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Autore: Egle e Elivi    25/11/2004    2 recensioni
Nella torre di Barad - Dur, l'Oscuro Sire, con le sembianze di Rowan Atkinson, al secolo Mr. Bean (nessuna parentela con Sean…), chiuso nella reggia tetra nella terra di Mordor, dove l'ombra nera scende, chiamò a sé i suoi adepti... una parodia del Signore degli Anelli, leggere attentamente le avvertenze prima di avviarsi alla lettura.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL PASSO DI CARADHRAS

IL PASSO DI CARADHRAS

 

La Compagnia, evitando fortunatamente ulteriori incidenti con altri uccelli di qualsiasi tipo, iniziò la scalata del Caradhras. Il sentiero serpeggiava sul fianco della montagna e un vento freddo penetrava sotto i loro mantelli, facendoli rabbrividire. Presto furono costretti ad avanzare nella neve, che minacciava di sommergere gli Hobbit. Stavano percorrendo la cresta della montagna quando Frodo ruzzolò a terra e venne raccolto da Viggo, che lo rimise in piedi, dopo avergli assestato un'abbondante palpatina. Frodo si tastò il collo accorgendosi che aveva perduto le palle, che scintillavano in mezzo alla neve poco distanti.

"Che strano destino" mormorò Boromir prendendo le palle e sollevandole "Dobbiamo provare così tanti timori e dubbi per due cose così piccole".

"Boromir" lo chiamò Viggo, stranamente serio e non eccitato… cioè non molto "Dà le palle a Frodo"

Boromir si toccò i maroni, ritornando improvvisamente in sè.

"Le palle di Draco"

"Ah beh, allora…" rispose l'uomo, restituendo la collana al piccolo Hobbit.

Presto cominciò a nevicare. I fiocchi turbinavano intorno a loro, trasportati da un vento freddo e malevolo, e la neve impediva loro di proseguire.

"Gandalf, dobbiamo tornare indietro!" sbraitò Viggo.

"Andiamo verso la breccia di Rohan… verso Gondor!" propose Boromir, urlando per sovrastare l'ululato della tempesta.

"E che due coglioni, Boromir! E' la decima volta che ti diciamo di no-oo! Il passaggio a sud è sorvegliato! Dobbiamo prendere il passo di Caradhras"

"Gandalf, questa battuta l'hai già detta a pagina 56!" gli fece presente Merry sfogliando la sua copia del copione.

"Lo so… però fa sempre la sua porca figura".

"Io dico: se non possiamo passare sulle montagne passiamoci sotto! Andiamo a Moria!"

"Eccolo là, l'altro furbone! Abbiamo detto di no-oo! Niente breccia di Rohan e niente Moria." rispose lo stregone.

"Ma non possiamo andare avanti! La montagna ci ucciderà… o di sicuro ucciderà i piccoletti se continuiamo di qui" fece presente Boromir, stringendo a sé Merry e Pipino, che ormai lo chiamavano "Zio Boromir", per riscaldarli.

Gandalf scambiò un'occhiata con Viggo, che però non capiva granché della situazione, troppo congelato dal freddo, e poi guardò Frodo.

"Che il portatore delle palle decida!"

"Andremo a Moria!" rispose prontamente Frodo. Gandalf socchiuse gli occhi e una grande preoccupazione scese sul suo volto.

"Frodo, sei sicuro? Qui dice che…" s'intromise Merry sfogliando ancora il copione "Ehi non c'è la pagina dei dialoghi di Moria… eppure mi era sembrato di averla letta mentre eravamo a Gran Burrone… Pipino! Non dirmi che hai usato una pagina del mio copione per arrotolarti uno spinello!"

"Beh ero a corto di cartine! Mi ero già fumato la mappa!" rispose l'Hobbit

"Potevi almeno offrire…"

"Basta così. Andiamo avanti!" tagliò Gandalf, quando il Caradhras scatenò tutta la sua potenza, riversando su di loro cumuli e cumuli di neve.

"C'è un'empia voce nell'aria!" disse emblematicamente Legolas, osservando chissà cosa attraverso i fiocchi di neve.

"Scusate, credo di averne mollata una…" si scusò Gimli.

"Ah che puzza! Ma che diavolo hai mangiato, Nano?" disse Boromir, sventolando una mano davanti al naso per disperdere la nube tossica, emessa dal nano.

