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Autore: Alex Wolf    23/01/2014    4 recensioni
Ringil (stella fredda), è una giovane "cambia pelle" affidata alle cure di Gandalf già da quando è in fasce. La sua famiglia, il clan del nord, è stata distrutta da Azog il profanatore e lei è determinata a vendicarsi; ma, per riuscire a rivendicare le sue terre, e riprende il posto di regina che le è stato sottratto, sarà costretta ad accompagnare Thorin e la sua compagnia nell'avventura che li attende. I due non si sopportano, infatti, prima di conoscere la vera natura della ragazza, Thorin le da la caccia dopo che ha quasi staccato il braccio al nipote Fili. Assieme incontreranno ostacoli e pericoli; e Ringil si troverà a dover abbassare tutte le proprie difese davanti a Re Thranduil. Cosa accadrà dopo che la battaglia contro Azog sarà conclusa (Apparentemente) e il suo regno riconquistato? Aiuterà Thorin a riconquistare Erebor?
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il richiamo del lupo.
 



“C’è un momento che devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da se.”
 
—Marylin Monroe

 
 


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Il sole splendeva, illuminando le foreste che adornavano la catena dei monti azzurri. I cinguettii degli uccelli inondavano l’aria fresca, e il vento li trasportava fra le fronde. Raggi di luce svettavano sul terreno, creando splendidi contrasti con il buio mite del sottobosco. Gli odori della selvaggina che correva libera nei prati, fra gli alberi e i cespugli mi arrivava al naso quadruplicata, aumentando la mia voglia di caccia e sangue. Il mio stomacò brontolò e d’istinto gettai la testa verso il basso trovando solo il terreno bruno. Starnutii, alzando una nuvola di polvere, e scossi il capo indietreggiando. Alzai il viso in alto e annusai l’aria, uno strano odore aveva iniziato a diffondersi nei paraggi ed era forte e agre. Un ringhio nacque nel profondo del mio petto, mentre il cuore batteva forte per l’adrenalina. Presi a zampettare nel bosco, facendo meno rumore possibile e mi appostai sotto un cespuglio, in attesa. A un tratto, delle ombre presero a macchiare il terreno, corte e scure, e poco dopo delle figure lo seguirono. Erano di due giovani nani: uno dalla barba e i capelli  biondi e l’altro con una folta chioma scura e senza barba. Avanzavano tranquilli, con i sorrisi sulle labbra e le armi in spalla. I loro mantelli erano foderati di pelliccia, così i loro guanti e i pesanti scarponi che indossavano. Provai un moto di rabbia nei loro confronti: sicuramente quelle pelli erano di lupo e loro erano cacciatori mandati dagli abitanti di quella stupida cittadina in cui mi avevano avvistata. Erano venuti per uccidermi, certamente, ma non ci sarebbero riusciti. Un altro ringhio brontolò nel mio petto, mentre flettevo le possenti zampe bianche verso il basso e mi preparavo a saltare.
« Fili, hai sentito?  » Domandò il nano dai capelli scuri all’altro, bloccandosi nel bel mezzo della camminata. L’altro si voltò verso di lui silenziosamente e con occhi attenti prese ad osservare la natura che li circondava; i capelli catturarono un raggio di luce e sembrarono divenire d’oro. Le orecchie tese in ascolto, ma si sentivano solo i canti dei fringuelli. Sbattei le palpebre e socchiusi la mascella, assaggiando l’aria mentre mi preparavo con molta calma.
