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Autore: Giulls    25/01/2014    7 recensioni
«Le regole sono semplici: avrete a disposizione tre minuti per ogni ragazzo. Non appena sentirete la campanella il vostro incontro terminerà e voi avrete la possibilità di inserire sulla vostra scheda di gradimento “sì” o “no” accanto al numero della persona appena conosciuta. Al termine della serata raccoglieremo le schede e verificheremo gli incroci di gradimento. Se l'incontro risulterà positivo da entrambe le parti invieremo entro 48 ore i rispettivi dati personali. Questo è tutto, vi auguro una buona serata e un buon divertimento»
...
Edward Cullen è un pediatra dell'ospedale di Seattle e ritiene stupidi gli speed dating. Isabella Swan è una fotografa freelance e lei li odia sul serio. Eppure è lì che si incontreranno. Cosa accadrà tra i due?
Mini-ff, OOC, AU
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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3) La visione di Alice


In genere camminare sotto la pioggia è una cosa che mi rilassa, così come stare in mezzo alle persone. In questo momento, invece, pagherei oro per avere un ombrello con me e quando prima il reverendo Weber mi ha salutata gli ho praticamente abbaiato contro.
Cosa avevo detto? Sto bene nella mia solitudine?
Balle.
Perché diavolo non ha scritto “sì” accanto al mio numero? Va bene che è il ragazzo più bello del mondo e probabilmente potrebbe trovarsi donne altrettanto belle quanto lui, ma io non sono proprio da buttare! E l'alchimia tra noi c'era, questo è sicuro.
Giuro, non vedo l'ora di entrare nella tavola calda, sedermi al mio solito posto e ingurgitare le mille calorie del mio cheeseburger e patatine. E se qualcuno osa interrompere il mio pranzo lo uccido! E se dovesse essere un uomo lo eviro.
Raggiungo il locale e dalle vetrate noto con gioia che il mio tavolino è libero. Apro la porta e la campanella sopra di essa comincia a suonare. Abbasso il cappuccio e non faccio in tempo a salutare Jessica che questa mi sta guardando e indicando.
«Ecco, è lei!» esclama ad un tizio di fronte a lei.
Lo sconosciuto in questione si volta e mi scontro con due occhi verdi brillanti. Occhi che ho visto una volta sola, ma che riconoscerei dovunque. Ma che diamine…?
«Edward?» lo chiamo estremamente sorpresa e lui mi sorride.
Per un po' nessuno dei due dice più niente, ci limitiamo a fissarci come due cretini al centro della tavola calda. La risata di Jessica mi riporta alla realtà e la saluto.
«Ciao, Jess, come va? Quando vedi i tuoi genitori puoi dire loro di venire a prendere le foto» le dico cercando di risultare il più normale possibile.
«Certo. Solito tavolo?» domanda e annuisco prima di tornare a guardare Edward, che non ha fatto altro che tenere lo sguardo puntato su di me.
«Ti va di farmi compagnia per pranzo?» gli chiedo speranzosa.
Che fine ha fatto la Bella incazzosa di pochi secondi fa?
«Molto volentieri» risponde e andiamo a sederci.
Jessica ci porge il menù e prima di andare via mi lancia uno sguardo della serie “prima di andare via mi devi raccontare tutto”. Che persona impicciona.
Siamo soli, ma nessuno dei due è intenzionato a parlare per primo: io ho un sacco di cose da chiedergli, ma sono così sorpresa di averlo qui davanti ai miei occhi da essere quasi certa di star sognando. Mi do un pizzicotto, ma doso male la forza e mi faccio più male del previsto. Faccio una piccola smorfia di dolore.
«Va tutto bene?» mi chiede aggrottando le sopracciglia.
«S-sì, tutto benissimo» rispondo fingendomi calma.
Fantastico, ora penserà che sono pazza.
Il silenzio scende di nuovo su di noi. È decisamente imbarazzante.
Mi schiarisco la gola e mi umetto le labbra.
«Allora…» parliamo contemporaneamente.
«Prima tu» lo incito e lui sorride.
«Questa città è piccola, ma ho temuto di non riuscire a trovarti» ammette imbarazzato.
«Tu… volevi rivedermi?» gli chiedo sbigottita.
