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Autore: Magica Emy    24/01/2014    1 recensioni
Già, il mio Cri Cri adorato odia i cambiamenti, lo hanno sempre spaventato un po’, e poi…si, devo ammetterlo, adoro quella sua aria da cucciolo smarrito mentre si aggira per casa chiedendosi cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto questo…il solito esagerato. Ma che posso farci? È fatto così, ed è anche per questo che sono pazza di lui...
Seguito di "Une nouvelle vie"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ci precipitiamo in sala d’aspetto e con il cuore in gola andiamo incontro al chirurgo che ha appena operato Grace, ansiosi di conoscere le sue condizioni. Sono almeno quattro ore che attendo notizie e, adesso che il momento è finalmente arrivato, ho quasi paura di sapere. L’espressione del medico è seria quando ci stringe la mano, ma non appena comincia a parlare i suoi lineamenti sembrano distendersi pian piano, e questo mi fa subito sentire più sollevata.

- L’intervento è perfettamente riuscito – ci informa, e quelle parole mi fanno subito venire voglia di urlare dalla gioia – vostra figlia sta bene, è già sveglia e sembra molto lucida e padrona di sé, così ne abbiamo approfittato per farle subito qualche domanda su cosa le fosse realmente successo, e lei ci ha fornito la sua versione dei fatti. Ora però vorrei sentire la vostra, se non vi dispiace.

A quel punto vedo Christian sussultare e lanciare uno sguardo ansioso in direzione del medico, che sembra aver nuovamente assunto l’atteggiamento serio e compìto di poco prima, e anche se non ho idea di cosa stia pensando esattamente credo che questo non prometta niente di buono. Ci sta sicuramente mettendo alla prova, so che è così e lo leggo anche negli occhi di Christian. Dobbiamo dire la verità, anche se questo potrebbe significare…mettere nei guai Roy. Ma è veramente ciò che voglio? Non ho bisogno di chiedermelo a lungo, la vita di mia figlia vale più di qualunque altra cosa. Non voglio nemmeno pensare a mio fratello, adesso. Faccio così un respiro profondo e sono quasi sul punto di parlare ma mio marito mi batte sul tempo, cercando la mia mano e stringendola forte, come se questo gesto potesse dargli la forza necessaria per cominciare finalmente a raccontare.

- Ecco – esita – è stato…solo un incidente, e non è colpa di…

- Esatto – lo interrompe il medico, annuendo brevemente – è proprio quello che ci ha detto la bambina. È stato un incidente, e non è colpa di nessuno. Forse solo della sua curiosità, che stavolta sembra essersi spinta un po’ troppo oltre, a quanto pare. Ci ha riferito che stava giocando a casa dello zio e approfittando della sua assenza ha cominciato a rovistare dentro un vecchio baule, è stato allora che ha trovato la pistola. Non sapeva che fosse vera, credeva che si trattasse di un giocattolo ma era così bella e ben fatta che ha deciso di portarla nel suo studio – indica Christian con un gesto della mano – per farla vedere anche a lei, che però accortosi subito del pericolo ha tentato di strappargliela di mano insieme a suo cognato, e in quel momento la bambina ha premuto accidentalmente il grilletto, finendo per ferirsi. È andata così, giusto?

Il racconto del dottore ci spiazza completamente, lasciandoci a bocca aperta per qualche secondo prima che Christian, gli occhi sgranati e un’espressione indecifrabile dipinta sul viso si affretti subito ad annuire energicamente, fugando così ogni dubbio e lasciandomi senza parole. Non posso credere che Grace abbia davvero raccontato una cosa del genere prendendosi la colpa di tutto, così come non posso credere che suo padre stia deliberatamente confermando questa sua versione, che non è altro che una penosa bugia.

- Si – dice infatti, e la sua mano stringe ancora più forte la mia – certo, è andata esattamente così. Mia figlia è una bambina molto curiosa, fin troppo direi, e sembra che abbia una spiccata predisposizione a cacciarsi continuamente nei guai. Mi creda, è assolutamente ingestibile, stavolta però ci ha davvero spaventati a morte!

Il medico continua a parlare, ripetendoci quanto Grace possa ritenersi fortunata visto che la pallottola non ha compromesso alcun organo vitale e che, anche se presto starà bene, dovrà osservare il riposo assoluto almeno per qualche tempo, ma io non lo ascolto quasi. Sono troppo impaziente di vederla.  Quando entriamo la piccola stanza è immersa nella penombra e lei è distesa sul letto, la testa abbandonata sul cuscino e il viso pallido e segnato, ma quando ci vede i suoi occhi si illuminano di gioia. Mi precipito da lei stringendo la sua mano fra le mie, assolutamente incapace di smettere di baciarla e accarezzarla mentre sento che gli occhi mi si riempiono di lacrime.

