elfi, tutti con le armi pronte. Metà di loro aveva arco e frecce, gli altri spade e scudi. Astrid ebbe un tremito e indietreggiò, finendo al centro del gruppo. Un istinto protettivo mi animò e mi posizionai per difenderla estraendo la mia spada, così come fecero tutti gli altri, Annabeth compresa.
Eravamo in guai grossi, adesso.

 
koala's corner.
Ed ecco qui il capitolo seguente, che ci riporta al Campo Nord, dove tutto è iniziato.
Einar dimostra di non essere solo un provocatore figlio di Loki, ma ha anche un cuore.
Io l'ho amto molto, in quella scena *-* Thanks to my partner
Percabeth sparsa e Poseidone leggermente scontroso. Poi, c'è la parte in cui Loki e Crono si incontrano e fanno un accordo. Ci sarà lui dietro tutto questo?
Siete stati davvero meravigliosi, ci avete regalato ben 5 recensioni! Speriamo che anche per questo capitolo dimostriate lo stesso capitolo, fatelo per Percy :3 Alla prossima!

Soon on Sangue del Nord: POV Astrid, di cui lasciamo solo il titolo - "Tre pirati ci accolgono sul vomito di un unicorno". Incuriositi? We hope so.
 
  
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