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Autore: BlueWhatsername    25/01/2014    8 recensioni
" Che intendi? " le chiese poi, sollevando nuovamente il viso e sorridendole.
" Quando senti che hai troppo sentimento in te e non sai come gestirlo. Come si chiama amare così? "
Zayn parve rifletterci un istante, prima che si abbassasse ancora ad accarezzarle dolcemente il ventre con le labbra.
" Incondizionatamente. Ecco come si chiama. "
**
Hope you like it :)
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa cosa non mi piace manco un po',
ma ormai era scritta e l'ho messa.
Avrei voluto renderla meglio, ma mi ci sono dannata a niente... Sic est.
E niente, mi girano tanto, tantissimo, a elica proprio le palle stasera.
Scusate tanto.
Alla prossima, Blue :)








La luce filtrava poco attraverso le tapparelle semi abbassate.
Il ragazzo avanzò piano, tenendo un vassoio tra le braccia, mentre sosteneva un pacco di biscotti con la bocca. Traballò un poco quando la tazza sul vassoio oscillò lievemente, quasi prendendo in pieno la brocca di latte e anzi, travolgendo il bicchiere mezzo pieno d’acqua con dentro un timido fiore viola. Ringhiò qualcosa tra i denti, ingoiando tutto nella frazione di secondo dopo, quando si rese conto che un rumore poco più accentuato avrebbe potuto rovinare i suoi piani.
Sospirò, vedendo che la situazione era sempre la stessa, il pacco di biscotti quasi non gli scivolò di bocca, costringendolo a serrare la mascella così prepotentemente da farsi quasi male. In realtà gli dolevano le braccia e le gambe, ed i muscoli non si erano ancora risvegliati del tutto dal sonno; gli occhi erano pesanti e gonfi – già si vedeva con un bel paio d’occhiaie ad attenderlo in bagno – e gli veniva anche da sbadigliare.
Si trattenne solo per quei biscotti che aveva così coraggiosamente trasportato dalla cucina. Mosse qualche passetto, la luce tiepida della mattina gli attraversò le gambe nude, se non per un paio di pantaloncini da calcetto smessi, solleticandolo piacevolmente. Lentamente, poggiò il vassoio sul comò, assieme ai biscotti. Un sospiro di sollievo lasciò le sue labbra quando si accorse che niente si era ancora (s)mosso, e fu con un sorriso che agguantò il bicchiere con il fiore e lo pose sul comodino di lei, ancora completamente addormentata.
Le lenzuola alla vita, i capelli dolcemente abbandonati su una guancia ed il resto sparsi sul cuscino, mentre il suo viso era leggermente voltato di lato e la sua bocca rossa dischiusa, sospiri lenti e cadenzati l’abbandonavano dolcemente, lasciandole le labbra lucide e poco poco umide – se le sentiva addosso come se gli stessero attaccate alla pelle, accidenti. Lentamente si inginocchiò, per squadrarle il viso da vicino: le guance erano poco più rosa del normale – forse aveva caldo – e il naso lievemente arricciato, magari stava sognando qualcosa che poco le andava a genio? Probabile.
Si trovò a sorridere, mentre si mordicchiava un labbro per non lasciarsi scappare nemmeno un mormorio soffocato. Non voleva rovinare la pace di quel momento, non intendeva affatto turbare l’immagine di lei, tranquilla e deliziosamente sopita.
Il suo sguardo passò lungo il profilo del mento, poi più giù, dove la camicia che indossava per dormire era leggermente aperta – qualche bottone, non di più – e proseguiva invece allacciata fino alla coscia, donandole quell’aria da bambina fin troppo indifesa.
 
“Non ho capito perché usi quella per dormire!”
“Perché è comoda, che domande!”
“Ma io le uso per andare a lavoro, quelle…”
“Ma sono io a stirarle, amore.”
 
Sorrise, al ricordo della discussione della sera prima, quella che poi avveniva ogni volta, quand’era il momento di mettersi nel letto.
