Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: _cashmere    26/01/2014    4 recensioni
Panem, Distretto 9.
Venetia Castro, un'orfana di soli dodici anni, giura vendetta contro coloro che l'abbandonarono in quell'istituto buio e freddo. E promette di utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per distruggere la sua famiglia fin dalle radici.
Ma un mistero si cela dietro tutto questo. Qualcosa di talmente grande che potrebbe mettere a repentaglio la sua stessa vita.
Quali eventi spinsero sua madre ad abbandonarla? Perché tutti coloro che incontra sembrano volerla tenere alla larga dalla verità? E soprattutto, chi è lei veramente?
*
Rimase lì, ad osservare le chiazze vermiglie che navigavano sulla superficie dell'acqua come navi alla deriva nonostante gli occhi le bruciassero. Era sempre stata sadica nei confronti del suo corpo, le piaceva spingerlo al limite. Chissà fino a che punto sarebbe riuscito ad arrivare, fino a quando avrebbe resistito.

[Chapter IV – But you can never leave]
[EDIT 8/07/16 – storia in revisione]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'I fantasmi sono fatti di memoria.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il capitolo è eccezionalmente dedicato alla Lock, che voleva la “sua” Miranda ed ora finalmente l'ha ottenuta. Ti piace anche in questa versione, cara? *risata malvagia*











