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Autore: Chappy_    23/01/2014    11 recensioni
Prendete un "Principe dei Nani" qualsiasi: figo, testardo e per di più idiota.
Prendete poi la solita "Dea dei Giganti": acida, bellissima, ma insicura su ogni cosa.
Prendete anche, se volete, un'"autrice": sadica, stramba e fuori di melone, quale la sottoscritta.
Incastrateli per bene tra di loro (Attenzione: l’attrito tra le loro teste potrebbe rivelarsi FATALE), in una cornice meno comica e con una spruzzata di romanticismo in più; aggiungete una carrellata di situazioni assurde, svolte inaspettate e scelte difficili, capaci di mettere a dura prova anche il rapporto più solido e, infine, amalgamate il tutto…
Il risultato? Non sarà nulla di ciò che vi aspettate! Soprattutto se si ha a disposizione un anno, nel quale ogni cosa può accadere!
Tra vecchi e nuovi ostacoli, faide familiari, gelosie e tanto, tanto love-love, riusciranno i nostri cari "All Hanshin Kyojin" a buttare giù la maschera di storica coppia comica e farci vedere un'altra faccia dell'amore?
Perché si sa, anche la testa più dura, con l'aiuto di un cuore sincero, può ammorbidirsi.
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Otani, Nuovo personaggio, Risa Koizumi, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lovely★Idiots '
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Capitolo 9. La tua Famiglia





“CHE COOOOOOOSAAAAA???!!!”
“Non urlare al telefono, scema!!” urla lui di rimando, con tono decisamente scocciato.
Lo ignoro volutamente, troppo shoccata per prestargli attenzione. Scocco un' occhiata ai miei genitori e a mio fratello, che mi guardano con aria stralunata, e con un veloce gesto della mano, come a dire che è tutto a posto, mi affretto a rinchiudermi nella mia stanza. Una volta sola, lascio scivolare la schiena contro la porta.
“Koizumi?..." fa Otani incerto, preoccupato dalla mia lunga pausa.
“Cosa diavolo significa, che hai tagliato i ponti con tuo padre?!” sbotto, senza più poter nascondere la costernazione.
“Mpf. Significa esattamente questo.” controbatte, con tono di strafottenza. “Lui… non accetta la nostra storia, Koizumi.” mi confessa poi, cambiando totalmente tono, come se gli costasse una particolare fatica ammetterlo. Sembra quasi che questa rivelazione, gli bruci come una sconfitta personale.
Anche se me lo aspettavo, non posso fare a meno di sentirmi uno schifo, per questo. Mi sento come… se avessi deluso Otani.
Senza freni, lui comincia a raccontarmi quello che è successo ieri sera, la lite furiosa, che ha portato il signor Otani a sbattere di casa il suo stesso figlio, e ogni particolare di quanto si sono detti:  che l’ uomo non mi ritiene all’ altezza (in tutti i sensi) di Otani, che non si fida di me, e a questo punto neanche di lui, e che pensa che io sia solo una distrazione per Otani, e che non faccio altro che compromettere i suoi studi.
Io non posso fare altro che boccheggiare, imponente sotto quella massa schiacciante e deprimente di informazioni, sempre più affranta ed avvilita mano a mano che entra nei dettagli. E come se non bastasse, per finire, non poteva mancare la ciliegina sulla torta: Secondo il signor Otani, sono soltanto una poco di buono, intenzionata a sottomettere il figlio ai propri vizi e capricci.
A questo punto, mi escono dei gorgoglii sconnessi e striduli, come se stessi andando in autocombustione, o stessi per entrare in modalità da crisi isterica. Sento il mio stomaco ingarbugliarsi, e il mio cuore sprofondare sotto terra, insieme a tutti i muscoli del corpo, e diventare duro e freddo come un blocco di marmo.
Non poteva accadermi niente di peggio. I miei peggiori timori, si sono avverati.
“Oh, no…” gemo amaramente.
“Già…” risponde lui, monocorde, "Dopo questo, l’ ho sbattuto al muro, e gli ho assicurato che mi avrebbe trovato fuori di casa stamattina stess-”
“COSA HAI FATTO??!!” strillo dopo essermi paralizzata, spalancando gli occhi e la bocca, sbigottita.
“Beh... ho fatto come voleva lui, no?” risponde dopo un attimo, un po’ incerto. “Per questo gli ho detto che me ne sarei andato…”
“No!” lo interrompo seccamente, sbrigativa, “Quello che hai detto prima!”
Sto cercando disperatamente di mantenere uno sprazzo di lucidità mentale per questa assurda situazione, racimolando miracolosamente l’ autocontrollo sufficiente per non raggiungere il mio fidanzato e prenderlo a pugni!
“Ah… L’ ho sbattuto al muro.” risponde, con tale noncuranza da fare paura. Come se la cosa non lo toccasse affatto.
Una smorfia inorridita si dipinge sul mio volto. Sono shoccata. Sconvolta.
E’ impossibile che sia così tranquillo, nell’ ammettere una cosa del genere! Io stessa sento il sangue ribollirmi in ogni fibra del mio corpo, e sto tremando da capo a piedi!
Mentre da parte sua, sembra quasi che mi abbia appena raccontato di aver salvato un gattino da un albero, e di andarne fiero per questo!
“Che situazione, eh? Bè ormai è andata così. Comunque…” riprende poi, sempre con quel tono strafottente, non da lui. “Ti ho chiamata perché volevo chiederti se ti andava di vederci…”
Non lo sto ascoltando, sinceramente. I mie pensieri ed il mio cervello, stanno ancora cercando di digerire quanto appreso.
Ovviamente sapevo, data la cena disastrosa, di non essere piaciuta al signor Otani sin da subito... ma non pensavo a tal punto da decidere di cacciare suo figlio di casa! Deve esserci sicuramente qualche altra cosa sotto… Insomma, non posso essere solamente io, il problema!
Mi sono presentata con dei piercing in faccia, forse?! Non ho neanche i buchi alle orecchie!...
“Dato che non ho portato i libri con me, ho pensato che poteva essere una buona idea... che ne pensi?”
… Ci deve pur essere un motivo, di tutto il suo astio nei miei confronti. E se davvero riguarda solo me, lo devo assolutamente sapere…
“Koizumi…?” sento la voce di Otani chiamarmi, non appena si rende conto che non lo sto stando a sentire.
“Mmh?” cerco di riemergere dai miei pensieri, e ritornare a mente lucida, facendo un grande sforzo mentale per concentrarmi sulle sue parole.
“Eh? Ah, si… M- ma non dovresti studiare?...” domando, confusa.
“Ho bisogno di una pausa.” è la sua laconica risposta, che a me, chissà per quale motivo, giunge brusca.
Aggrotto le sopracciglia, scettica. “Una pausa?...”
“Già.”  mormora distrattamente lui, “Onestamente, mi sento esplodere il cervello. Non faccio altro che studiare, e la cosa o non serve a niente, o non viene apprezzata. Per cui…”
"Aaah??!" la mia smorfia si tende a dismisura, deformandomi del tutto il viso.
Non credo alle mie orecchie.
"Ho bisogno di schiarirmi le idee." prosegue lui, con insistenza. "Mi sento schiacciato e stressato. Per questo dico che ho bisogno di una pausa… Allora?” incalza, impaziente.
Rimango in silenzio ancora per qualche momento, pensando alle sue parole. Ho la fonte talmente aggrottata, e la faccia talmente deformata dallo sbigottimento, adesso, che le mie sopracciglia si uniscono in un’ unica linea.
Ancora quel tono noncurante...
Non mi piace per niente questo atteggiamento disinteressato, da parte di Otani. E' come se non gli importasse un accidente, di quanto è successo. Come se non fosse un problema che lo riguardi.
Da quando Otani, è così... arrogante?
"Tsk.” sbuffo infine sonoramente, irritata come non mai. “Giuro che se fossimo di presenza, ti avrei già tirato un pugno in faccia!” sentenzio, stizzita.
Ovvio che vorrei uscire con lui. Ma sinceramente, non mi sembra il momento adatto per pensare a questo, adesso. Non dopo quello che abbiamo passato...  il suo esame fallito, la rottura, ciò che è appena successo con suo padre, e tutto il resto.
Pensavo che avessimo imparato qualcosa, da tutto questo… Invece a quanto pare, Otani sembra intenzionato a ricommettere gli stessi errori. Sono certa che il problema principale del signor Otani, sia soltanto che si preoccupa per suo figlio. E ricommettere gli stessi errori di un mese fa, in questo momento, è il modo migliore per dargli ragione.
Com’ era prevedibile, Otani non sembra prendere bene le mie parole.
“Eh?!! Co-?... Perché, che ho detto?!”
“Perché questo non è da te.” replico, gelidamente, “Dovresti pensare a studiare e a chiarire con tuo padre, invece di chiamarmi e chiedermi di uscire!”
"Ci ho provato!" sbotta, esasperato, "Ma tu non eri lì, non hai visto quanto fosse serio... Per questo penso che non potremo chiarire, al momento...!"
“E ora sei da Nakao?” chiedo, brusca.
“Si, sono con lui, sta lavorando in pasticceria.” spiega, ancora con voce tetra. “Mi ha permesso di stare da lui per un po’, ma so che non potrà durare per sempre. Dovrò trovarmi un posto...”
"Un... posto?"
"Si... dove vivere, intendo. Non ho intenzione di ritornare dai miei." dichiara, in tono neutro, mentre sento la mia mascella distaccarsi dal mio cranio, e precipitare verso il basso. "Chiederò al mio datore di lavoro di aumentare le mie ore settimanali, in modo da guadagnare un po' di più."
“Otani... ti rendi conto che ciò che dici ha dell’ assurdo?!” esclamo, infine, frustrata. Ne ho abbastanza del suo atteggiamento distaccato e odioso!
“Sii realista! Il tuo stipendio basta a malapena per pagare un terzo della retta universitaria…! Pensa se avessi anche un affitto, da dover pagare!”
“Si, lo so da me, grazie!” sbotta, in tono sarcastico. “Dovrò trovarmi un secondo lavoro… Oppure smettere con l’ università per un po’.”
Sbarro gli occhi, incredula, sentendo le mie ossa gelare. Ma... è serio?!
“Sme. Sme- …"
“Eh?” fa lui, confuso.
“… ttere con- … MA TI SEI RINCRETINITO PER CASO??!” sbraito, fuori di me dallo stupore. “E che fine farà tutto l’ impegno che hai dedicato fino ad ora allo studio, eh?! Per non parlare dei soldi della retta!!... Hai intenzione di buttare tutto questo ed i tuoi sogni nel cesso, per una stupida lite di famiglia?!”
“Koizumi, piantala, ok?!” esclama, innervosendosi anche lui. “Ci sono finito io in questa situazione, e io ne uscirò! E' tutta la notte e tutto il giorno, che penso al da farsi, e non vedo altro modo per sistemare le cose…!”
“Oh, io si, invece!” ribatto, risoluta. “E mi è bastato solo un secondo per pensarci, guarda un po'!... Va’ da tuo padre, e chiedigli scusa!”
“Co-... Cooosa?!”
“Mi hai sentita!”
Ho una voglia matta di prenderlo a schiaffi. Kami, questo cretino!...  Ma si può essere più idioti di così?
"Non hai affatto cercato, di chiarire le cose... Hai solo fatto le valigie, e te ne sei andato. E' come se ti fossi arreso!" rincaro, spietatamente. "Ed ora stai qui al telefono con me, quando hai cose più importanti da fare…! Stai gettando la spugna. Nanerottolo perdente."
“Ehi! Chi hai chiamato nanerottolo perdente?!” cerca di protestare lui, ma lo interrompo nuovamente.
“Sinceramente, penso che uscire con me adesso, sia l’ ultima cosa a cui dovresti pensare!”
Bah! Che roba!  Ed io che credevo si stesse impegnando seriamente… A quanto pare mi sbagliavo!
Forse suo padre, non ha tutti i torti, dopotutto.
Perdente, arrogante, presuntuoso di un nanerottolo...!
Lui ammutolisce all’ istante, ferito dalle mie parole. Dopo un attimo di pausa, lo sento sospirare.
“Non ho nessuna intenzione di chiedergli scusa, Koizumi.” dichiara alla fine, più risoluto e deciso che mai.
“Ma perché?!” esclamo, esasperata dal suo atteggiamento. “Per una cosa così di poco conto…!”
“Sarà anche da poco conto per te, ma di certo non lo è per me.” ribatte lui, a denti stretti. “Chiedergli scusa, dopo che lui ti ha definita in quel modo… Non se ne parla. No!”
Ringhio, capendo che non lo avrei smosso di un centimetro. Odio quando il nanetto si intestardisce così tanto.. . A volte sa essere maledettamente puntiglioso!
“Grr… Non pensavo di stare con un idiota simile!”
“Ehi!” fa lui, offendendosi. “Ti sembra questo il modo di trattarmi, dopo che ti ho difesa da mio padre?!”
“Beh, nessuno ti ha chiesto di farlo!” ribatto prontamente, aspra.
Ma chi si crede di essere, adesso? Superman!? Non sono Loise Lane, non lo sono mai stata!
Lui si zittisce per qualche secondo. Deve esserci rimasto malissimo.
“Wow…” mormora poi, atono. “Chi è la stronza, adesso?”
“Co…” boccheggio, presa in contropiede.  “Co… come osi, darmi della stronza?!”
“Allo stesso modo, in cui tu mi dai dell’ idiota!!” risponde, con tono acido ed incazzato. “Bel ringraziamento, dopo che io non ho fatto altro che difenderti!”
“Ah si? E da quando, io ho bisogno di essere difesa?!” ribatto a tono. “Posso benissimo farlo da sola!”
“Si, ma in quel momento, tu NON C’ ERI!!” finisce la frase urlando, ormai al limite dell’ esasperazione.
“E allora??!” sbotto anch’ io, frustrata. "Se difendermi significa arrivare alle mani con tuo padre, beh la cosa non mi piace affatto, Otani!” ammetto, risoluta. “Sai cosa penso? Che chiamarmi per un’ uscita proprio adesso, è la cosa più stupida che tu potessi fare!”
Diavolo. Questa situazione sta degenerando. A fronte di quello che sta accadendo con suo padre, io ed Otani dovremmo restare uniti, non litigare in questo modo…
Prendo un grosso, grossissimo respiro, cercando di darmi una calmata. Capisco che la mia rabbia non è veramente incentrata su di lui, ma su di me. Gli sono davvero grata che lui abbia preso le mie parti… ma non avrei mai, mai voluto, che si cacciasse nei guai per colpa mia.
Sono davvero, davvero stanca di essere sempre la causa dei suoi problemi.
Come ha potuto litigare con suo padre per me, ed aver rinunciato a chiarirsi con lui?! E’ suo padre, diamine!...
Ma tu sei la sua ragazza... mi  fa notare, non richiesta, una vocina fastidiosa nella mia mente. E ha preso le tue parti… Avrà anche sbagliato, ma dopotutto l’ ha fatto per difenderti.
Sospiro nuovamente. Forse…  sono stata un po’ troppo dura, con lui…
"Tu non c' eri." mormora nuovamente, dopo qualche attimo di silenzio torturante, facendomi bruscamente rinsavire dai miei pensieri. "Era davvero irremovibile, dalla sua decisione. Se tornassi a parlargli adesso, non servirebbe assolutamente a niente. Finiremo nuovamente col litigare..."
"Non è detto." replico gelidamente. "E' pur sempre tuo padre, Otani... Potresti almeno sforzarti un po' di più, non ti par-?"
"E' lui che dovrebbe sforzarsi, Koizumi!!"
Trasalisco, presa in contropiede, dalla forza e la durezza del suo tono. E' come se si fosse tenuto dentro quelle parole da molto tempo, e non solamente da poche ore.
"Per una volta... E' lui che dovrebbe venire incontro a me."
La sua voce, adesso sembra libera da ogni difesa. Nonostante abbia cercato di nasconderlo, mascherando la delusione e l' amarezza in un atteggiamento da duro e strafottente, il tremolio delle sue parole conferma ciò che ho pensato sin da subito: Tuttora, Otani sente davvero, il peso della mancanza di suo padre.
E' ovvio che nutre del risentimento, nei suoi confronti...
#" Si è appena concesso un periodo di ferie, e dato che per lavoro è costretto a stare lontano da casa molto spesso, pensavamo che fosse contento di poter accantonare gli impegni per un po', per rilassarsi e godersi l' aria di casa...E invece non fa altro che stare chiuso nel suo studio a lavorare ai suoi progetti, o a parlare al telefono con i suoi colleghi. E' fatto così."#
Come posso essere stata così cieca? Anche mentre mi diceva queste cose, sembrava disinteressato... Avevo solo dei sospetti, ma adesso mi è chiaro che in realtà non lo era affatto.
Mi si stringe il cuore, e sento la mia rabbia sciogliersi in un attimo, a questa improvvisa consapevolezza...
Ma subito dopo risale, tutta in una volta, spostandosi verso qualcun altro: Il signor Otani.
"Benissimo." sentenzio alzandomi lentamente, e caricando i polmoni della mia leggendaria determinazione. "Adesso so tutto, e so anche cosa devo fare. Dato che tu sei intenzionato a non far nulla, vorrà dire che me la vedrò da me."
Il signor Otani ha un problema anche con me, giusto? E visto che né lui, né il figlio sembrano avere gli attributi per fare un passo verso l' altro, allora, beh... li avrò io, per tutti e due! 
"Che... che vuoi fare?" domanda Otani, con una vocina. Più che preoccupato, sembra realmente terrorizzato. Conosce ormai fin troppo bene questi miei scatti di intraprendenza, e sa che non portano a niente di rassicurante. O almeno, così la pensa lui.
Sono decisa, in tutto e per tutto, a chiarire questa faccenda. Non perché se non lo faccio, io ed Otani non avremo vita facile, ma perché sento di volerlo fare.
Voglio dimostrare al sig. Otani che si sbaglia su di me, e che se sono stata in grado di vincere l' amore di Otani, allora sono doppiamente in grado di renderlo felice.
Gli farò vedere, chi è davvero Risa Koizumi!
"Tu potrai anche esserti arreso, Otani, ma io non starò a guardare mentre mandi all' aria la tua vita!"
"Ora non fare la melodrammatica..."
"Sta tranquillo, lascia fare a me!" mi batto teatralmente una mano sul petto, combattiva. "Tu vedi di non perdere altro tempo!...  Muovi le chiappe, e mettiti a studiare!"
"Sarà tutto inutile!" cerca disperatamente di farmi desistere. "Conosco bene mio padre, sa essere anche più testardo di te...!"
"Oh, davvero?" sbuffo, scettica. "Beh, staremo a vedere!"
"Aspe- ... Koizumi...!"
Gli stacco la chiamata in faccia, mentre una fiammella ardente si accende nei miei occhi.
Risa Koizumi, è pronta a rientrare nella fossa dei leoni!