Passò con gli occhi lungo la sua guancia rossa, la sfiorò con un dito, prima di scendere e contornarle le labbra. Il respiro bollente che ne usciva lo fece rabbrividire all’istante, ogni muscolo si tese in risposta a quel lieve incitamento. La pelle del collo era liscia, delicatamente bianca e costantemente marchiata di una lieve tonalità rosa scuro, dove lui passava le labbra più spesso e la mordeva giocosamente, “Lo sai che mi viene il livido con poco, la gente penserà che vivo con un…”, e sorrise ancora, pregustando il momento in cui avrebbe avuto ancora modo di zittirla come più piaceva a lui.
Lentamente, aggirò il letto, portandosi dalla sua parte ancora tiepida e stendendosi accanto a lei, così da averla di schiena. Zayn si poggiò su un gomito, sbirciando la sua espressione dormiente e concentrata, pensando che era fenomenale come il su viso apparisse migliore ad ogni angolazione diversa. Si abbassò a sfiorarle una guancia con le labbra, i loro respiri si fusero quel tanto che bastò a confonderlo, la scosse al cervello fu così rapida e intenso da lasciarlo senza fiato.
Abbassò una mano, stringendo una delle sue. La pelle era ghiaccia, tremante. In uno spasmo di terrore pensò che avesse freddo, ma non gli parve quando torno al suo viso, lì dove le sue guance erano ormai arrossate, e scese poi con gli occhi più in basso, per rendersi conto che aveva finalmente scalciato via anche le lenzuola e le gambe nude erano rannicchiate in una posa nemmeno lontanamente comoda.
Con delicatezza si portò le sue dita alla bocca, sfiorandole piano, tentando di imprimere con le labbra quel poco calore che pensava potesse renderle di nuovo le mani bollenti. Baciare le sue dita, goderne in quel modo era sempre un’esperienza nuova e strana.
Era strano, in realtà, stare a guardare una scena simile.
Ma lui lo faceva quasi sempre, quando ne aveva l’occasione, quando il lavoro glielo permetteva e non era costretto ad alzarsi all’alba per prendere quel dannato treno che l’avrebbe portato a qualche ora da casa sua. Da lei.
Ritornare la sera, poi, con gli occhi stanchi e le labbra secche per il freddo, era la gioia che più scaldava il cuore, se lei lo aspettava dietro la porta con un sorriso tiepido e quella sua mania di sistemarsi i capelli lunghi con nervosismo, quasi apprensione, come se pensasse di non essere mai abbastanza, per lui. Darle il bacio che avrebbe riscaldato all’istante entrambi era cosa agognata quanto giusta.
Zayn la fissò ancora, mentre le sue labbra scendevano a lambirle il polso – le maniche della camicia si arrotolarono morbidamente lungo il suo braccio, scoprendo alla vista la pelle chiara, baciata dai tenui raggi del sole. Si perse a contemplarla, disegnò con gli occhi la curva che dal gomito arrivava alla spalla e poi declinava dolcemente lungo la clavicola semiscoperta dal colletto slacciato. Deglutì, mentre si portava poco più vicino a lei, osservandola a distanza così ridotta che con lieve sbattere delle sue lunghe ciglia nere avrebbe potuto sfiorarle la guancia.
Sorrise, quando lei disegnò una smorfia infastidita e poi borbottò qualcosa, muovendosi di lato e finendo quasi di schiena sul materasso. Zayn fece appena in tempo a spostarsi di qualche centimetro prima che lei sollevasse le braccia sopra la testa e proseguisse a mormorare, ancora profondamente addormentata.
Tese l’orecchio, ma senza comprendere un bel niente. Le accarezzò una guancia, scendendo con la mano lungo il collo e poi più giù, disegnando delicatamente il profilo del suo seno e arrivando a sfiorarle il dolce rigonfiamento che ormai conosceva anche troppo bene.
Aprì la sua grande mano, poggiandola delicatamente sulla stoffa della camicia, al di sotto sentiva il ventre teso e gonfio, gli sembrava quasi che la pelle scottasse e gli ustionasse il palmo. Lì sotto c’era lui. O lei. Non si era ancora capito in realtà.