Schwartz's Roses






Pensavamo morisse mentre dormiva
Pensavamo dormisse mentre moriva




CHAPTER II
We've broken our mirrors




L'ufficio anagrafico del nono Distretto era una fenditura nella penombra. I rossi mattoncini che componevano l'edificio erano ammonticchiati in gruppi disordinati davanti all'uscio ligneo, dando l'impressione di trovarsi in un luogo scialbo e distratto. 
Un luogo che avrebbe dovuto sapere di nuova vita e di speranza, invece era impregnato dell'odore acre della morte.
Venetia e June percorsero il tortuoso vialetto nel primo pomeriggio. A quell'ora era facile ottenere licenze all'orfanotrofio, per lei bastava avere lontano quell'arpia di Agathe e fare la giusta dose di moine al nuovo istitutore.
Già, considerando la fine che ha fatto quello vecchio. pensò con un ghigno a fior di labbra.
Bussarono con foga alla porta quasi in simultanea, e dopo pochi minuti questa si aprì quanto bastava per mostrare la figura di un'anziana signora tutta in ghingheri con in mano un registro stipato di fogli.
« Buon pomeriggio. » iniziò June, decisamente più diplomatica ed incline al dialogo della sua amica. « Siamo venute per cercare delle informazioni su... »
« Sono spiacente. » la interruppe bruscamente la donna. « L'ufficio è chiuso nei giorni festivi. »
Venetia, che fino a quel momento era rimasta in disparte ad osservare le rughe che solcavano il viso della funzionaria come una mappa del tesoro, si intromise nella conversazione. « Oh, sono sicura che riusciremo a trovare un accordo. »
Alla pallida luce di quel pomeriggio novembrino i suoi denti aguzzi spiccavano dietro le labbra scure, specialmente quando vi passò sopra la lingua con fare sensualmente minaccioso.
« Ti ripeto che è impossibile. Gli archivi pubblici sono chiusi. »
« La prego, è una questione molto urgente. » fece l'altra con veemenza.
Si sistemò gli occhiali sul naso con fare indagatore, per poi studiare con gli occhi porcini il volto delle sue interlocutrici. Quando si fermò su quello di June la bocca le si aprì in un sorriso comprensivo.
« Tu sei la figlia di Frieda, non è vero? » chiese retoricamente. « Quest'ufficio è sempre aperto per le pupille dei miei dipendenti. Su, entrate. »
Con la mano rugosa fece loro cenno di seguirla. L'atrio era buio, illuminato solo da una lampada ad olio, e odorava di stantio. Si fermarono davanti ad una postazione lavorativa dotata di computer, un marchingegno tecnologicamente avanzato arrivato da Capitol City, e di numerosi cassetti. Le due ragazze lo guardavano stupite: non avevano mai visto niente del genere.
La donna sorrise, beandosi della loro ingenuità: « Non fate quella faccia allibita, è un aggeggio molto vecchio ormai! Ce lo regalò tempo fa una mia amica vincitrice, una ragazza molto affettuosa. Un tantino strana, c'è da dirlo, ma buona come il pane. »
« Ci dica il nome di questa persona. » le impose Venetia con una fitta di curiosità.
« Lilith. Lilith detta Tarnish... »
« Cosa? » la interruppe saltando sul posto. Non pensava di avere una fortuna così sfacciata. 
« Si, Lilith detta Tarnish. Non sono sicura che avesse un cognome, quando si doveva presentare diceva sempre la stessa frase: “Io sono Lilith detta Tarnish.” »
« Quindi Tarnish non era il suo vero nome. »
« Bambina mia, come puoi pensare che un genitore sia così tanto snaturato da chiamare la figlia “Appannarsi”. »
« Ci potrebbe dire qualcosa di questa ragazza? » chiese June con gentilezza.
« Non ne so molto, ad essere sincera. La prima volta che la vidi fu quando venne in quest'ufficio, proprio in questa postazione, per chiedere se era possibile cambiare nome. »
« Suppongo che volesse sostituirlo con Tarnish. »
« No, ed è questa la cosa strana. Aveva un incomprensibile desiderio di chiamarsi Miranda Damage, Dio solo sa il perché. » aggiunse segnandosi.
« Lei è una donna molto devota. » disse June.
« Mi stava dicendo di Lilith... » fece bruscamente Venetia per riprendere il discorso. Era impaziente di scoprire se avesse realmente scovato il primo tassello di quell'intricato puzzle che le sembrava il passato dei suoi familiari. Il primo tassello che le avrebbe permesso di annientarli.
« Hai ragione. Ad ogni modo, non essendo in grado di fornire una motivazione valida nessuno volle accontentare quella bizzarra richiesta, e lei ebbe una reazione a dir poco esagerata. »
« Del tipo? »
« Impazzì. Nel vero senso della parola. Non avevo mai visto nulla del genere prima di allora. Urlava, si dimenava come un’ossessa e si strappava i capelli. L’hanno dovuta gonfiare di sedativi prima che riuscissero a trascinarla via. »
« E poi? » 
« L'indomani tornò qui e chiese di me. All'inizio ero molto titubante, ma alla fine ho deciso di rischiare ed incontrarla nel mio studio. Me l'avevano descritta come un mostro, ma la prima impressione che ebbi io fu quella di una ragazza insolitamente piccola. »
« Piccola? »
« Non penso arrivasse ai dodici. Si scusò per la scenata isterica del giorno precedente, dicendo che non sapeva neanche lei cosa le fosse preso, tuttavia ribadì che per lei mutare il nome in “Miranda Damage” era fondamentale. Notando la mia riluttanza si alzò dalla poltrona e concluse con una frase che penso mi ronzerà nella testa per sempre: “Badi bene, lei ha mostrato orecchie da mercante alla supplica di una morta che cammina, ma sappia che tutto ciò che verrà fatto a quella bambina si ripercuoterà su di lei a distanza di anni”. Nonostante siano passati decenni da quella conversazione ogni volta che ripenso alla sua voce mi vengono i brividi. 
Venetia si morse un labbro, smarrita nei meandri di quel racconto. Si sfiorò con un dito l'avambraccio, rabbrividendo nel sentire la pelle che le si accapponava sempre di più.
« Continui. » le impose.
« Non sentii più parlare di lei fino a quando l'anno seguente venne estratta per gli Hunger Games. È passato molto tempo e non ricordo come vinse, ma suppongo che a Capitol la sua strategia non piacque affatto, dal momento che nessuno ha mai fatto riferimento a quell'edizione. Cinque anni dopo si sposò con un figlio di papà tronfio e avido, e dal giorno del matrimonio non si è più saputo niente dì lei. »
« Poveraccia. » commentò June. « Ma è morta? »
« Non ne ho idea, cara, anche se le possibilità che sia ancora viva sono minime. »
« Ma quando le ha detto che tutto ciò che avrebbero fatto ad una bambina si sarebbe ripercosso su di lei, a chi si... »
« Senti, cara. » disse con un sussulto, mettendole una mano sulle spalle. « C'è un dettaglio che ti ho nascosto per onorare la memoria di quella povera ragazza: era completamente tocca. Quel giorno probabilmente non ci stava con la testa ancor più del solito, ho fatto male a parlartene. Piuttosto » riprese con più allegria. « Cosa volevate cercare negli archivi? »
« Abbiamo avuto tutte le informazioni necessarie, grazie. » rispose Venetia senza troppa convinzione. Agguantò June per un braccio e per la seconda volta si fecero strada insieme attraverso l'atrio scuro, sotto lo sguardo sbigottito dell'anziana signora.