 
***



 
POV Otani
 
 
 
Rimango per un attimo a fissare lo schermo del cellulare, attonito.
Roba da matti!
Io la difendo, e guarda cosa ricevo in cambio: Che adesso, ad avercela con me, sono in due!
Bah, quella ragazza non la capisco proprio! …
“Si è arrabbiata?” mi domanda Nakao, mentre mi si avvicina da dietro il bancone della pasticceria. “Ti sentivo urlare…”
Sbuffo sonoramente, rimettendomi il cellulare nella tasca del giubbotto.
“Mi ha dato del nanerottolo perdente! Nanerottolo perdente, capisci??! Quella stupida!!... E l’ ho anche difesa dalle accuse di mio padre..!”
“Forse Koizumi si è arrabbiata, proprio perché pensa che tuo padre abbia ragione..." fa lui, grattandosi il mento, pensieroso. " Su di te, intendo." aggiunge dopo, guardandomi.
"Eh?" lo guardo a mia volta inerme, senza capire.
"Cioè…" cerca di spiegarsi, "Tuo padre pensa che non ti impegni nello studio, perché sei distratto da Koizumi, giusto? E dopo quello che è successo, la richiami, chiedendole di uscire... Credo che lei, abbia pensato che avessi rinunciato ad impegnarti… Vuoi?" mi domanda poi, porgendomi un vassoio stracolmo di dolci.
Diniego con un veloce gesto della mano, prima di rispondere. "Stai dicendo... che Koizumi pensa che io sia un fannullone, come lo pensa mio padre?"
"Uhm, già."
Rimango a soppesare le sue parole, sentendo una fitta fastidiosa d' angoscia, alla bocca dello stomaco. "Ma... ma io non voglio che lei pensi questo..." mormoro infine, a disagio. "E neanche mio padre..."
Non sono un fannullone, non lo sono. Stamattina avevo solo voglia di vedere Koizumi… Dopo quello che è successo ieri sera, avevo bisogno di vederla... Tutto qui. E lei l' ha presa come una forma di protesta contro mio padre... Che sciocca!
"Si sbaglia, se crede che io lo abbia fatto perché voglio ribellarmi a mio padre..."
"Ma non ha tutti i torti, quando dice che stai gettando la spugna... vero?" incalza il mio migliore amico, osservandomi con la coda dell' occhio, con sguardo saccente.
Ricambio l' occhiata di sottecchi per un attimo, prima di sospirare.
"Un po'... Si, è così." ammetto infine, a malincuore. Mi afferro le mani, meditabondo. "Pensi che dovrei chiamarla, e chiederle scusa?..."
Lui fa spallucce, "Devi fare ciò che ritieni giusto... Ma penso che anche tu abbia le tue ragioni, Otani. Hai fatto bene a difenderla.” appoggia una mano sulla mia spalla, guardandomi con espressione seria e convinta. “Indipendentemente se fosse stato mio padre o no, avrei preso a cazzotti chiunque avesse cercato di offendere la mia Nobu."
Scioglie la presa, ed io mi mordo le labbra, rimanendo in silenzio, mentre sento lo sguardo del mio migliore amico ancora su di me.
Infine, sospiro.
"Stavo... stavo per prendere a pugni mio padre..." mormoro, incapace di guardarlo, ancora scosso da quanto è accaduto ieri sera.
Non posso ancora credere di aver fatto quello che ho fatto...Ho perso il controllo, e non mi era mai successo, prima d' ora.
Eppure, se ci ripenso adesso, non mi sento diversamente. Solo ripensandoci, mi sale una tale rabbia... Anche se si tratta di mio padre. Se dovesse ridire di nuovo una cosa del genere su Koizumi... Io reagirei allo stesso modo. Se non peggio.
Però... è pur sempre mio padre, infondo...
Sollevo lo sguardo su Nakao, scoprendolo intento a fissarmi. "Pensi anche tu, che abbia sbagliato, a non cercare di chiarirmi con lui?"
"Hai detto di averci provato, ma che non è servito a niente, no?..."
"Si... ma forse avrei potuto-"
"Otani." mi interrompe lui, con voce insolitamente seria. "Lo sai, puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi. Ma è' inutile continuare a chiedersi cosa è giusto e cosa no. Tu hai le tue ragioni, tuo padre ha le sue. Dovete solo trovare un punto d' incontro. Tu non sei disposto a lasciare Koizumi, no?"
Diniego mestamente con un cenno del capo. No, per niente al mondo.
"Allora prova a parlargli di nuovo... Magari lui ci ha dormito su, si è pentito, e vuole sistemare le cose..."
"Si, ma il fatto è che mio padre ed io, non abbiamo mai parlato molto..," spiego, ad occhi bassi. "La discussione di ieri sera, è stata una delle più lunghe che abbiamo mai avuto, e siamo finiti solo per urlarci contro... ed io sul punto di picchiarlo."
Nakao mi guarda un istante, pensieroso, poi dice, "Beh... allora questa potrebbe essere una buona occasione per riuscire a riavvicinarvi. Digli come stanno davvero le cose, come ti senti, forse lui capirà..."
Scuoto la testa, sovrappensiero. Non sono sicuro di volergli parlare, al momento. E comunque, vorrei che dimostrasse lui di tenerci, per una volta...
Sospiro. Non capisco questa sua avversione nei confronti di Koizumi... sempre che sia solo per lei. Tutti le vogliono bene, ogni persona che le sta intorno è contagiata dal suo sorriso, dalla sua spontaneità, dal suo ottimismo... C'è anche chi si innamora di lei, purtroppo.
E' così difficile pensare che anche un nanetto come me, possa esserlo?
"Tutti pensano che io abbia deciso di uscire con Koizumi, perché non avevo scelta..." dico improvvisamente, notando Nakao voltarsi di scatto verso di me, osservandomi con la fronte corrugata.
"Io non l' ho mai pensato..."
"... O perché prima o poi, avessi dovuto cedere... Ma non è affatto così."  stringo forte i pugni, frustrato, per poi riaprirli ed accasciarmi sulla sedia, afflitto. La verità, è che sono stufo.
Stufo di giustificarmi sempre, stufo di dover dimostrare a chiunque che non sto mentendo sui miei sentimenti.
"Non ho deciso io di innamorarmi di Koizumi." dichiaro, più che altro a me stesso, ma conscio del fatto che il mio migliore amico sta ascoltando. "E' successo e basta, e sono contento che sia successo... E non perché anche Koizumi è contenta così. Non è stato perché alla fine mi sono detto 'D' accordo, proviamo, se non va bene non fa nulla', ma perché volevo, chiaro? Prima o poi, sarebbe successo comunque... Anche se lei non mi si fosse dichiarata, sarebbe successo comunque!" sbotto bruscamente, rivolgendomi infine a Nakao, che alla mia reazione esasperata, ridacchia brevemente.
"Ma Otani, io non l'ho mai pensato..." ripete, ancora con il sorriso sulle labbra. "Né io, né nessun altro... Se ben ricordi, io e Nobu abbiamo sempre detto, che voi due sareste finiti insieme..."
Grugnisco, ancora nervoso, e non so neanche per cosa. "Beh, forse solo voi, ma tutti gli altri lo pensano..."
"Lascia perdere cosa pensano gli altri... Tu vuoi stare con Koizumi, giusto?" ribatte lui, e senza neanche aspettare una risposta prosegue. " Mi sembra che ormai, del giudizio della gente ve ne siete già fregati da un pezzo, no?"
Sospiro. E' vero, non ce ne importa niente... ma a lungo andare può ancora dare fastidio. Sopratutto se chi giudica, non è una persona qualunque, ma mio padre.
"Perché non le dici quello che mi hai appena detto?" mi chiede improvvisamente lui.
"Mh? Cosa?"
"Del fatto che ti saresti innamorato di lei comunque, eccetera..."
"E pensi che io possa fare qualcosa di così imbarazzante??!" sbotto, sentendo le mie guance accendersi di rosso.
Lui accenna un sorriso, che sembra di più un ghigno. "Perché no? Mi sembrava steste lavorando, su quel punt- Ahi."
Ritiro il mio pugno, furioso, "Non sono affari tuoi, idiota!! E smettila di sorridere in quel modo, mi dai sui nervi!!"
Nakao non accenna a smettere di ridacchiare, e si massaggia la nuca, sempre con quel sorrisetto irritante. "Sarebbe un buon modo per fare pace, no?"
A quelle parole arresto il mio pugno a mezz' aria, accigliandomi.
Ah, già. Lei è arrabbiata con me, adesso...
Nakao sembra leggermi in viso, perché subito dice, "Le passerà, vedrai..."
Sospiro, "Lo spero..."
"E' solo preoccupata per te..." afferra un' aragosta al cioccolato dal vassoio stracolmo, assumendo un' aria pensierosa. "Lo sai, Koizumi ci tiene a te, e non vorrebbe mai che tu abbia problemi con la tua famiglia, per causa sua..."
"La colpa non è sua, è di mio padre e basta..."
"Lo so. Ma sai com' è Koizumi. Tende a darsi tutte le colpe del mondo, quando si tratta di te."
Quello che sta dicendo è talmente vero, che per un attimo provo un impulso sfrenato di andare dritto da Koizumi, ed urlare in faccia che è un' idiota!
Mi passo stancamente una mano tra i capelli. E' ovvio che dia la colpa a se stessa, per quanto è successo. Penserà di non essere adeguata per essere la mia ragazza, e che mio padre abbia ragione su tutto quanto. E’ tipico di Koizumi!
"Le mando subito un messaggio." sentenzio, a denti stretti, senza prendermi la briga di nascondere l’ irritazione.
Nakao si affoga con il boccone di aragosta, per poi prendere a ridacchiare nervosamente.
"Ehm... ti conviene non scriverle ciò che stai pensando in questo momento... " mi consiglia, preoccupato. "Potrebbe non gradirlo."
"Tranquillo." replico con un ghigno, estraendo il cellulare dalla tasca del giubbotto. "Ci andrò piano, con gli insulti."





 
***



 
POV Risa
 
 
 
 
Domenica 16/02
Ore: 15:37
Da:Otani
Oggetto: Nessun oggetto
 
Hai ragione, ho fatto una cazzata, chiedendoti di uscire. Cercherò di studiare.
Grazie...
PS: Se cambi idea per stasera, fammelo sapere.
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Non posso impedirmi di scoppiare a ridere, per quel messaggio.
Probabilmente non se n' è neanche reso conto, o forse non era nelle sue intenzioni, ma in poche semplici righe si è scusato, per poi contraddirsi da solo!
Mi ha proprio risollevato il morale. Quasi me ne pento di avergli risposto male, prima... Ho voglia di vederlo anch' io.
Ma decido di non rispondergli, per adesso. Voglio prima pensarci, e al momento ho ancora una faccenda da risolvere...
Ripongo il cellulare nella borsa, e fisso la porta mogano davanti a me ancora per un secondo, prima di riempire i miei polmoni di determinazione, cercando al contempo di spazzare via il nervosismo.
Infine, suono il campanello, rimanendo in attesa.
Passano parecchi secondi, e per un attimo penso che in casa non ci sia nessuno. Vengo sopraffatta dall' impazienza.
Busso insistentemente, e dopo qualche attimo, è proprio lui ad aprire la porta, sollevando impercettibilmente un sopracciglio, in segno di sorpresa.
Gli restituisco lo sguardo, senza fare una piega, bene attenta a non tradire le mie emozioni, mentre lui si limita a fissarmi di rimando, con quel suo modo austero e penetrante.
"Buonasera. " sentenzio, alzando fieramente il mento, sentendo già le mie ginocchia tremare. "Posso entrare?"
Il signor Otani rimane ad osservarmi circospetto ancora un attimo, senza dire nulla. La sua espressione è doppiamente scettica. Infine, si sposta leggermente, quel poco che basta per farmi intendere che ho il permesso di poter entrare, e si fa da parte per lasciarmi passare.
Rimango sorpresa per un attimo, per quel gesto inaspettato. Forse, dentro di me, non mi aspettavo che accettasse di riaccogliermi in casa.
Con gambe ancora tremanti, oltrepasso la soglia, cercando di non guardarlo.
"Atsushi non c'è." enuncia gelidamente, mentre sento la porta chiudersi alle mie spalle, "Ma presumo che tu lo sappia già."
A quella frecciata, mi volto a fronteggiarlo, radunando tutto il mio coraggio, ricordandomi il motivo per cui mi trovo qui.
E' come quella volta in cui Jii-chan ha conosciuto Otani. Era totalmente contrario al nostro rapporto, e ha fatto tutto pur di separarci, anche se alla fine, non c' è riuscito. Otani, in qualche modo, gi ha dimostrato di tenere a me, e alla fine il nonno si è convinto... anche se, come ci sia riuscito, per me rimane ancora un mistero.
Ma questa volta sono io, a non essere vista di buon occhio, a non essere accettata. Sono io, quella che deve dimostrare qualcosa.
"Non sono venuta per lui." replico duramente, guardandolo fisso negli occhi, "Vo- volevo parlare con lei, se possibile... signore."
Sembra sorpreso dalla mia determinazione, ma non fa una piega. Solleva un braccio in direzione del salotto, facendomi cenno di accomodarmi sul divano.
Mi siedo, poggiando la borsa sulla moquette. Con una fuggevole occhiata attorno, mi rendo conto che la signora Otani e Midori (e per fortuna, anche quel grosso cane ringhioso), non ci sono. Siamo io e lui da soli, dunque. Meglio così. Possiamo parlare a quattrocchi.
"Presumo che Atsushi ti abbia raccontato tutto, di quanto sia successo ieri sera." comincia lui, incrociando le braccia al petto,
senza accennare a volersi sedere accanto a me.
Capisco che il motivo per il quale vuole rimanere alzato, è che vuole essere lui a guidare la conversazione, e ad avere in mano l' intera situazione. O può anche darsi, che non voglia palesare troppo la nostra evidente differenza d' altezza, cosa molto probabile.
Annuisco,cautamente. "Si... A quanto mi ha detto, lei non ha preso bene il fatto che io e suo figlio stiamo insieme..."
"Si, è così."
"Perché?" domando, senza troppi giri di parole. "Se è per quello che è accaduto nella sua stanza, ha pensato male. E comunque, non credo che siano affari suoi."
"Ah, no?" sussurra più gelido che mai, assottigliano lo sguardo.
"No." replico, alzando il volto con fierezza. "E se ha un problema con me, dovrebbe dirmelo. Perché francamente, non  credo di aver fatto qualcosa di sbagliato per-"
"Tu non sai niente." mi zittisce con tono tagliente, duro e schietto quanto una lama d' acciaio. "Niente."
Rimaniamo a fissarci attentamente, per qualche attimo. Infine sospira, passandosi una mano tra i capelli, nella stessa identica maniera di Otani.
"Non ce l' ho con te." ammette infine con voce roca, e dal suo tono mi sembra sincero. "Non ho niente di personale contro di te."
Trasalisco, sconcertata. Sta dicendo la verità? Stando al racconto di Otani, sembra avercela con me eccome... Insomma, mi ha dato della poco di buono!...
Scuoto la testa, in preda alla confusione, "E allora..."
"... Ma penso davvero che tu non sia adatta, per Atsushi." mi interrompe nuovamente lui, con voce stanca. "Conosco bene mio figlio... E so che tu, non sei ciò che vuole. Non voglio cercare di essere brutale, voglio solo essere onesto. Questo è quello che penso."
Sento quelle parole entrarmi dentro la pelle, e perforarmi il cuore, come trapassandomi da tanti piccoli spilli.
Ora so cosa intendeva Otani quando mi ha detto che era davvero irremovibile dalla sua decisione... Sembra un uomo fatto di ghiaccio, che non prova emozioni di nessun genere, che non si preoccupa di poter ferire gli altri, con le sue parole cariche di astio... Ma io so, lo sento, che sotto quella maschera di impassibilità gelida, si nasconde del rancore e del risentimento, ed anche uno sprazzo di sentimento. Spero con tutto il cuore che sia così.
Deglutisco, sentendo la mia determinazione e le mie speranze vacillare. "S-se... Se si riferisce all' altezza, sappia che Otani l' ha già superata..."
"Io non credo." ribatte lui, con tono impassibile. "Atsushi è sempre stato suscettibile, su questo argomento... "
"Lei non conosce suo figlio." ribatto imperterrita, cercando di non far tremare troppo la voce.
Non sembra per niente convinto di ciò che sta dicendo. E' una pazzia pensare, anche solo per un attimo, che stia mentendo?
"Ah, no?" ripete, inarcando un sopracciglio, spavaldo, in una maniera che mi ricorda tanto gli stessi modi di Otani. "E poi, cos' hai di speciale, tu, per crederti all' altezza di mio figlio? Lui è di un altro livello."
"Se dice di non avere niente di personale contro di me, perché mi dice questo?"
Ignora le mie parole. "Sei una distrazione per lui. Per causa tua, ha fallito l' esame... e l' hai fatto anche sentire in colpa, per questo. Dimmi ragazza, perché mai io dovrei accettarti, se tendi a fare di mio figlio un uomo peggiore, anziché migliore?"
Quelle parole mi colpiscono peggio di uno schiaffo in pieno viso. Abbasso lo sguardo, mortificata, sentendo all' istante  i miei occhi pungere in modo fastidioso.
Lui prosegue perfidamente. "Come ho già detto a lui, potrò anche non conoscere te, ma il mondo si. Non ci si può fidare di nessuno."
Aggrotto le sopracciglia, totalmente confusa, stringendo i pugni con forza sulle ginocchia, osservando distrattamente il colorito latteo che pian piano assumono le mie nocche. Quest' uomo è davvero un enigma. Che cosa nasconde?
"Perché è così  diffidente nei confronti del prossimo?" domando, sollevando coraggiosamente lo sguardo, scrutandolo bene in viso.
Lui si volta verso di me, osservandomi accigliato. Assottiglio lo sguardo, scrutando attentamente dentro quegli occhi verdi, che in qualche modo mi ricordano tanto quelli di Otani, e d' improvviso,dentro di me, si fa largo una consapevolezza, talmente forte, così potente, così conosciuta... che sono certa che sia assoluta.
"Ora ho capito..." mormoro, senza distogliere l' attenzione dal suo viso.
Lui solleva all' istante un sopracciglio, osservandomi scettico. Ecco perché è così contrario, a dire che Otani non ha ancora superato il fatto dell' altezza...  Non si sta riferendo ad Otani. Ma a se stesso.
"Lei ha un complesso, signor Otani." sentenzio, con lo stesso tono che userebbe uno strizza cervelli col proprio paziente, con tutta la calma e la compostezza che riesco a sfoggiare, in un momento come questo.
Sono entrambe le sue sopracciglia ad essere inarcate, adesso, deformando il suo viso un' espressione di puro sbigottimento, misto ad incredulità.
"Un..."
"Complesso, esatto." concludo annuendo, sempre più convinta.
Si porta una mano dietro il collo, lasciandosi sfuggire una mezza risata. Una risata che non contiene la benché minima traccia di ilarità.
"Questa è bella..."
Non demordo, "Non vuole che suo figlio sia guardato come un fallito. Che non venga ritenuto inferiore agli altri, né alla propria ragazza." rincaro, decisa in tutto e per tutto a farlo capitolare. "Ma, mi chiedo... se in realtà, sia proprio lei, a non voler aspirare a questo."
Si blocca a guardarmi, con uno sguardo decisamente sorpreso.
"Il complesso che ha lei... ho avuto modo di constatarlo sulla mia pelle." continuo spedita, battendomi risolutamente una mano sul petto, orami certa che stia andando nella direzione giusta.
"So come ci si sente...  il sentirsi fuori luogo, inferiori, non a proprio agio con se stessi...E' una cosa di cui non ci si può liberare tanto facilmente." abbasso lo sguardo, sentendo ritornare in me, tutte quelle spiacevoli sensazioni che mi hanno afflitto per così tanto tempo, che fanno ancora parte di me, e che forse lo faranno per sempre.
"Ci sono passata anch' io... E c' è passato anche Otani. Soprattutto lui... E'stato difficile, per lui, accettarsi per come è...  Ma se l' é lasciata alle spalle. Però, evidentemente,  lei ancora no."
Mi concedo un piccolissimo sorrisino compiaciuto, nel vedere il suo corpo irrigidirsi , e il suo sguardo sgranato accendersi di panico.
" Lei ed Otani siete cosi simili... per questo, non posso biasimarla, se pensa che anche suo figlio, ne sia tuttora afflitto. Ma ciò che lei davvero non capisce, è che è solo frutto della sua mente.... Otani non si sente inferiore a nessuno, né tantomeno sta con me, solo per dimostrare qualcosa agli altri. Lui non è come lei..."
"Adesso basta."
Il suo sibilo mi fa trasalire come farebbe uno stridio di bicchieri rotti. Sollevo lo sguardo, intercettando il suo, più gelido e tagliente che mai. Sento il sangue congelarmi le ossa, scivolando lentamente come un cubetto di ghiaccio, lungo la mia spina dorsale.
"Chi sei tu, per dirmi questo?" mormora, spezzante. " Non mi conosci affatto."
"Oh, quindi lei è sicuro di sapere tutto sugli atri, ma io non posso dire di conoscere lei?" ribatto aspramente, cercando di mantenere la voce ferma, per quanto mi sia possibile. "Non le sembra un po' da ipocriti?"
"E' meglio se te ne vai." sentenzia dopo un attimo, distogliendo infine lo sguardo da me. Il suo tono duro, non lascia spazio ai forse e ai ma. Non lascia diritto di replica. E' un ordine, lo so bene. Ma so altrettanto bene, che non basta di certo questo a farmi desistere.
Ho centrato il punto. E per nessuna ragione al mondo, ho intenzione di lasciar perdere proprio ora.
Gonfio risolutamente il petto, radunando di nuovo la determinazione, ricordandomi perché sono qui: Per il bene di Otani.
"Se crede che io mi smuova da questo divano, e me ne esca da quella porta soltanto perché mi caccia di casa,  si sbaglia di grosso!" replico, a denti stretti.  "Non farò come Otani... Non me ne andrò da qui fino a quando non avrò chiarito con lei. Se mi vuole fuori di casa, dovrà trascinarmi a forza!"
"Chiamerò la polizia."
"Che la chiami pure!" sbuffo, ormai per niente impaurita, "Lei non mi fa paura, signor Otani. Ieri mi incuteva un certo disagio, ma dopo aver appreso quanto è successo con Otani, ho capito che il vero problema non sono io, né suo figlio... Ma lei."
Lui continua a non guardarmi, ma io, ormai presa da un forte istinto di dire la verità, tutto ciò che mi passa per la mente, e guidata dalle mie stesse emozioni incontrollate, mi espongo, totalmente, senza freni, né inibizioni.
"Lasci che le dica una cosa... So che lei, per qualche ragione non si fida di me... Ma le posso assicurare che io tengo moltissimo ad Otani. Non c' è niente che non farei per suo figlio. Né voglio, per nessun motivo al mondo, intralciare i suoi studi e le sue ambizioni... Quando abbiamo litigato qualche settimana fa, si, volevo farlo sentire in colpa." ammetto, a malincuore, sentendo una piccola fitta di vergogna trapassarmi le membra, "Mi stava trascurando perché doveva studiare, e io non capivo come potesse fare una cosa del genere. Era un mostro, se trascurava la propria ragazza così a lungo, per questo motivo.... Ma ho capito che ero io, il vero mostro. La più gigantesca egoista del pianeta. E non ho intenzione di ricommettere lo stesso errore."
"Cosa stai cercando di dirmi, ragazza?" mi chiede, brusco, tornando a guardarmi. "Pensi di convincermi con delle belle parole?"
"No." replico prontamente, scuotendo mestamente la nuca.  "Non sto cercando di convincerla, adesso. Sto dicendo che, al contrario di suo figlio, io sono d' accordo con lei... Beh, per alcuni versi." chiarisco subito dopo, grattandomi la nuca.
L' uomo si immobilizza, aggrottando la fronte. Sembra esserci rimasto di stucco, a quelle parole.
"Da come mi sono comportata recentemente... non sono una persona che ispira fiducia." mi spiego, con tono supplichevole. "E lei me l' ha fatto capire perfettamente. Mi sono comportata male, con suo figlio. Non la biasimo se è diffidente nei miei confronti. Ma la prego..." a questo punto giungo entrambe le mani, con sguardo implorante, pregandolo letteralmente. Noto che  si affretta a schivare il mio sguardo.
"Se... se me ne da la possibilità, io le farò cambiare idea sul mio conto. Le dimostrerò che tengo davvero a suo figlio, non con le parole, ma con i fatti. " intreccio le dita, e stringo i pugni, cercando di imprimere nella mia voce tutta la sincerità e la sicurezza che sto provando nell' ammettere tutto ciò. "Non sono tenuta a farlo, ma lo farò comunque. Perché lei è il padre di Otani, e parte della sua famiglia."
Rimane a scrutami in silenzio, con uno sguardo che definirei sbalordito, anche se non ne sono sicura. Non è molto facile leggere le sue espressioni, come mi accadeva tempo fa con Otani, d' altronde.
"E' vero , io... sono goffa, sono alta, sono sciocca... Ma suo figlio mi ama. E anche io lo amo, che lei ci creda o no. Sono in grado di renderlo felice... E lei, non può farci niente."
Sta ancora cercando di non guardarmi, e io aggiungo, in tono solenne. "Ma... le prometto, che se mai questo cambierà, allora mi toglierò dai piedi. Fino a quando Otani avrà bisogno di me, resterò al suo fianco."
Lui si volta infine verso di me, "Non ha bisogno di te." sibila mestamente. "Non ha bisogno di nessuno."
Spalanco la bocca, interdetta. "Lei... " le parole mi muoiono in gola. Cos' altro posso dire, a questo punto?
Rimaniamo a fissarci a lungo. Sento le mie palpebre tremare, trepidanti dallo sfuggire alla freddezza di quello sguardo. Sto in attesa che parli, che aggiunga qualcos' altro. Che urli, o almeno che si accigli... un segno, dannazione!
Ma non fa niente di tutto ciò.
A questo punto mi è chiaro, che qui il problema non sono io. C' è qualcosa di molto più profondo e complesso, sotto. E per quanto io voglia sapere a tutti i costi di cosa si tratti, non posso fare niente per cambiare le cose.
Aveva ragione Otani. Non dovevo venire. Mi sento una tale idiota...
"Bene!" esclamo alzandomi, cercando disperatamente di spezzare quell' atmosfera tesa, che nonostante ciò rimane palpabile. "Ora è meglio che vada, ho promesso a mia madre che sarei tornata presto..."
Con una risatina nervosa, mi avvio verso l' ingresso, sentendo i passi del signor Otani seguirmi.
Mi blocco, una mano sul pomello della porta, mentre sento il sorriso sul mio volto spezzarsi, e scivolare via.
Seriamente. Che cosa diavolo ci sono venuta a fare, qui?
"Lei mi ha dato della sgualdrina." sussurro amaramente, tenendo lo sguardo chino sui miei piedi. "Ha cercato di allontanare Otani da me, e non creda che non mi sia accorta, a questo punto, che ha solo fatto finta di ascoltare le mie parole... Mi ha offesa in tutti i modi possibili. Non ho altro da dirle."
Non intendo stare qui un istante di più. Giro il pomello, e apro la porta, pronta ad uscire. Ma un secondo dopo, cambio idea.
"Un' ultima cosa." mormoro con voce tremante, lo sguardo rivolto davanti a me. "Può scoraggiare e dire maldicenze su di me... ma non si azzardi ad aggredire ancora Otani." la mia voce si incrina dalla rabbia repressa, mentre stringo più forte il pomello tra le dita. "Ma come fa? Come fa, a non vedere che figlio straordinario ha? Si sta impegnando con tutto se stesso... Si è sempre fatto carico delle sue responsabilità, anche quando ha fallito, si è rialzato, continuando a lottare, senza smettere di seguire i propri sogni. Io sono fiera di lui, sono fiera di essere la sua ragazza. Lo sono davvero. Sono orgogliosa di avere un ragazzo così straordinario ... e dovrebbe esserlo anche lei."
Il viso di Otani, mi appare sorridente nei miei pensieri, e non posso fare a meno di sorridere a mia volta, sentendo nel mio cuore, che tutto ciò che ho appena detto, è la pura e semplice verità.
"E impossibile, non amarlo." dichiaro, senza che il sorriso abbandoni le mie labbra. "E so che anche lei, lo ama."
Forse nel modo sbagliato, forse nel modo in cui lui ritiene giusto. Ma anche lui, tiene ad Otani. Sento che  è così.
Mi volto a guardarlo, lanciandogli un' occhiata sottomessa. Mi accorgo solo in quel momento che il signor Otani tiene lo sguardo basso, una mano che gli copre il volto.
Mi si stringe il cuore, a vederlo così. Non posso odiare qualcuno che ama Otani, per quanto odioso sia nei miei confronti. So che vogliamo entrambi la stessa cosa: Che Otani sia felice. E in questo momento, l' uomo sembra libero da ogni difesa. Questo mi spinge a continuare.
"Otani le vuole bene." imprimo quelle parole di tale sicurezza e decisione, che per un attimo, mi sembra di vederlo trasalire impercettibilmente. Ma non ne sono sicura. Non sono più sicura di niente, ormai.
"Non sarà il figlio più diligente, perfetto ed ubbidiente del mondo, ma le vuole bene. Nonostante neanche lei, mi perdoni se glie lo dico, si sia dimostrato un padre modello. Per questo, la prego di riaccoglierlo in casa. Anche se lei crede il contrario, ha ancora  bisogno di lei, e del sostegno della sua famiglia."
E' tutto. Non ho bisogno di aggiungere altro.
Distolgo mestamente lo sguardo dal suo viso di nuovo scoperto e velato di stupore, misto a qualcosa di simile ad un' amara consapevolezza ( forse... rimpianto?), e infine, oltrepasso l' uscio, richiudendomi cautamente la porta, dietro di me.
Mi allontano di fretta, a capo chino, sentendo il mio cuore sprofondare.
Ho fallito.
Pensavo davvero di riuscire a fargli cambiare idea...  Ma se neanche suo figlio ci è riuscito, come ho potuto pretendere di riuscirci io? Sono stata davvero presuntuosa...
Ma forse c' è ancora speranza. Per il bene di Otani...
Non sono riuscita a fare cambiare idea a suo padre... Ma posso, devo fare in modo, che Otani si liberi del proprio rancore nei suoi confronti. Devo provarci... A qualunque costo.