« Kili, hai bevuto troppo prima di partire. Mamma te l’aveva detto di non esagerare. Ora muoviamoci e vediamo di trovare lo zio e Dwalin. » Borbottò Fili, rimettendosi in marcia. Avanzai cautamente nel buio del mio nascondiglio, senza staccare i miei occhi scuri dai due. Le foglie si poggiavano sul mio pelo solleticandomi, ma tentavo di non farci molto caso; il mio fiato si condensava in piccole nuvolette bianche, mentre mi abbassavo ancora andandomi a sporcare il pelo candido. Mi piaceva osservare le prede prima di ucciderle, studiare i loro movimenti, annusare il loro profumo. Quei due, per esempio, sapevano di buono: cannella e menta, con un retro gusto di bruciato. Sicuramente avevano lavorato in qualche fucina prima di dedicarsi alla caccia contro di me. Ancora pochi passi e avrei attaccato. Feci passare una zampa in avanti e con cautela evitai le foglie sopra la mia testa, piegando le orecchie all’indietro e... Crack. I due nani si voltarono colti alla sprovvista e allora non potei più rimandare. Con un ringhio imponente saltai fuori dal mio nascondiglio e presi a correre, senza ripensamenti, contro il giovane nano che avevo più vicino: quello dai capelli scuri, che portava le frecce. Era più facile gettare a terra per primi gli arcieri, così non avevano tempo per attaccare. In ogni modo,  mi avventai su di lui come una furia scatenata e rotolammo a terra, ruzzolando giù per un breve spazio prima di fermarci. Con i denti gli afferrai il colletto della maglia e cominciai a dimenare la testa, tentando di arrivare alla carne. Ma era difficile: Kili, così mi pare si chiamasse, aveva steso le braccia verso l’alto riuscendo a poggiarle sul mio petto e aveva iniziato a spingermi verso l’alto. Tentai più volte di chiudere le fauci sulla sua trachea, schioccandole come code di frusta ma, sebbene arrivassi a filo della sua giugulare, sembrava impossibile riuscirci. I miei denti toccavano a filo la sua carne e non riuscivano a nulla se non a infliggere qualche graffio. Pochi schizzi di sangue mi macchiavano i canini e il muso. Mentre ero intenta nel mio piccolo incontro, una figura si gettò su di me spingendomi letteralmente via dal corpo del nano. Due grandi braccia si strinsero attorno al mio petto e presero a stringere, mentre io mi ritrovavo con la pancia scoperta verso l’alto praticamente sdraiata sul nano biondo. Riuscivo a sentire l’elsa dei suoi pugnali a contatto con la pelliccia e la rabbia che mi scorreva nelle vene. Ringhiai facendo fremere il petto e, con un colpo di reni, mi voltai riuscendo a mordere il braccio al cacciatore. Lui gridò, inginocchiandosi a terra e allungando una mano sul mio muso afferrandomi la mandibola per tentare di alzarla verso l’alto; in risposta ringhiai ferocemente e presi a dibattere il muso. Sentii la pelle lacerarsi nella mia morsa e il giovane nano gridare. Non mi piaceva fare del male alla gente, ma di certo non ero una principessa quando si trattava di difendersi.
« Fili! » Una freccia si andò a conficcare a pochi millimetri dalla mia spalle e d’istinto lasciai andare la resa sul braccia del cacciatore per voltarmi nuovamente verso il nano moro. Mostrai le zanne, facendo schioccare le mandibole e abbassai le orecchie indietro. Riuscivo a sentire il sangue del giovane nano scorrermi sulla bocca, scendendo sulla gola, e tracciando un percorso che andava fino al petto. Le gocce cadevano sulla terra sotto le mie zampe, macchiandola come acqua fresca che veniva assorbita dopo tanta carestia. Il vento aveva smesso di soffiare e il canto degli uccelli era cessato. Non restava altro che la calma nella foresta delle Montagne Azzurre, e noi tre. I miei occhi di ghiaccio si posarono su quelli scuri del ragazzo: era così determinato. Nel suo sguardo potevo leggere la voglia crescente di uccidermi e incassare la ricompensa, mentre prendeva una freccia dal feretro e l’incoccava nel piccolo arco. Allargai di poco le zampe e caricai verso di lui, scivolando sotto lo spazio delle sue gambe. Con un balzo mi ritrovai sopra la sua schiena, costringendolo con una zampa a tenere la testa giù. Non era facile, e mai lo sarebbe stato, abbattermi. Ci tenevo troppo alla mia vita, a viverla a modo mio e non avrei lasciato che un maniscalco o contadino qualunque me la portasse via; non dopo tutto quello che avevo dovuto sopportare. Avevo ancora conti irrisolti da pagare e far pagare, e non avrei lasciato nulla in sospeso finché avrei avuto vita.