«Sì, certo. Ho passato giusto tre minuti con te che mi hanno decisamente risollevato la serata e anche se ci eravamo salutati con l'intento di non vederci più, ho pensato che magari se ti avessi incontrata per caso un caffè me lo avresti concesso. Sai come si dice: il primo incontro è per caso, il secondo è destino…»
Sto sorridendo come una scema, me ne rendo conto da sola e sono certa che l'abbia notato sia Edward che Jessica, che è tornata per chiedere le nostre ordinazioni e mi sta lanciando degli sguardi divertiti.
«Io prendo il solito, Jess» le dico dopo essermi schiarita la voce e la guardo senza voltarmi verso il mio accompagnatore.
«Cheeseburger con patatine e una cola» replica lui consegnandole i menù.
«Due soliti, strano» commenta lei sghignazzando prima di lasciarci soli.
Perché deve prendermi in giro in questo modo? Prima o poi la ucciderò.
Tra di noi scende di nuovo il silenzio. È incredibile come entrambi vogliamo dire qualcosa, ma nessuno dei due ha le palle per farlo. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, all'adolescente imbranata che ero. Ci portano l'acqua e ringrazio con un sorriso. Edward me ne versa un po' nel bicchiere e poi fa lo stesso con il suo.
«Perché volevi rivedermi?» gli domando ad un certo punto.
«Perché con te sono stato davvero bene, sei una persona simpatica e anche molto carina»
«E allora perché hai messo “no” accanto al mio numero?»
«Perché sei stata chiara fin da subito,» replica, «perché hai detto che non avresti mai scritto un “sì”, perché tu stessa hai detto che lo speed dating è una cosa stupida,» arriccia le labbra e assottiglia lo sguardo, «ma tu come fai a sapere che ho messo “no”?» mi chiede.
«Perché io accanto al tuo numero ho scritto “sì”»
«Che cosa?» sussurro.
«L'altra sera, accanto al tuo numero sulla scheda… io avevo scritto “sì”» ripeto alzando un po' più la voce.
Sgrana gli occhi e serra le labbra.
Dio, mi sento così cretina!
«Sono un imbecille,» dice passandosi una mano tra i capelli, «un completo imbecille! Mi bastava solamente seguire l'istinto anziché cercare di ragionare e cercare di entrare nella mente di una donna come spesso mia sorella Rosalie mi ha consigliato di fare. Mi bastava solamente scrivere un dannato “sì” e mi sarei risparmiato tutto questo tempo di ricerca… sono stato uno stupido!» esclama e sorrido intenerita, «Di te sapevo solo il nome e che eri di Forks. Sono stato per tre giorni a cercarti su google, ma senza risultato…»
«Mi hai googlata?» lo interrompo divertita.
«Sì. Ho aspettato di avere la giornata libera al lavoro per venirti a cercare. Poi mi sono fermato qui per mangiare e chiedere direttamente di te e… ti ho trovata»
«Sono felice che tu l'abbia fatto» rispondo senza pensare e arrossisco non appena mi rendo conto di cosa ho detto.
Il suo sorriso si amplia e tra un boccone e l'altro sciogliamo completamente il ghiaccio e approfondiamo la nostra conoscenza: è più grande di me di tre anni, ne ha 28, e dopo essersi laureato col massimo dei voti alla facoltà di medicina di Yale ha cominciato a lavorare nello stesso ospedale dove suo padre è il primario. È un pediatra, condivide l'appartamento col suo migliore amico e quasi cognato Emmett ed è allergico al pelo dei gatti. Restiamo a chiacchierare fino alle tre del pomeriggio, orario in cui sono costretta a tornare a lavorare.
«Edward, devi tornare a Seattle ora?» gli domando una volta fuori dalla tavola calda, dopo averlo ringraziato per avermi offerto il pranzo.
«A dire il vero speravo di restare e offrirti anche la cena» risponde sorridendo e lo imito.
«Non ho impegni per questa sera, mi piacerebbe molto,» replico e mi mordo il labbro inferiore, «solo che io ora devo tornare a lavorare… se non hai niente da fare ti va di venire a farmi compagnia?»
Sorride entusiasta e accetto il passaggio, seppur per pochi metri, fino al mio studio.
«È tuo quello?» domanda indicando il mio pick-up con una smorfia.
«Bada a quello che dici!» esclamo assottigliando lo sguardo, «Quello lo guido da quando ho sedici anni e non mi ha mai abbandonato»
Edward alza le mani e si mette a ridere.