 
***



 
POV Otani
 
 

Apro cautamente la porta di casa, trovando mio padre proprio davanti a me. Solleva lo sguardo, sgranando gli occhi.
"Atsushi..."
Mi limito a fissarlo, senza dire nulla, per un attimo, prima di richiudere la porta dietro di me.
"Sono tornato per prendere delle cose..." mormoro, sempre senza guardarlo, dirigendomi verso gli scalini.
Una volta nella mia stanza, appoggio le spalle contro la porta, prendendo un grosso respiro, cercando di calmare i battiti frenetici del mio cuore.
Non pensavo che rivederlo, avrebbe sortito questa reazione, su di me. Nel momento in cui l' ho visto, ho desiderato immediatamente di non trovarmi lì, di scappare, rifugiandomi di sopra.
Stringo i pugni, sentendo ritornare quella rabbia cieca, che solo ieri sera si è impadronita di me...
Non dovevo venire. Non ero ancora pronto per rivederlo... Non voglio vederlo. Solo rimettere piede in questa casa, mi fa ritornare in mente la lite furiosa di ieri sera...
Scuoto velocemente la nuca, e stacco le spalle dalla porta, precipitandomi svelto a recuperare i libri che mi servono.
Voglio andare via il prima possibile, da questo posto...
Recupero il vecchio zaino del liceo, e ci butto dentro i libri che mi servono, più qualche ricambio, i primi che mi capitano in mano.
Scendo frettolosamente gli scalini, e una volta all' ingresso, trovo mio padre esattamente dove l' ho lasciato, davanti alla porta.
Che non voglia lasciarmi passare?
Mi costringo allora a guardarlo, freddamente, e lui si immobilizza, stringendo i pugni.
"Devo andare." dico con durezza, e con più astio di quanto vorrei.
La sua espressione risoluta, vacilla solo un istante. "Dove?" chiede, con voce roca.
"Non sono affari tuoi."
No, Otani, no. Non così bruscamente, penserà che vuoi litigare di nuovo...
"Si che sono affari miei... Sei mio figlio."
Mi paralizzo, sentendo tutti i muscoli del corpo in tensione, e un senso di oppressione dalle parti del petto.
Cos' è questa sensazione?...  Rabbia? Rimpianto? Risentimento?...
Sento che non voglio perdonargli nulla, eppure l' ho fatto tante volte...
Perché, questa volta non ci riesco?
Nella mia mente rimbombano all' istante le parole di Koizumi e di Nakao, esplodendomi nel cervello, come un sonoro avvertimento...
#" Va’ da tuo padre, e chiedigli scusa!”#
# "Allora questa potrebbe essere una buona occasione per riuscire a riavvicinarvi. Digli come stanno davvero le cose, come ti senti, forse lui capirà..."#
Guardo ancora mio padre, come a chiedergli, a pregarlo, silenziosamente di esprimersi. Ma lui, non dice nulla.
Devo aspettare ancora? Per quanto tempo ancora pensi di aspettare, Otani?...
Sta fermo lì, restituendomi lo sguardo, imperturbabile ed impassibile, come sempre, le labbra sigillate.
Lentamente, sento il mio cuore sprofondare, in una lenta, torturante discesa, mentre prendo tristemente atto, che sto ancora aspettando qualcosa che non accadrà mai.
No, non posso farlo. Non voglio farlo. Non sono ancora pronto a perdonarlo...
Ormai non è più solamente per via di Koizumi... in questo momento, è una questione tra di noi, solo tra di noi.
Sento il mio cuore battere all' impazzata.
E' arrivato il momento di decidere. Ho davvero tagliato i ponti con mio padre?
"No..." rispondo infine,mestamente in un sussurro, senza guardarlo. " Non lo sono più."
Non vedo mio padre trasalire bruscamente. Ma è come se lo avessi visto;  non lo vedo sgranare gli occhi, ma so per certo che lo ha fatto.
Non dovrei sentire il suo cuore frantumarsi in mille pezzi, eppure riesco a percepirlo chiaramente, sovrastando il clangore del mio.
So che si è fatto da parte per lasciarmi passare, e una fitta dolorosa torna ad incrinarmi il cuore. Forse, una piccola parte di me, sperava che non lo facesse...
Sempre con lo sguardo rivolto ai miei piedi, raggiungo la porta, e la apro cautamente, e sapendo che non avrebbe cercato di fermarmi, mi incammino, senza guardarmi indietro.
Ormai sul vialetto, noto Midori venirmi incontro. Non appena si accorge di me, mi corre subito vicino, tra lo stupito e il sollevato.
"At- chan, sei tornato! Pensavamo che non-! " si blocca immediatamente, notando il mio sguardo cupo. Mi osserva con aria preoccupata.
"At- chan...?"
"S- scusa Nee- san... De- devo andare, adesso..." mormoro sbrigativamente, ed evitando lo sguardo rattristato di mia sorella, corro via, scappo, ignorando i suoi richiami imploranti.





 
***




 
POV Risa
 
 
 
 
"Ah!" esclamo nel bel mezzo del marciapiede, schiaffandomi una manata sulla fronte.
"Accidenti... Ho dimenticato la borsa a casa di Otani..." mugugno, affranta.
Dovrò ritornare lì, e la cosa mi scoccia alquanto. Ma non ho scelta.
Giro i tacchi, e con un grosso respiro, mi avvio dalla parte opposta, preparandomi psicologicamente a rivedere quell' uomo.
Una  volta davanti alla porta, dopo aver bussato, non mi apre lui, bensì Midori, rivolgendomi un sorriso, anche se leggermente più incerto e sbiadito di quelli cui è solita rivolgermi.
"Risa- chan! Come mai sei qui?"
"Ehm... Prima sono passata, e ho dimenticato la borsa..."
"Sei passata per At- chan?" mi domanda, lasciandomi entrare. "Lo hai mancato di poco, se n' è andato qualche minuto fa..."
La guardo, meravigliata. Uh? Otani è stato qui?...
"Papa..." lo chiama Midori, a voce squillante, dall' ingresso. "E' Risa- chan, si è dimenticata la borsa..."
Non arriva nessuna risposta, e Midori spazientita, si allontana da me a passo svelto, affacciandosi all' arcata in pietra del salotto.
"Papà...! Hai sentito quello che ho detto? Risa- chan è qui per-... Ah!!"
Si blocca, trattenendo bruscamente il respiro, per poi emettere uno strillo acuto, che fa tintinnare  l' argenteria esposta nella vetrina dell' ingresso, e vibrare le pareti .
Mi sento raggelare.
"PAPA'!!!" Si precipita in salotto, ed io la seguo, allarmata.
 "Midori- san...!?"
La trovo inginocchiata per terra, scossa dai singhiozzi, sul corpo privo di coscienza del signor Otani.
Un senso forte di terrore si fa strada dentro di me, gelandomi le articolazioni, i muscoli, e mi impedisce di respirare regolarmente.
Mi precipito verso di loro, buttandomi in ginocchio accanto a Midori, che urla e piange, pregando disperatamente il padre di svegliarsi.  Mi chino sull' uomo, poggiando l' orecchio sul suo petto. Fremo di paura.
Il battito c' è, ma è così fievole che a malapena lo sento.
"PAPA'!! TI PREGO, RISPONDI, PAPA', TI PREGO...!!!"
A quel punto anch' io, impanicata come non mai, cerco di svegliarlo, strattonandolo e urlando a fatica, per l' insostenibile ed enorme nodo che mi brucia la gola come lava incandescente.
"Signore! Signore, mi sente?! SIGNORE!!"
Midori, accanto a me, continua a strillare e piangere, scossa dai singhiozzi convulsi. Mi volto verso di lei, e facendo uno sforzo enorme, spazzo via tutto il panico, tentando di tornare a mente lucida.
Le prendo risolutamente le mani tra le mie, sentendole tremare convulsamente, e  cerco il contatto coi suoi occhi rossi e lacrimanti, sbarrati dal terrore.
"Tranquilla, tranquilla... Ora calmati, ok?" le sussurro, guadandola fisso dentro le pupille, cercando di rassicurarla con lo sguardo.
Lei mi fissa a sua vota con disperazione, boccheggiando come se gli mancasse l' aria, o stesse per avere una forte crisi.
"Non è niente, sta bene, respira ancora... Adesso chiamiamo un' ambulanza, e vedrai che si risolverà tutto."
Alla fine, non so come, ma lei pare calmarsi, anche se è ancora palesemente sotto shock.
Prendo un grosso respiro, e mi alzo cautamente, continuando a tremare da capo a piedi. 
Raggiungo la borsa,esattamente dove l' avevo lasciata, ed estraggo febbrilmente il cellulare, componendo il numero dell' ospedale.