- Amore mio – mormoro, sfiorando più volte i suoi morbidi capelli – sono così felice che sia andato tutto bene…come ti senti, ti fa molto male?

- Solo un po’.

Risponde sorridendo, prima di voltarsi verso suo padre per stringere la mano che lui le sta offrendo.

- Grace, tesoro, mi dici perché ti sei inventata tutte quelle cose?

Le chiede e lei scuote lentamente la testa, sforzandosi di non smettere di sorridere.

- Ho detto solo la verità, papà – dice con naturalezza – perché è così che è andata. Nessuno è colpevole di quello che è successo, nessuno deve avere dei guai per questo. Non volevo accusare zio Roy, io desidero solo…che tutto torni come prima. Voglio dimenticare, non possiamo far finta che non sia mai successo niente e tornare a essere felici come una volta?

- Ma certo, piccola mia.

Risponde Christian, visibilmente commosso, avvicinandosi di più per abbracciarla delicatamente e mentre li guardo le sue parole mi risuonano nella mente, torturandomi come un bisturi su una ferita. Come possiamo dimenticare tutto da un giorno all’altro, far finta che niente abbia mai sconvolto le nostre vite in questo modo? No, non sono sicura di potercela fare. Non quando si tratta della mia famiglia, dei miei figli.

- Mamma, perché stai piangendo?

La voce della mia bambina mi strappa bruscamente a quei tristi pensieri e d’un tratto la mia attenzione è tutta per lei, che mi fissa con aria incuriosita.

- Non preoccuparti, tesoro – le sussurro – sono solo lacrime di gioia.

 

Grace torna a casa appena qualche giorno dopo, e convincerla a rimanere a letto si rivela fin da subito un’ardua impresa. Ma la capisco, povera piccola mia, lei mi somiglia molto in fondo e come me non è certo abituata a rimanere bloccata a casa per lungo tempo, anche se è per il suo bene. Passa così un’intera giornata a strepitare come una matta di sentirsi benissimo e di voler lasciare la sua stanza per andare a passeggiare sulla spiaggia, facendo impazzire me e suo padre, tanto che verso sera mi vedo costretta a darle un tranquillante per permetterle di calmarsi e dormire almeno un po’. Bè, che posso dire? Se non altro ha energia da vendere, e questo mi riempie di gioia perché significa che si sta riprendendo in fretta. Resto con lei finchè non si addormenta, poi le rimbocco le coperte e mi chino per sfiorarle la fronte con un bacio, ma proprio quando sto per lasciare la sua camera e socchiudere la porta mi accorgo che Christian mi viene lentamente incontro.

- Si è addormentata, finalmente.

Bisbiglio, poi gli faccio cenno di seguirmi in camera da letto dove mi spoglio con gesti lenti prima di mettermi sotto le coperte, subito imitata da lui, che si sdraia vicino a me e mi prende fra le braccia.

- Almeno riusciremo a riposare un po’ anche noi.

Dice e io annuisco, lasciandomi poi andare a un lungo sospiro sconsolato che però sembra non sfuggire alla sua attenzione.

- Che cosa c’è?

Mi chiede infatti, accarezzandomi le braccia da cima a fondo.

- Niente, è che – esito – non riesco a rilassarmi come vorrei, mi sento sempre agitata, e…preoccupata. E se si svegliasse durante la notte? Se si dimenticasse della sua ferita e cominciasse a muoversi nel sonno, rischiando così di farsi male? E se…

- Ehy – mi interrompe, alzando gli occhi al cielo – vuoi smetterla di preoccuparti in questo modo? Sta bene adesso ed è tutto sotto controllo. E poi le hai dato un tranquillante, ciò significa che dormirà come un sasso per tutta la notte. Ragion per cui non hai proprio nessun motivo per essere così tesa. Su, cerca di rilassarti, ok?

- Non ci riesco.

Dico con una smorfia, e lui mi guarda sornione.

- Va bene, vediamo un po’ cosa si può fare per aiutarti.

Risponde dopo qualche secondo, avvicinandosi di più per sfiorarmi le labbra con un bacio lieve.

- Va meglio adesso?

Mi chiede e io gli accarezzo piano i capelli, ricambiando il suo sorriso. Adoro giocare con lui.

- No. Non ancora.