«Ehi, non volevo mica offenderlo! Sono solo preoccupato del fatto che non sia… sicuro»
«Beh, lo è,» replico leggermente indispettita, «e non ho intenzione di separarmene finché non esalerà il suo ultimo respiro»
Apro la porta dello studio e lo invito ad entrare.
«È molto accogliente qui, mi piace» mi dice sorridendo.
«Grazie,» rispondo, «volevo evitare che avesse lo stesso stampo degli altri studi dei fotografi, volevo che fosse più… mio» spiego imbarazzata.
Gli faccio appoggiare il suo giubbotto – cosa che, molto galantemente, fa anche col mio – sull'appendiabiti e nota il mio muro di fotografie.
«Questi due non sono i ragazzi del ristorante?» domanda indicando la foto dove abbraccio Seth e quella dove sono accanto a Jacob.
«Sì, sono loro,» spiego, «ci conosciamo da quando siamo bambini e Seth, questo qui», dico indicandolo, «è quasi il mio fratellastro»
«Che vuol dire?»
«I nostri genitori si frequentano»
«Per questo te ne sei andata via da Forks?»
«Te ne ricordi ancora?» domando sbigottita e lui annuisce.
«Quella sera, prima che Jacob ci interrompesse, volevo chiederti dove eri stata prima di tornare qui»
«Oh. A Jacksonville, in Arizona. Mia madre si è risposata con un giocatore di baseball, Phil»
«Te ne sei andata perché non ti trovavi bene con lui?»
«No, affatto. Phil è un tipo okay. Sono tornata qui perché lui era spesso in trasferta con la squadra e anche se Renée non lo dava a vedere quando restava a casa con me stava male per la lontananza, così ho deciso di tornare qui a Forks da mio padre»
«Charlie Swan, giusto?»
«Come lo sai?» chiedo curiosa, dopotutto io non gliene ho parlato, «ti prego, non dirmi che è su Google!» esclamo e lui ride.
«A dire il vero l'ho incontrato prima. Un tipo molto simpatico»
«Che vuol dire che l'hai incontrato?»
«Sì, beh… non sapevo fosse tuo padre. È stata la signora anziana dietro al bancone della tavola calda a dirmelo. E poi Jessica ti ha indicata,» si passa una mano tra i capelli e si umetta le labbra, «ero da poco entrato a Forks e tuo padre mi ha fermato perché stavo avevo superato i limiti di velocità. Ma davvero qui non è possibile andare oltre ai trenta?»
Sgrano gli occhi. Mannaggia a te, papà!
«Evidentemente deve essere andata male la pesca»
«Scusami? Non ti seguo»
«Mio padre è un assiduo pescatore,» gli spiego, «e quando la pesca gli va male… beh, lui tende ad essere molto più… come dire…»
«Incarognito col mondo?» risponde lui interrompendomi.
«Esattamente»
«Ne conosco un altro così: mio padre. Andrebbero d'accordo»
Lo squillo del telefono ci interrompe e mi affretto a rispondere.
«Studio di fotografia, buon pomeriggio»
«Isabella, sono Siobhan»
«Signora Grey, salve»
«Cara, i miei suoceri saranno qui questa sera per cena. Posso passare oggi a ritirare le foto di mio figlio?»
«Assolutamente, per le sette sarà tutto pronto. A più tardi»
Sono nei guai fino al collo.
«Bella, va tutto bene?» mi domanda. Credo abbia notato il mio nervosismo.
«No, affatto!» esclamo e mi passo una mano tra i capelli, «alle sette verrà Siobhan a prendere i CD, l'album fotografico e il poster della comunione del figlio ed io mi ritrovo solo il poster e un CD pronto! Tutto questo perché Tanya Denali ha preteso di avere tutto subito per mandare le sue foto in una agenzia di modelle! Inoltre devo andare a casa di Angela per consegnarle il calendario che ieri mi sono dimenticata di darle quando è venuta a prendere il resto, e…»
Edward mi afferra per le spalle e mi scrolla leggermente. Un innocente tocco da sopra il mio maglione, ma io sto rabbrividendo e andando a fuoco contemporaneamente.