La cosa lo fece sorridere, mentre si sistemava su un gomito, senza staccare gli occhi dal viso di lei e la mano dal suo pancione coperto. All’ultima ecografia, quella decisiva per sapere il sesso del bambino (“E se fosse una bambina?”), la ginecologa aveva fatto una faccia un po’ strana quando in coro le avevano chiesto “Allora?”, per poi guardarsi con un sorriso complice e rapito, quasi stessero entrambi aspettando la notizia che avrebbe cambiato loro la vita.
In effetti, era in quel modo.
E la ginecologa aveva riso, mentre riferiva loro che non era possibile stabilire il sesso del bambino (“E se fosse una bambina?”) perché questo era posizionato in maniera insolita e dunque avrebbero dovuto aspettare altri mesi per saperlo. Per l’esattezza avrebbero dovuto attendere di vederlo di persona per accertarsi di quel particolare all’apparenza tanto insignificante ma che aveva creato discussioni fin dentro la porta di casa.
Zayn sorrise ancora, mentre lentamente slacciava quei tre bottoni della camicia che gli avrebbero permesso di intrufolare la mano al di sotto della stoffa, dopodiché appoggiò la mano bollente direttamente sulla ventre teso di lei. Sentiva la morbidezza della pelle, ma anche il modo in cui questa sembrava dilatata – lo era, in realtà – e, soprattutto, aveva quasi l’impressione di farle male, pure se la sua era una semplice carezza appena accennata. Scacciando la sensazione di disagio e ignorando il cuore volutamente fuori controllo, mosse il palmo, spostandolo dolcemente verso la parte bassa del suo ventre teso.
Trattenne il fiato, mentre sentiva che la mano quasi gli scottava per quel contatto – pregava, in cuor suo, che lei non l’avvertisse, pure se addormentata – e il respiro gli moriva in gola mentre tendeva l’orecchio, quasi pretendesse di sentire quel cosino scalciare tanto forte da farsi sentire a quella distanza. Mosse il viso, sorridendo d’istinto, pure se non aveva sentito niente. Mosse poco le dita, tamburellando dolcemente sulla pelle, quasi volesse esortarlo a muoversi e a dargli un segno di vita.
Perché Zayn sapeva che c’era qualcosa di speciale lì, lo intuiva ogni volta che guardava lei e la vedeva diversa, cambiata in una maniera che non sapeva spiegarsi ma che la rendeva ottomila volte più bella, anche se in un modo tutto nuovo o particolare.
Non c’erano stati cambiamenti sul suo viso, la dolcezza dei suoi occhi era sempre quella, così come la limpidezza che aveva mantenuto nel sorriso o la schiettezza nei discorsi; solita era anche la risata, forse un po’ più piena, ma giusto perché doveva ridere per due.
E anche mangiare per due. E respirare, e sognare e amarlo.
Zayn si sentiva esattamente così, come se da quando lei avesse appreso di essere incinta, avesse intensificato il sentimento che gli aveva dimostrato, rendendolo forte e distruttivo, così potente da lacerarlo da dentro, annientarlo. Se n’era reso conto, in quei mesi, che lei era… Cambiata. Almeno in quel senso.
Come se la sua presenza non le fosse mai bastata, o la sua vicinanza non le paresse mai abbastanza. Lo cercava, lo voleva costantemente. E questo a lui stava più che bene, anzi.
Vederla così attaccata e lui – ma soprattutto felice – lo rendeva la persona più soddisfatta del pianeta. E sapere che quel cosino in lei la rendeva in quello speciale modo, lo faceva sentire… Strano. E felice. E disorientato a tal punto da costringerlo a fermarsi e pensare a dove si trovasse e cosa stesse facendo – e se la stessa facendo bene, di qualunque cosa si fosse trattata.
Zayn si sporse un altro po’, mentre lei si voltava di riflesso, finendo col viso contro il suo collo. Era stata la sua vicinanza a rendere quel movimento involontario, constatò lui, sorridendo, come quando la notte la sentiva muoversi e agitarsi a causa di qualche sogno e gli bastava accarezzarle i capelli per fa sì che lei gli si schiacciasse contro, cercando riparo contro il suo petto. Dormire in quel modo gli piaceva, ragionò, mentre manteneva la mano sul ventre di lei, massaggiandolo piano, quasi per riflesso involontario.