Rispondo infatti con voce lamentosa e lui ride baciandomi di nuovo, più a lungo stavolta, prima di scivolare sotto le coperte per riempirmi la pancia di baci, facendomi il solletico.

- Tu che ne dici piccolino, pensi che la tua mamma mi stia prendendo in giro?

Sussurra sulla mia pelle.

- Smettila!

Esclamo, ridacchiando divertita e scostandolo da me con un gesto deciso, per invitarlo poi a risalire lentamente e solo per incontrare di nuovo le sue labbra, che bacio a lungo con dolcezza.

- Non posso credere che Grace abbia difeso Roy in questo modo, specie dopo quello che è stato capace di fare.

Dico dopo un po’, e noto che il viso di Christian si rabbuia improvvisamente.

- Johanna, è stato solo un incidente.

Mi ripete per l’ennesima volta, e questo mi fa esplodere di rabbia.

- No – esclamo infatti, e il mio tono furioso lo coglie di sorpresa – non è stato affatto un incidente e lo sai bene anche tu! Ha cercato di ucciderti, Christian!

Lo vedo scuotere la testa con decisione.

- Non lo avrebbe mai fatto.

Dice a voce bassa. 

- Ma davvero? – lo incalzo – E come fai a esserne così sicuro? Ti ha puntato addosso una pistola, e ha minacciato di freddarti sul posto!

- Anch’io ti ho minacciata – dice dopo un lungo momento di silenzio e il suo sguardo sembra farsi d’un tratto sfuggente, come se improvvisamente non riuscisse più a guardarmi in faccia – anch’io ho cercato di ucciderti, e questo ci rende molto simili.

Le sue parole mi colgono di sorpresa, facendomi capire quanto ancora stia soffrendo per quello che ha fatto in quelli che erano i giorni più bui della sua vita. Sospiro, accarezzandogli il viso mentre la mia mano cerca la sua, sperando così di trasmettergli almeno un po’ di conforto e riuscire una volta per tutte a strapparlo a quella strana malinconia, che sembra coglierlo ogni volta che ripensa a quegli orribili momenti.

- Tu non eri in te – gli sussurro – e questo cambia tutto, lo sai bene.

- Non cambia proprio niente, invece – ribatte subito – nemmeno lui lo era e non posso certo biasimarlo, ma non mi avrebbe mai fatto del male, ne sono convinto. Aveva già abbassato la pistola quando è arrivata Grace, e se lei non si fosse intromessa…tutto questo non sarebbe accaduto. Tuo fratello non è un criminale…

- Stai zitto – lo interrompo – non dire mai più quella parola. Quello non è mio fratello, non so nemmeno più chi sia, né cosa ne abbia fatto del Roy che conoscevo e che amavo. Lui non si sarebbe mai comportato così, non avrebbe mai ragionato con una pistola in mano perché non è questo ciò che nostra madre ci ha insegnato. Non è così che ci ha cresciuti, e lui è…

La mia voce si incrina pericolosamente, impedendomi di continuare a parlare mentre mi prendo la testa fra le mani e gli volto le spalle, girandomi dall’altra parte e cominciando a singhiozzare prima ancora di rendermene conto.

- Tesoro – lo sento sussurrarmi, facendosi d’un tratto più vicino – ti prego non piangere, non fare così. Non voglio che ti agiti in questo modo, specialmente nelle tue condizioni.

- Ha cercato di uccidere mio marito – ribatto, ignorandolo – ha fatto del male a mia figlia minacciando di distruggere la mia famiglia, e se penso che avrei potuto perdervi per sempre, io…no, non potrò mai perdonarlo per quello he ha fatto, perciò smettila di provare a giustificarlo perché tanto non servirà a niente. Non servirà a farmi cambiare idea.

Mi abbraccia da dietro e io lo lascio fare, improvvisamente stanca di continuare a discutere, anche se non riesco ancora a smettere di piangere.

- Non lo sto giustificando, ma sono certamente l’ultima persona che può giudicarlo. Tutti commettiamo degli errori, sei stata tu stessa ad affermarlo, e…

- Perché stiamo ancora parlando di lui? Non voglio più starti a sentire, sono stanca.

- Va bene – dice e lo sento respirare a lungo e con forza, proprio come fa tutte le volte che cerca di non spazientirsi – come vuoi amore mio, ma tu cerca di dormire un po’ adesso e smetti di agitarti in questo modo.

- Lo faccio solo se tu smetti di nominarmelo.

Rispondo, asciugandomi le lacrime.

   
 
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