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Autore: BecauseOfMusic_    25/01/2014    1 recensioni
Chi l'avrebbe mai detto? Spencer Reid innamorato. Spencer Reid innamorato perso di una nuova collega, che sembra essersi presa a cuore il suo futuro, e si preoccupa molto per lui.
Spencer Reid che perde la testa per una donna che, a quanto pare, ha già un'altro.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice:
ciao a tutti e scusatemi davvero per il terribile, clamoroso ritardo!
Sono dispiaciutissima di non aver aggiornato per così tanto tempo, ma ho avuto molti impegni e sembrava che la storia non interessasse più a nessuno, per un certo periodo avevo pensato di lasciar perdere :(
Ad ogni modo adesso sono tornata con il proseguo della fanfiction e spero che vi piaccia! :)
Ringrazio tutti quelli che seguono e recensiscono, per la loro perseveranza.

Buona lettura :)
BecauseOfMusic_

 

POV MORGAN
Siamo quasi tutti nella stanza che Bronson ci ha messo a disposizione, mancano Jesse e Reid, che sono già andati a raccogliere le deposizioni dei familiari delle vittime.
Cominciamo ad esaminare i fascicoli della polizia in silenzio, e lo squillo del telefono ci fa sobbalzare; Hotch alza la cornetta e mette il vivavoce
“Siamo qui Garcia”
“Allora ragazzi, su una delle vittime erano stati rinvenuti dei capelli e delle piccole scaglie di cuoio capelluto; gli esami di laboratorio hanno appurato che si tratta di DNA maschile”
“Quindi l’aggressore è un uomo?” dico perplesso.
“Quel DNA potrebbe non appartenere all’assassino” obbietta Emily “magari appartiene ad un marito, un fidanzato, un..”
“Amante?” completa Garcia, “No, la polizia scientifica ha già controllato i parenti maschi della ragazza, marito compreso: il campione prelevato dal cadavere non apparteneva a nessuno di loro. Aveva le unghie spezzate, ha cercato di difendersi; il medico legale sperava di trovare qualcosa sotto le sue unghie, ma l’assassino le ha ripulite molto accuratamente.”
“E’ mietcoloso, si accerta di cancellare più tracce possibili dalle vittime prima di liberarsene.”dice Hotch, dando voce ad un pensiero comune.
“Questo è molto strano” esclama Rossi, perplesso “Garcia le vittime hanno avuto rapporti sessuali nelle ore precedenti alla morte?”
“No, il medico legale afferma che non hanno avuto rapporti sessuali nelle ultime dodici ore di vita.” Gli risponde la nostra hacker.
“Francamente” riprende lui “pensavo, vista la crudeltà con cui sono stati commessi gli omicidi, che fosse opera di una donna.”
“E se fossero una squadra?” domando.
“Non credo sia possibile” mi risponde Hotch scuotendo la testa “ se si tratta davvero di due SI allora lavorano separatamente”
“E’ così insolito?” gli chiede Emily.
“Abbastanza da indurmi a pensare che potrebbe esserci un nesso logico dietro questi omicidi che noi ancora non riusciamo a vedere.”
Sospiro, abbandonandomi contro lo schienale della sedia: non riesco ad essere di alcun aiuto in questo momento, la mia testa ha decisamente deviato in zona Jesse.
Oggi era davvero strana: pallida, nervosa, non l’ho mai vista così; potrei capire se fosse un po’ in ansia perché è il primo caso in cui lavora sul campo, ma sembra che ci sia in realtà qualcosa di molto più grave a tormentarla.
Distolgo l’attenzione dalle mie preoccupazioni quando Prentiss mi sfiora delicatamente una spalla: “Allora, hai sentito cos’ha detto Hotch?”
“Come?” le chiedo disorientato.
Lei sorride sotto i baffi. “Dobbiamo andare ad esaminare i luoghi di ritrovamento dei cadaveri.”
Mi alzo quasi istantaneamente: l’idea di uscire da questa centrale grigia e spoglia è piuttosto allettante; Emily ride del mio gesto, aprendomi la porta della sala riunioni con un gesto teatrale.
“Sono state ritrovate tutte nello stesso posto?”
“No” mi risponde “ma i luoghi sono abbastanza vicini tra loro, tanto che ci inducono a pensare che gli SI si muovano in un’area piuttosto ristretta; JJ sta lavorando al profilo geografico.”
“Non è compito di Reid?” le dico perplesso.
“Generalmente si, ma oggi sta parlando con le famiglie delle vittime insieme a Jesse.”
L’idea di Jesse e Reid insieme mentre parlano con le famiglie mi fa stranamente attorcigliare lo stomaco; pesco le chiavi nella tasca della giacca ed apro la portiera della macchina, mentre una voce dentro la mia testa che io mi sforzo di ignorare continua a martellarmi le tempie gridando < geloso, geloso, geloso >
 
