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Autore: Gio_Snower    22/01/2014    4 recensioni
Rangiku è stata aggredita e violentata da degli uomini, ed è distesa nella neve, stremata e scioccata, quando, all'improvviso, arriva un ragazzo dai bellissimi occhi azzurri e dai capelli argentati che gli appoggia un capotto addosso e se ne va.
Dopo quell'episodio, i due si rincontreranno?
[INTERROTTA A CAUSA DEI TROPPI IMPEGNI FINO A DATA DA DESTINARSI, MA LA RIPRENDERÒ SICURAMENTE]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gin Ichimaru, Rangiku Matsumoto
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 8:
Trappola
 
Molte volte ti rendi conto di quanto la vita faccia schifo, ma quel mattino, Rangiku si rese conto di un altro fattore: che la vita, per quanto possa far schifo, rivelerà sempre delle sorprese; bè, anche se poi non è detto che siano tutte belle.
Ecco perché, quando vide per l’ennesima volta Gin Ichimaru cambiare strada ancora prima di avvistarla, la sua rabbia raggiunse un picco per lei impensabile.
Eppure era decisa a non mostrare niente e, d’altronde, era sicura che lui sapesse che lei era lì prima di cambiare strada per evitarla.
Solo non ne capiva il motivo.
Gin era un serpente nel vero senso della parola. Lo aveva capito quella sera, prima d’andar via, eppure qualcosa non ritornava.
Quando un serpente veniva attaccato si difendeva attaccando a sua volta. Quindi, perché Gin scappava?
Era furbo e di questo lei ne era sicura.
Si chiese, quindi, che razza di trappola stesse tessendo.
 
 
A quest’ora lo deve aver notato. Pensò Gin con soddisfazione.
Aveva fatto del suo meglio per creare questa situazione e c’era riuscito magnificamente.
Non avrebbe tradito di nuovo i suoi ideali ed i suoi obbiettivi. Ecco perché, quando ricevette quella telefonata, sorrise di quel suo sorriso viscido.
Era sua.
 
Ma visto che non tutti i mali vengono per nuocere, Rangiku decise che il male che Gin rappresentava non le avrebbe arrecare danno più del dovuto.
Non sapeva di certo quanto si sbagliava, anche se ne sentiva un lieve sentore nella mente.
Rangiku, nel suo capotto marroncino lungo che le faceva risaltare i capelli color del caramello, strinse a sé la borsa scolastica.
Soi-fon lo notò e le si avvicinò con eleganza.
«Stai bene?» le chiese.
Rangiku la guardò, un po’ sorpresa, poi le sorrise. «Certo.» rispose e poi si lanciò in una lunga chiacchierata su cose divertenti, ma superficiali.
La giornata passò serena.
La campanella suonò e Rangiku salutò Soi-fon.
«Matsumoto.» la chiamò una voce maschile.
Rangiku si girò e vide Urahara-sensei guardala con quel suo solito sguardo apparentemente superficiale.
«Urahara-sensei.» ricambiò Rangiku con cortesia.
«C’è qualcosa che ti preoccupa?» le chiese. I suoi occhi ora mandavano lampi d’interessamento, opportunamente nascosto, ovviamente.
«Niente, sensei.» rispose Rangiku.
«Perché allora sei così nervosa?» le chiese sorridendo mentre s’appoggiava ad un banco con noncuranza. La luce del tramonto formava una strana visione del suo viso serio.
«Cosa glielo fa pensare?» chiese lei, mantenendo il suo controllo.
Non mi freghi. Sottintendeva e vedeva che il suo messaggio segreto era compreso.
«Se non vuoi parlarmene, va bene. Ero solo curioso.» rispose lui, abbozzando.
«Professore, lo sa che la curiosità è pericolosa? È meglio che la freni, non crede?» disse lei, provocandolo.
«Lo so, infatti ne sono già rimasto scottato; eppure non riesco proprio a trattenerla!» replicò lui con un sorriso furbo che scomparì subito sul suo volto dalle mille facce.
Gin doveva aver imparato da Urahara ad essere così ambiguo, come minimo! Pensò Rangiku con rabbia.
Poi sorrise rallegrata.
 