«Bella, fa' dei respiri profondi,» mi dice inspirando ed espirando e lo imito, «se mi dici dove abita Angela posso fare io la consegna»
«Lo faresti sul serio?» gli chiedo con gli occhi a palla e lui annuisce, «No che non puoi farlo! Non posso sfruttarti così»
«Non è sfruttamento, sono io a propormi»
«Ma tu sei venuto fin qui da Seattle, non posso chiedertelo»
«Infatti non lo stai facendo. Sul serio, se posso aiutarti lo faccio con piacere»
Mi mordo il labbro inferiore e inizio a pensare seriamente di accettare la sua offerta. Mi lascio convincere e gli scrivo su un foglietto l'indirizzo della mia amica.
«Questa sera il minimo è offrirti la cena» dico prima che cada via.
«Non ci sperare,» ribatte, «sarebbe da maleducati far pagare una donna e mia madre mi ha sempre insegnato ad essere un cavaliere»
Le mie guance sono sicuramente diventate bordeaux. Lo ringrazio e lo guardo andare via… oh cielo, ha un sedere da urlo! Sembra stia stato scolpito nel marmo da quanto è perfettamente fasciato bene da quei jeans.
Mi alzo di scatto dalla sedia e mi scolo una bottiglietta d'acqua. Devo calmarmi, non riuscirò mai a portare a termine i miei compiti se non smetto di pensare al suo posteriore. Faccio un respiro profondo, chiudo gli occhi e quando li riapro torno davanti al computer e mi rimetto al lavoro. Sono talmente concentrata in quello che sto facendo che mi accorgo a malapena del suo ritorno. Prende una sedia e la posiziona accanto alla mia, si siede e non dice una parola. Lo vedo prendere un book dove ho messo vari scatti di prova per i servizi fotografici e ogni tanto gli scappa un “wow”. Non mi rivolge la parola finché non ho finito.
Mi stiracchio, mi appoggio allo schienale e volto lo sguardo per guardarlo. È bellissimo.
«Ti ringrazio per l'aiuto e mi dispiace di non essere stata di compagnia oggi pomeriggio» gli dico dispiaciuta.
«Non c'è problema,» risponde scuotendo la testa, «sei… wow, i tuoi scatti sono strepitosi. Sei davvero brava, complimenti»
Arrossisco e lo ringrazio.
Siobhan Grey arriva dopo neanche dieci minuti e dopo averle consegnato ciò che mi aveva ordinato chiudo il negozio.
«Edward… ecco, avrei bisogno di farmi una doccia prima di uscire questa sera…»
«Oh, vai pure, non preoccuparti» risponde lui sorridendo.
«Stavo pensando che se ti va potresti venire da me ed aspettare. Mio padre non dovrebbe essere ancora tornato»
Annuisce e gli faccio strada fino a casa mia, lo faccio accomodare sul divano, gli offro una birra e sparisco per mezz'ora per prepararmi.
Ce la metto davvero tutta per fare in fretta, ma quando scendo le scale vedo Charlie sulla soglia di casa e Edward quasi pietrificato sulla porta della cucina.
«Mh… papà, che ci fai qui? Non avresti dovuto finire il turno alle nove questa sera?»
«Sono uscito prima perché Sue mi ha invitato a cena a casa sua nella riserva» risponde senza smettere di fissare Edward.
«Lui è Edward, un mio amico. Stava aspettando che finissi di prepararmi per andare a mangiare qualcosa assieme»
«Capo Swan, è un piacere conoscerla in circostanze più piacevoli. Sono Edward Cullen» si presenta porgendogli la mano.
Papà ricambia, ma lo guarda con un sopracciglio inarcato.
«Tu sei il ragazzo che oggi ha infranto i limiti di velocità. E vuoi portare mia figlia in macchina? Puoi anche scordartelo»
«Papà!» lo riprendo.
«Bells, potreste fare un incidente! Io ci tengo alla tua vita»
«Capo Swan, le assicuro che se avessi saputo dei limiti non li avrei mai infranti. Sono sempre stato un automobilista prudente, mai fatto un incidente o preso qualche multa… fino ad oggi»
«A proposito della multa, papà… non ti sembra un po' troppo eccessivo? Nemmeno tu fai i trenta, e sei un poliziotto!»
«Tu pensa al tuo lavoro, che io penso al mio,» borbotta arrossendo, «e tu, ragazzo, riportala a casa per le undici e mezza. Anche se non passerò la notte qui ti assicuro che alle ventitré e trenta precise telefonerò per sapere se mia figlia è rincasata. Sono un poliziotto, sta' pur sicuro che lo farò»
«Ho venticinque anni, papà, penso di poter scegliere io quando rincasare»
«Non finché sei sotto il mio tetto»
Alzo gli occhi al cielo, afferro i nostri giubbotti e spingo Edward per farlo uscire di casa.