 
***



 
Sono le ventidue passate, e siamo tutti in ospedale. Io, la signora Otani, Midori e Otani.
Il signor Otani sta bene, adesso.
Ha avuto un lieve infarto, causato dallo stress. O almeno, così hanno detto i medici.
Questa notizia ha spazzato inevitabilmente via, tutto il sollievo provato nell' apprendere che si era ripreso. Un infarto, non è una cosa da poco.
La tensione tra di noi, è palpabile.
Mi volto a guardare Otani,che sta con le spalle appoggiate al muro, senza dire una parola.
Dopo che ho chiamato l' ambulanza, non ho esitato neanche un secondo, e ho rintracciato Otani. Non appena gli ho dato la notizia, si è precipitato subito a casa, e vedendo il padre ancora privo di sensi, si è afferrato la testa tra le mani, sussurrando tra sé e sé: "E' colpa mia, colpa mia..."
Solo una volta in ospedale, ho avuto il coraggio di chiedergli il perché, che cosa fosse successo, e lui mi ha raccontato con voce tremante cosa si sono detti lui e suo padre, poco prima. Dopodiché, ha smesso di parlare, rintanandosi in un angolino a fissare il vuoto.
Sono ancora intenta a guardarlo, angustiata. L' espressione dipinta nei suoi occhi, è così sofferente... che mi fa stare male.
Non è il tipico sguardo intriso di preoccupazione e dolore, dopo una tale notizia. Lui è... traumatizzato.
Le iridi sgranate, vuote, spente, rivolte verso il basso. La bocca semiaperta, deformata in una smorfia di dolore... giuro, che non l' ho mai visto così. Mi fa male, vederlo stare così.... mi fa male dentro, al cuore.
"Otani..." comincio con un sussurro angosciato, per poi bloccarmi, avvilita.
Lui non si acciglia neanche. Non piange, non urla. Rimane perfettamente immobile, come se non mi avesse nemmeno sentita. Solo il lieve movimento del suo torace, e il suono impercettibile del suo respiro, danno prova che sia ancora vivo.
Preferirei che urlasse. Vorrei vederlo spaccare tutto, preso dalla rabbia, piuttosto che in questo stato catatonico...
No. Non posso vederlo così... Non ce la faccio...
Sollevo coraggiosamente un braccio verso di lui, e lo sfioro leggermente. Lui non si muove ancora.
"Otani.." sussurro, nuovamente, con voce incrinata.
"E'..."
Sobbalzo, al suo lieve mormorio. Non mi guarda, sta ancora fissando il vuoto, con sguardo spento.
"E'... colpa mia..." si volta infine verso di me, e qualcosa nel suo sguardo si rompe. I suoi occhi non son più vuoti e spenti, ma carichi di dolore e rimorso.
"Koizumi.." sussurra ancora, in tono implorante.
Sento i miei occhi pizzicare, e senza neanche pensarci, lo abbraccio di slancio.
Lo stringo forte a me, e lui passa immediatamente le sue braccia attorno alla mia schiena, stringendomi talmente forte, che per un attimo mi sento mozzare il fiato.
Solo vagamente mi rendo conto che è la prima volta che abbraccio Otani. Che prendo io l' iniziativa, che sono io a cercare così tanto la sua vicinanza. E non mi importa, se qualcuno ci sta guardando. Non sto arrossendo, e non provo vergogna, né imbarazzo.
Voglio solo stare vicina ad Otani. Non c' è niente, o quasi, di romantico in tutto ciò. E' solo un abbraccio che vuole dare conforto... Ma, in qualche modo, fa stare bene anche me.
"E' colpa mia.."  sussurra lui, la fronte addossata contro la mia spalla.
"No..." strofino una guancia tra i suoi capelli setosi, passando le dita tra le sue scapole pronunciate, sperando gli diano sollievo. "Non è colpa di nessuno..."
Lui non risponde, limitandosi a stringermi ancora di più a sé, e neanch' io dico nulla, continuando a cullarlo con dolcezza, fino a quando una voce ci fa sobbalzare entrambi.
"At- chan, Risa-chan..."
Io ed Otani ci stacchiamo, fissandoci per un attimo, prima di voltarci verso Midori.
"Si è svegliato..." ci informa con un sorriso stanco. Ma nei suoi occhi, riesco a scorgere l' ombra dello stesso sguardo del fratello.
Io ed Otani annuiamo contemporaneamente, e senza più osare guardarci, ci avviamo verso la stanza. Sull' uscio, Otani mi prende la mano e la stringe forte nella sua, prendendo un grosso respiro.
So bene il motivo di quel gesto, e anche della sua esitazione...
'E se ce l' avesse con me?'... Questo sta pensando.
Stringo la sua mano a mia volta, cercando di imprimergli coraggio, e infine oltrepassiamo la soglia.
Il sig. Otani è sdraiato sul letto, seduto con un cuscino dietro la schiena, perfettamente sveglio, mentre la signora Otani, seduta accanto a lui con un piatto di minestra tra le mani, cerca di imboccarlo.
"Oh su, non fare il bambino..." lo rimbecca lei, alla smorfia inorridita dell' uomo, che tiene le labbra sigillate. "Bevi la minestra calda, ti farà bene..."
"Mei, quante volte devo dirti che detesto quell' intruglio?" sbuffa lui, con una smorfia inorridita. "Altro che spacciato, dovranno convincermi di essere impazzito, prima di riuscire a farmi mangiare cibo d' ospedale!" si imbroncia, incrociando cocciutamente le braccia al petto.
La sig. Otani sospira pazientemente, ma noto che sta trattenendo un sorrisino. Solo un istante dopo, pare accorgersi del nostro arrivo, "Oh, eccovi..."
L' uomo solleva subito gli occhi verdini su di noi, incrociando quelli nocciola di Otani. Lo riabbassa subito, mortificato.
"Ehm..." comincia la signora, spostando lo sguardo prima sul marito, poi sul figlio. "At- chan..."
"Co... come stai?"
Il sussurro strozzato di Otani interrompe il balbettio della madre, che rimane a guardarlo apprensiva. Sento la sua mano, stingere ancora di più la mia, e ricambio la stretta, fiduciosa.
Il signor Otani continua ad osservare il figlio. L' espressione del suo volto- oltre ad essere leggermente più pallido del solito-, ha qualcosa di diverso...  ma non riesco a capire cosa.
"Bene..." risponde, mormorando. Sembra ancora leggermente sorpreso.
"Bene..." gli fa eco Otani, passandosi la mano libera ad arruffarsi i capelli. Sposta lo sguardo altrove, non riuscendo più a sostenere quello del padre, nel medesimo istante in cui quello del sig. Otani si concentra sulle nostre mani intrecciate.
Per poco non sobbalzo, quando risalendo con gli occhi, intercetta i miei.
"Grazie." dice, con voce chiara e decisa.
Per un momento mi sento mancare l' aria, e arrossisco non appena percepisco tutte le teste nella stanza, compresa quella del mio ragazzo, voltarsi nella mia direzione.
"Ah! Ehm..." farfuglio, imbarazzatissima." Ma no, no... Non mi ringrazi, per così poco, eh eh he..." mi porto una mano dietro alla nuca, ridacchiando nervosamente.
"Poco?" la signora Otani sgrana gli occhi. "Tesoro, sei stata propizia, invece!" esclama,gli occhi lucidi dalla commozione.
"Se non ci fossi stata tu, non so se mi sarei ripresa in tempo...!" incalza Midori, con voce carica di ammirazione e gratitudine assieme.  "Grazie a te, ho trovato la forza per reagire!"
"M- ma no..."
"E' vero?"
Abbasso lo sguardo su Otani, scoprendolo a fissarmi intensamente, con aria sorpresa. Arrossisco totalmente, balbettando frasi sconnesse e insensate.
Senza preavviso, Midori e la signora Otani si lanciano verso di me,  saltandomi al collo, e strappando la mia mano da quella di Otani,  abbracciandomi stretta.
"Risa- chaaaan....!!" piagnucola la giovane.
"Sei una benedizione per la nostra famiglia!" esclama la donna, sull' orlo delle lacrime.
"E-eh? Be- benedizione?..."
Le mie gote ormai ardono dall' imbarazzo, per quanto io mi senta a disagio. 'Benedizione', non è proprio il termine che solitamente appiopperebbero ad una come me. Sono più abituata ad essere chiamata in ben altri modi... Come 'Disastro ambulante', o 'Gigantesca Catastrofe'...
"M- ma io n- non.."
"Te ne saremo eternamente, eternamente grate...!"
"Mei, Midori... che ne pensate di lasciarla respirare?"
Mi paralizzo, stupita dal tono leggero con il quale signor Otani ha parlato. Le due sciolgono lentamente la presa su di me, asciugandosi gli occhi e tirando su col naso.
Mi volto a guardarlo, e per la prima volta, nel suo sguardo non vedo più alcuna traccia della freddezza che era solito rivolgermi. E capisco cosa abbia di diverso: Sembra colmo di... gratitudine.
Forse l' aver sfiorato la morte... lo ha irrimediabilmente cambiato.
"Davvero, grazie..." prosegue, con leggero nervosismo.
Si vede che sta facendo un certo sforzo per esprimersi... non credo sia abituato a tali slanci sentimentali.
"In realtà io...non ho mai avuto niente di personale contro di te, o sul vostro rapporto, solo... ero così arrabbiato.... Così frustrato da tutto..."
Si passa stancamente una mano sul volto, restando in silenzio alcuni istanti, prima di prendere un grosso respiro, "Ho perso il lavoro."
"COSA!?" urlano sconvolti Otani, sua madre e sua sorella nel medesimo istante. Io mi raggelo, shoccata.
Lui sospira di nuovo, annuendo stancamente. "E' così..."
Guardandoci uno ad uno, inizia a raccontare come sono andate le cose.
Salta fuori che la 'Asahi.', la società di navi da crociera che dirigeva il signor Otani, era sull' orlo del fallimento.
All' inizio della fondazione, contava tre navi, più altre due, che si erano aggiunte col tempo, dopo che l' azienda si sviluppò, diventando l' impresa crocieristica più in rialzo di Kobe.
Attraversò un periodo florido, ma non durò molto: Il tizio col quale il sig. Otani era in affari, nonché suo migliore amico, comandante in seconda e braccio destro, colui che controllava gli affari interni ed esterni dell' azienda, mise in atto una grossa truffa ai danni della Compagnia.
Dopo che egli gli suggerì che il modo migliore di ampliare l'azienda, era l' entrata di altre due navi, il signor Otani era certo che quella mossa gli avrebbe garantito di affermarsi definitivamente nel settore, e decise di fidarsi. Era sicuro, che sarebbe stata la svolta della sua carriera.
Così lo incaricò di portare a termine la trattativa, che andò a buon fine. Ma ben presto, quella che avrebbe dovuto rivelarsi la svolta decisiva, il biglietto di sola andata per la strada del successo, si rivelò essere il più grosso buco nel' acqua (non solo in senso metaforico) della sua carriera.
L' uomo che affermava essersi sempre prodigato per il bene dell' azienda, l' amico che si era offerto di occuparsi degli interessi commerciali ed economici, aveva rubato alla 'Asahi ' ben cento milioni di yen, destinandola al fallimento.
Appena scoperto l' inganno, il capitano denunciò immediatamente l' amico, ma lui rispose con una minaccia di contro- denuncia, affermando che i soldi che aveva sottratto rappresentavano la percentuale che gli era dovuta, in quanto co- fondatore dell' azienda, e di cui non aveva mai beneficiato.
Guidato dall' orgoglio, e al contempo, capendo amaramente di non essere nella posizione più adatta per affrontare una causa contro di lui, (dato che l'uomo, da sempre si era occupato degli interessi economici dell' azienda, era estremamente ricco, e poteva benissimo permettersi avvocati di successo), decise di licenziarlo, promettendo a se stesso, di risollevare il prestigio dell' azienda solo con le proprie forze.
Ma ormai, un' enorme lama tagliente gravava sulla testa della Compagnia, che indebitata fino al collo, non poteva più coprire le spese dell' armamento e dell' equipaggio. Così, l' uomo fu costretto a mettere all' asta le navi appena comprate.
Ma anche lì, ci furono problemi. Le nuove navi, che avrebbero dovuto essere d' avanguardia e perfettamente funzionanti, si rivelarono essere due catorci, completamente malmesse, e da ristrutturare da cima a fondo.
L' asta non portò al risultato sperato, il ricavato non bastava neanche a coprire un decimo dell' enorme debito. Prima di quanto l' uomo potesse rendersene conto, la Asahi, l' azienda a cui aveva dedicato anni e anni della sua vita, stava velocemente colando a picco.
  Noto lo sguardo dei suoi familiari, accendersi d' incredulità e orrore, man mano che l' uomo continua a raccontare. Anche io sono sorpresa e costernata, ma non osiamo interromperlo.
Come se la situazione non fosse già abbastanza critica, la 'AKI Company', 'Akamura Kuruzu International', una grande impresa di navi da crociera, la più ricca e famosa del Giappone, con a capo un potente magnate affermato ormai da anni nel settore crocieristico, gli propose, prima che il sig. Otani decidesse di dare all' asta le altre tre navi, un' offerta che riteneva molto vantaggiosa per entrambi: Comprare la sua Compagnia, unendola alla propria e rendendola così ancora più grande. Era disposto a pagarlo profumatamente, in più garantendo un posto di lavoro ai suoi dipendenti, all' interno delle navi, come animatori, stuntman, baristi e camerieri, e offrendo all' uomo l' opportunità di diventare il proprietario di uno dei ristoranti.
Il sig. Otani, offeso profondamente nell' orgoglio, respinse in malo modo la sua offerta, prendendola come un affronto personale, poiché non poteva permettere che la propria esperienza e rispettosità da armatore e capitano, accumulata durante tutti quegli anni di duro lavoro e sacrifici, venissero così calpestate senza ritegno,e  messe in ridicolo da chicchessia!
Convinto, ancora una volta, di riuscire a risollevare la sua attività con le proprie forze, ben presto si dovette ricredere, poiché si ritrovò ad avere anche i propri collaboratori contro che, non retribuiti, lo abbandonarono, persino coloro che erano con lui dall' inizio. Molti, per ironia della sorte, si fecero comprare dall' 'AKI'.
Allorché, il sig. Otani, ormai solo, fallito, e messo alle strette, lascia le navi in porto e torna a casa, raccontando ai suoi familiari di essersi preso un periodo di vacanza, ma ricevendo continue chiamate pressanti dall' 'AKI Company.', che non intende lasciar perdere, e rilancia la sua offerta, che l' uomo, questa volta, data la situazione disperata, si è trovato ben lungi dal rifiutare, ma non dando ancora nessuna risposta definitiva.
  "E questo è quanto." conclude l' uomo, con un sospiro, seguito a ruota da quello di noi altri quattro, in simultanea.
"Ora sapete tutto, e come mai io sia stato così sotto pressione e nervoso, in questo periodo..."
"Perché non ce l' hai detto prima, e ti sei tenuto tutto questo per te?" domanda Otani, con cipiglio severo e con tono di rimprovero.  "Questa cosa riguarda tutti noi...Ti rendi conto, cosa significa venire a sapere una cosa del genere adesso?!" sbotta, senza riuscire più a controllarsi. "Crolli tu, crolla tutta la nostra famiglia...!"
"At- chan...!"
"No, Mei, ha ragione." la interrompe l' uomo, scuotendo mestamente la nuca. "Non avrei dovuto lasciarvi all' oscuro di tutto, meritavate di sapere cosa stava succedendo... Ma non volevo che gravassero su di voi, quelle che erano mie responsabilità. E in parte, ero convinto davvero, di poter risolvere la questione..."
Otani sbuffa pesantemente, incrociando le braccia al petto, irritato. "Tu e il tuo stupido orgoglio..."
Vedendo che il signor Otani sta per ribattere, decido di intervenire, almeno per calmare un po' le acque.
"Ehm... Scusi se glie lo chiedo, so che non sono affari miei, ma.... S- se non vuole vendere l' azienda, perché non mette all' asta le altre navi rimaste?"
L' uomo mi guarda, sollevando un sopracciglio. "Giusta osservazione. Ma vedi, non servirebbe comunque a nulla. Ho riflettuto anche su questo, e so che vendere le navi, non mi frutterà il dovuto, per permettermi di ricominciare daccapo."
A quel punto, mi mordo le labbra, frustrata. Eppure dev' esserci una soluzione...
"Papà..." comincia Midori, titubante. "Hai parlato di una compagnia chiamata 'AKI Company', giusto?..."
L' uomo solleva un sopracciglio nella sua direzione. "Esatto."
"E puoi dirmi, chi è l' uomo che dirige questa famosa azienda?..."
"Si chiama Akamura." a quel nome, si lascia sfuggire un ringhio tra i denti. "Un bastardo opportunista, un approfittatore, un parassita, che prova piacere nel colpire la dignità del prossimo..."
"Mmm, si, dev' essere lui..." mormora la ragazza, sovrappensiero.
L' uomo non la ascolta, continuando ad imprecare contro  il magnate. "E' un usurpatore, un viscido verme strisciante che-"
"... Che presto diventerà il suocero di tua figlia?"
"Che presto diventer- Cosa?"
Il signor Otani si blocca, accigliandosi. Sicuri di non aver sentito bene, tutti noi ci voltiamo increduli verso Midori, che per nulla toccata da quel momento di sbigottimento generale, si stinge nelle spalle con aria noncurante.
"Che c' è? Non ve l' ho forse detto?... Oh, accidenti!" si schiaffa una mano sulla fronte, allibita. "Mi sono completamente scordata che....! Oh, cavoli!..." scuote la nuca, incredula, per poi poggiare le mani sulle sue guance improvvisamente rosso acceso.
Estrae qualcosa dalla tasca dei pantaloni. Un anello d' oro.
"Io... sto per sposarmi." annuncia, dopo averlo infilato nell' anulare sinistro, mostrandolo con un sorriso dolce e raggiante.
"CHE COSA?!" urlano costernati e in perfetta sincronia, Otani e suo padre.
"Davvero?! Congratulazioni!!" esclamiamo felici io e la signora Otani subito dopo, avvicinandoci a lei per abbracciarla calorosamente, e contemplare il favoloso anello brillante, d' oro bianco.
"Aspettate!" urla il signor Otani, contrariato. "Che diavolo è, questa storia che ti sposi?!"
Midori si districa dal nostro abbraccio, per rivolgersi al genitore con aria imbronciata. "Papa. Non incominciare, per favore... "
"Non sto incominciando niente...! E poi, quando l' avresti deciso?!"
Midori solleva gli occhi al cielo. "Non l'ho deciso io, papà. E' stato il mio fidanzato, il figlio di Akamura, a chiedermelo, qualche giorno fa..."
"Sei fidanzata con il figlio di Akamura??! Mia figlia è...!!" si blocca, passandosi una mano sulla tempia, sotto shock.
Midori solleva una mano verso di lui, apprensiva. Nelle sue condizioni, non è una buona idea farlo agitare. 
"Papà..."
"E da quand' è che avresti un fidanzato, comunque?!" riprende l' uomo, infiammandosi, "Io non ne sapevo niente.... Perché sono sempre l' ultimo a sapere le cose?!"
"In realtà neanche noi lo sapevamo..." si intromette la sig. Otani, ancora intenta ad abbracciare la figlia. "E' stata una sorpresa anche per noi tre, compresa Risa. Una piacevole sorpesa..." aggiunge, imprimendo l' aggettivo con tono severo.
"Piacevole?! E' una catastrofe, invece!" sbotta  uomo, fuori di sé. "Quando avevi intenzione di dircelo?!"
"Ieri ho provato a dirvelo." si difende lei, scrollando le spalle, "Durante la cena... solo che è successo quel gran macello fra te e At- chan, e ho pensato che non era il momento adat-"
"Dì al tuo fidanzato che se vuole avere qualche diritto di prenderti e portarti via da noi, almeno che si degni di farsi vivo!" la interrompe il padre, furioso. "Noi non conosciamo neanche questo tizio, e tu-!"
"E tu già lo giudichi male." lo interrompe lei, con freddezza. "Ce l' hai per abitudine, ormai... Anche con Risa- chan hai tratto conclusioni affrettate... non le hai dato neanche una possibilità!"
"Midori- san..." mormoro, sorpresa dalle sue parole. Il signor Otani si blocca, guardando la figlia con sguardo carico di rimorso.
"Midori..."
"No, papà. Non voglio starti a sentire." mormora la giovane, ormai sull' orlo del pianto, chinando lo sguardo. "E' proprio per questo motivo, che non ho voluto presentartelo prima. Suiji, il mio fidanzato... è una brava persona. Ci conosciamo da quando eravamo piccoli, e so bene che è lui la persona con cui voglio passare il resto della vita... Devi avere fiducia nelle mie scelte."
"No... "il padre scuote la nuca, "Non è che io non abbia fiducia in te... Solo, ritengo che avresti dovuto almeno presentarcelo, ecco." conclude, portandosi una mano dietro la nuca, imbarazzato.
Lo sguardo di Midori si intenerisce in un attimo. "Giuro che appena tornerà dal suo viaggio d' affari, ve lo farò conoscere... E' un uomo talmente pieno di impegni, sai...! Ma tu, sei sicuro di essere pronto ad accettarlo?" prosegue, fissando il padre attentamente.
L' uomo grugnisce, in segno di assenso.
"Anche se è il figlio del tuo rivale?"
Annuisce.
"E Koizumi?"
Ci voltiamo tutti stupiti verso Otani, che fissa il padre senza alcuna traccia di indecisione.
"Giusto." rincara Modori, voltandosi anche lei a guardare risoluta il padre. "Non vorrai ancora convincere At-chan a lasciarla, dopo tutto quello che lei ha fatto per noi!"
"Ehm, m-ma, io...!"
Il mio imbarazzante tentativo di prendere parola, viene interrotto da sig. Otani, che dopo avermi osservato con attenzione per qualche istante, risponde: "Certo. Vale anche per lei."
Spalanco la bocca, stupita.
"Davvero?!" esclama Otani sorpreso, accanto a me.
Il padre annuisce, con convinzione. "Se non fosse stato per questa ragazza, a quest' ora non starei qui a parlarne. Perciò... " china la nuca, accennando un breve inchino, "Mi farebbe piacere se accettasi le mie più sincere scuse... Koizumi- san."
Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva, mentre gli occhi del mio ragazzo si accendono di incredulità mista a pura gioia.
Il signor Otani... mi ha appena chiamata per cognome, e non 'ragazza', o sbaglio?
... Il signor Otani?!
Anche tutti gli altri sembrano stupiti da questo atteggiamento molto più umano, da parte sua. Noto la signora Otani e sua figlia che lo fissano imbambolate con un sorriso radioso, mentre Otani, lo guarda con occhi ridotti a fessure, con espressione indecifrabile.
Non sembra badare alle nostre reazioni, e prosegue, spedito, "Scusami davvero, so di non aver avuto dei bei riguardi nei tuoi confronti. Anzi sono davvero stato pessimo... Ma adesso, so di averti giudicata male. Devi essere davvero innamorata di mio figlio, per sopportare un potenziale suocero come me..."
Arrossisco di botto, per quelle ultime parole. " Ah, ehm... Beh.."
"Mi farebbe piacere se accettassi di darmi un' altra occasione per conoscerci... Ma qualcosa mi dice che avremo tempo, in futuro."
A quel punto non posso fare a meno di sorridere anche io, e annuisco sinceramente contenta. "Certo, signore... Otani- sama."
L' uomo arrossisce, grattandosi la nuca con aria imbarazzata,prima di rivolgere al figlio un' occhiata di ammonimento."Hai accanto una donna davvero in gamba... bada bene a non fartela sfuggire."
A questo punto mi sento avvampare, imbarazzatissima. Mi aspetto la stessa reazione anche da parte di Otani, ma non appena mi volto a guardarlo, lo scopro intento ad osservarmi con occhi raggianti, ed un sorriso quasi timido. Quel contrasto talmente forte ed intenso sul suo volto, provoca dentro di me un' esplosione di emozioni, che si librano al centro del mio stomaco sotto forma di tante, piccole, farfalle variopinte.
Mi afferra la mano, stringendola.
"Lo so."  sussurra, con voce dolce, e sembra quasi si stia rivolgendo solo a me.
Sento le mie labbra curvarsi spontaneamente a loro volta in un dolce sorriso, naturale e felice, come quelli che solo Otani riesce a strapparmi. Ricambio la stretta con tutto l' affetto possibile,  facendogli capire silenziosamente , che anch' io penso esattamente lo stesso di lui...
Siamo talmente occupati a contemplarci, che non ci accorgiamo neanche che tutti i presenti nella stanza sono intenti a fissarci con il medesimo sorrisetto sulle labbra.
Il signor Otani si schiarisce d' improvviso la gola, ed io e il mio ragazzo trasaliamo contemporaneamente, staccando bruscamente le mani, e distogliendo subito lo sguardo dall' altro, avvampando.
"Quindi possiamo dire, che adesso Risa- chan, è considerata una di famiglia...!" si aggrega Midori, tutta contenta.
Il padre sbuffa, bonaccione. "Beh, se anche la progenie di quel despota, farà parte della mia famiglia, non vedo perché non possa farlo lei..."
"Papà!"
"Scherzavo, scherzavo... " borbotta l' uomo, ma sorride anche lui.
Un sorriso vero!...  Per poco non ci resto secca dallo shock!
"Siiiiiii...!!" Midori mi salta al collo, felicissima. "Benvenuta in famiglia, Risa- chan...!!!"
 "Midori- sa-an mi... mi stai strozzando...!"
La giovane lascia di scatto la presa,"Ops! Scusa..." farfuglia, portandosi una mano alle labbra, mortificata.
Un istante dopo, scoppiamo tutte e due a ridere.
 "Non c' è molto da gioire..." borbotta Otani, riportandoci alla realtà. "Siamo praticamente sul lastrico, adesso..."
"Oh, Cielo...! E' vero!" esclama la signora, allarmata.
"Beh... forse no." osserva Midori, rivolgendo al padre un sorriso titubante. "Potrei chiedere a Suiji di assumerti, papà. Anche lui lavora per una filiale dell' 'AKI'..."
"Mpf. "grugnisce l' uomo, incrociando le braccia, infastidito. "Non lavorerei mai per lui..."
"No, non per lui... Ma con lui."  si spiega la figlia. "Come suo collaboratore, suo socio..."
"Non mi assumerebbe mai per quel ruolo..."
"Fidati." lo contraddice la figlia, sfoderando un sorrisino furbesco. "Lo farà, se sarò io a chiederglielo..."
"Sarebbe grandioso!" esulta la signora, dichiarandosi d' accordo con l' idea. "In questo modo daresti una seconda possibilità al tuo sogno, caro...!"
L' uomo pare rifletterci un attimo. Infine, sciogliendo le braccia, sospira.
"Ci penserò..."
Midori e la madre sorridono rassicurate, e Otani si passa una mano tra i capelli, sollevato. A quanto pare, c' è ancora speranza.
L' aria comincia a farsi subito meno tesa e pesante, l'  atmosfera si alleggerisce di colpo, mente osservo i sorrisi spensierati di Otani e della sua famiglia. Nel frattempo che loro sono intenti a chiacchierare allegramente, decido che per me, è meglio levarsi di torno.
Sono indecisa se palesare le mie intenzioni o no... ma non voglio interrompere quell' atmosfera familiare che si è creata intorno a loro.
Così, senza farmi accorgere mi defilo, avviandomi verso la porta. Una volta in corridoio, mi lascio andare anch' io ad un sospiro liberatorio, cominciando a percorrerlo distrattamente, ancora presa da quanto è appena accaduto.
Sono così sollevata... Tutto sembra essere andato per il verso giusto. Non potrei essere più felice, adesso che il papà di Otani mi ha accettata come sua ragazza...
"Koizumi...! A- aspetta...!"
Ormai sulle scale, sento la voce affannata di Otani chiamarmi, e mi volto di scatto, osservandolo mentre attraversa rapidamente il corridoio e mi raggiunge. Non posso impedirmi di arrossire appena.
"Otani..."
"Te ne vai?" mi chiede respirando in fretta,  guardandomi un po' deluso.
Annuisco, portandomi nervosamente una mano dietro il collo. "Uhm, si. Sembravate così uniti, che ho pensato di lasciarvi da soli, sai..."
"Non hai sentito cosa ha detto mio padre, prima?..."
"Eh?"
Lui scuote la nuca, "Lascia perdere...." alza il volto, tornando a guardarmi negli occhi, "Io... Non so come ringraziarti. Se non ci fossi stata tu, non so se... Se mio padre avrebbe..." la sua voce si incrina, tremando per un attimo, e mi sento soffocare da un grosso nodo in gola, che mi stringe in modo alquanto doloroso.
In questo momento capisco benissimo, che nonostante le cose si siano sistemate, Otani si sente ancora responsabile, per ciò che è accaduto a suo padre...
L' istinto di abbracciarlo nuovamente, è forte... ma al momento, ho tante di quei pensieri che mi vorticano nella testa, che anche la mia naturale impulsività, perde la sua solita supremazia.
"N- non... riesco ad esprimerti adeguatamente la mia gratitudine... " prosegue lui, spedito, "... per quello che hai fatto... Io..."
"No... non ho fatto niente di speciale, Otani, davvero..." abbasso lo sguardo, rivolgendolo ai miei stivali.
Sto cominciando seriamente a sentirmi a disagio, per tutti questi ringraziamenti... Davvero, non ho fatto niente di così eclatante, per meritarli!
"Anche tu avresti fatto lo stesso, al posto mio, Otani. E anche tua madre, tua sorella, chiunque. Non c' è bisogno che mi ringrazi, davvero..."
"Si, invece." replica, in  tono serissimo. "Hai fatto molto, moltissimo, per noi. Per mio padre... e per me. Più di quanto immagini."
Sposto lo sguardo sulle mattonelle bianche, imbarazzata e incapace di dire nulla, sotto quello sguardo talmente intriso di serietà e carico di gratitudine,  da farmi sentire come la sciocca che non sono, e che non vorrei mai essere.
"Sono... felice di avervi aiutati, Otani. " Ammetto infine, sollevando la nuca, accennando un sorriso di scuse. "Salutami tutti, dì loro che mi dispiace per essermene andata via così... e che verrò domattina, prima di andare a lavoro, lo prometto."
Mi volto nuovamente verso gli scalini, "Ora è meglio che vada... probabilmente mia madre mi starà aspettando dietro la porta con il forcone, eh eh, per cui..." ridacchio nervosamente, accennando a volermi allontanare, quando inaspettatamente la sua mano forte, mi trattiene per il polso.
"Aspetta..." mormora, guardandomi intensamente dall' alto, poggiando dolcemente la mano libera sulla mia guancia, che già scotta.
"Stai dimenticando questo..."
"Cosa-..."
Non finisco di esprimermi, che già le sue labbra avvolgono le mie in un candido bacio. Il suo tocco è lieve e morbido, come sempre... tenero, ma allo stesso tempo risoluto.
Ma stavolta, sento qualcosa di diverso. Riesco a percepire chiaramente il suo desiderio di comunicare con forza quell' unica parola silenziosa, che con questo gesto, si imprime forte sulle mie labbra, e trascende dentro la mia anima: Grazie.
Si allontana, spezzando quel contatto, fatto non solo di labbra, ma anche di cuori, rivolgendomi un sorriso imbarazzato. "Ci vediamo domani allora, va bene?"
"Eh?"
Consapevole della mia aria trasognata, cerco inutilmente di rimanere a mente lucida, portandomi i palmi delle mani sulle mie guance brucianti.  "Va... va... va bene...! Eh eh eh eh eh...!!"
Solleva gli occhi al cielo, ma ancora sorride, prima di votarsi e correre per il corridoio, dandomi le spalle.
Con le dita ancora contro il mio viso, comincio ad incamminarmi dalla parte opposta, e senza neanche prestare attenzione a dove sto andando, sento di nuovo quel  familiare sorriso, quello che appartiene solo ad Otani, farsi strada sul mio volto raggiante.





