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Autore: SpreadYourWings    24/01/2014    5 recensioni
«Cosa mi hai fatto, Eve?» sussurrai, pur sapendo che lei non mi avrebbe sentito.
Mi aveva rivoluzionato la vita. Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovato ad abbracciare una ragazza e ad osservarla in adorazione mentre dormiva, di pensare cose sdolcinate sul suo conto e di sorridere mentre ricordavo tutti i momenti passati insieme a lei.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :)
Allora, come il titolo della one-shot anticipa, il testo seguente è un missing moment della mia fanfiction
The Words I Never Told You, una scena che non ho voluto inserire come capitolo perché non ha alcuna importanza rilevante ai fini nella trama principale della storia, ma che sicuramente aiuterà a capire qualcosa in più di uno dei personaggi principali, ovvero Harry. Molte volte chi segue la storia mi ha chiesto un POV da parte sua per poter capire cosa lui stesse pensando in certe situazioni o perché si fosse comportato in un certo modo, e io ho sempre risposto che se non ho scritto determinate scene dal suo punto di vista era per un motivo ben preciso, e il motivo è questa one-shot. Leggendola scoprirete il perché :)


La scena va collocata alla fine del capitolo 34 e prima del 35, e posterò il link di questa pagina anche negli appositi capitoli per chi vuole rileggere tutto in ordine :)

Volevo inoltre inserire un avvertimento per chi non segue la fanfiction ma si è imbattuto in questa one-shot: contiene degli spoiler riguardanti la fanfiction principale, quindi, se avete intenzione di leggere la storia, vi consiglio di non leggere questo missing moment fin quando non arriverete al capitolo in cui l'ho inserita.

Ho già detto nelle note dell'autore del capitolo 34 che scrivere questa one-shot mi è piaciuto molto e lo intendevo davvero, così come spero che piacerà anche a voi leggerla :)

Mi dileguo, ho scritto fin troppo. Buona lettura! x

 
***



Uscii dal bagno dopo essermi lavato i denti, camminando velocemente e a piedi scalzi lungo il pavimento freddo del corridoio illuminato solo dalla fioca luce della luna proveniente dalla finestra. Quando un brivido dovuto al freddo mi attraversò la schiena nuda mi avvicinai alla cella del riscaldamento per aumentarlo, pensando che magari indossare una maglietta e una tuta quella notte non sarebbe stata una cattiva idea: era da tempo che non sentivo così freddo, probabilmente perché la temperatura ad Holmes Chapel era diecimila volte più bassa rispetto a quella di Londra.
Stavo per riprendere a camminare verso la camera da letto quando il telefono vibrò nella mia mano, avvertendomi dell'arrivo di un messaggio; nel momento in cui accesi lo schermo, mi resi conto che quello appena ricevuto era solo l'ultimo di una lunga serie che non avevo sentito arrivare.

“Hey Harry, buon compleanno! Tu ed Eveline ci mancate, non vediamo l'ora di rivedervi. Non so se siete già al corrente di tutto quello che è successo qui da quando siete partiti, quindi ti farò un riassunto veloce. La situazione ora si è calmata un po', ma la madre di Eveline ha dato di matto l'altro giorno quando ha saputo che siete partiti. Louis ci ha parlato ed è riuscito a tranquillizzarla un po', spiegandole che Eve è con te e quindi non corre alcun pericolo, ma lei è comunque voluta andare a casa tua per parlare con tua madre e sapere almeno dove eravate. Ora, come ti ho già detto, è più tranquilla, ma Louis sta comunque andando tutti i giorni a casa di Eve, non ho capito bene il perché. Forse per tenerla buona, ma non ne sono sicuro.
Passando a cose più allegre, spero vi stiate divertendo e che torniate presto, qui vi aspettiamo tutti :) un bacio e ancora tanti auguri, Liam. x”