Passò un giorno, poi ne passarono altri, e di Gin non vide neppure da lontano la chioma argentata.
Davvero non voleva più vederla?
Ne sarebbe dovuta esser felice, d’altronde, non gli piaceva per niente Gin Ichimaru. Non gli piaceva quel suo sorriso viscido, quegli occhi socchiusi ed insinuanti, quel tono di voce sibilante e sensuale né gli piaceva il suo carattere contorto.
Eppure, avrebbe voluto…Cosa?
Non ne era certa nemmeno lei.
Mise su il broncio con quelle sue splendide e gonfie labbra ricoperte di gloss rosa.
Toushirou entrò nell’ampia stanza del Consiglio Studentesco, i capelli simili a neve, gl’occhi azzurri – che spesso tendevano ad un tenue verde – più freddi del ghiaccio.
Con espressione burbera si avvicinò alla sua scrivania e sbatté con forza sulla sua superficie lucida una pila di documenti.
Poi se ne andò, senza proferire parola, e si sedette in quella sua ampia poltrona che lo inghiottì con i suoi tessuti morbidi.
Appoggiò un braccio e sospirò.
Oh Oh, guai per Toushirou. Pensò Rangiku. Poi un sorriso tenero, quasi da sorella maggiore, le incurvò le labbra.
«C’è qualcosa che non va, Toushirou?» gli chiese, usando il suo nome completo.
«Rangiku, non sono affari tuoi.» rispose lui con un tono freddo, ma impaziente.
«Puoi dirmi tutto, lo sai. D’altronde, non per niente sono la tua vice, Presidente.» lo apostrofò lei con dolcezza.
«Ti ringrazio ma…»
Oh, così non va bene. Pensò Rangiku. Sapeva benissimo che Toushirou non era tipo da aprirsi facilmente, eppure, finora non l’aveva mai respinta così.
«Si tratta di Hinamori Momo, vero?» lo provocò lei.
Toushirou sobbalzò sulla sedia.
«Cosa ne sai tu di lei?!» esclamò. Il viso completamente rosso per via della rabbia e dell’imbarazzo.
«Hinamori Momo, sedici anni, è una matricola al primo anno, nonché tua amica d’infanzia per cui hai una cotta. Ah, ma lei non lo nota, giusto?» Rangiku sorrise leggermente.
Toushirou sospirò. «Ecco perché ti odio.» mormorò.
«Io invece ti adoro, Tou-chan.» obbiettò Rangiku. «Ora, vuoi dirmi che succede?»
«Lo hai già detto.» disse lui fissandola gelido mentre le guance s’imporporavano leggermente.
«Sei innamorato.» lo prese in giro lei.
Lui non negò né confermo. D’altronde che senso avrebbe avuto farlo?
«Le piace qualcun altro, vero?» disse lei, stupendo sé stessa.
«Un uomo di mezz’età. Bah, che ci troverà in uno come lui!» borbottò Toushirou, prima d’arrossire.
«Un giorno s’accorgerà di te.» disse Rangiku con voce seria. Lui la guardò con grande imbarazzo, poi distolse lo sguardo.
«Ma ora cambiamo argomento!» sbottò. «Hai già guardato quei documenti, Vice-presidente?» le chiese.
Lei raccolse la pila. «No, Tou-chan, ma lo farò subito.» disse sorridendo mentre li sfogliava.
«Bene. Ah, e Vice-presidente?»
«Sì?»
«Grazie.» disse.
Rangiku sorrise. «Di niente, Tou-chan.» gli rispose.
Toushirou fece per andarsene, ma si fermò sulla porta.
«Ah, e chiamami Presidente, Matsumoto!» la rimproverò poi se ne andò seguito dalla risata argentina di Rangiku.
 