«Sì, papà. Certo, papà. Buona serata e salutami Sue!»
Mi chiudo la porta alle spalle e marcio spedita verso la macchina. Da galantuomo Edward mi apre la portiera e mi fa accomodare. Mentre si accinge ad entrare anche lui, Charlie apre la porta di casa.
«Undici e mezza, ragazzo, e tieni le mani a posto! Ho una pistola e non ho paura di usarla» lo minaccia e mi porto una mano sugli occhi.
Mette in moto e ci allontaniamo da casa.
«Ti chiedo scusa per la scenata di mio padre» gli dico dopo aver emesso un lungo sospiro.
«Non c'è problema,» rispondo guardandomi e sorridendo, «solo… non credo di essergli molto simpatico»
«No, per questo non ti preoccupare. Con il mio ex ragazzo del liceo non appena gliel'ho presentato ha impugnato il fucile,» racconto e lo vedo sgranare gli occhi, «non esco molto spesso con i ragazzi e non glieli presento perché tende a dare un po' di matto… e ora ne hai la prova anche tu»
«Posso capirlo, probabilmente reagirei anche io così con mia figlia,» dice, «specie se esce con il ragazzo a cui ho fatto la multa poche ore prima»
Sospiro.
«Mi dispiace per la multa. Lo convincerò a non fartela pagare»
«Non preoccuparti, sono solo pochi dollari. E ha ragione, se c'è un limite deve essere rispettato, anche se è tremendamente esagerato,» ride e poi si umetta le labbra con la lingua, costringendomi così a pensare che vorrei essere io quella lingua, «il tuo ex ragazzo è ancora vivo?»
«Oh, sì. Vivo e vegeto» confermo annuendo.
Edward emette un sospiro di sollievo e io rido.
Raggiungiamo Port Angeles e parcheggia di fronte al ristorante La Bella Italia.
«Spero ti piaccia la cucina italiana» mi dice mentre mi tiene aperta la portiera per farmi scendere.
«Da morire» affermo sorridendogli.
Entriamo dentro al ristorante e veniamo accolti da una cameriera di nome Lucy. Il nostro tavolo è più appartato rispetto agli altri, chissà se è una cosa voluta. Il mio accompagnatore mi sposta la sedia e mi fa accomodare, poi si siede di fronte a me.
La cameriera ci serve un aperitivo e ci porge i menu.
«Sai, ho sentito dire che i ravioli ai funghi qui sono ottimi» dice Edward mentre guardiamo cosa prendere.
«Io li adoro!» esclamo, «Li proverò. Tu invece cosa…?»
«Bella!» una voce poco distante da me mi chiama e mi volto. È Alice.
«Alice, ciao! Come mai qui?»
«Sono uscita con Jasper» risponde lei indicando il suo accompagnatore.
«Ciao, di nuovo, Bella,» mi saluta lui sorridendomi, «ehi, Ed»
«Ciao, Jazz»
«Alice, lui è Edward, il cugino di Jasper»
A questa frase la mia amica mi guarda scioccata per un attimo, poi si riprende e gli stringe la mano.
«Edward, sono così contenta di conoscerti!» esclama entusiasta, poi si volta a guardarmi e i suoi occhi non promettono nulla di buono, «Beh, visto che siamo tutti qui, perché non ceniamo insieme?»
Sgrano gli occhi. È per caso impazzita? Edward mi guarda senza dire nulla, credo che voglia che sia io a decidere.
«Ali, non credo sia il caso. Perché non rimandiamo a un'altra volta?»
«Perché no? Tanto ci siamo presentati tutti. Sarà divertente!»
Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni di amicizia con Alice Brandon è che non è il tipo di persona che si fa dire “no” facilmente. Anzi, non credo nemmeno esista nel suo vocabolario.
«O-okay» pigolo e lancio uno sguardo carico di scuse a Edward.
Ci spostiamo in un tavolo più grande e pochi secondi dopo anche la mia migliore amica e Jasper ricevono l'aperitivo e i menu.
«Ed, che ci fai qui a Port Angeles?» gli domanda suo cugino.