Lessi il messaggio più di una volta, aggrottando le sopracciglia in alcuni punti e sorridendo in altri, rendendomi comunque conto ancora una volta di quanto Liam fosse un ragazzo ed un amico meraviglioso.
Scorsi poi tra gli altri messaggi ricevuti, leggendo quello di Niall e quelli delle ragazze, le quali mi chiedevano anche di salutare Eveline, passando poi a quelli di altri ragazzi dell'università e di alcuni amici di Holmes Chapel, compreso Will, il quale mi incitava non poi così subdolamente a festeggiare con la mia ragazza per tutta la notte; sorrisi a quel messaggio e scossi leggermente la testa mentre passavo avanti, arrivando al messaggio da parte di mia madre, il mio patrigno e Gemma che, dopo avermi fatto i consueti auguri di buon compleanno, mi dissero più o meno le stesse cose che Liam mi aveva già anticipato. Il messaggio si concludeva con il consiglio da parte di mia madre di tornare a casa prima che la situazione si complicasse ulteriormente.
Sospirai e spensi il cellulare, ripromettendomi di rispondere a tutti l'indomani mentre riprendevo a camminare verso la camera da letto. Leggere quei messaggi mi aveva fatto perdere parte della sicurezza che mi aveva spinto a portare Eveline via da Londra, lontana da tutto e da tutti e soprattutto da sua madre, la quale sicuramente ce l'avrebbe avuta con me per il resto della sua vita.
Quella di scappare all'improvviso non era stata una delle migliori idee che avessi mai avuto, questo dovevo ammetterlo: un paio di giorni prima mi era sembrata un'ottima soluzione, ma solo a mente lucida avevo realizzato che non era così che avremmo risolto i problemi e, al contrario, così facendo avevamo solo fatto in modo che aumentassero.
Era vero, c'erano tanti motivi per i quali sarebbe stato giusto metterci in macchina domattina e tornare a casa: ma era anche vero che oggi, finalmente, ero riuscito a vedere Eveline di nuovo spensierata e sorridente, proprio come amavo vederla. Il mio scopo, in fin dei conti, era proprio questo, no?
Non dimenticherò mai come mi ero sentito quando l'avevo vista piangere e disperarsi, quando l'avevo vista crollare sotto i miei occhi senza che potessi effettivamente fare nulla per aiutarla: mi ero sentito inutile, vuoto, e vederla di nuovo ridere oggi, sfoggiando quel suo bellissimo sorriso con gli occhi verdi che scintillavano, era riuscito a colmarlo.
Aprii lentamente la porta della stanza, sorridendo mentre ripensavo alla prima giornata che avevamo passato finalmente completamente soli, senza doverci nascondere, senza dover raccontare alcuna bugia: non vedevo l'ora di stringerla di nuovo tra le mie braccia, di baciarla e di sentirla sospirare contro le mie labbra ogni volta che le mie mani cominciavano a sfiorare il suo corpo, nonché di accarezzare i suoi capelli per farla addormentare contro il mio petto per poi svegliarci, il giorno seguente, esattamente nella stessa posizione.
Socchiusi un po' gli occhi, non abituato alla fioca luce proveniente dall'abat-jour sul comodino, e la vidi distesa su un fianco con le gambe piegate sotto le coperte e le braccia strette intorno al cuscino, le labbra rosee premute delicatamente l'una contro l'altra.
Istintivamente un sorriso comparve sul mio volto mentre continuavo ad osservarla, quasi imbambolato: si era addormentata, come del resto avevo immaginato avrebbe fatto quando l'avevo vista sbadigliare mentre la trascinavo su per le scale. Le avevo anche detto di andare a dormire ma lei, testarda com'era, mi aveva detto che avrebbe aspettato la mezzanotte per farmi gli auguri; l'indomani, comunque, avrei avuto un motivo in più per stuzzicarla dicendole che avevo invece avuto ragione io, avrei potuto rivedere le sue guance arrossarsi e le sue labbra arricciarsi in quella solita espressione che assumeva quando la mettevo alle strette, per poi stringerla tra le mie braccia e farle ritornare il sorriso. Si, messa così non mi dispiaceva poi tanto che si fosse addormentata.
Cercando di non fare rumore mi avvicinai al letto, poggiando prima le mani e poi le ginocchia e gattonando fino al mio posto; mi infilai sotto le coperte e mi distesi su un fianco, poggiando la testa sul cuscino mentre la osservavo.