POV REID
 “Va bene Jenny, ora puoi andare, grazie della chiacchierata.” Sta dicendo Jesse alla sua amica bionda.
“Cosa?” esclama lei drammatica “Ma io voglio assolutamente entrare con voi a fare le domande!”
“Questo poi è fuori discussione!” ribatte la mia collega.
Siamo davanti ai gradini della casa della prima vittima da più di cinque minuti, ma non siamo ancora riusciti ad entrare a causa di Jenny, che non intende rinunciare ad entrare con noi per chiacchierare con Robert, il marito di Kate.
“Megghy, ti prego, solo un minuto” continua a supplicarla la bionda.
“Ho detto no, e se ti sorprendo a spiare da una qualunque delle finestre come facevi quando eravamo bambine te ne farò pentire.” Anche se ciò che dice è molto serio c’è un bellissimo lampo divertito nei suoi occhi, che rende il loro colore ancora più intenso. < si, dovrei davvero smettere di essere così tanto smielato >
Non mi è mai capitato di vederla così allegra e malinconica in istanti tanto ravvicinati: mentre parla con Jenny sembra felice, spensierata, poi il suo sguardo si posa su una vetrina, sui muri imbrattati di scritte, e la sua mente diventa irraggiungibile; per quanto mi piacerebbe sapere cosa le passa per la testa non penso di potermi permettere di chiederglielo: molto probabilmente risulterei invadente.
Afferro il battente in bronzo, agganciato alla porta di vernice rossa laccata, ma nel mentre l’uscio ruota sui cardini e nel vano compare un uomo dalla carnagione scura, il cranio pelato e solo un accenno di barba nera sul mento, che mi afferra il polso e comincia ad urlare: “Ho già ripetuto più volte che non voglio giornalisti che ronzano intorno a casa mia, chiaro? E se non vi decidete ad andarvene vi giuro che chiamo la polizia!”
Io continuo a fissarlo, ammutolito, mentre mi scuote violentemente il braccio.
Jesse mi è accanto in una manciata di secondi, gli afferra la mano e la stringe facendo pressione sui nervi perché mi lasci andare.
Quando ci allontaniamo di qualche passo lei gli risponde, senza perdere la calma:
“Signor Auden non siamo giornalisti, ma agenti dell’FBI, unità analisi comportamentale; siamo qui per rivolgerle alcune domande sull’omicidio di sua moglie.”
L’uomo sembra calmarsi, almeno esternamente, si scosta e ci invita ad entrare balbettando scuse e tenendo gli occhi bassi. Prima di varcare la soglia Jesse guarda la sua amica e la congeda, fulminandola con un’occhiataccia che significa “vedi di stare alla larga” Jenny rivolge un flebile saluto al padrone di casa e si dilegua in un negozio di abiti nella via accanto.
 