Gli piaceva da morire la sensazione di averla così vicina; gli piaceva avvertire come lei gli si poggiasse contro, infrangendo dolcemente le labbra dischiuse contro il suo petto, come in un bacio dato nel sonno, senza nemmeno tanto pensare; gli piaceva sentire come si sistemasse bene, pure se addormentata, quando avvertiva il pancione urtare – ridacchiò, mordendosi un labbro, maledicendosi per non riuscire a stare mai zitto – tra loro due e gli sembrava come se volesse proteggerlo da chissà cosa. Dal troppo calore dei loro corpi.
Dal troppo amore che entrambi già sentivano verso quel cosino che sembrava farsi attendere così disperatamente quasi da renderli pazzi. E felici.
Schifosamente stupidi quando argomentavano la scelta di un nome plausibile, che piacesse ad entrambi.
Anche poco adolescenti quando bisticciavano per cose inutili, e poi facevano pace il minuto dopo, con la scusa classica del “Rischiamo di spaventare il bambino!”, “E se fosse una bambina?, ribatteva prontamente lei a tono. E almeno si lasciava baciare, il secondo dopo, concedendogli quegli attimi di azzardata passione che con la gravidanza non erano stati più concessi.
Zayn le accarezzò i capelli, avvertendo al tatto come scivolassero facilmente tra le dita, pure se le ciocche erano leggermente aggrovigliate, ma comunque fluide e lucenti, baciate così prepotentemente dal riverbero del sole di prima mattina. Poggiò le labbra contro la sua fronte fredda, imprimendoci un bacio leggero, che scese lungo il profilo del suo naso, fino alle labbra.
E si sentì incredibilmente stupido quando vide che lei lo stava fissando, un sorrisetto appena accennato sulle labbra rosse ed una luce tutta particolare negli occhi. Era la luce che brillava da un po’, quella, spegnerla era impensabile.
Ed andava bene così, dopotutto.
Zayn deglutì, poggiando ugualmente la bocca contro quella di lei. La sentì rimanere immobile, per poi schiudere le labbra in uno schiocco sordo che comunque gli rimbombò fin dentro all’anima. Le incastrò un labbro tra i denti, regalandole un bacio appena accennato, delicatissimo, uno dei quei baci che sapeva l’avrebbero fatta sospirare intensamente, con il suo respiro bollente a mescolarsi al suo, senza sosta.
Solo in quell’istante si rese conto che la sua mano era ancora appoggiata sul ventre di lei, al di sotto della camicia semi-aperta. Fece per spostarla, ma si sentì prendere per un polso, nella chiara intenzione di bloccarlo. Sgranò le palpebre, a vederla così luminosa e sicura, un sorriso ad incresparle gli angoli della bocca. Non resistette e la baciò ancora, sentendola ridacchiare di gusto, mentre gli passava la mano libera lungo la guancia, fino ai capelli, per accarezzarglieli dolcemente.
Non gliel’aveva mai detto, ma adorava quando lo faceva, ed immaginarsela mentre faceva lo stesso con quel cosino, per farlo addormentare o chissà che altro, gli imprimeva nello stomaco una sensazione strana. Così potente da lasciarlo senza fiato per qualche minuto, dirompente, assolutamente bizzarra, ma piacevole. Immaginarla mentre accarezzava qualcun altro come faceva con lui, o vederla mordere la guancia – paffuta, chissà – di un bel bambino – o di una bambina, come teneva sempre a precisare lei – lo faceva sentire… Stranamente soddisfatto, quasi che l’avesse composto di suo mano un quadretto così delizioso. Che poi era così, no?
Lo avevano fatto insieme, quel cosino, un po’ era anche merito suo se un giorno avrebbe visto una scena simile. E non ne vedeva l’ora, sinceramente, perché solo Dio sapeva quanto il suo cuore avrebbe saputo contenere quella felicità che lo devastava a tal punto da renderlo euforico e insopportabile e ciarliero e scapestrato come solo un bambino in attesa del regalo più bello può essere.
E quello era davvero un pacco tutto da scartare.