Avevo sempre pensato che fosse bella, dalla prima volta che l'avevo vista. Ricordavo perfettamente come, quando conobbi i ragazzi in mensa, lei cercasse di evitare di guardarmi, anche se ancora ora non ne capivo il motivo. Ricordavo anche che, appena mi sedetti con loro, cercai subito di fare amicizia con lei dandole a parlare e fingendo di non ricordarmi il suo nome, giusto per intavolare una discussione che, però, lei subito tolse di mezzo. Ricordavo perfettamente anche quanto mi era dispiaciuto, il giorno successivo, scoprire che fosse la ragazza di Zayn, facendomi mettere quindi da parte l'idea di chiederle di uscire.
Si mosse leggermente, aggiustandosi il cuscino sotto la testa e facendo scivolare i lunghi capelli biondi lungo le spalle e la schiena. Rimasi completamente immobile per qualche secondo, temendo di averla svegliata quando mi ero disteso accanto a lei; tuttavia lei non si mosse più, così intuii che fosse ancora assorta nel mondo dei sogni.
Spostai lo sguardo sul suo corpo e, anche se era nascosta dalle coperte, sapevo che stava indossando una canotta e un pantaloncino cortissimo, che mai le avrei lasciato indossare per uscire. Odiavo quando a guardarla era chiunque altro al di fuori del sottoscritto.
Mi ricordai, a quel punto, di quando l'avevo vista alla festa a casa di quel ragazzo della nostra università, James: quella sera pensai che fosse ancora più bella del solito e quel vestito che indossava, che ancora oggi mi è impresso nella mente, fece prendere ai miei pensieri - come, del resto, credo a quelli della maggior parte dei maschi presenti - una via non proprio casta ed innocente e, sinceramente, non mi spiegavo come Zayn fosse riuscito a mantenersi così tranquillo mentre la baciava sulla pista da ballo, suscitando l'invidia di tutti e, dovevo ammetterlo, anche la mia, che ripiegai portandomi a letto una delle ragazze che ero riuscito a rimorchiare durante la serata.
Scivolai un po' più vicino a lei, ancora senza toccarla.
«Eve.» sussurrai senza un reale motivo, avvicinando un po' di più la mia testa alla sua fino a sentire l'odore del suo shampoo alla vaniglia, lo stesso di quella notte.
La notte che ricordavo bene, in ogni minimo particolare.
L'avevo vista mentre si avviava da sola verso l'uscita del club, praticamente furiosa, e l'avevo raggiunta, senza esitare nemmeno un secondo a lasciare da sola la ragazza castana con la quale stavo flirtando dall'inizio della serata; l'avevo riaccompagnata in albergo senza dire una parola durante tutto il tragitto, aspettando che fosse lei a parlarmi o che comunque si calmasse da sola, cosa che non successe e che mi portò, una volta giunti davanti alle nostre camere, a bloccarla con la forza per cercare di farla parlare e di tranquillizzarla in qualche modo.
Una cosa era certa: mai e poi mai mi sarei aspettato che mi baciasse, anche perché il suo comportamento mi aveva fatto pensare che lei non provasse alcun tipo di attrazione nei miei confronti. Fatto sta che quando quelle labbra che tanto avevo desiderato di poter baciare sfiorarono le mie, immediatamente non mi preoccupai più di nulla, neanche delle conseguenze che quel suo gesto avventato avrebbero portato: semplicemente, dopo averla guardata negli occhi, avevo accettato di farla mia almeno per una notte, pur consapevole del fatto che il giorno seguente sarebbe tornata tra le braccia di Zayn.
E si, a distanza di tempo potevo dire con certezza che quella fu una delle notti più belle della mia vita. Ciò che avevo provato sentendo le sue mani ed i suoi baci sul mio corpo, il suo respiro accelerato e i suoi gemiti contro le mie labbra, non l'avevo mai provato prima e non lo provai nemmeno quando, in seguito, uscii con altre ragazze.
Ma non gliel'avrei mai potuto confessare, non in quel momento: lei stava con Zayn e sapevo che già si sentiva profondamente in colpa per ciò che era successo. Per questo motivo pensai che la cosa migliore da fare fosse dirle che per me non aveva significato niente, che era stato solo sesso e che avrebbe dovuto continuare a stare con Zayn, anche perché sapevo che non sarei riuscito ad essere il suo ragazzo ideale e a renderla felice.