 
***




 
POV Otani
 


"Dov' è andata Risa- chan?"
M domanda mia madre, non appena mi vede entrare di nuovo nella stanza.
Mi stringo nelle spalle, avvicinandomi ai piedi del letto dov' è steso mio padre. "Ha detto che voleva lasciarci soli, e che vi saluta. Verrà domattina..."
"Oh, verrà domattina, sul serio?" mamma si volta verso papà, sorridendo. "E' davvero una cara ragazza, non trovi, Ichiro?"
Lancio un' occhiata a mio padre, che borbotta qualcosa, abbozzando un sorriso. Anche se non lo ammette ad alta voce, adesso so che la sua opinione su Koizumi è cambiata totalmente.
Solleva lo sguardo, incontrando i miei occhi, e rimaniamo a guardarci per un lungo istante, in silenzio.
"Mamma!" la chiama d' improvviso Midori, con tono d' avvertimento. "Ehm...! Papà non ha ancora mangiato...!"
"Eh?" fa lei, guardandola stralunata.
"Dovremmo riscaldargli la minestra, ormai sarà diventata ghiacciata...."
"Oh! Hai ragione... !"
"Nah, ho detto che non la voglio." ribatte papà, con faccia schifata. "Quante volte devo dirtelo?!"
"Ma papà, devi recuperare energie...! Mamma, dai andiamo!" esclama, prendendola malamente per un braccio.
"Tieni, cara." le risponde mia madre, porgendole il piatto della minestra. "Và tu, io resto qui con papà e At- chan, okay?"
"NO!" sbraita a quel punto mia sorella, infastidita.
Sospiro sonoramente, scuotendo la  nuca.
E poi chiamano me, ottuso... Persino io, ho capito dove quell' oca impicciona di mia sorella, vuole andare a parare!...
"Ho bisogno di te, andiamo..." la incalza ancora, con un' occhiata allusiva, indicando me e papà, e subito dopo la porta alle proprie spalle, con un impercettibile cenno del capo.
A quel punto, la mamma pare capire.
"Oh... Oh, si! Giusto, ehm! Caro, tu resta qui con At- chan, mentre noi ti andiamo a riscaldare la zuppa...!"
"...Ok" si arrende papà, mentre io mi trattengo dal sospirare nuovamente.
La porta si chiude, e il silenzio scende pesantemente sulla stanza. Per fare qualcosa, mi siedo sulla sedia lasciata libera da mia madre, attento a fare più rumore possibile nel momento in cui la sposto indietro per sedermi. Dopodiché mi afferro le mani, chiudendomi in religioso mutismo.
Sento gli occhi di papà scrutarmi attentamente, ma io non sono sicuro di volerlo ancora sostenere, non ancora.
Anche se ha finalmente accettato Koizumi... sento che c' è ancora della tensione, tra di noi. E so che buona parte, è dovuta alla lite pensante di ieri sera, e all' incontro di oggi pomeriggio...
"#Si che sono affari miei... Sei mio figlio."
"No, non lo sono più."#
Come ho potuto dire quelle cose? Mi sento un tale stronzo.
Anche se ero arrabbiato, anche se...
"Non vorrai deludere quelle due, vero?" mi chiede d' improvviso papà, interrompendo bruscamente i miei pensieri.
"Eh?" sollevo di scatto lo sguardo, osservandolo con la fronte corrugata.
"E' chiaro che si sono allontanate per permetterci di parlare da soli..."
"E di cosa dovremo parlare?"
"Non so... dimmelo tu."
Mi stringo nelle spalle. "Università, basket, ragazza... hai un' ampia scelta, poi sta a te."
Papà si lascia andare ad un sospiro, passandosi stancamente una mano tra i capelli biondi, ormai radi e spenti.
"Sai... meriti di sapere qualcosa su di me, invece."
"Del tipo?"
"Del tipo, che..."
Mi guarda un attimo, e dopo aver preso un altro respiro profondo, comincia a parlare, senza più fermarsi.
"Del tipo che anch' io, che tu ci creda o no, sono stato un adolescente. E anch' io, come te, sono stato vittima del complesso dell' altezza.
Ero davvero, davvero basso, più basso di come lo sei tu, adesso. Sono stato vittima del bullismo. A scuola, le ragazze mi snobbavano; Venivo visto come una persona fragile, indifesa... e finì col diventarlo davvero. Un ragazzo completamente in balia del proprio complesso dell' altezza... che ben presto si ingigantì, sempre di più, tramutandosi in qualcosa che la statura, al confronto, era solo una bazzecola. Sentivo sempre di più il peso di dover dimostrare agli altri quanto valevo, che non ero una 'mezza calzetta', che non ero inferiore a nessuno... Quando decisi di fondare la 'Asahi', pensai che fosse il primo passo, per costruire un grande impero. Provavo ancora del risentimento verso il mondo, che non fa altro che giudicare. ... E così, iniziai a farlo anch' io, accrescendo il mio ego. Misi il mio lavoro, la mia carriera, il mio bisogno irrefrenabile di essere qualcuno di importante, prima di tutto, anche davanti alla mia stessa famiglia. E la cosa davvero paurosa, è che ero così fiero di me, per questo... tanto da pensare di volere lo stesso futuro, anche per mio figlio. Credevo che tu stessi andando nella mia stessa direzione...  i segni c' erano tutti. E in tutta franchezza, pensavo che fosse esattamente ciò che volevo. Quando venni a sapere che, invece, avevi scelto di diventare un insegnate delle elementari, mi sembrò che il mondo mi fosse crollato addosso. Pensavo che ambissi ad inseguire la stessa strada di tuo padre, che fossi fiero dei miei risultati, che fossi riuscito a trasmetterti i miei stessi sogni... invece mi sbagliavo. E non riuscivo a capire perché... Pensai che nonostante tutti  i miei sforzi, l' unica persona  che non era fiera di me, che non avessi convinto, fossi proprio tu. Ed ecco, che sentì ritornare quella sensazione, quel sentimento di fragilità e insicurezza  che pensavo erroneamente di aver superato, e che ho sempre cercato di combattere... Fui certo, che tutto ciò che avevo fatto, non era bastato. Mi sentì un buono a nulla di padre. Cosi, quando mi si presento l' occasione di poter accrescere la Compagnia, ero più che sicuro che tu avresti cambiato idea, e i tuoi piani per il futuro... cosa che non accadde. Incominciai a sentirmi frustato... e come se non bastasse, colui che consideravo il mio socio, il mio migliore amico, mi truffò, rubando soldi alla Compagnia, destinandola al fallimento, alla ghigliottina. Non ci volevo credere... Quando compresi che la 'Asahi' stava colando a picco, tentai disperatamente di salvarla. Tutti mi dicevano che oramai l' unica cosa da fare era vendere... Ma io non potevo. Come potevo rinunciare all' unica cosa che, pensavo, ero riuscito a costruire con i miei soli sforzi? Non potevo rinunciare a ciò che avevo dedicato tutta una vita, e soprattutto, non potevo permettere, per nessun motivo, che mi relegassero ad un ruolo secondario, non dopo tutto quello che avevo investito nella Compagnia... Ma ben presto, nonostante tutti i miei sforzi, per quanto abbia lottato, alla fine, ho perso tutto ciò che ho costruito. Tutto."
Papà abbassa lo sguardo, ormai privo di ogni difesa. Le rughe attorno ai suoi occhi, sembrano più profonde che mai, segno di una pesante stanchezza, non solo fisica, ma anche dell' animo.
"Mi sento... un tale fallito. Non ho saputo realizzarmi nel lavoro. Non sono riuscito a farmi rispettare da mio figlio... Che cosa mi è rimasto, se non la certezza che è vero ciò che hanno sempre detto tutti? Che sono solo un piccolo uomo, incapace di fare nulla di buono.
Ed ora, non voglio più che mio figlio segua le mie stesse orme. Non voglio che fallisca anche tu. Per questo, non appena ho saputo che avevi fallito il tuo esame, mi sono arrabbiato molto... Non voglio che tu ricommetta i miei stessi errori. Non voglio che tu possa guardarti indietro un giorno, e pentirti delle tue scelte, ritrovandoti a dover affrontare le conseguenze dei tuoi sbagli.  Non voglio che tu fallica, nella tua vita, come ho fatto io."
Aggrotto la fronte, scuotendo la testa, totalmente confuso e stordito da tutto quello che mi ha appena rivelato. Credo di riuscire a capire, come deve essersi sentito... Posso capirlo.
Ma non riesco a capire, però, cosa c' entri Koizumi in tutto questo.
"Ma... Koizumi..."
Lui solleva subito il capo, guardandomi con una strana luce nello sguardo. Sembra... rimorso.
"Non ho mai avuto niente, contro di lei, te l' ho detto. Anche se non riuscivo a capire come tu potessi stare con lei... Pensavo che tu fossi come me. Che cercassi a tutti i costi di voler dimostrare qualcosa agli altri. Che stessi con lei, per dimostrare, appunto, di poter ambire a qualcosa che ti era... precluso? Non so come spiegarlo... E poi, bè, c' è da dire che la ragazza non mi ha fatto sin da subito, una bella impressione... Non è  proprio quella che mi aspettavo per te, devo essere sincero. E  l' averti visto in stanza con lei, mi ha dato da pensare, ma... Ma quando è venuta a parlarmi, questo pomeriggio, non so come, ma mi ha aperto gli occhi. Mi ha messo di fronte a dei dubbi... che forse il problema, era solo mio. Ho riflettuto parecchio su questo, ho cominciato a ragionare, facendo un importante lavoro interiore su me stesso, cosa che non ho mai fatto, perché ero troppo interessato a farmi un nome, pensando costantemente al parere degli altri...E  alla fine, sono arrivato alla conclusione che ti sto dicendo adesso. Che il problema è sempre stato solo e soltanto mio, non suo, né tuo, né di nessun altro. Mio. Il fatto di non potermi liberare dal mio complesso d' inferiorità... il fatto di essere alla costante ricerca di approvazione, come mi hai fatto notare tu stesso, dicendomi che anche tu una volta eri come me, ma che adesso non lo sei più... In quel momento, quando mi hai detto queste parole, per la prima volta non mi sono sentito un fallito, ma come... se avessi fatto qualcosa di buono, per una volta..." accenna un sorrisino triste. "Alla fine, l'unica cosa giusta che abbia mai fatto per te, è mostrati esattamente come non dover seguire le orme del tuo vecchio. Anche se non è una cosa da andarne fiero, sento che sia giusto così. Fino a questo momento, ho sempre pensato che tu fossi simile a me, non soltanto per via dell' altezza, ma che condividessi anche le mie stesse paure, e i miei stessi rancori infondati. Che soffrissi anche tu di quel complesso d' inferiorità che mi ha infettato la vita, e il mio modo di pensare e di relazionarmi con gli altri. Ma non appena ho compreso che ciò che vuoi è per te stesso, le tue ambizioni, il fatto di voler stare con la tua ragazza nonostante io fossi contrario, e non per compiacere qualcun altro, poiché è un tuo volere... Ne sono rimasto contento. Perché  in fondo, anche se l' ho capito solo adesso, io non ho mai davvero voluto, che tu mi assomigliassi."
I suoi occhi verdi cercano per un attimo i miei, che gli sfuggono all' istante, concentrandosi sul lenzuolo candido del letto.
Con un lieve sospiro, prosegue.
"Ma quando mi hai detto che ti sei sentito in colpa ad aver trascurato Koizumi- san... è stato li che ho pensato che stessi andando nella mia stessa direzione. Non volevo che chicchessia ti manovrasse,  perché anch' io senza volerlo, mi sono sempre inconsapevolmente fatto manipolare dalle persone. Tenevo al giudizio della gente più di ogni altra cosa... dei miei interessi, dei mie bisogni, di tutto. A volte, anche della mia stessa integrità... Non mi sono reso conto, inizialmente, che lei significasse cosi tanto, per te. Che non vuole manipolarti, ma solo starti accanto... Esattamente il contrario, di ciò che ho sempre fatto io.
Per questo motivo ho cercato in tutti i modi di convincerti a volerla lasciare, e quando ho capito che era inutile, ti ho cacciato di casa. Non per ripicca, ma per pura rabbia. Non ho mai... voluto davvero cacciarti. Non lo farei mai... ma ero così arrabbiato e frustato da tutto, che anche una cosa così piccola, era insostenibile ai miei occhi. Ero già pronto ad implorarti la mattina dopo, di non andartene... Ma quando mi sono svegliato, tu  te n' eri già andato. Pensavo che fossi solo arrabbiato, e che alla fine saresti tornato... Ma quando sei passato a casa, questo pomeriggio e mi hai detto in quel modo... è stato in quel momento, che mi sono reso conto di averti perso. E ho avuto quel malore..."
il suo sguardo si accende di vera paura per un secondo e il suo viso si contorce, mentre ricorda ciò che gli è accaduto. Dopo un istante, torna a distendere quei lineamenti stanchi, segni visibili di quel ricordo doloroso. Ma so che quelli invisibili, i segni dentro di lui, non torneranno mai più come prima, poiché rimarranno per sempre lì, indelebili.
Cerco di non far trasparire la mia angoscia, per quei pensieri, mentre lui continua, con voce spezzata.
"Se fossi stato un buon padre, presente e attento ai tuoi bisogni, ti avrei aiutato a liberarti molto prima, dal complesso che ti affliggeva. Invece l' ho solo alimentato, guidato da quello che io covavo dentro. Non mi perdonerò mai, per non essere stato in grado di farti dimenticare il tuo complesso... A mia difesa, posso dire, che neanch' io riuscivo a liberarmene. Per fortuna che alla fine, la vita ti ha messo sulla strada questa giovane. Lei è riuscita, in quello che era compito mio... E tu, figlio mio, sei riuscito a dimostrarmi che mi sbagliavo. In tutto. Alla fine, sei stato tu che mi hai liberato dal mio complesso."
Alza il viso, puntandolo nuovamente su di me, e stavolta lo guardo. Per poco non sobbalzo, stupito e sconvolto, nello scoprire i suoi occhi lucidi.
"Perdonami." mormora, con tono implorante. "Perdonami per tutte le volte in cui non c'ero, per le mie mancanze... Ti prometto, che farò il possibile, per rimediare ad ognuna di queste... Da ora in poi, sarò il padre che tu e Midori meritate..."
Sono ancora intento a guardarlo, allibito. Non ho mai visto mio padre sul punto di piangere. Così inerme, così arrendevole, così...
"Papà..."
"Ti voglio bene." mormora, con voce tremante, ma chiara.
Sento all' istante i miei occhi pungere tanto da far male, e per istinto chino la nuca, deglutendo un paio di volte per sciogliere il nodo alla gola, ancorato al pomo d' Adamo.
"Ti... voglio bene...  Atsushi. E voglio che tu sappia che tutto ciò che ho fatto, anche se sbagliato, è stato per il tuo bene."
"Lo so..." sussurro ad occhi bassi, non potendo più sostenere quello sguardo privo di difese.
Fino a questo momento, ho sempre considerato mio padre come una persona irraggiungibile. Dedito anima e corpo al proprio lavoro, rigido nei rapporti, e duro nei sentimenti... Un blocco di ghiaccio, bianco e freddo, che non ha mai avuto bisogno del calore del sole. Ma adesso, posso vederlo.
Posso vedere ogni singola goccia gelida scivolare via da lui, liberandolo da ogni spigolosità e dando alle proprie emozioni uno spessore più morbido, e una trasparenza non più netta, ma bensì opaca, a tal punto da mostrare ciò che vi è contenuto al suo interno.
Papà, non è solo un papà. E' anche un uomo. Come lo sono io, come lo è chiunque.
Se mai commetterò ancora degli sbagli nella mia vita... vorrei poter dire, di averli commessi per il bene di qualcun altro.
"Non mi sarei mai perdonato, se... se me ne fossi andato senza avertelo detto... almeno una volta..."
A questo punto, i miei occhi sbarrati si gonfiano di lacrime, e devo fare uno sforzo enorme per non chiudere le palpebre e lasciare che fuoriescano dai miei occhi.
Tenendo lo sguardo chino, cerco di nasconderlo il più possibile con la frangetta. Tiro impercettibilmente su col naso, e stringo i pugni sulle ginocchia, lottando con tutto me stesso per non piangere davanti a lui.
Sono un uomo. E gli uomini non piangono, perché devono saper contenere le proprie emozioni, dimostrandosi forti in ogni occasione.
Me lo ha insegnato mio padre.
"Anch' io... ti... voglio bene... papà."
Solleva di scatto lo sguardo lucido su di me, sgranando gli occhi, sorpreso, nel medesimo istante in cui io, ormai inerme, mi prendo il viso tra le mani.
Nonostante tutti i miei sforzi, sento le mie guance bagnarsi comunque, segno della mia stupida debolezza, e che ho ancora tanta, tanta strada da fare, per diventare uomo, ai suoi occhi.
In un moto di frustrazione, le ricaccio nervosamente indietro con i pugni, arrendendomi nel mostrarmi a lui per quello che sono, solamente un ragazzo.
Affondo il viso sulle mie gambe, non volendo alzare lo sguardo per nessuna ragione al mondo, e piango.