POV JESSE
“Dunque, Signor Auden, scusi i miei modi bruschi, ma lei ha aggredito il mio collega” dico, sorseggiando il caffè che il vedovo ci ha offerto poco dopo averci fatto accomodare in soggiorno.
“Sono io a dovermi scusare, prima di agire in quel modo mi sarei dovuto accertare di chi foste” mi risponde torcendosi le mani.
“La capisco perfettamente, non si preoccupi. Piuttosto dobbiamo rivolgerle alcune domande riguardanti la scomparsa di Kathleene, se in qualunque momento dovesse sentire di non riuscire a proseguire basta che lo dica e ci fermeremo immediatamente.
L’uomo alza gli occhi su di me, e mi risponde sorpreso: “Non ci siamo già visti da qualche parte io e lei?”
“Non penso, signore, io sono del luogo ma non vivo più qui da oltre sette anni…” gli rispondo aggrottando le sopracciglia.
“Ad ogni modo non ci siamo ancora presentati, Signor Auden” dice Spencer, seduto accanto a me “io sono il dottor Spencer Reid, mentre la mia collega è l’agente Smithson”
Robert Auden sobbalza: “Jesse Smithson?!”
Sgrano gli occhi, presa in contropiede dal fatto che conosca il mio nome “Come fa a…?”
“Ci siamo conosciuti al college! Beh insomma…avevamo un amico in comune.”
“Davvero? Perché deve perdonarmi ma la sua fisionomia non mi è affatto familiare” ribatto.
“Si, immagino, allora non avevo questo aspetto, diciamo che ero parecchio fuori forma.” Mi dice sorridendo. “Seriamente non ricorda Roger?”
Appena sento quel nome divento più rossa della porta di ingresso.
Roger Daniels, il mio primo, vero fidanzato: come potrei dimenticarlo mai?
“Di chi si tratta?” chiede Reid sollevando la testa di scatto.
“Roger ed io eravamo fidanzati al college.” gli rispondo quasi sussurrando.
“E sono stati insieme un bel po’” rincara il signor Auden sorridendo “Quasi fino alla laurea!”  
< accidenti a lui, perché non tace un po’! > mi dico seccata.
Reid è sempre più curioso e insistente con le domande, il suo atteggiamento è a dir poco strano; mi rendo conto che il centro dell’attenzione si è spostato dalla defunta a me, e questo non è affatto un  bene, perché dobbiamo interrogare altre famiglie, e se perdiamo troppo tempo Hotch si arrabbierà.
Alzandomi dal divano mi scuso, dicendo che devo fare una telefonata: esco in veranda e dall’altro capo la cornetta si solleva dopo appena due squilli.
“Qui agente Aaron Hotchner.”
“Sono Jesse, Hotch, ho bisogno di un tuo consiglio.” Rispondo con un sospiro di sollievo.
“Va tutto bene?” domanda subito preoccupato.
“Non proprio. Il marito della prima vittima ed io abbiamo dei legami, studiavamo nello stesso college, inoltre ho scoperto che conoscevo tutte le vittime, abbiamo giocato nella stessa squadra di pallavolo alle scuole superiori. Non so se sia una buona idea continuare a parlare con le famiglie, ho paura di essere troppo coinvolta, secondo le regole stabilite dal protocollo...”
“Resta dove sei e termina di raccogliere le testimonianze dei familiari.” Mi interrompe “Quando tu e Reid rientrerete in centrale vedremo il da farsi.”
Annuisco poco convinta e lo saluto, terminando la chiamata.
Rientrando trovo Spencer che pende dalle labbra del vedovo, mentre quest’ultimo gli racconta tutte le stupidaggini che facevamo al college con la compagnia di amici.
< forza, Jesse, sarà un lungo pomeriggio. > mi dico sospirando sconsolata.
 
