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Autore: slanif    23/01/2014    5 recensioni
Genzo/Karl
Genzo era sempre stato un tipo responsabile.
Sin da bambino, gli avevano sempre insegnato che doveva cavarsela da solo, fare le cose fatte bene, non comportarsi da bambino, ma da adulto.
Era cresciuto in fretta, soprattutto dopo il trasferimento in Germania.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Responsabilità
di slanif

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Genzo era sempre stato un tipo responsabile.
Sin da bambino, gli avevano sempre insegnato che doveva cavarsela da solo, fare le cose fatte bene, non comportarsi da bambino, ma da adulto.
Era cresciuto in fretta, soprattutto dopo il trasferimento in Germania.
Avrebbe voluto godersi l’infanzia come tutti, ma la sua strada l’aveva portato a dover usare quegli insegnamenti molto prima del necessario.
I suoi genitori, d’altronde, e anche il signor Mikami stesso, si erano fidati nel lasciarlo andare in Germania da solo, e vivere lì da solo, perché lui era un tipo responsabile.
Da ragazzo, in Giappone, la cosa gli andava stretta. Tutte le ragazze lo guardavano come se fosse un alieno, perché non faceva lo stupido come tutti gli altri ragazzi, ma si comportava seriamente ed educatamente. Non faceva le scemenze da ragazzino, ma rifletteva bene sulle cose. Nessuno l’aveva mai visto coinvolto in qualche gesto ridicolo, o in qualche scherzo cattivo, e questo lo faceva apprezzare moltissimo dai professori.
In Germania, invece, la cosa gli era tornata utile.
All’inizio, essere responsabile significava saper badare a se stesso senza dover chiamare ogni mezzo secondo il signor Mikami. Era imparare a fare la spesa, la lavatrice, la lavastoviglie, stirare una camicia. Era contare i soldi disponibili e sapere che quelli servivano per le bollette, quelli per la spesa, quelli per il divertimento.
Responsabilità aveva significato anche impegnarsi al massimo per mantenere la promessa fatta alla sua famiglia, al signor Mikami, ma soprattutto a se stesso: essere il miglior portiere di tutti i tempi. Per questo si era allenato come un pazzo, aveva sputato sangue, si era rotto ossa e infiammato muscoli pur di riuscirci. Aveva accettato lo scherno e le pallonate in faccia. Tutto perché aveva uno scopo. E quello scopo, lentamente, si stava realizzando. E questo lo faceva sentire fiero di se stesso.
Poi il suo essere responsabile gli era tornato utile anche nella vita privata in Germania.
All’inizio come amico. Se in principio tutti se la prendevano con lui perché era il “Giapponese montato venuto a togliere il posto a un tedesco”, in seguito avevano capito che era un tipo in gamba, serio e affidabile, e tutti avevano preso a confidarsi con lui. Lì per lì gli era venuto da ridere… prima lo tormentavano e poi lo usavano come confidente? Era davvero ridicolo! Però era anche vero che significava che si fidavano di lui, e di questo era felice. Perciò, aveva ascoltato tutti, era uscito a divertirsi, aveva bevuto birra per la prima volta e frequentato una discoteca. E anche in quei frangenti aveva dimostrato di essere una persona responsabile: non si era mai ubriacato e se qualcuno lo faceva, si premurava di accompagnarlo a casa sano e salvo.
Inoltre, grazie a tutto questo, al calcio e al gruppo di amici, aveva conosciuto Karl Heinz Schneider.
Quella testa di cazzo!
Quanto lo irritava! Era la persona in grado di irritarlo di più sulla faccia della terra e quando si erano baciati per la prima volta, e avevano deciso di stare insieme, Karl aveva pure avuto il coraggio di chiedergli se era serio nelle sue intenzioni!
“Ma per chi mi hai preso?” aveva tuonato.
Karl a quel punto l’aveva fissato, quindi aveva annunciato: “Per una persona responsabile. Sei un tipo serio. Non fai le cose tanto per farle!”.
“Oh, meno male!” aveva sbottato Wakabayashi, sollevato che Schneider usasse il cervello, qualche volta.
“Anche perché altrimenti ti uccido”.
La minaccia, ovviamente, era proprio da Karl!
Sorrise a ripensarci.
Quell’idiota…
Se non altro, il fatto che avesse dimostrato così a lungo che era una persona seria e tutta d’un pezzo, lo aveva aiutato a convincere Karl Heinz che aveva intenzioni serie con lui.
Il fatto che adesso fossero lì, abbracciati sul divano a guardare la tv coperti da un plaid bordeaux, lo dimostrava.
“Karl…” disse piano Genzo.
“Uhm?” domandò il campione della Bundesliga, continuando a tenere la testa poggiata sulla spalla del portiere.
“Sono o no la persona più seria del Mondo?” domandò il Goal Kipper, seguendo il filo dei suoi pensieri.
“E questa da dove ti è uscita?” domandò Karl Heinz, spostandosi un poco per guardarlo negli occhi.
“Stavo pensando che sono una persona davvero responsabile…” espose Genzo.
“Ah, quindi sei in una di quelle fasi in cui ti fai i complimenti da solo…” tradusse secondo la sua logica Schneider, serissimo.
“Io non la metterei proprio in questi termini…” disse Genzo, sentendo che si stava innervosendo.
“Io non avrei nessun altro termine, signor-sono-perfetto!” rise Karl.
“Non ho detto perfetto!” lo corresse Wakabayashi.
“Ah, no?” domandò Karl, alzando un sopracciglio.
“No!” annuì Genzo, convinto di ciò che diceva “Ho solo detto che sono perfettamente responsabile!”.
Karl lo guardò ghignare: “Secondo me sei solo perfettamente idiota…”.

**FINE**

   
 
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