Piango per tutti questi anni in cui mi è mancato qualcosa. La presenza di mio padre, il suo affetto, il suo conforto... Per tutti quei momenti in cui ho avuto più bisogno di lui, e lui non c' era; i momenti in cui l' ho odiato, per questo.
Piango per tutte quelle volte che l' ho fatto per sfogarmi, decidendo di lasciarmi andare, per quelle in cui non volevo ma non potevo farne a meno, e per quelle in cui dicevo a me stesso, che in fondo, non ce n' era bisogno.
Piango per mio padre, per quello che ha passato, e che sta passando... la perdita del lavoro, il crollo dei sacrifici e del tempo passato a costruire i propri sogni, per vederli spezzarsi impotente davanti ai propri occhi. Piango, sentendomi in colpa, per non averlo capito prima.
Piango per il sollievo di non averlo perduto per sempre, per la gioia di averlo di nuovo accanto, e per la consapevolezza che non si allontanerà un' altra volta.
Piango. E sento il mio cuore come sgretolarsi da ognuno di questi macigni che lo inabissavano, sentendo come se ritornasse di nuovo a galla. Come se fosse riemerso dopo un naufragio, sentendo che il peggio ormai è passato, e che c' è ancora speranza.
Come il figliol prodigo, che torna finalmente a casa, scoprendo che in realtà non l' aveva mai lasciata davvero.
Perché, anche se mi costa fatica ammetterlo, nonostante io sia cresciuto, e per tutto questo tempo abbia creduto di saper badare a me stesso, e fare a meno di lui... mi rendo conto che, in realtà, ho un bisogno disperato di sapere che lui ci sarà sempre.
"Perdonami..." biascico con la voce impastata e rotta dal pianto. "Per quello che ti ho detto.... e p-per averti fatto preoccupare..."
Sento ogni traccia di rancore e rimorso, come scivolare via da me, senza lasciare più alcuna traccia, mentre il mio affetto per lui riprende il posto che gli spetta.
La sua mano si appoggia piano sulla mia nuca, e  smetto all' istante di frignare, paralizzandomi.
"E' il compito di un figlio, Atsushi." mormora, con voce calda, roca... paterna. "Che... che ne pensi di parlarmi un po' di lei, adesso?"
"C-cosa?"
"Hai detto tu che avevo un' ampia scelta, o sbaglio?" dal suo tono, sembra tornato di nuovo di buonumore. "Per le altre cose, avremo tempo..."
Riemergo il volto, affrettandomi ad asciugarmi le guance, e mi costringo a guardarlo. Nonostante mi vergogni da morire per essermi mostrato così vulnerabile e senza difese, non voglio più evitare il suo sguardo.
Alla mia occhiata, lui solleva un sopracciglio, come in attesa. Mi passo nuovamente una mano sulle gote, ancora leggermente umide, tirando impercettibilmente su col naso.
"Beh, lei... lei è matta." commento, senza potermi impedire di sorridere. Come ogni volta che penso a Koizumi, d'altronde.
Mio padre annuisce, con convinzione. "Oh, questo lo so..."
"Assolutamente matta, e poi... poi... mi fa ridere. E'... una brava persona..."
"So anche questo..."
"Lei è... Koizumi, è..." mi blocco, rendendomi conto che non è facile descrivere i miei sentimenti, cosa realmente sia per me, la mia ragazza. Immagino che solo il tempo, possa stabilirlo.
"... Speciale?" mi suggerisce papà, sollevando entrambe le sopracciglia stavolta.
"Si." annuisco immediatamente a quel termine. "Speciale."
Cerco di nascondere il più possibile il fatto che sono arrossito, mentre mio padre assume improvvisamente un' aria pensierosa.
"Uh?"  faccio, rivolgendogli un' occhiata interrogativa.
"Mmm, curioso..."
"Curioso?"
"Già..." annuisce lui, meditabondo. "Sai, è ciò che dissi a tuo nonno, quando mi chiese cosa pensassi di tua madre. Era il mio modo per convincerlo a lasciarmela sposare..."
"Davvero?"
Lui annuisce. "Ed ero sincero, sai?... Almeno, fino a quando non ho scoperto cosa significa essere sposato con lei... Un incubo!"
"Ti ho sentito..." ringhia una voce alle nostre spalle, e mentre io e papà ridacchiamo, la mamma spunta dalla porta, entrando nella stanza, seguita da una raggiante Midori, che guarda prima papà, sembrando quasi trattenere un urletto di gioia, o dall' abbracciarlo fino a stritolarlo, per poi guardare me, con un ghigno di beffa.
Avvampo, sentendomi subito dopo gelare, preso da un brutto presentimento. Saranno state con l' orecchio alla porta ad origliare per tutto il tempo! Mi avrà sentito frignare come una femminuccia...!
"Allora, caro, come sarebbe essere sposato con me?..." sbotta mia madre, rivolgendo a papà uno sguardo malefico, che lo fa indietreggiare automaticamente.
"E' stupendo cara, assolutamente stupendo..." fa lui, nell' evidente tentativo di salvarsi in calcio d' angolo. "Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, davvero...!"
Mamma pare intenerirsi, "Aw, che dolce, Ichi- Ichi..."
"Tesoro..." la rimbecca papà, arrossendo visibilmente, mentre io e Midori ci tappiamo una mano sulla bocca, per non scoppiare a ridere, a quel nomignolo idiota. "Non davanti ai nostri figli..."
"Oh, su, lo sanno tutti ormai che sotto quella corazza da Uomo di Ghiaccio che sfoggi, sei un inguaribile tenerone...!"
Papà sbuffa, ma subito dopo le sorride, "Questo significa che sono riammesso nel mio letto?"
"Mmm..." la mamma sembra penarci su, "Puoi sempre, in alternativa, stare su questo, se proprio vuoi..."
"Scherzi? Questa diavoleria scomoda?" borbotta, prendendo in mano il telecomando del letto. "Rischio di finire schiacciato come un sandwich, solo premendo il tasto sbagliato... No, grazie. Vada per l' altro."
"Bhe..." riprende mia sorella, voltandosi verso d me, cinguettando smielata, "...  sarà una cosa dei maschi famiglia, l' avere il cuore tenero. Vuoi un fazzolettino, At- chan?"
"PIANTALA!!" ruggisco, arrossendo fino alla radice dei capelli.
Argh! Lo sapevo!
"Oh, pensa se in quel momento ti avesse visto Risa- chan...!" mi sbeffeggia, ridacchiando beffarda.
Sentendo le mie guance ormai ardere, grugnisco infastidito. "Non ho intenzione di farlo mai, davanti a lei, sia ben chiaro." taglio corto, incrociando le braccia al petto.
"Oh, allora pensa se sbadatamente, dovesse uscirmi di bocca...!"
"Sarebbe la tua condanna a morte, strega!!" ringhio, caricando la frase di pesante minaccia.
Midori sghignazza, nient' affatto intimorita. "Oh, su! Dai non piangere, piccolino, se farai il bravo e berrai tanto latte, vedrai che tra un paio di anni, arriverai a poter baciare la tua ragazza da un gradino soltanto...!"
"IO TI AMMAZZO!!"
Comincio a lanciare improperi contro mia sorella, che per nulla scalfita dal mio comportamento, sventola una mano noncurante, senza smettere di ridacchiare.
"Sei solo un' oca bionda, psicopatica e... e-e bionda!"
Si porta teatralmente una mano alla bocca e sbadiglia. "Banale..."
"Prima o poi impianterò uno specchio sul fondo di una piscina, così è sicuro che affogherai!..."
"Già sentita...."
"... Povero quel disgraziato che dovrà sposarti! "
A quest' ultima, sento mia sorella trattenere il respiro, spalancando la bocca, stupita.
"Oh, cavoli, l' ha sparata grossa..." borbotta papà, con mia madre seduta sul suo grembo.
"Mh- mh..." annuisce lei, con aria preoccupata, per poi rivolgersi tranquillamente a lui, con la mano tesa. "7000 yen su Midori."
"Andata. " le sorride subito papà, stringendogliela.
"Tu... tu hai osato..." sibila a denti stretti, con il tic all' occhio, e lo sguardo da maniaca omicida.
Sudo freddo. Quando Midori è così, non c' era da stare allegri. "Nee... Nee- san..."
Per un attimo penso che mi arriverà un pugno in faccia, e serro gli occhi, preparandomi al colpo.
Ma dato che passano vari secondi e non arriva, decido di riaprirli cautamente, scoprendo mia sorella sull' orlo del pianto. Mi avvicino a lei titubante, sollevando entrambe le braccia, apprensivo.
"Nee- san..."
"Ha- hai ra- ragioneeee..." singhiozza, accasciandosi a terra. "Quale povero disgraziato, vorrebbe sposare un' oca bionda e psicopatica co- come meeee!...."
"Sgancia." fa papà, con un sorrisino. La mamma mette i soldi sul suo palmo, seccata.
"So... sono un mostro, uno scherzo della natura...!"
"Nee- san, calmati, dai..." cerco di tranquillizzarla, ancora in preda ai sudori freddi.
"Sono orribile, faccio schifo, non mi merito di essere feliceee...!"
"Okay, okay, basta." sbuffo, spazientito, "Stavo scherzando, va bene?"
Midori smette di frignare, sollevando lo sguardo colmo di lacrime su di me. "Da- davvero?..." le sue labbra tremano, mentre tira su forte col naso.
Sospiro stancamente. "Si, davvero. Non le penso veramente quelle cose..." prima che possa ripensarci, aggiungo, giusto per essere sicuro di dare un taglio a questa lagna. "Pe... penso che sia fortunato... il tuo futuro sposo, intendo..."
Midori sbatte le ciglia un paio di volte, prima di portarsi una mano alla bocca, per reprimere un singhiozzo.
Aggancio una mano dietro il collo, un po' a disagio. "Per cui..."
"Pff..."
Mi volto di scatto verso mia sorella, scoprendola intenta a serrare fortemente le labbra, scossa da quelli che non sono più singhiozzi, ma eccessi di risa!
"Pff... Ahahahaahhahahaahahah!" scoppia a ridere, sollevando in fine il viso, mostrandomi la sua espressione tutt' altro che rattristata. "Ahahaha, ci caschi sempre, che allocco!"
Boccheggio, arrossendo vertiginosamente dalla vergogna.
Arrrrghh!! Dovevo immaginarmelo, accidenti! Quanto sono scemo...!!
"N- non... non dicevo sul serio!" avvampo, furioso come me stesso, e la mia immensa stupidità! "Facevo solo finta di essere preoccupato, proprio come te...!"
"Sgancia, bello."
Papà grugnisce, mentre riconsegna la grana nelle mani di mia madre.
"Andiamo, figliolo, potresti farmi vincere qualche volta!"
"Non ti ci mettere anche tu!"
E tra le risate generali, -e il mio totale imbarazzo- passiamo la serata, tutti insieme dopo tanto, tanto tempo.
Finalmente, come una vera famiglia.





 
***



 
POV Risa
 
 
 
"… E quindi, entro domani sera dovrebbero lasciarlo tornare di nuovo a casa." conclude Otani, dall' altra parte del cellulare la sera dopo, con voce stanca, ma tutto sommato sollevata.
"I medici hanno detto che per ora non deve fare sforzi... ma adesso sta decisamente meglio."
Sospiro, anch' io rincuorata dal fatto che adesso il signor Otani si sia ripreso. Mi allontano a passo svelto dall' Ikebe, ormai in orario di chiusura, decidendo di fare una passeggiata prima di tornare a casa.
"Bene..."
"Dice che non vede l' ora di tornare a lavorare di nuovo. Alla fine  ha accettato di collaborare con l'  AKI, hanno già fissato un incontro con il fidanzato di Midori, anche per avere la possibilità di conoscerlo... "
"E' fantastico..."
"Sai, non so come tu abbia fatto, ma... sembra che mio padre, ora straveda per te." mi informa, tra l' incredulo e lo stupito.
Un sorriso spunta automaticamente sul mio volto. Effettivamente stamattina, ho notato un cambiamento radicale nel suo modo di comportarsi nei miei confronti... Mi ha persino fatto sapere che non vede l' ora di assaggiare la mia torta al lime e cocco, dispiacendosi di non averla assaggiata, l' altra volta...
E' davvero una brava persona. Me lo sentivo, sapevo che la sua freddezza era in realtà solo una facciata.
E' un uomo estremamente di buon cuore, che vuole molto bene alla sua famiglia, e che sta imparando pian piano a dimostrarlo.
"Davvero?" domando, arrossendo appena.
"Uhm, già. Non so se dovrei esserne preoccupato..."
"Mmm... geloso?"
"Tsk. Non dire scemenze." sbuffa lui. "Ha parlato quella che stava per sbranare quelle tre povere ragazze, a S. Valentino..."
"Mph... Ma sono anche adorabile, non credi?" cinguetto, sfacciata.
Mi sembra quasi di vederlo, mentre arrossisce fino alla punta dei capelli ramati.
"Hai... hai intenzione di rinfacciarmelo a vita, per caso?!" sbotta, in tono aspro.
"Ci puoi scommettere."
Lo sento sospirare sonoramente. "Comunque, io sono in giro." mi informa, tagliando corto. "Tu dove sei?"
"Uh? Sono al parco."
"Eh?! Al parco?" esclama, sorpreso. " Anch' io!"
"Davvero?"
Mi volto da una parte e dall' altra, aguzzando la vista nel tentativo di trovarlo.
"Mmm, non ti vedo... Tu mi vedi?"
"No..."
Comincio ad incamminarmi verso la mia sinistra, cercandolo tra i cespugli, dietro gli alberi, e facendo volare lo sguardo per la gente spaiata che passeggia.
"Uff... Come posso pretendere di trovare un nanetto, in questa massa di gente?..." faccio, fingendomi spazientita. "E' come cercare un ago in un pagliaio!"
"Spiritosa!" sbuffa. "Strano che io non ti abbia ancora vista, di solito i grattacieli si notano subito."
"Divertente. Mi dici dove accidenti sei, invece di dire scempiaggini?"
"Ti ho detto che sono accanto alla panchina."
"Ma se me lo stai dicendo solo ora!" esclamo, incominciando a spazientirmi sul serio, stavolta. "E poi, quale panchina? Sai, il parco è pieno di panchine..."
"Quella vicino alla statua."
"Eh? Statua?" faccio, confusa. "Quale statua?"
"Mmm, fammi pensare... Quella che c' è da sempre?!" sbotta, con tono carico di sarcasmo.
"Bè, scusami se non faccio caso alle statue!"
Sospira sonoramente, esasperato.
"Ho capito, ti raggiungo io! Dimmi dove cavolo sei!"
"Sono... Ah!" mi blocco, stupita. "Ho visto una statua...! E proprio lì accanto, c' è un piccoletto al telefono, che mi sembra immusonito... Questi nanetti, sono sempre più irascibili, non trovi?" lo canzono, notandolo guardarsi furiosamente attorno, nel vano tentativo di trovarmi.
"Argh! Non ti vedo...! Non è che ti sei nascosta, vero?"
"Forse."
"Forse? Che significa?" domanda, con una nota di panico.
"Significa..." sibilo sinistramente. Bene attenta a non farmi scoprire, lo raggiungo di soppiatto, mentre lui, ancora intento a cercarmi, mi dà le spalle.
"... Che posso fare questo!" esclamo infine, saltandogli al collo da dietro, bloccandolo con un solo braccio.
Lui sobbalza, preso alla sprovvista.
"WAAAAHH!!" strilla come una donnicciola, alzando lo sguardo carico di minaccia su di me, mentre io scoppio a ridere a crepapelle.
 "Ma sei scema, mi hai fatto prendere un colpo!!"
"Ahahahah!! Ti ho fatto paura, eh!?" non smetto di ridere, abbracciandolo stretto, come fosse un peluche di pezza. Un orsacchiotto peloso, per la precisione.
Aw, Orsacchiotto At-chan, che carino! Sorrido, a quel pensiero, ben lungi dal palesarlo a parole. Non voglio morire proprio oggi!
"Tu mi fa sempre paura!" replica brusco, cercando di divincolarsi freneticamente. Ma la presa ferrea delle mie braccia, gli impedisce di liberarsi.
"Lasciami, lasciami, Gigantessa...!"
"Aw, At- chan, smettila di fingere! Tanto lo so benissimo che in realtà ti piacciono, i miei abbracci stritolanti...!"
"Ma se sembra di essere stritolati dal tentacolo di una piovra gigante!" ribatte acidamente lui. "Ed ora, lasciami!"
"Nah, niente da fare, nanetto...!"
Mi scosto leggermente da lui, rivolgendomi ad una folla invisibile. "Ehi, gente, ho appena catturato il primo esemplare di alieno nano al mondo, venite a vederlo!! Sono trecento yen!!"
"Solo trecento yen?" fa, in tono offeso. "Pensavo che valessi di più, onestamente!"
"Beh, considerando che non è tutto questo granché da vedere, lo considererei un ottimo affare!"
"Argh! Insomma, vuoi lasciarmi andare oppure n-?"
Lo zittisco tempestivamente, abbassandomi quel poco che basta, per scoccargli un sonoro bacio sulla guancia.
Lui smette all' istante di scalciare, e arrossisce furiosamente, intanto che io lo libero dalla mia presa.
"Mph..." sbuffa, incrociando le braccia al petto e guardando altrove, imbarazzato. Gli sorrido, accostandomi a lui, dandogli delle leggere pacche sulla nuca.
"Però..." commento, con un risolino compiaciuto. "Basta un semplice bacetto sulla guancia, per renderti così mansuet-"
"FINISCILA!!" ruggisce, avvampando.
Non posso impedirmi di ridere sonoramente, ma la risata mi muore in gola, non appena mi sento afferrare repentinamente per il polso.
"Ehi...!"
"Andiamo, non vorrai stare lì impalata per tutta la sera...!" sbotta, brusco, trascinandomi sbrigativamente a forza.
"E dove staremo andando, di grazia?" domando scettica, e anche un po' incuriosita, mentre cerco di arrancare dietro di lui.
"Ora vedrai." mi dice solamente, prima di lasciare la presa sul mio polso, per intrecciare le proprie dita con le mie.





