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Autore: mulljngar    23/01/2014    0 recensioni
A volte hai solamente bisogno di qualcuno che ti capisca, che ti stia accanto, che ti sorregga, che ti aiuti, che ti faccia capire che non sei così terribile come credi.
Due adolescenti tanto diversi ma tanto uguali. Due adolescenti che scappano dal mondo, dalla società, da tutto ciò che li circonda, ma da soli non ci riescono. Tentano di farlo insieme, tentano di saltare muri e sfondare i muri che li circondano, di cercare la felicità, scoprire che esiste e raggiungerla insieme, mano nella mano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Santo cielo Lu ti vuoi alzare da quel dannato letto o hai intenzione di farci la muffa?” La voce furiosa di mio padre mi fece sobbalzare nel letto.
Non risposi, anzi, mi alzai, chiusi a chiave la porta e mi infilai di nuovo nelle coperte.
“Finiscila di fare la bambina! Se non ti muovi ad uscire sfondo la porta, hai capito? Se ti azzardi a..” E più alzavo il volume della musica e più il mondo oltre quella porta si zittiva, era una bella sensazione. Mi addormentai di nuovo.
Mattina di Natale iniziata alla perfezione, direi.
Dopo qualche ora mi alzai o mio padre sarebbe veramente stato capace di sfondare la porta; barcollai verso la cucina ignorando padrone di casa e Miss Succhiacazzi e concentrandomi sulla mia buona brioche al cioccolato. “Buon Natale.” Dissi con il boccone in bocca.

***


Il Natale a casa mia è sempre stato uguale, fin da prima che io nascessi ad oggi, sempre la solita tradizione: la mattina dagli zii e poi dai nonni, il pomeriggio con tutti a casa nostra e la sera dagli altri nonni. Una noia assurda.
Ero pronto a subirmi dodici ore intere di “E la fidanzatina?” “Come sei diventato grande!” “Com’è che ti chiami? Scott?” “Dai da mangiare al gatto, per favore.” “Sei magrissimo, sembri uno stecchino, mangia anche questo!” “Buon Natale piccolo di mamma.” “Buon Natale piccolo di zia.” “Buon Natale piccolo di nonna.” E roba simile, ma purtroppo non potevo evitare niente di tutto ciò, quindi dovevo mettermi l’animo in pace e ascoltare tutti questi discorsi.. A pranzo però ci fu la svolta. Mia nonna si sentì male e la portarono all’ospedale. Tutti noi eravamo preoccupati, la nonna era sempre stata bene e nessuno sapeva spiegarsi quel malore.Andammo tutti insieme a lei in ospedale e dopo tre ore ci dissero che era in brutte condizione.
Quel Natale rimase nella storia. Da quel giorno cambiarono le cose. Ero molto affezionato alla nonna, mi voleva un bene dell’anima e anche io gliene volevo, era quella che mi capiva di più di tutti. E anche se l’amavo davvero tanto non gliel’ho mai dimostrato. Ho sempre avuto questo tipo di problema: non ho mai il coraggio di mostrare le cose che provo, i miei sentimenti; così perdo un sacco di occasioni e faccio la figura del coglione. Ma da quel momento in poi capii. Sì, Capii.


***


Che cosa c’è di bello nel passare il Natale da sola con il proprio padre che se ne va a lavorare appena dopo pranzo e con la propria matrigna che non sa fare altro che parlare al telefono con le sue amiche oche? Niente. Un bel cavolo di niente. Ed è per questo che scappai.
Uscii dalla finestra di camera mia, accesi una sigaretta e mi rilassai.
Raggiunsi la panchina, la mia panchina, la nostra, dove io e la mamma passavamo la domenica pomeriggio a guardare il laghetto, a raccontarci storie, pettegolezzi, di tutto. La panchina era la stessa, il laghetto uguale, ma una cosa era cambiata: ero da sola, e senza la mamma.
Gettai la sigaretta a terra e osservai la gente.
Mi venne subito a mente una citazione: “Seduta su una panchina, guardava gli altri vivere” ed era proprio quello che stavo facendo. Guardavo la gente vivere. Quando qualcuno attirò la mia attenzione. Un ragazzo. Un ragazzo che mi stava salutando con un sorriso gigantesco, ricambiai e lui si avvicinò a passo svelto verso di me. Confusa, mi alzai di scatto.
“Ciao!” Disse togliendosi le cuffie dalle orecchie.
“Ciao.. perdonami ma, ci conosciamo?”
“Sono il ragazzo di ieri sera, quello con cui ti sei scontrata mentre correvi verso non so che cosa.”
Ricordai subito di lui, della fuga dal negozio, della figuraccia che avevo fatto, del suo sorriso imbarazzato e dei suoi occhi verdi, li guardai e sì, li riconobbi. Era facile riconoscerli. Erano unici.
“Oh, si! Scusa se non ti ho riconosciuto.” Dissi, e sentii le mie guance andare a fuoco.
“Tranquilla, fa niente.” Sorrise.
“Che ci fai qua a Natale?” Chiesi curiosa.
“In effetti dovrei essere a casa ma non è andata come doveva andare e.. e tu, che ci fai qui a Natale?”
“Non mi andava di passare una giornata intera ad ascoltare la mia matrigna che parla dei fatti suoi al telefono.”
“Oh.. capisco.” Disse, sembrava dispiaciuto davvero.
“Che ascoltavi?” Allungai la mano per afferrare le cuffie ma lui si scostò appena.
“Oh.. ehm.. non volevo, scusa. E’ solo che non condivido con nessuno la mia musica. Lo so, ti sembrerò pazzo, ma la mia playlist rappresenta quello che sono, e dato che sono un completo disastro, se ascoltassi adesso la playlist come minimo ti spaventeresti e scapperesti via.” Disse tutto d’un fiato, serio e imbarazzato. Rimasi colpita da quel gesto, da quel discorso. Anche io pensavo la stessa e identica cosa.
“Tranquillo, in un certo senso, ti capisco.” Alle mie parole alzò la testa di scatto e io gli sorrisi, lui ricambiò.
“Sono felice di averti conosciuta, ci vediamo.” Fece un cenno con la testa e se ne andò di fretta.
“Anche io lo sono." Sussurrai.
  
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