POV MORGAN
“Quindi lei ed i suoi aiutanti non avete notato niente nei giorni in cui sono stati ritrovati i cadaveri?” domando al custode della Central High School.
L’uomo, un cinquantenne basso, piuttosto rotondo e calvo, scuote ripetutamente la testa e si fissa la punta delle scarpe.
“Nessun rumore sospetto, tonfi o strani odori, macchie di colore scuro sul pavimento?” insisto.
Per tutta risposta scuote nuovamente la testa.
Ma perché diavolo Prentiss mi ha scaricato qui con quest’uomo? Lei è molto più brava di me nei rapporti con i testimoni: sicuramente, data la mia statura ed il mio aspetto, il mio interlocutore mi vede più come una minaccia che non una persona di cui fidarsi ciecamente; sospiro sconsolato: non ne caverò un ragno dal buco.
Decido di fare un ultimo tentativo prima di correre dentro la palestra e supplicare in ginocchio la mia collega di sostituirmi.
“Chi possiede le chiavi della palestra?”
“Nessuno.” < grazie a Dio, allora ce l’ha il dono della parola >
“Come nessuno? Intende dire che durante la notte la scuola e la palestra sono aperte?” chiedo perplesso.
“No, la scuola è chiusa, ovviamente, ma la serratura della palestra è stata forzata poco tempo prima che un’alunna trovasse il corpo della prima donna.” Sussurra.
“E per quale motivo non è stata sostituita?”
Stringe le spalle, facendo guizzare i suoi vispi occhietti azzurri intorno a noi.
“Va bene, la ringrazio per il suo tempo.” Lo congedo.
“Si figuri, è sempre un piacere aiutare le autorità.” Balbetta. “Ehi voi giù da quel muretto, piccoli, stupidi ragazzini! L’ho verniciato giusto ieri!” ulula all’indirizzo di un gruppetto di adolescenti intenti a saltare su e giù dal famigerato muretto con le scarpe sporche di fango.
Mi allontano di corsa, turbato dall’improvviso cambio di atteggiamento del custode, alla ricerca di Prentiss; pochi attimi dopo la vedo venirmi incontro.
“I cadaveri sono stati ritrovati tutti nello stesso punto, ma tutti in pose diverse, ma la scientifica non è ancora in grado di capire se abbiano qualche significato particolare.” Mi informa.
“Dal custode non arrivano informazioni più chiare: dice che la serratura della palestra non funziona perché qualcuno l’ha forzata alcuni giorni prima che cominciassero gli omicidi.”
“Potrebbe essere stato l’SI o chiunque altro, magari ha semplicemente approfittato di un’occasione che si è presentata: gli serviva un posto pubblico dove abbandonare i corpi e qualcuno gli ha facilitato il lavoro.” Ipotizza lei.
“Non credo: questo SI sembra troppo organizzato per lasciare qualcosa al caso: è sempre estremamente attento a non lasciare tracce e impronte sui cadaveri e intorno a loro, mozza loro sempre lo stesso piede… è uno schema: ci sta mandando un messaggio, anche se noi ancora non siamo in grado di decifrarlo.” le rispondo.
Lei annuisce e mi dice che forse dovremmo parlare anche con gli studenti che hanno ritrovato le vittime.
Ci incamminiamo verso le aule quando mi arriva una chiamata da Garcia:
“Dimmi tutto bambolina.” Dico alzando la cornetta.
“Buongiorno, biscottino al cioccolato, Hotch vuole tutti nella sala riunioni della centrale di polizia entro dieci minuti.”
“Voliamo” le rispondo facendo segno ad Emily di  salire in macchina “come farei senza di te, bambolina?” le dico ridendo.
“Non faresti, pasticcino.” Mi risponde chiudendo la chiamata.
“Perché stiamo già tornando in centrale?” mi domanda Prentiss.
“Credo che Hotch voglia fare il punto della situazione ed ordinare le informazioni che abbiamo raccolto fino ad ora.”
Alza gli occhi al cielo “Secondo me non sappiamo né più né meno di quando siamo arrivati qui tre ore fa.
Ha ragione, ed è questo che mi preoccupa: come facciamo a fermare l’assassino se non sappiamo nemmeno da che parte iniziare per comprendere le sue logiche?
  
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