 
***



 
"No."
"E dai, Koizumi! Ti garantisco che non è difficile...!"
"Ho detto di no!" sbraito, pestando cocciutamente un pende sul suolo innevato. "Io lì dentro, non ci entro, chiaro?!"
Punto il dito in direzione della pista di pattinaggio all' aperto, piena di bambini scalpitanti e spericolati, che si erge proprio di fronte a noi. Diavolo, mi viene la nausea, solo al pensiero di potermi trovare lì dentro!
"Lo sai quanto sono scoordinata!" rincaro a denti stretti, "Non ne sono capace! Già fatico a muovermi liberamente, con queste gambe chilometriche, figuriamoci con dei pattini ai piedi...!"
"Bé..." tentenna lui, portandosi una mano dietro il collo. Sa che non può contraddirmi, su questo.
"... Ma io si. "conclude, con un sorrisetto spavaldo. "Ti posso insegnare..."
"Ah, davvero?" incrocio ostinatamente le braccia al petto, lanciandogli un' occhiata dubbiosa. "E dimmi, da quando, tu saresti un esperto di pattinaggio?"
Il suo sorriso si allarga. "Più o meno, da quando sono un esperto di ballo."
C' era da aspettarselo, ovvio.
Sollevo un sopracciglio, osservandolo scettica, non potendo fare a meno di arrossire appena.
A quanto pare, ci sono ancora tanti lati di Otani, che non conosco...
"Ma sentilo, come si pavoneggia. E poi, scusa, come possiamo entrare in pista, se non abbiamo neanche i pat-?"
Mi zittisce sollevando una mano, chinandosi sullo zaino ai suoi piedi.
Aspetta, zaino??! Si è portato dietro uno zaino e io lo sto notando solo ora?! Come cavolo ho fatto a non notarlo prima??!...
Apre la zip, estraendo un paio di pattini rosa, e me li porge, "Indossali, forza..."
"M-ma... dove li hai presi?..."
"Sono di mia sorella, me li ha prestati. Tranquilla, portate lo stesso numero..."
"Non è questo il punto!" sbotto, fumando di rabbia. "Il punto è che avresti dovuto chiedermelo prima, di domandare a tua sorella se-!"
"Dai, su, poche storie..." taglia corto, impaziente, come se avesse a che fare con una mocciosa disubbidiente. "Prendili e indossali. Tentar non nuoce, no?"
Ed è così che, esattamente due minuti più tardi, sono in procinto di entrare in pista, aggrappandomi disperatamente al bordo, in equilibrio precario sul ferro fine dei pattini, mentre prego  tutti i Kami e gli antenati della mia famiglia, di non farmi morire proprio oggi.
Visto il tardo orario, fortunatamente tutti gli altri stanno uscendo, compresi i mocciosi scalmanati. Ma non mi sento ugualmente tranquilla. Per niente.
Quando Otani mi supera sfrecciando davanti a me, entrando nella pista ormai vuota, con un' agilità e sicurezza degna di un pattinatore professionista, le mie gambe sono scosse da un tremito talmente violento, che per poco non cedono.
Mpf, stupido nanetto, penso, cercando di sorreggermi ancora più saldamente al bordo pista. Otani scoppia a ridere sonoramente, notando quanto io sia in difficoltà. Lui e le sue innumerevoli doti...
Lo incenerisco con lo sguardo, mentre imperturbato agita una mano verso di sé, spronandomi a raggiungerlo.
"Dai! Che aspetti, su!" mi incoraggia ad entrare. "Entra in pista, forza!"
"Lo farei!" la mia voce perde di insolenza, per la nota di panico che contiene. "... Se non fosse, che sto per finire col culo per terra!" biascico disparata, cercando ancora di tenermi ancorata il più possibile al bordo.
"Eh?" fa lui, senza capire.
"Ti avevo detto, che non ne ero capace!"
Si limita a guardarmi ancora per un attimo, prima di sospirare sonoramente. Con un rapido svolazzo mi raggiunge in fretta, piazzandosi di fronte a me.
Mi tende una mano e solleva un sopracciglio, fissandomi con sguardo serio. Lo fisso a mia volta, accigliandomi.
"Dai, afferra la mia mano." borbotta, agitando impaziente il braccio verso di me.
"Razza di scemo, non posso muovermi!" gli faccio notare a denti stretti, con una punta di disperazione. "Se stacco le mani da qui, cadrò di sicuro...!"
"Non cadrai, tranquilla." afferma, senza esitazione, perfettamente tranquillo.
"Si, invece...!" lo contraddico, piagnucolando lamentosamente. Ma perché ho accettato di indossare questi maledetti pattini?!...
"Fidati." la sua voce esce sicura e decisa. "Ti prederò io. Non ti lascerò cadere."
Mi blocco, osservando stupita il suo volto composto e serio, ma bello, il suo sguardo nocciola risoluto, e la sua mano ancora tesa di fronte a me.
"Ti..." farfuglio, non del tutto lucida, rapita dall' intensità dei suoi occhi. Consapevole di essermi imbambolata a fissarlo come un' idiota, mi schiarisco la gola, cercando di dare una forma coerente alle mie parole.
"Ehm... Ti devo ricordare, cosa è successo, l'ultima volta che hai detto una cosa del genere?..."
"Siamo caduti entrambi, lo so. (*)" con l' altra mano si gratta la nuca, un po' a disagio. "Ma questa volta, non ti lascerò cadere. Fidati di me."
Non so precisamente il perché. Forse sono i suoi occhi, così lucidi al chiarore della sera, mentre scrutano con insistenza il mio viso, e che sembrano quasi urlarmi silenziosamente 'Andrà tutto bene'; forse per via della sua voce rassicurante, carica di sicurezza, oppure per quella mano ancora rivolto al mio viso.
Forse, semplicemente, perché a dirmi di fidarmi è Otani, e nessun altro.
Fatto sta che, quella mano protesa verso di me, mi sembra più forte di qualsiasi altra cosa, adesso. So che è in grado di reggerci entrambi.
Mi fido di lui. Come potrei non farlo?
Così, senza pensarci un istante di più, senza esitare, stacco le dita ormai congelate dal bordo pista, protendendole verso le sue. Serro gli occhi impaurita, pronta all' impatto col suolo ghiacciato, sotto di me...
Ma è solo lo spostamento dell' aria che sento, un istante dopo, che mi trapassa i capelli in un impercettibile fruscio, insieme ad un familiare senso di calore. In un lampo, mi rendo conto di trovarmi ancora in piedi, le ginocchia che non hanno smesso di tremare.
Spalanco gli occhi di scatto, e il sorriso rassicurante e radioso del mio ragazzo mi accoglie, occupando tutta la mia visuale e la mia mente, intanto che prendo vagamente atto che il senso d calore che sento è provocato dalla stretta delle sue dita attorno alle mie.
A quanto pare, è stato di parola. Mi ha davvero presa, evitando di farmi cadere, stavolta!
"Visto?" sussurra, ancora sorridente, liberando una piccola nuvoletta di vapore dalle labbra. "Che ti dicevo? Non è poi così difficile, no?"
"Oh, Kami, ci sono riuscita...!" farfuglio, ancora stordita da quanto appena successo.
"Adesso mi sposto, e comincio a muovermi..." mi informa, poggiando cautamente la mano libera sul mio braccio, sorreggendomi. "Tu piega più che puoi le ginocchia, e cerca di seguirmi, d'accordo?"
"Uh? Oh?! Eh??!" sgrano gli occhi carichi di orrore, scuotendo violentemente la testa. "N- no no, non lasciarmi, ti pregoo...!!" Mollo la presa sulla sua mano, e affondo le dita sulle sue spalle, in preda al panico.
"Non ti lascio." mi rassicura lui, ancora con voce intrisa di serietà inusuale, da parte sua. "Ce la puoi fare, Koizumi. Devi cercare di muoverti insieme a me... Io mi sposto, tu mi segui, va bene?"
"E- e se p- perdo l' equilibrio?..."
"Ti prenderò io."
Non so perché, ma decido di fidarmi anche stavolta. Così, quando lui si sposta leggermente di lato, lo faccio anch' io... ma subito dopo, perdo l' equilibrio, e il mio piede scivola sul suolo ghiacciato.
Per fortuna, Otani mi afferra repentinamente, mentre mi aggrappo saldamente al suo collo.
"Bhuaaaaaa...!!" piagnucolo istericamente. "Non voglio più farlo, Otani, ho paura...!!"
Lo sento sbuffare. "Smettila di fare la bambina! E' solo questione di pratica, perciò concentrati!"
"E come faccio a concentrarmi se...! S-se..."
Solo in quel momento, mi rendo conto che le mani di Otani, stringono delicatamente i miei fianchi.
Sento le mie guance accendersi lentamente, non so bene perché, mentre mi accorgo che anche Otani, diventa rosso dall' imbarazzo. Ma nonostante questo, non lascia la presa, allentandola solo impercettibilmente. Mi sento fremere, ma so che il freddo attorno a noi, non c'entra... Le mani calde di Otani attorno ai miei fianchi, mi danno sicurezza.
Senza pensarci, muovo i miei piedi in avanti, costringendolo ad indietreggiare. Barcollando tremante sui pattini, divento sempre più sicura, e quando sono certa di poter stare in piedi da sola, sciolgo le  braccia dal suo collo.
"Ah! Sto in piedi!" esulto con zelo, orgogliosa e stupita da quel risultato. "Otani sto in piedi sul ghiaccio, hai visto?!"
"Brava, fai progressi." si complimenta lui, con un sorriso sghembo.
"Sto stando in piedi, non ci credo!... So pattinare!"
"Ora non esagera-... Koizumi...!" mi richiama, preoccupato, non appena mi sposto con un po' troppa enfasi di lato, senza più alcuna cautela.
"So pattinare, evvivaaa....!"
"Ehi, vacci piano!" mi raggiunge in fretta, sollevando un braccio verso di me, apprensivo. "Non sei ancora pronta per-"
"Mpf, ma cosa dici?!" mi scosto dalla sua presa, lanciandogli un' occhiata di sfida. "Io so pattinare... Sta a vedere!"
Con tutta la potenza che ho in corpo, piego le ginocchia e mi slancio in avanti,  senza alcuna traccia di esitazione.
Ignoro le proteste di Otani, sentendo sempre di più l' adrenalina scorrermi dentro le vene, mano a mano che acquisto velocità. La sensazione del vento sferzante tra i capelli e sul viso, è...  indescrivibile. Mi sento così sicura di me, così libera. Così... viva!
"Guardami, Otani!"
Prendo la rincorsa, e poi mi lascio andare, sollevando le braccia al cielo. " Yuu- uuh!! So pattinare!... Non è meraviglioso?!"
"Fermati, idiota!" urla lui, in ansia, correndomi dietro. "Sei ancora alle prime armi, non puoi metterti a correre sul ghiaccio quando-!"
"Guardami, guardam- .... GYAAAAAAAAAAAAHHHH...!!!!"
Il ferro del pattino, si inclina in modo brusco e prima che possa realizzarlo, perdo l' equilibrio, rovinando sul ghiaccio. Scivolo per una decina di metri, finendo con la faccia dritta dentro la neve ammassata a bordo pista.
"KOIZUMI...!!"
Otani scatta in avanti, e mi raggiunge fulmineo. Affannato si piega su di me, mentre io cerco di riemergere, a fatica dall' ammasso di neve.
"Ohi ohi, che botta..." mugugno, massaggiandomi il naso indolenzito. " 'Tentar non nuoce', eh?..."
"Stai bene?..." mi domanda, con voce carica di apprensione.
"No, che non sto bene..." replico, lamentosamente. "Il mio povero naso, ha preso un brutto colpo..."
"Fa vedere..."
Allontana le mie dita dal viso, afferrandomi il mento, e scrutandomi attentamente, constatando le condizioni del mio naso. Io rimango immobile, protendendo il mio volto verso di lui, serrando il più possibile gli occhi per paura di scorgere il responso nel suo sguardo.
"Niente sangue?..." riesco a domandare, con una nota di panico.
"Niente sangue." mi rassicura, infine, più tranquillo.
 "Menomale..." sospiro, sollevata, riaprendo le palpebre.
"Possibile che tu sia sempre così imprudente?!" mi riprende lui, con un' occhiataccia carica di rimprovero. " Mi hai fatto quasi venire un infarto...!"  china la nuca, e sospira pesantemente, portandosi una mano a stringersi sul cuore.
"M-ma... Scusa!" ribatto, sulla difensiva. "Stava andando tutto bene...! Mi stavo divertendo un mondo, ma non so come, ho messo un piede in fallo e-!"
"Pfft..."
Mi blocco, notando Otani sul punto di scoppiare a ridere. Lo incenerisco con lo sguardo, irritandomi.
"E ora che hai, da ridere?!"
"Niente, è che..." ridacchia, un pugno davanti alla bocca, per soffocare l' eccesso di risate. "Il modo in cui sei caduta... Eri proprio ridicol- Ahia!"
Ritiro il mio pugno, furiosa. "Che insolente! Pensa se mi fossi fatta male davvero, come avresti riso di me...!
"E dai, non te la prendere..." mi osserva di sottecchi, massaggiandosi la nuca. "Per fortuna, il tuo naso è duro quasi quanto la tua testa!" scherza, cercando di sdrammatizzare.
Alzo gli occhi al cielo. "Mpf. Se me lo fossi rotto, mi sarebbe toccato rifarmelo..."
"Sarebbe stato un peccato." mormora fra sé e sé, guardando altrove. "Hai un naso così carino..."
Strabuzzo gli occhi, arrossendo. "E-eh?"
"Mh?" sembra riemergere dai suoi pensieri, e torna a guardarmi, arrossendo anche lui. "N- niente! Affari miei..."
In realtà l' ho sentito benissimo, ma decido di lasciargli credere il contrario.
Mi bastano anche solo i suoi pensieri...
Le mie riflessioni vengono bruscamente interrotte, non appena mi ritrovo il viso di Otani a due centimetri dal mio. Sobbalzo, presa alla sprovvista e avvampando furiosamente.
Ma non ho neanche il tempo di articolare una parola, che lo vedo protendersi verso le mie labbra, e automaticamente il mio cervello si scollega da tutto il resto.
Le mie palpebre tremano un solo istante, prima di chiudersi del tutto, e sento il mio cuore scalpitare, impaziente di sentire il sapore e la morbidezza di quel tocco delicato e ormai conosciuto...
Ma sono solo le sue dita sulle mie guance, che sento un istante dopo, e spalanco di scatto gli occhi, stupita. Non faccio in tempo a capire che cosa stia succedendo, che le sue mani tiepide si sono già chiuse a coppa attorno al mio naso arrossato, e accostandovi le labbra, emana un piacevole calore con il suo respiro.
Solo in quel momento mi rendo conto di essermi paralizzata, tanto da aver smesso di respirare. Così cerco di riattivare i polmoni, intanto che  sento quel confortevole calore espandersi non solo sul mio naso, ma in tutto il mio viso, rendendo le mie guance, dapprima arrossate dal freddo, adesso di un intenso porpora accesso, denso di calore e qualcos' altro che non riesco a definire.
"O... tani..."
Si allontana leggermente dal mio viso, scrutandomi intensamente. "Avevi il naso tutto arrossato e congelato, dato che sei finita nella neve. Così..." spiega, abbassando lo sguardo, per impedirmi di leggervi l' imbarazzo.
Ancora presa dallo stupore, mi limito a fissarlo, ad occhi sgranati. E resto ancora più stupita, non appena lui, senza alcuna esitazione mi afferra delicatamente per i polsi, ripetendo l' operazione con entrambe le mie mani, sospirando sui miei palmi gelidi, e tra le mie dita intorpidite dal freddo.
Il mio sguardo shockato, si addolcisce in un attimo. Lo lascio fare, rimando a fissarlo, ammaliata e grata per questo gesto, che può sembrare una cosa banale, persino stupida per qualcun altro, ma che non lo è affatto per me. E so, che non lo è neanche per Otani. Questo atteggiamento, queste premure...  non sono da lui.
Poco a poco, si sta rivelando... un fidanzato davvero fantastico.
Rimango ad osservarlo incuriosita, mentre tiene lo sguardo chino, prendendo a giocherellare con le dita della mia mano, come intimidito.
Non capisco a cosa stia pensando... sembra quasi che mi voglia dire qualcosa, ma è come se si vergognasse di farlo...
Infine sospira, acciuffandomi la mano per aiutarmi ad alzarmi. Lo guardo, e mi sembra ancora sovrappensiero.
Di qualunque cosa si tratti, evidentemente, non si sente ancora pronto per parlamene.
Infine ci alziamo entrambi, senza dire nulla, e tenendoci saldamente per mano stavolta, raggiungiamo il centro della pista.
"Cosa stai facendo?" chiede d' un tratto Otani, osservandomi sbigottito, mentre sono intenta a togliermi con un solo gesto la sciarpa, lasciandola scivolare dalle mie dita, sul suolo ghiacciato.
"Mh? Non lo vedi?" rispondo io secca, incominciando a slacciarmi i primi bottoncini del cappotto. Noto Otani arrossire furiosamente.
"N- non... Non vorrai mica...?"
"Si." replico tranquilla, e per non rischiare di scivolare e cadere di nuovo, mi abbasso cautamente, sedendomi sul ghiaccio. "Ho voglia di guardare le stelle."  rispondo semplicemente, facendo spallucce.
Sistemo la sciarpa come un poggiatesta, e mi sdraio sul suolo ghiacciato, sentendo su di me lo sguardo palesemente stupito del mio ragazzo. Tremo un istante, nel percepire quel contatto gelido contro la mia schiena,  dopodiché lancio ad Otani un' occhiata eloquente, picchiettando una mano sul posto accanto al mio.
Dopo un' ultimo sguardo scettico, infine  sospira. Si avvicina, togliendosi a sua volta la sciarpa, e si sdraia sul ghiaccio vicino a me.
Spalla contro spalla, ci zittiamo, ascoltando il silenzio attorno a noi, la quiete, la fresca foschia, i respiri lenti e regolari della persona accanto.
"Qualche anno fa, venivo spesso qui, con mia sorella, mia madre... e in rari casi, anche con mio padre. " mormora, dopo qualche minuto, in cui entrambi siamo persi ad osservare il buio che ci sovrasta. "All' inizio, non sapevo stare neanche in piedi... Mia sorella mi prendeva sempre in giro, perché cadevo continuamente... E' stata lei, ad insegnarmi a pattinare."
"Davvero?"
"Mh, mh. "annuisce, guardandomi brevemente, prima di tornare ad osservare la luna. "E' una gran rompiscatole..."