Mi avvicinai ancora di più a lei, come se ripensando a quei momenti mi fossi improvvisamente reso conto di quanto fossi stato stupido a credere che per me lei non fosse poi così importante, che ci avrei potuto rinunciare: le poggiai una mano sul fianco e avvicinai il mio corpo al suo, abbracciandola e sentendo il suo respiro caldo sfiorare il mio petto.
Sospirai mentre l'ennesimo flash-back della serata arrivava repentino nella mia mente, senza che facessi il minimo sforzo per ricordare.
Vigilia di Natale. Festa di Louis. Anzi, meglio: la sera in cui Eveline lasciò Zayn.
Quella notte, appena lasciai casa di Louis con una scusa, sapevo perfettamente dove l'avrei trovata, non ebbi neanche bisogno di cercarla: era lì, al prato, proprio dove io l'avevo portata poco meno di un mese prima. Credevo che l'avrei trovata in lacrime, che mi avrebbe mandato via dicendo di voler stare da sola, invece era solo più triste del solito. La cosa che più mi fece piacere fu che lasciò che fossi io a farle ritornare il sorriso, raccontandole cose che altrimenti mai avrei detto a nessuno. Infondo era anche questo che mi piaceva di lei, ovvero che riuscisse a tirar fuori la parte migliore di me, che con lei ero me stesso, senza dovermi preoccupare di fare o dire qualcosa di sbagliato. Non sempre era stato così, questo è ovvio, ma quella notte non ci pensai due volte a mettermi in ridicolo solo per farla ridere o a stringerla al mio petto quando cominciò ad avere freddo.
E forse, pensandoci, fu a quel punto che incominciai a capire che mi stavo innamorando di lei, sebbene non volessi ammetterlo neanche a me stesso. Mi era difficile accettare il fatto che lei occupasse i miei pensieri ad ogni ora del giorno, che mi preoccupassi per lei più di quanto avessi mai fatto persino per me stesso, che avrei dato di tutto pur di vederla sorridere o che ogni scusa fosse buona per poter stare anche pochi minuti con lei; non mi era mai capitato di sentirmi così legato ad una ragazza, di volere per lei sempre il meglio.
Fu probabilmente anche perché per me tutto ciò era nuovo che nella casa in montagna mi ero comportato da vero e proprio coglione. La sera in cui lei incontrò quel tipo, Alex, sentii come il bisogno di provare a me stesso che quella morsa che mi aveva stretto lo stomaco quando l'avevo vista con lui non era gelosia, non era dovuta al fatto che tutto ciò che volevo era essere al suo posto: quella sera volevo autoconvincermi che quel bisogno lacerante che mi tormentava ormai da tempo era solo voglia di portarmela a letto ancora una volta.
Dovevo ringraziarla con tutto me stesso per avermi respinto quella notte, per avermi fatto ricevere il colpo di cui avevo bisogno per rendermi conto di quanto mi stessi comportando da idiota, non solo con lei, ma anche con me stesso: continuare a trovare scuse, a raccontarmi bugie... che senso aveva?
L'unica cosa che mi tirava su il morale in quei momenti era la consapevolezza che pian piano cresceva dentro di me che Eveline non si trovasse in una situazione poi tanto diversa dalla mia. Ne ebbi la conferma quando si presentò nella mia camera con la scusa di volere un parere sulla lingerie che avrebbe mostrato ad Alex il giorno seguente, anche se sapevo fin dall'inizio che non l'avrebbe mai fatto. Ricordando quella notte non riuscii a non sorridere: vedere Eveline così, impacciata ma forse per questo ancora più sexy di qualunque ragazza avessi mai visto, mi fece solo desiderare che fosse mia e soltanto mia, così da poter scoprire pian piano tutti i vari aspetti dalla sua personalità, esattamente come stavo facendo ora che eravamo finalmente insieme.
Sentii le sue gambe muoversi da sotto le coperte, infilandosi delicatamente tra le mie mentre si sistemava meglio contro il mio petto; la lasciai fare e tirai più su il piumone pesante, coprendole la spalla che si era scoperta mentre si muoveva.
Vederla dormire tra le mie braccia era qualcosa che mi aveva sempre affascinato terribilmente. L'avevo fatto la prima volta la notte ad Oxford, quando lei si addormentò molto prima di me, e già allora avevo pensato che sarebbe stato difficile trovare un'immagine più angelica e pacifica anche se ci avessi provato. L'avevo fatto più volte dopo la prima, ma una mattina che mi era chiaramente rimasta impressa e che mai avrei dimenticato fu quella che seguì la notte in montagna in cui decisi di raccogliere il coraggio a due mani e chiederle di darmi la possibilità di dimostrarle - a lei come anche a me stesso - che non avevo intenzione di rinunciare a lei senza nemmeno provare ad essere tutto ciò di cui lei aveva bisogno.