« Fili! Kili! » Una terza voce mi fece alzare lo sguardo: altri due nani stavano correndo verso di noi. Entrambi erano molto alti per essere della stirpe di Durin. Uno aveva una folta barba e lunghi capelli neri, che contornavano due occhi di ghiaccio, e indossava pesanti abiti di pelliccia; mentre fra le mani stringeva una spada la cui lama brillava sotto i raggi del sole che filtravano fra gli alberi. L’altro era muscoloso, con la calotta calva sulla quale risaltavano molti tatuaggi e una lunga barba bruna, così come i capelli; si muoveva velocemente, nonostante i pensati abiti di pelle e pelo e stringeva fra le mani un’ascia. Mostrai loro i denti ed emisi un forte ringhio, ma non si spaventarono e continuarono a correre verso di me. Dunque, la gente della città era diventata davvero così temeraria? Analizzai la situazione velocemente e, costatando che non avrei potuto farcela, saltai via dalla schiena dell’arciere correndo a nascondermi nel bosco. Le mie zampe si muovevano velocemente ma, quando pensavo di essermi allontanata abbastanza, le mie orecchie captarono un movimento alle mie spalle. Frenando violentemente mi girai, indietreggiando fino a scontrare un grande albero con le zampe posteriori. Di fronte a me stava il nano dai capelli neri e gli occhi azzurri; sul viso aveva dipinta un espressione rabbiosa e la stretta che aveva sull’elsa della spada mi fece comprendere che lo era davvero. Abbassai le orecchie e il busto e snudai le zanne; cominciammo a muoverci in circolo. Era una situazione statica: io studiavo lui e lui studiava me. Il viso severo non lasciava trapelare nulla se non rabbia. Le labbra arrossate, come le gote, mi fecero pensare che doveva aver corso molto e quindi doveva essere stanco. Se fossi riuscita ad azzannarlo ad un polpaccio l’avrei messo fuori gioco e sarei potuta fuggire tranquillamente. Con una mossa calcolata smisi di girare, flettei le zampe e saltai di lato cogliendolo alla sprovvista. Affondai i denti nella sua gamba, non in profondità: non avevo intenzione di metterlo fuori gioco del tutto, mi sarebbe piaciuto giocare un secondo round con lui; perché sapevo ci sarebbe stato un secondo turno. Il nano gridò e si accasciò in ginocchio quando lo lasciai libero, portandosi una mano nel punto colpito. Ringhiai mostrandogli i canini e poi corsi via, scomparendo alla sua vista. Il vento mi colpì dritto sul muso, e sentii il sangue del nano biondo cominciare a seccarsi sulla pelliccia candida, mentre le mie zampe affondavano nel terreno del sottobosco. Rallentai la corsa solo quando fui sicura di essere al sicuro e alzai il volto al cielo: un ululato potente lasciò la mia gola, dispargendosi in tutta la foresta. Stormi d’uccelli si alzarono in volo all’udire quel suono e le foglie vibrarono. Schioccai le mandibole e ripresi a correre, con in mente solo il volto del nano moro dagli occhi azzurri. Oh, non vedevo l’ora di rincontrarlo e strappargli l’odio dagli occhi, o strappargli gli occhi direttamente. Nessuno poteva pretendere di tentare di uccidermi e passarla liscia.
 
 


Ehi peipe!
Ciao, com’è? Che ne pensate di questo capitolino? Ora corro, il mio branco (?) mi chiama! Love.
Likeapanda
  
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