A poco a poco, ma avrebbero scoperto cosa erano riusciti a fare, insieme.
Se avrebbero visto un bambino con i capelli scuri come i suoi, o magari di quel castano lucido come lei; se avrebbero guardato due occhi neri o uno sguardo poco più chiaro avrebbe ricambiato il loro – uno sguardo come quello di lei, marrone e lucido, chiaro e limpido, di quella tonalità più simile alla resina che alla cioccolata. Se gli fosse piaciuto essere tenuto in braccio o se avesse preferito starsene per conto suo, a giocare nell’angolo con le sue costruzioni e le sue macchinine – “Chi ti dice che non dovrai riempire la sua stanza di bambole, mmh?”. Se avesse preferito guardare i cartoni come tutti, o mettersi a leggere sulla poltrona del salotto, vicino al caminetto accesso d’inverno – o magari sulla veranda, d’estate, con una bella limonata. Già… Limonata o aranciata? Bianco o nero? Capelli lisci o di quel modo strano che aveva lei, attorcigliati una mattina e fluidi quella dopo? Strani, sempre diversi. Un po’ come lei, dopotutto.
E a scuola, avrebbe preferito le materie letterarie o quelle scientifiche? La prima caduta, come sarebbe stata? Avrebbero saputo curarlo – “Chi ti dice che si farà male? Le bambine sanno giocare anche senza farsi male, sai?” – a dovere o l’avrebbero sentito – “Ah, sei testardo! Tua figlia potrebbe offendersi, sai?” – piangere senza fine? Topolino o Paperino? Superman o Batman? “Mai pensato che potrebbe semplicemente essere uno scontro tra Cenerentola o Biancaneve, mmh?”, sì anche quello era da tenere in conto.
Sorrise, a quei pensieri tormentosi, mentre lei ancora lo fissava, mordicchiandosi un labbro.
Gli strinse il polso, per poi rilasciarlo dolcemente; lui non spostò comunque la mano dal suo ventre, accorgendosi poco propenso ad una separazione simile.
<< Non credo tu possa sentire qualcosa così… >> gli sussurrò nell’orecchio, mentre lui gli stuzzicava il collo con la punta del naso; lo sentì sospirare sulla sua pelle, prima che le imprimesse un altro bacio a fior di labbra.
Lo scrutò un secondo negli occhi, tentando di non rimanerci impigliata ed affogare, poi si mosse, mettendosi seduta di colpo sul letto, schiena alla spalliera e gambe distese.
Zayn alzò un sopracciglio, non capendo.
<< Ma che… >>
<< Sssh! >> lo zittì lei, sollevando di poco la camicia e poggiando i piccoli palmi aperti sul ventre gonfio << Vieni qua, coraggio… >>
Zayn rimase immobile, preso in contropiede. Si sentì come un bambino davanti ad una caramella gigante: la voglia di appropriarsene era tanta, ma anche la consapevolezza di non poterne fare a meno era inevitabile. E poi sentì qualcosa di strano affiorare in lui, un qualcosa che nemmeno pensava più possibile, se non a dodici anni – e lui li aveva passati da un bel po’: sentì le guance scottargli impercettibilmente, quasi il riflesso di un’ustione che comunque gli continuava a bruciare sottopelle, in maniera sempre più violenta e selvaggia.
Lei sbatté le palpebre, perplessa, mentre un sorriso dal sapore tutto nuovo le si apriva in viso, folgorandolo della solita bellezza inconsapevole. Ammiccò, squadrandolo fisso.
<< Dai, su… >> mormorò ancora, più dolcemente, tentando di non ridere alla faccia scioccata e – forse – emozionata di lui << … Non sei curioso? >> domandò poi, così piano che si stupì che lui l’avesse sentita.
Zayn sospirò, deglutendo a vuoto, mentre si spostava e le si avvicinava.
La guardò, indeciso.
Lei si massaggiò il ventre, allusiva << Non è difficile, sai? >> lo stuzzicò, ridacchiando quando lui alzò gli occhi al cielo, palesemente divertito.
Zayn prese un bel respiro, abbassandosi con la testa al livello del suo ventre, ma senza toccarlo.
Lei rise, facendolo sussultare.