«Oggi avevo la giornata libera, così sono venuto a trovare Bella»
«Sei stato a Forks?» si intromette Alice.
«Sì»
«Partendo da Seattle?»
«Esatto»
«E perché hai…»
«Oh mio Dio, dovete assaggiare questo aperitivo! È la fine del mondo» la interrompo e mollo un calcio da sotto il tavolo alla mia amica. Fa un salto sulla sedia e ricambia anche lei il gesto, ma anziché colpire me, colpisce Edward.
«Ahia! Alice, perché mi hai dato un calcio?» le chiede.
«Uhm, io…» la diretta interessata si guarda intorno in cerca di una scusa plausibile.
«Alice soffre di spasmi muscolari,» cerco di salvarla, «molto frequenti»
«Spasmi muscolari?» ripete Edward.
«Sì, sai… sono come i tic, no?» rispondo, «Ogni tanto le prendono e fa davvero fatica a fermarsi. È successo la prima volta da bambina, quando eravamo a scuola. Durante l'intervallo ad un certo punto ha cominciato a straparlare e a fare strani tic nervosi e da quel momento nessuno l'ha più fermata,» continuo a propinare la mia balla solo per salvarla e proprio quando sto finendo la mia arringa mi molla un calcio e la mia voce esce come uno squittio, «ahia, Alice!» esclamo.
«Scusa, spasmo muscolare involontario» replica facendo una smorfia.
Sia Edward che Jasper fanno fatica a trattenere le risate. L'arrivo della cameriera con le nostre ordinazioni ci distoglie dal nostro battibecco.
La serata trascorre tranquilla e devo ammettere che mi sto divertendo un sacco. Alice e Jasper sono davvero carini insieme e mi sembrano moltissimo in sintonia. Finito di mangiare gli uomini pagano per noi e quando usciamo dal ristorante le nostre strade si dividono: Alice e Jasper vanno al cinema, mentre Edward ed io optiamo per una passeggiata lungo il molo. Ci mangiamo un gelato e parliamo. Sto davvero bene in sua compagnia e nonostante l'imbarazzo che ho provato oggi alla tavola calda è così naturale parlare con lui. Una folata di vento mi fa rabbrividire e se ne accorge, fa per togliersi la giacca ma glielo impedisco.
«Ti ammalerai»
«Ma hai freddo» puntualizza.
«Sono comunque più abituata di te a questo clima»
Alza gli occhi al cielo e appoggia il braccio sulle mie spalle.
«Lascia almeno che ti scaldi un po'» dice e arrossisco.
Solo una pazza non glielo lascerebbe fare.
Lo abbraccio a mia volta e riprendiamo a camminare. È quasi mezzanotte e Charlie mi ha riempita di chiamate, che ho appositamente ignorato. Solo quando Edward si è allontanato per andare in bagno gli ho scritto un messaggio molto telegrafico. 'Sto bene, sono ancora in giro. Smettila con queste telefonate e salutami Sue. Sono grande abbastanza per non avere più un coprifuoco…'
All'ennesimo messaggio di Charlie alzo gli occhi al cielo.
«Va tutto bene?» mi chiede Edward con premura.
«Sì, è soltanto mio padre»
«Dovresti rispondere»
Prendo il cellulare dalla borsa e alzo gli occhi al cielo.
«Sempre il solito» borbotto.
«C'è qualche problema?»
«Mi ha messo in punizione,» gli dico e scoppia a ridere, «credo sia ufficialmente impazzito»
«Vuoi che ti riaccompagni a casa?»
«NO!» esclamo con foga, «A meno che tu non sia stanco. Devi tornare a Forks solo per riaccompagnarmi e poi metterti in macchina fino a Seattle»
«Resto in giro molto volentieri» mi rassicura e sorrido.
«Sì, anche io»
Rimette il braccio sulle mie spalle e riprendiamo a camminare. Mi racconta della sua vita, del suo lavoro e posso constatare che adora stare a contatto con i bambini, quando parla di loro gli brillano gli occhi. Ogni minuto che passiamo insieme mi piace sempre di più.
Sono le due del mattino quando mi riaccompagna a casa.
«Eccoci qui,» dice, «tuo padre mi sparerà»
«Non lo farà, è tutto fumo e niente arrosto,» lo rassicuro, «mi dispiace che tu ora debba andare fino a Seattle, è un viaggio molto lungo»
«A me no. Ne è valsa la pena, credimi»
Esce dalla macchina per aprirmi la portiera e mi accompagna fino alla porta di casa.