« Tu ci credi? » sbottò Venetia appena furono a debita distanza dall'anagrafe.
« A che cosa? » chiese ingenuamente June, che proprio non riusciva a comprendere gli attacchi isterici della sua compagna. 
« Alle ultime tre cazzate che ha sparato quella babbiona! “Lasciate perdere la storia di Lilith, non era altro che una bambina un po' tocca”. Si sente puzza di puttanata a tre chilometri di distanza. »
« Quindi tu sei convinta che lei sappia qualcosa di più di quello che ci ha detto. »
« Anche tu sei in errore, Hussman. Quella là sa tutto di Lilith, riuscivo a leggerglielo in volto mentre raccontava. Almeno, nella sua sciocca ingenuità, ci ha fornito un ulteriore indizio che potrebbe rivelarsi molto utile. »
« Ossia? »
« Miranda Damage. » sibilò, prendendosi la testa fra le mani. « Ora sappiamo che una persona cara a Lilith, di età probabilmente inferiore alla sua, si cacciò in un guaio molto serio e lei, che nonostante la presunta pazzia aveva buon cuore, aveva intenzione di fingersi Miranda Damage per salvarla. » fece a mo' di spiegazione.
« Ascoltami, Venetia » sospirò June. « Hai sentito la mege... Insomma, la signora. Lilith è probabilmente morta da tempo, e se quello che ci ha raccontato è vero questa Miranda Damage lo è da ancora prima. Forse è il caso di lasciar perdere questa faccenda dei “Castro”, non credi? »
« Mai! » sbottò, spalancando gli occhi. « Vuoi forse che il tuo caro fratellino diventi concime per le piante? »
June trasalì, ricordandosi improvvisamente della promessa strappata alla ragazza il giorno in cui si era presentata con l'intento di nutrirsi con il sangue di Lloyd.
« A te la scelta. »
« D'accordo! » esclamò con veemenza. « Continuiamo le ricerche, anche se penso che non porteranno a nulla. Su, vieni a casa mia, hai ancora un'ora di permesso. »