 
La stanza era impregnata di un odore melenso, ma acre, come di qualcosa andato a male.
Gin non mostrò nessuna emozione né una particolare espressione quando una zaffata maleodorante raggiunse le sue narici.
Troppo spesso aveva sentito quell’odore, tanto spesso da essercisi abituato.
Quell’odore, era il maleodorante  e per niente delizioso profumo della morte.
Per la precisione, una morte violenta, questa volta.
«Sei stato bravo.» lo lodò Gin.
Due omicidi in due settimane, niente tracce o collegamenti.
Meglio di così? niente.
«Ora, quello che m’hai promesso.» disse l’uomo fissandolo con disgusto.
Gin sorrise. «Oh, certo.»
Poi estrasse la pistola in un mezzo secondo e sparò.
Centrò l’uomo dritto in fronte facendogli un buco fra le sopracciglia.
L’uomo cadde a terra. Niente rantolii, solo il sangue che sgorgava dalla ferita.
«Eccoti servito.» commentò Gin con divertimento.
Pulì la pistola dalle sue impronte e la mise nelle mani dell’uomo.
Così sarebbe sembrato un omicidio-suicidio. Poi posò a terra i fogli che Aizen gli aveva servito, prove sia contro il morto sia contro l’assassino.
Gin guardò schifato le carte che avrebbero incriminato i due, ovviamente, tutte false.
Aizen, spregevole bastardo calcolatore. Pensò furente. Si era aspettato questa mossa da lui, quindi non ne era rimasto minimamente sorpreso, ma il disgusto prese il sopravvento insieme ad un pizzico di ammirazione.
Su una cosa, d’altronde, non si poteva dargli torto: era elegante.
Sì, un’elegante macchinazione che avrebbe gettato fumo negli occhi della Polizia e avrebbe denigrato chiunque gli avesse dato fastidio.
Un vero colpo da maestro.
Gin si passò una mano sul volto contorto dal disprezzo.
Il suo vero volto, quello della vendetta, era venuto fuori, ma la sua mano lo copriva cercando di nasconderlo, di relegarlo nel suo io più interiore.
Respirò con calma, una, due, tre volte.
Un sorriso crudele gli solcava sul volto mentre occhi azzurri e feroci scintillavano, in attesa di qualcosa, qualcosa che reclamava sangue.
Riuscì a riconquistare la sua facciata di servo fedele e viscido.
Era troppo presto per scoprire le zanne.
Vederlo, dopo tutto il tempo che era passato, fu un colpo allo stomaco.
Qualcosa di simile al dolore, un calore strisciante.
Rabbrividì.
Gin era lì, osservava con noncuranza le persone mentre passavano.
Era seduto su una panchina, il lungo capotto nero, gli argentei capelli che gli ricadevano sulle palpebre pesanti, la bocca piegata in una smorfia sarcastica e crudele.
Gli si avvicinò convinta che Gin l’avesse già vista.
Gli si sedette accanto.
Lui non fiatò né tantomeno la guardò.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese. La voce era più dura di quel che avrebbe voluto.
Lui non rispose.
Ovviamente…Pensò Rangiku.
«Non mi stavi evitando? Perché non scappi?» gli domandò fissandolo.
Lui si voltò verso di lei.
«Pensi che io stia scappando, Rangiku?» disse con voce tagliente
«Sì. Penso che tu ti stia nascondendo, Ichimaru.» lo sguardo tagliente.
«Hai ragione.» disse lui.
Lei lo guardò sorpresa.
Sembrava aver abbandonato quel tono mellifluo e falso.
«Cosa succede?» gli chiese.
«Sei sulla mia strada.» le rispose.
Non capì del tutto, eppure comprese in parte.
«E con ciò? Tu sei sulla mia.» rispose lei.
Non sapeva cosa stava dicendo…oppure sì?
Lui la fissò con gli occhi aperti.
Quell’azzurro gelido e gentile allo stesso tempo.
È lui.
«Eri tu.» disse.
Gin non si mosse, non annuì né smentì, si limitò a fissarla.
Poi si alzò. «Dove vai?» gli chiese lei.
«Non ti deve importare.»
«Senti, tu…»
«Stai attenta, Rangiku.» disse Gin senza specificare. Poi le sorrise di quel suo sorriso falso e viscido e riabbassò le palpebre.
“Cosa vuoi dire con “stai attenta”?” avrebbe voluto chiedergli, ma Gin era già sparito.
Rangiku sospirò e poi, dopo essersi alzata, prese la via che la portava a casa.




--- Ciao a tutti!
Mi scuso per il ritardo nell'aggiornare ma non sto molto bene! :)
Sono stata davvero felice per le molte recensioni ricevute!
Vi prego di continuare così!
Aggiorno nel giro di una settimana e più in fretta a seconda delle recensioni.
Detto tutto, al prossimo capitolo!
xx Giò

 
   
 
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