E ancora ora ringraziavo il cielo per aver avuto la forza necessaria per andarle a parlare quella notte, perché i momenti che avevo vissuto da quel momento in poi erano probabilmente i più belli di tutta la mia vita fino ad allora. Avere finalmente la possibilità di poterle parlare, di poterla baciare, di poterla chiamare quando volevo, senza dover per forza trovare una scusa, mi dava una sensazione di libertà e serenità infinita; vederla sorridere grazie a me, sapere di essere nei suoi pensieri tanto almeno quanto lei era nei miei, sentirle pronunciare quelle semplici paroline mentre mi confessava di amarmi, mi rendeva probabilmente la persona più felice dell'intero pianeta.
Lei si mosse leggermente e, come se si fosse resa conto che ero lì accanto a lei, allungò una mano sul mio fianco per stringermi a sé: sorrisi per questi suoi gesti istintivi e le diedi un leggero bacio sulla fronte, stando attento a non svegliarla.
«Cosa mi hai fatto, Eve?» sussurrai, pur sapendo che lei non mi avrebbe sentito.
Mi aveva rivoluzionato la vita. Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovato ad abbracciare una ragazza e ad osservarla in adorazione mentre dormiva, di pensare cose sdolcinate sul suo conto e di sorridere mentre ricordavo tutti i momenti passati insieme a lei.
«Infondo lo sapevo. - sussurrai, a voce ancora più bassa - Lo sapevo dal momento in cui ti ho vista che avresti significato qualcosa per me. Non sapevo quanto saresti diventata importante e tanto meno immaginavo che sarei arrivato ad innamorarmi di te, ma lo sapevo. - premetti le labbra l'una contro l'altra quando mi resi conto di ciò che avevo appena confessato ad alta voce - Già, sono innamorato di te, e non hai idea di quanto mi senta codardo per non riuscire a dirtelo apertamente. Tu sei sempre stata sincera con me, non hai mai provato a nascondermi ciò che provavi, nemmeno quando mi odiavi con tutta te stessa. - sorrisi mentre ripensavo a quei momenti, che ormai sembravano lontani anni luce - E infondo avevi ragione ad odiarmi, in passato mi sono comportato da vero coglione. Il fatto è che non ho mai pensato che si potesse stare bene avendo una sola persona accanto, che questa persona potesse diventare così importante da non farti sentire il bisogno di nessun altro. - chiusi gli occhi e avvolsi il suo bacino con un braccio, stringendola ancora di più al mio petto - Solo dopo averti incontrata ho capito cosa vuol dire amare una persona, arrivare a fare di tutto pur di vederla sorridere o di poter passare anche solo dieci minuti insieme a lei, perché quei dieci minuti saranno i più belli dell'intera giornata. - m'interruppi nel momento in cui lei si mosse ancora, e solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi stupido a parlarle quando non poteva sentirmi; tuttavia, nel momento in cui posizionò la testa nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla ed emise quel sospiro profondo che mi fece capire che stava di nuovo dormendo profondamente, continuai comunque - E mi dispiace, Eve. Mi dispiace per tutto quello che stai passando anche a causa mia. So quanto ci tieni a Louis e, credimi, farò di tutto per farlo capire anche a lui, anche se sono convinto che lo sappia già. Ti vuole un bene immenso e vedrai che prima o poi capirà e ti perdonerà, anzi, ci perdonerà. Stessa cosa vale per Zayn. Ci parlerò io, se necessario, e gli spiegherò ancora una volta come sono andate le cose. - portai una mano alla bocca per contenere uno sbadiglio, segno che il sonno si stesse ormai impossessando anche di me - Vedrai che risolveremo tutto e potremo stare insieme senza più drammi, senza più alcun problema. Ti amo, e ti prometto che riuscirò a dirtelo anche quando sarai sveglia e potrai sentirmi. - le diedi un bacio tra i capelli e allungai una mano per spegnere l'abat-jour, sistemandomi poi per poter dormire - Buonanotte, amore mio.»
  
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