<< Cosa pretendi di ascoltare, me lo spieghi? Se non ti appoggi… >> e gli pose una mano sulla testa, accarezzandogli delicatamente i capelli ancora scomposti dal sonno.
Zayn sospirò, sentendosi tanto un imbecille.
Lì era lui, il cosino, non quello nel pancione. Poco ma sicuro.
Si fece coraggio, abbassandosi un altro po’; si bloccò solo quando avvertì la guancia premere contro la pelle di lei, ora decisamente più tiepida. Si scoprì a sorridere, soddisfatto che lei non avesse smesso di toccargli i capelli.
Lo faceva sempre quando voleva tranquillizzarlo o fargli smaltire qualche arrabbiatura cocente, e ce la stava facendo anche in quel momento. Represse un sorriso un po’ troppo accentuato, che comunque a lei non sfuggì affatto.
<< Visto? Non mordiamo mica, eh… >>
<< Lui no, tu ho qualche dubbio… >> ridacchiò, beccandosi un leggero scappellotto.
<< Potrebbe essere una lei, sai? E semmai lo fosse le ricorderò che il suo papà aveva detto ciò della mamma! >>
Zayn rise, rimanendo in ascolto, nemmeno stesse attendendo lo scoppio di una bomba.
Fu un secondo, un lampo, prima che un qualcosa gli stuzzicasse il timpano, lì vicino a dove la sua guancia era poggiata. Era stato leggero, ma deciso. Preciso e chiaro.
Era stato un segnale forte, così delicato quanto potente, gli aveva ribaltato il cuore.
Sollevò di scatto la testa, incrociando lo sguardo di lei.
E non si stupì quando si accorse che gli occhi le brillavano, di lacrime o di chissà che sentimento turbolento ma meraviglioso.
<< Hai sentito? >> domandò concitato, sentendo l’elettricità percorrergli le membra da cima a fondo.
Lei annuì, mordendosi un labbro.
Zayn non ci pensò due volte, tornando a poggiare la guancia dov’era prima, mentre teneva i palmi aperti ai lati, come se avesse voluto afferrare quel qualcosa e portarlo chissà dove.
Come se già non fosse in lui, poi.
Sentì una mano di lei cercare la sua e non esitò a stringerla, mentre tendeva ancora l’orecchio, desideroso di avere nuovamente quella scossa al petto che l’aveva quasi stordito qualche secondo prima.
E quando un altro colpetto lo prese alla sprovvista, sibilò, compiaciuto, sentendosi fantasticare come un idiota sul fatto che quel cosino sarebbe stata sicuramente portato per il centrocampo, visto come sgambettava bene.
<< Ehy… >> si lamentò lei, ridacchiando << … La mamma sarebbe più felice se fossero baci e non calci, sai, uragano?! >> chiese, retorica.
Zayn si ritrovò a sorridere, mentre muoveva le mani in modo circolare, guidato da un istinto che nemmeno pensava di possedere ma che invece lo stava riempiendo come un fiume in piena. E inarrestabile.
Era così la forza che avvertiva e che sembrava volerlo dominare a tutti i costi.
Lasciarla fare sembrava la soluzione migliore.
<< Pensavo… >> mormorò lei di punto in bianco, continuando ad accarezzargli i capelli << … Ti è mai capitato di non sapere come amare qualcuno? >>
Zayn sollevò il capo, squadrandola intensamente.
Abbassò il viso, sentendosi bruciare non appena appoggiò le labbra sul ventre di lei, disegnando baci leggerissimi ma così intensi da riuscire a farla sospirare con calcolata enfasi. La sua mano si strinse attorno ai suoi capelli scuri, mentre lo guidava lungo il suo corpo, sentendolo leggero e delicato come sempre, forse anche di più.
<< Che intendi? >> le chiese poi, sollevando nuovamente il viso e sorridendole.
<< Quando senti che hai troppo sentimento in te e non sai come gestirlo. Come si chiama amare così? >>
Zayn parve rifletterci un istante, prima che si abbassasse ancora ad accarezzarle dolcemente il ventre con le labbra.
<< Incondizionatamente. Ecco come si chiama. >>
  
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