“Che ne pensi, del fatto che stia per sposarsi?” domando, incuriosita dalla nota di malinconia nella sua voce che, per quanto impercettibile, non è riuscita a sfuggirmi.
“Mh. Non lo credevo possibile che riuscisse a trovare qualcuno, insopportabile com' è...” mugugna lui, pensieroso, fissando ancora il vasto cielo nero velato di nebbia, sopra le nostre teste. “Mi fa’...  uno strano effetto, pensare che tra qualche mese si trasferirà, eccetera… Sarà strano, non avercela più tra i piedi, ecco.”
Mi volto a guardarlo, non riuscendo ad impedirmi di sorridere, intenerita. “Ti mancherà, Acchan, ammettilo!” lo sbeffeggio.
Sbuffa, arrossendo appena.  “Tsk. Ma smettila…”
Rido, sapendo di avere ragione. “Bè, prima o poi anche tu dovrai lasciare il tuo ‘nido’, ed emigrare verso le terre miti…”
“Ho bisogno di un traduttore, ogni volta che parlo con te...”
“Sto dicendo.” sbuffo impaziente, alzando gli occhi al cielo. “Che presto o tardi, anche…  tu, ti ritroverai a compiere questo passo importante.”
Stavo per dire noi. Non che sia insicura su questo, ma.... Solo... non mi sento ancora abbastanza pronta, ad affermare una cosa del genere. Soprattutto se dovessi parlarne con lui...
Otani mi lancia un’ occhiata di sbieco. “Ah, si?”
"Certo." replico, gonfiando le guance arrossate, cocciuta. “Quando me lo chiederai, magari…”
“Sogna, gigantessa.”  chiude gli occhi, liberando una mezza risata, mentre si porta spavaldamente le mani dietro la nuca. “Dovrà passare ancora tanto tempo, per quello... Ma proprio tanto, eh. Ma taaaaanto, ma taaaanto, ma taaaanto…!”
“D’ accordo, ho capito!"  lo interrompo brusca, innervosendomi. “Sei stato chiarissimo!”
“Non voglio essere brutale…" mormora, osservando la mia aria sconsolata di sottecchi. "Solo realista.”
Questa mi giunge familiare… è la stessa identica cosa che mi ha detto suo padre!
Gli tiro le ciocche di capelli, furiosa.  “Ma quale realista…!”
“Ahii…!!” si lamenta, cercando di scansarmi. “Ferma, ferma, mi fai male…!”
Lascio andare la presa sui suoi ciuffi, e lo guardo, truce. Sospiro, infine, arrendendomi.
“Mph… Questo cretino…”
Torno a sdraiarmi, percependo Otani accanto a me fare lo stesso, borbottando sottovoce qualcosa come "Questa manesca...", ed io chiudo gli occhi, concentrandomi sul lieve suono della foschia.
Lascio che il silenzio mi entri dentro, respirandolo a pieni polmoni. Si sta così bene…
“Koizumi…”
Sento Otani  chiamarmi, dopo qualche attimo, spezzando nuovamente quel placido silenzio con un impercettibile mormorio.
“Mmh?” mugugno ancora ad occhi chiusi, completamente rilassata.
“Tu… Pensi che io, sia una delusione?”
Apro di scatto gli occhi, e volto bruscamente il viso verso di lui, osservando il suo sguardo serio rivolto verso il cielo.
“So che ti ho deluso... E forse, mio padre ha ragione a dire che lo so- AHI!” si massaggia la nuca, mentre io ritiro il mio ennesimo pugno, “E questo perché, di grazi-?!” si blocca all’ istante, notando i miei occhi lucidi che lo fissano con risolutezza.
“Koizumi…”
“Non dirlo…” la mia voce esce a fatica, per il grosso nodo che mi si è formato in gola.  “… neanche per scherzo.” concludo, sforzando di tenere a freno la voce.  “Tu non sei affatto una delusione. Affatto. Io non potrei essere più orgogliosa di te, Otani. Davvero.”
Lui abbassa lo sguardo, imbarazzato, “Davvero?”
Annuisco vigorosamente, “Si. “
Alza il volto, e mi sorrido teneramente. Sento le mie gote imporporarsi di rosso.
“Non devi avere paura di poter deludere me, o tuo padre, o chiunque sia… Fa' le tue scelte, anche sbagliate, ma che siano tue.”
Mi fissa ancora qualche secondo, arrossendo visibilmente.
“Oh, Kami…” borbotta, portandosi una mano a stringersi sul petto.
“Uh? Che c’è?” faccio io, confusa. “Ah!” arrossisco anch' io, capendo. “Ti ho appena afferrato un po’ di cuore, non è ver-?”
Non posso finire, che mi arriva un ceffone dritto sulla nuca.
“SCEMA!” urla lui, rosso ormai come un pomodoro maturo.
"Ahio!"
"Così siamo pari per prima!"
"Ma volevo solo sapere se-!"
"Non sono affari tuoi." taglia corto, brusco.
Gonfio le guance come una bambina capricciosa, massaggiandomi il punto dolente. “Ma come non sono affari miei, uffiii…”
Lui alza il volto, e mi guarda, prima di scoppiare a ridere sonoramente.  
Sbuffo, ancora arrabbiata per il ceffone. "Stupido..."
"Ma come..." dice con voce flautata, e con un sorrisetto sghembo. "Non avevi detto che sono straordinario?"
Mi volto di scatto a guardarlo, "Eh?"
"No, aspetta..." si porta due dita sotto il mento, assumendo un' aria meditabonda. "Era una cosa tipo... 'Come fa a non vedere che figlio straordinario ha?'..."
Arrossisco di botto. "C-cos-?"
Ma non posso più emettere neanche mezza sillaba, poiché mi si blocca del tutto il respiro.
Otani  si è sollevato sul gomito, incatenando i suoi occhi ai miei, osservandomi con uno sguardo intenso, intriso di serietà. Arrossisco il triplo, farfugliando qualcosa di incomprensibile.
"Koizumi... Ho sentito tutto." esala, con voce roca.
Trattengo il respiro. "T-tutto?..."
Lui annuisce, senza sciogliere il contatto visivo, e sussurra, ripetendo le mie stesse parole di ieri pomeriggio, alla lettera.
" 'Io sono fiera di lui, sono fiera di essere la sua ragazza.'...  Sono orgogliosa di avere un ragazzo così straordinario'... e ancora, 'E' impossibile non amarlo'... ho dimenticato qualcosa?"
Mi sento andare in iperventilazione, e sgrano gli occhi, inorridita.
"No... Non dirmelo..." imploro con una vocina, anche se so che è tutto inutile.
"Ero lì, dietro la porta." conferma, con un' occhiata allusiva.
A quel punto spalanco la bocca, incapace di esprimermi, sentendo le mie guance andare a fuoco.
"Dopo che ti ho mandato il messaggio, avevo deciso di passare a casa per prendere alcuni libri per studiare... " spiega, continuando a guardarmi fisso, mentre io non desidero altro che poter sprofondare nel ghiaccio sotto di me.
Oh, santissimi Kami! L' ha sentito! Era !... Oh, dolci Kami, ditemi che non è vero...!
Mi copro il viso con le mani, incapace di guardarlo, imbarazzatissima.
"Noo... !!" emetto un lamento sordo contro i miei palmi. Cielo, è così imbarazzante...!
Non posso credere che Otani abbia sentito tutto!... Adesso mi prenderà in giro per il resto della vita...!
"Se già sapevi che non ti considero una delusione, perché me l' hai chiesto lo stesso!?..."
"Per vedere se parlavi sul serio, o era solo un modo per convincere mio padre..." risponde, con voce fievole. Capisco che sta cercando di trattenersi dal ridacchiare.
"Idiotaa...!"
Lo sento sorridere. "Koizumi..." mi chiama, con voce pacata. Scuoto risolutamente la nuca, rifiutandomi categoricamente di allontanare le mie mani dalla faccia per guardarlo.
Sono ancora intenta a piagnucolare, quando sento le sue dita, sorprendentemente calde, afferrare le mie e scioglierle dal mio viso. Con la coda dell' occhio mi costringo a guardarlo, scorgendo i suoi occhi luminosi carichi di profondo affetto, prima di avvicinarsi ai miei, chiudendosi con studiata lentezza...
Consapevole e totalmente felice delle sue intenzioni, socchiudo anch' io le palpebre e sporgo le labbra, quel poco che basta, per farle incontrare con le sue.
Un bacio, poi un altro e un altro ancora. Sento le labbra secche di Otani poggiarsi con la leggerezza e la delicatezza di una piuma, sulla punta delle mie, per poi staccarsi per tornare ad osservarmi.
Non c' è alcuna traccia di sorriso nel suo volto imperscrutabile. Ma ormai, lo conosco talmente bene, che riesco a cogliere senza alcuno sforzo, qualunque emozione lo attraversi: in questo momento, i suoi occhi sono talmente pieni di tenerezza, amore e gratitudine, che mi sento sciogliere all' istante, come la neve che ci circonda, quando viene baciata dai raggi del sole.
Ma, in verità, non dovrei esserne poi così sorpresa, giusto? In fondo, è sempre stato così.
Otani, è il mio Sole.
"Grazie." sussurra, con la stessa voce rotta e carica di riconoscenza di ieri, quando eravamo in ospedale.
Sbuffo, ma non riesco ad impedirmi di sorridere. Con una mano gli arruffo i capelli, cercando di alleggerire l' atmosfera. "Mi hai già ringraziato abbastanza, nanetto...."
Sbuffa anche lui, ma noto le sue gote prendere colorito prima che torni di nuovo a parlare. "Va- vale lo stesso per me..."
"Eh?" lo guardo, senza capire.
"So..." si blocca, per cercare di deglutire, mentre evita il mio sguardo confuso. Sembra morto d' imbarazzo.
"So... s-sono co... co-ontento che... tu s- stia... con... me." conclude, tornando a guardarmi, con le guance ormai rosso fuoco. "Pugni e ceffoni inclusi..."
Sgrano gli occhi, sentendo istantaneamente le mie gote imporporarsi.
Awwwww, ha appena detto quello che ho sentito?...
Gli sorrido dolcemente, conscia del fatto che non sia stato facile per lui esprimersi, sentendo il mio cuore saltellare euforico dentro il mio petto.
"Davvero?..." chiedo timidamente, arrossendo ancora di più.
Lui annuisce, abbozzando un sorriso."E... mi dispiace tanto..." prosegue, grattandosi la nuca. "Sai... per averti dato della stronza, ieri..."
Sospiro brevemente, prima di replicare, "... E a me dispiace averti dato del nanerottolo perdente."
"Sul serio, hai ragione tu..." mormora, massaggiandosi il punto in cui prima l' ho colpito, lanciandomi un' occhiata eloquente. "Tu non hai affatto bisogno di essere difesa..."
"Beh, difesa forse no..." ribatto, sovrappensiero. "Ma... protetta, si." sussurro, attorcigliandomi una ciocca di capelli tra le dita. "In fondo... Sono pur sempre una ragazza... no?"
"Ancora fatico a crederlo, onestamente..."
"TU BRUTTO-!" arrossisco involontariamente, ma stavolta di rabbia, trattenendomi dal tirargli un altro pugno. "VUOI CHE TI PICCHI DI NUOVO?!"
Otani si scansa, scoppiando a ridere. "Scherzavo, scherzavo..."
Rimango a fissarlo, incapace di resistere, perdendomi a contemplare il suo viso gioioso e il suono della sua risata. Solo ieri aveva quello sguardo così smarrito e doloroso... ma adesso sta meglio, decisamente. Sospiro internamente di sollievo.
Sbuffo, ancora rossa di vergogna, ma non riesco a nascondere il mezzo sorriso che è spuntato sul mio volto.
"Mpf. Che stupido..."
Mentre lo osservo, un particolare attrae la mia attenzione. Mi mordicchio le labbra, nel tentativo disperato di non fare uscire l' eccesso di risate che mi si è formato nel petto. Ecco un modo perfetto per smorzare l' imbarazzo.
"Pff...Otani..." lo chiamo, senza riuscire ad impedirmi di ridacchiare.
"Mh?" aggrotta le sopracciglia, perplesso dal mio improvviso cambiamento d' umore.
"Pff...  sbaglio o...  quello appiccicato ai tuoi, pff, capelli è...  un chicco di riso?"
"EH?!"
Improvvisamente in preda al panico, si tasta febbrilmente i capelli. "Dove?! Dove?!"
Scoppio a ridere, divertita da quella scena. Neanche gli avessi detto si tratti di un ragno!
"Ahahahaha, ma.... ahahahaha, ma sai, il riso rappresenta l' alimento base di un giapponese doc...!" gli faccio l' occhiolino, sarcastica.
"Tu non capisci!" sbotta lui, irato. "Non c' è niente da ridere! Se non me lo togli adesso, succederà qualcosa di brutto, come l' ultima volta! "
incrocio le braccia, stizzita. "Oh, quindi il mio bacio era qualcosa di brutto?"
"Hai capito cosa intendo!"
In realtà no. Sollevo una mano, agganciando il piccolo cosino incriminato, e gettandolo dietro di me.
"Suvvia... non ti sembra di esagerare?!"
"No!" ruggisce lui, "E' una maledizione, un segno!"
Smetto di ridacchiare, e mi blocco a guardarlo. "Eh?"
"Si: 'La Maledizione del chicco di riso'!" annuisce lui, serio. "Qualcosa di brutto sta per accadere, me lo sent- Ahio!!"
Stavolta non ho saputo resistere dal tirargli un altro pugno, in quella zucca vuota. "Piantala con le sciocchezze. Non ti facevo così fatalista!"
Lo sento sbuffare sonoramente, e mi lancia un' occhiataccia, mentre si massaggia la nuca.
"E poi..." proseguo, "Non può accaderci niente di peggio di quanto ci è capitato in quest' ultimo mese... Insomma, che altro può andare storto?!"
Si volta a guardarmi, "Già..."  mormora, più che altro a sé stesso. "Che altro può andare storto?..."
Torna a sdraiarsi supino accanto a me, e si zittisce, pensieroso.
Anch' io poggio cautamente il capo sulla mia sciarpa, tornando ad osservare il cielo puntellato di stelle.
Il silenzio torna ad avvolgerci, accogliendoci tra le sue candide e confortevoli braccia.
Che ore sono?, mi chiedo, prendendomi una pausa dal contare le stelle. Sarà notte fonda, ormai.
Tutto attorno a noi, è diventato deserto. Non si ode più alcun movimento, né una risata, o una macchina in lontananza. Solo il fruscio impercettibile della foschia notturna, e i nostri respiri che scandiscono il passare del tempo.
Tutto tace, questa notte. Per un tempo indefinito, rimaniamo così fermi, l’ una accanto all’ altro, scrutando il manto nero che ci sovrasta, e la mezzaluna lattea, osservando i fiocchi di neve venirci incontro.
Senza pensarci, sollevo una mano, rivolgendo il palmo verso quel vasto Cielo, costellato di puntini luminosi.
Posso sentire, adesso, la consistenza soffice dei fiocchi, posarsi sulla pelle della mia mano, e poi sgretolarsi, sciogliendosi in tante, piccole, minuscole goccioline fredde…
Un istante dopo, la mano di Otani entra nella mia visuale. E con il suo dorso, sfiora la mia, in un'impercettibile carezza.
Sento la durezza delle sue nocche, scivolare gentilmente tra le mie dita, e il suo tocco è così lieve...  quasi più delicato della neve.
Allontano il palmo dal cielo, per rivolgerlo al suo.
Palmo contro palmo, le nostre mani si incontrano, e le nostre dita si intrecciano in automatico, quasi fossero programmate per farlo; gomiti appoggiati sul ghiaccio, le braccia ancora tese verso l' oscurità puntellata di luce, e il candore placido e notturno che ci circonda.
Non ci guardiamo, ma sappiamo perfettamente entrambi, che l’ altro sta sorridendo.
Vorrei che il gelo attorno a noi, congelasse il tempo. Nonostante il freddo, vorrei rimanere così per sempre. Legata ad Otani, entrambi sospesi in questa dimensione onirica, fatta di crescita e di sbagli, mescolati a dubbi, ma anche a certezze, con la consapevolezza che il futuro, anche se burrascoso e pieno di ostacoli, è il nostro.
Non solo mio, non solo suo. Ma nostro.
E dentro di me sento, che non c’ è nient’ altro, che io desideri. 
Insieme ad Otani. Per sempre.
“Otani... ” sussurro, e una nuvoletta di vapore sfugge alle mie labbra.
“Cosa?” chiede, con un sospiro rilassato, percependo la mia esitazione.
“So che dovrà passare ancora tanto tempo. Ma...”
Sento le mie guance ardere. Ma non per questo, sono meno sicura delle mie parole.
“Ma se…  Se me lo chiedessi adesso… Io, accetterei.”
Non ho bisogno di vederlo, per sapere che si è voltato di scatto a guardarmi, avvampando dall’ imbarazzo.
Sorrido, chiudendo gli occhi, le nostre mani ancora congiunte rivolte alla luna, come in una muta preghiera.
"Koizumi..."
"Un giorno non molto lontano, magari..."
So che non c' è modo, che tu me lo chieda adesso. Ma non importa.
Non importa quanto tempo ci vorrà. Non importa, quante ancora ne dovremo passare.
Un giorno, sarò la tua famiglia.
E spero… Prego… affinché, quel giorno, noi due saremo felici. Come lo siamo adesso.
“Si…” risponde, infine, in un flebile sussurro. E sento la stretta delle sue dita, farsi rassicurante.
Distoglie lo sguardo da me, tornando a rivolgerlo al Cielo.
“Un giorno.”



 
***







 

Angolino autrice in ritardo
OOC, e schifosamente in ritardo. Lo so. Ormai, è abitudine.
Spero che comunque questo capitolo abbia in parte rimediato chiarito i dubbi del capitolo precedente. :) Qualora non fosse così, sparatemi. (?)
Alla fine, Otani senior ha ammesso di essersi comportato da schifo, e ha finalmente accettato Risa  come ragazza di suo figlio... ma i casini, finiranno qui?
Ovviamente no! ;P
Delucidazioni (?) per chi non avesse letto il manga:
* Otani si riferisce alla famosa scena ( cap. 54, vol. 14 ; tra l' altro una delle mie preferite, se non la mia preferita in assoluto *w*) di quando cerca di convincere Koizumi, che si trova in cima ad una struttura di arrampicata del parco giochi , a buttarsi tra le sue braccia, rassicurandola  che l' avrebbe acciuffata al volo. Ma, com' era prevedibile, cascano tutti e due per terra, come delle pere cotte. :') Come non amarli? Come?! *w*
Okay, e con questo capitolo un po' angst, si conclude questo piccolo (?) siparietto familiare. Dal prossimo, atmosfere decisamente più leggere e... soprattutto, si riparte con la Koizutani a fontanella! (?) ;)
Grazie per l'attenzione, e qualora voleste palesare il vostro passaggio, mi fareste più che felice! :D
Alla prossima! ♥
 
Chappy- chan


 
 
 

 
 
  
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