La strada era completamente bloccata dalla neve e il vento spirava sempre più forte intorno a loro.

"Se Gandalf ci precedesse con una fiamma intensa potrebbe liquefare la neve ed aprirvi un varco" disse Legolas. La tormenta l'aveva turbato poco ed egli era l'unico ad aver il cuor leggero, complice il fatto che potesse giocare indisturbato con i suoi Pokèmon mentre gli altri smadonnavano in mezzo alla bufera.

"Se gli Elfi sapessero volare al di là delle montagne potrebbero andare a prendere il sole per salvarci" rispose Gandalf.

"Ebbene…" disse Boromir "… quando la testa è confusa tocca al corpo agire, si dice dalle mie parti". La situazione era più disperata del previsto se Viggo accennò appena a un sorriso maniaco nel sentire questo detto di dubbio significato. "Il più forte di noi deve cercare una via. Benché adesso sia tutto ammantato di neve, il nostro sentiero voltava, salendo, intorno a quella sporgenza rocciosa laggiù. Se riuscissimo ad arrivarvi, forse al di là il cammino sarebbe più agevole. Non credo vi siano più di un paio di centinaia di passi di distanza."

"Ed allora apriamoci un varco sin lì tu ed io" disse Viggo.

Si misero in marcia lentamente, con Boromir che faceva strada. Sembrava che stesse nuotando o scavando con le grandi braccia, anziché camminare.

Avevano percorso solo qualche metro quando Boromir, insospettito dagli ansiti di Viggo dietro di lui e da un qualcosa di appuntito che gli premeva sulla natica - e che natica! - si voltò verso il Ramengo sbraitando "Viggo, ma ti sembra questo il momento?"

Ma il Ramengo, provato dalla fatica, lo guardò senza capire.

Boromir si toccò la natica, incontrando con il palmo il duro corno di Gondor.

"Ah scusa. Sai il corno... è così grosso che a volte…"

"Lo so, ti capisco." rispose Viggo comprensivo, toccandosi il pacco.

I due uomini ripresero a farsi largo in mezzo alla neve con difficoltà, mentre Legolas li superava correndo agilmente sulla neve senza affondare.

"Ciao, io vado a prendere il sole" disse, passandogli accanto e sventolando una mano come saluto.

Boromir lo incenerì con lo sguardo, continuando ad avanzare. Dopo qualche minuto Viggo tra un ansito e l'altro gli disse: "Boromir, dovremmo caricarci gli Hobbit sulle spalle e portarli fino a che la neve non sarà diminuita e non rischieranno di morire soffocati"

"Sì!" rispose secco l'uomo di Gondor.

"Boromir". La voce di Viggo vibrava di terrore. "Chi lo porta Sam?"

In quel momento Legolas con le maniche arrotolate fino alle spalle e gli occhiali da sole, che aveva fregato a un certo Neo, ospite a Gran Burrone, svoltava l'angolo sorridendo. Era leggermente abbronzato.

"Leeegooolas" lo chiamò Boromir, facendogli cenno di avvicinarsi. L'elfo arrivò leggiadro.

"Facciamo un giochino"

"Un giochino? Che bello!" rispose Legolas con la sua vocina dolce dolce.

"Giochiamo a carta, forbice e orecchie a punta… tu sei l'unico tra noi tre che ha le orecchie a punta e quindi perdi!"

"Non mi piace questo gioco." disse l'elfo mettendo il broncio e facendo per allontanarsi, ma Boromir lo trattenne per una caviglia.

"Però chi perde a questo gioco vince un premio"

"Un premio? Davvero?" squittì Legolas tutto eccitato… non come Viggo però…

"Sì, tu porterai Sam!"

"No, non voglio portare Sam!" si lamentò Legolas, mentre Boromir lo riconduceva per mano verso il resto della Compagnia.

"Su Legolas non fare storie." lo rabbonì Viggo, stranamente dalla parte dell'uomo di Gondor, mentre aiutava Sam a issarsi sulla schiena dell'elfo, che affondò nella neve.

"Vai, vai Legolas, da quella parte." gli disse Boromir, caricandosi in spalla Merry.

"Ma affondo!"

"Vai, vai Legolas!"

"Mi fa male la gaaaambaa!" si lamentò, ma gli altri non gli diedero retta, continuando a spingerlo a proseguire con Sam. Quel giorno un Elfo scoprì cosa vuol dire sprofondare nella neve.

 

  
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