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Autore: _eco    26/01/2014    6 recensioni
C’erano troppe cose da guardare, troppe altre ferite da suturare.
Genere: Angst, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'inferno di un pazzo

"Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi."

Primo Levi.

Jodelle ha sette anni e Carter è certo di non conoscere nessuno più iperattivo di lei.
Né soldati, né generali, né saggi veterani né attenti piloti di aerei da guerra.
Jodie salta come una molla, attraversa il lungo corridoio di casa facendo capriole su capriole. E chiacchiera come un robottino le cui batterie sembrano ricaricarsi un secondo dopo l’altro.
Fa molte domande, Jodelle. A una bambina non si può certo rimproverare l’insaziabile fame di sapere.
 
- Come te lo sei fatto, papà? –
Jodelle stringe la sua bambola di pezza con una mano, mentre con l’altra delinea i contorni del graffio sulla guancia del papà.
È un graffietto di poco conto. Nemmeno se n’è accorto, sul momento. C’erano troppe cose da guardare, troppe altre ferite da suturare. Tuttavia, Carter è certo che Jodelle stia già costruendo mille mila storie sul come e il quando se la sia procurata. E’ una bambina molto fantasiosa.
 
La bambola… Jodelle l’ha chiamata Zara. Ha gli occhi chiusi. Prigioniera di un sonno eterno. Sottili curve nere, rivolte in basso, tracciano le sue palpebre serrate.
È un fantoccio di stoffa, Zara. Una bambola, un essere inanimato, una conchiglia senza mollusco.
I suoi polsi sono sottili. Carter si ritrova a pensare che chiunque l’abbia cucita avesse finito l’imbottitura.
Sono sottili come… come… oh, quanti polsi scarni ha visto! Quanti teschi vestiti di carne trasparente, quante cicatrici di sorrisi ormai uccisi!
Quante palpebre serrate. Quante corpi privati della loro anima. Quanti uomini ormai fantocci scomposti. Prigionieri dell’inferno di un pazzo.
 
 
Una lacrima solitaria scivola lungo il viso di Carter.
Jodelle la intrappola a metà strada fra il naso aquilino del papà e le sue labbra sottili.
- Come te la sei fatta, papà? –
Jodelle è una bambina curiosa, e di certo non la si può rimproverare per questo.
Ma Carter sa che, per suturare le sue ferite, non potrà servirsi dell’innocenza della sua bambina. Non vuole ancora macchiare l’abito bianco della sua coscienza con le storie di ciò che ha visto laggiù.

 

Angolo autrice.
Prima che qualcuno di voi lo dica, so che non è oggi la giornata della Memoria! Volevo comunque scrivere qualcosa, e so che domani non avrò il tempo di farlo. E in ogni caso, credo che questi siano "eventi" che vadano commemorati e tenuti presente sempre, non sulle basi di un giorno prestabilito.
Ho immaginato che Carter fosse un soldato americano mandato nei campi di sterminio alla fine della guerra. Dio solo sa quello che hanno visto una volta arrivati lì, quelli come lui.
Ho immaginato che Carter avesse una figlia, e che questa bambina fosse molto curiosa. 
Come al solito, ho paura di mostrarmi superficiale riguardo simili tematiche, e se lo sono stata, mi scuso.
Un abbraccio, 
S.
  
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