Villa Hussman era una delle case più ricche ed antiche dell'intero Distretto. Un viale costeggiato da siepi multiformi e putti dalla cui bocca uscivano rigagnoli d'acqua cristallina conduceva al grande edificio in mattoni grigiastri. Ma se dall'esterno la sua bellezza lasciava sbigottiti, quando vi si entrava non si poteva fare altro che ammutolire per lo stupore. Gli enormi saloni erano affrescati con motivi che ricordavano la stagione del raccolto, e le grandi finestre d'ebano coperte da pesanti tende di broccato rosso. 
« Che bell'ambiente. » minimizzò Venetia, cercando di nascondere la meraviglia. Era già stata lì in passato, ma una volta sola e con ben altri scopi. 
« Un regalo del presidente Snow a mia madre. » spiegò June con una punta d'orgoglio.
« Il presidente che regala una villa ad una semplice impiegata dell'anagrafe? »
« Beh... » balbettò imbarazzata. « È stato a causa di alcuni servizi che mia madre ha prestato, non so se mi spiego. »
Venetia ebbe una fugace visione della scura giarrettiera di Frieda Frackowiak Hussman appesa nell'armadio della figlia, e trattenne a stento un sogghigno.
« Oh, capisco. Penso che sia il caso di tornare all'ovile. » 
« Come vuoi. » fece senza troppa convinzione. Non sapeva più come doveva comportarsi con Venetia, se doveva dimostrare di tenere a lei per far uscire suo fratello vivo da quella faccenda così inverosimile o se semplicemente era il caso di non infierire nelle sue decisioni.
Si sedette sull'erba umida, annoiata.
Forse ha solo bisogno di un amico pensò.
Si, doveva essere sicuramente così. Una volta da bambina sua madre aveva organizzato una colletta per i bambini dell'orfanotrofio portandola con sé, e nulla la sconvolse di più di quei visi smarriti, di quei corpicini magri e pieni di lividi. Doveva provare semplicemente compassione verso quella bambina, nonostante non fosse certo dotata di buon carattere.
Ma, più si sforzava di mostrarsi solidale, più l'avversione nei suoi confronti cresceva. In lei non riusciva a vedere null'altro che un essere immondo, incapace di convivere civilmente con il resto dell'umanità.
Fu costretta ad ammettere, seppur a malincuore, che per certi versi la invidiava. Se piegarla era difficile, spezzarla era impossibile. Era lei che dettava le regole, non esistevano altre alternative.
Eccetto la morte.
Ad un tratto udì un lieve cigolio seguito da un tonfo sordo, come se qualcuno avesse scavalcato il cancello.
« Mamma? » chiese sbigottita. Che motivo aveva sua madre di entrare in quel modo furtivo?
« Venetia, sei tu? »
Le parve di udire un rumore attutito di passi ed un lento sospiro. Poco dopo udì nuovamente quel tonfo ed un altro urto, questa volta molto più forte. Si alzò di scatto e percorse correndo la stradina principale. Aveva i brividi sulla pelle ed il fiatone per via dello sforzo imprevisto. Ripeté il percorso per tre volte, accertandosi che non ci fosse nessuno. 
Sospirando per il sollievo, si apprestava ad andare in cerca di Venetia quando le cadde l'occhio su un foglietto spiegazzato accanto al cancello. Lo aprì con dita frementi di curiosità, scoprendo con delusione che si trattava solamente di un manifesto funebre di cinquant'anni prima. Una bambina dalla carnagione bianchissima e lo sguardo vacuo le sorrideva, probabilmente inconscia della sua morte imminente. Con le dita sottili si tormentava un ricciolo rosso, le labbra leggermente dischiuse che mettevano in mostra gli incisivi perlacei. Accanto al suo viso c'era una piccola V dorata, il che significava che era figlia di un vincitore degli Hunger Games. 
June soffiò sulla sommità del foglio per leggere la scritta coperta da uno spesso strato di polvere. Con riluttanza vi passò sopra un dito, rabbrividendo al contatto con lo sporco. Ben presto, però, il suo disgusto si trasformò in ben altre sensazioni.

 
Miranda Damage Vélasquez.

« Oh merda. » balbettò, stringendo al petto l'annuncio. « Venetia! Venetia! »

 




Photobucket Pictures, Images and Photos




La linea che separa i sogni dagli incubi è sottile come un ago e ben presto le ombre del passato tornarono a presentare il conto.







______________________

#Cash

Lo so, questo capitolo manca quasi completamente d'introspezione. Infatti non so se mi piaccia o meno. 
 Diciamo che è il primo veramente “importante” perché entrano in scena alcuni personaggi fondamentali e si inizia a scoprire di più sul passato di June, oltre che su quello di Venetia. In confronto a quello della bionda, però, il suo è decisamente più contorto e difficile da spiegare.
Ma chi sarà mai questa misteriosa Lilith? E chi si è intrufolato a villa Hussman per far vedere loro il necrologio di Miranda? Perché vi sto facendo tutte queste domande?
Bisognerà aspettare un po' prima di sapere la risposta, e nel frattempo entreranno in scena molti altri personaggi, cadaveri e non. Quindi mettetevi comodi e aspettate 

Dimenticavo, questa è la povera June, mentre Venetia è la ragazza del banner.
E per finire – dopo la pianto, promesso – sulla mia pagina Facebook Eisoptrofobia potete trovare spoiler e curiosità su questa fanfiction.
Alla prossima! 


 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: _cashmere