«Grazie per la bella serata, sono stata benissimo»
«Anche io,» conferma, «spero in un secondo appuntamento, prima o poi»
«Mi piacerebbe molto,» rispondo arrossendo, «magari questa volta potrei venire io»
«Lo escludo,» dice. Faccio finta di niente, ma ci resto male per la sua risposta. Si vergogna a girare per Seattle con me? Non è che per caso ha una fidanzata o una moglie ed io sono una specie di scappatella dalla routine quotidiana? «Non ti lascerei mai guidare fino a Seattle. Temo che il tuo pick-up non possa reggere il colpo,» mi prende in giro e gli tiro una pacca sul braccio, «però potrei sempre venire a prenderti, portarti a Seattle e poi riportarti a Forks»
«Sei pazzo? Faresti un sacco di chilometri inutili»
«Non sono tanto inutili se ho la possibilità di trascorrerli in tua compagnia» replica serio.
Sorrido e mi perdo nei suoi occhi.
«Ti… ti va di entrare?» gli propongo.
Appoggia la mano sul mio fianco e me lo massaggia.
«Solo se è quello che vuoi davvero»
Io non sono quel tipo di ragazza che ha voglia di baciare un uomo solo un minuto e mezzo dopo averlo conosciuto, che pensa a lui costantemente per tre giorni e che lo invita ad entrare in casa sua.
Ma è quello che voglio?
Senza ombra di dubbio.
Afferro i lembi del suo giubbotto e lo attiro a me. Il bacio che ci scambiamo è dolce, inizia con un semplice sfioramento di labbra, ma pian piano diventa sempre più passionale. Porto le mani dietro al suo collo per accarezzargli i capelli e lui mi stringe a sé.
«De-devo aprire la porta» balbetto dopo esserci separati in cerca di fiato.
«Devo chiudere la macchina…?»
Non ho capito se la sua sia una domanda o un'affermazione, ma questo non mi impedisce di attaccarmi di nuovo alla sua bocca. Apro la porta di casa e lo trascino dentro con me. Mi prende in braccio e tra una strusciata e l'altra e uno scontro tra un muro e l'altro gli do le direttive per la mia camera, dove passiamo gran parte della nottata ad amarci. Sono quasi le sei del mattino quando sento Edward alzarsi dal letto.
«Dove vai?» gli domando con la voce impastata.
«Ehi, piccola,» risponde lui sorridendomi, «non volevo svegliarti. Devo tornare a Seattle»
«Devi andare a lavorare?»
«Ho il turno questa sera»
«E allora resta»
«Tu devi riposarti. Non devi lavorare?»
«No, oggi è il mio giorno libero»
«Ma…»
«Ti prego,» lo imploro, «resta»
Non so cosa abbia letto nel mio sguardo, ma si convince e torna a stendersi accanto a me. Mi abbraccia e da un bacio sul collo.
«Allora dormiamo un altro po'»
Intrecciamo le nostre mani e torniamo nel mondo dei sogni. Non so lui, ma per quanto mi riguarda il protagonista sarà sicuramente il bellissimo uomo che mi sta accanto.



Angolo autrice

Buon sabato a tutte :)
Avete passato una buona settimana?
Per prima cosa, voglio spiegare il titolo del capitolo (per chi non l'avesse capito): nel capitolo precedente Alice parla di una cena a quattro con la sua migliore amica e i due ragazzi e siccome li ho fatti incontrare sul serio, da qui il capitolo.
Allora, che ne pensate del capitolo? Siete contente che Edward sia andato a Forks per cercarla? Oppure speravate in Alice e Jasper per farli incontrare di nuovo? E per quanto riguarda Charlie? Personalmente mi sono divertita un sacco a scrivere di lui e lo stesso vale per la scena al ristorante.
Comunque, io sto straparlando quando invece dovrei studiare per l'esame di martedì… la letteratura inglese non si studia da sola! Auguratemi buona fortuna ç_ç
Come sempre ci tengo a ringraziarvi per le vostre magnifiche recensioni, siete fantastiche!
A sabato prossimo!

Giulls


I personaggi sono di proprietà di Stephanie Meyer, scrivo senza scopo di lucro e ogni riferimento a persone e situazioni è puramente casuale e frutto della mia fantasia.

   
 
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