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Autore: Sleepingalone    26/01/2014    2 recensioni
Furono proprio gli sguardi misteriosi di Albert e le frasi ammaliatrici di Jack che ridiedero vita alla felicità della giovane, la quale, con il passare dei mesi, fu legata a loro da un profondo sentimento d’amicizia.
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‹‹Amami, e Albert tornerà dalle tenebre››, decretò Jack.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Sempreverde
 

In autunno la famiglia John si dedicava alla coltura delle olive, precisamente a Sempreverde: un uliveto di cui Vìctor John, la moglie Susanne e la piccola figlia Valerié si prendevano cura.
Capitava che, appena arrivata nel bosco, la bambina si arrampicasse cautamente alle estremità dei rami più robusti di una quercia attorniata da infinite mante di ulivi, e che osservasse il meraviglioso bosco dall’alto. Soffermava lo sguardo sui passerotti grigi, i quali comprimevano con il becco minuscoli frutti rosati e che, al contempo, venivano richiamati dal cinguettio entusiasta dei figlioletti affamati. Il padre le ricordava di scendere e lei, seppure restia, obbediva. Dunque si precipitava sulla panchina che il nonno le aveva costruito sotto un ulivo secolare, il quale non produceva frutti o fiori poiché troppo vecchio. Si adagiava sulla superficie in legno e restava inerme ad immaginare il futuro, accompagnata da un’autunnale brezza piacevolmente morbida, tiepida e fragrante.
Crescendo, Valerié aveva sviluppato un’insolita passione per la scrittura, che tuttavia riponeva nei meandri più segreti del suo cuore. All’età di quindici anni, durante l’estate del 1958, la ragazza aveva comperato un quadernetto beige, ove annotava le parole che la fervida immaginazione le suggeriva o che, semplicemente, le ispiravano le giornate dipinte da colori variegati.
Val era una puntigliosa osservatrice, e nessun dettaglio le era mai sfuggito.
Amava studiare i paesaggi di primavera, percepire il sole cocente di Giugno sulla pelle color avorio e ascoltare ripetutamente un brano che avevano intonato per la prima volta Ella Fitzgerald e Louis Armstrong tra il 1956 e il 1957: ‘Tenderly’, al chiaro di luna, ogni notte d’estate, solo dopo che i genitori si addormentavano profondamente. Ma, in un cupo ventidue Luglio del 1959, la madre Susanne morì a causa di un arresto cardiaco avvenuto nel sonno, evento che segnò in modo alquanto tragico la vita del marito e della figlia.
Val incolpò sé stessa, convincendosi del fatto che, se non avesse dato vita al giradischi quella notte, avrebbe sentito la madre lamentarsi e di conseguenza avrebbe potuto aiutarla in tempo. Victor, invece, cadde in depressione, perse il lavoro e fu costretto a vendere Sempreverde a un ricco offerente di città.
Durante la primavera del 1960, una Valerié spenta e triste si recò in bicicletta a Sempreverde di nascosto dal padre, affinché la felicità che aveva perduto la toccasse di nuovo, e che un sorriso potesse far risplendere il suo volto, ormai macchiato da lacrime che troppo spesso balzavano sulle sue goti carnicine. Rimembrava perfettamente quel petalo di gioia che aveva vissuto negli anni tramontati, e rimpiangeva la vecchia vita.
Era riuscita a inoltrarsi all’interno del bosco attraverso un varco segreto - mostratole in passato dal nonno paterno - e, canticchiando docili melodie inventate al momento, era arrivata dinnanzi l’ulivo secolare, sotto il quale era ancora riposta la vecchia panca.
Gli occhi color cioccolato della giovane brillavano e straboccavano di lacrime, mentre dei ricordi le si presentavano in mente.
‹‹Chi sei tu?››, le aveva urlato qualcuno da dietro.
Val aveva prontamente asciugato le lacrime con i polpastrelli, si era voltata ed aveva scorto una figura poco distante da lei, che le si stava avvicinando.
‹‹Ti ho fatto una domanda››, sentenziò sgarbatamente un ragazzo dai capelli grano.
La giovane mormorò qualcosa, poi prese coraggio e confessò la sua verità. ‹‹Perdonami, mio padre era il proprietario di Sempreverde e io volevo solo rivedere il bosco››.
Il ragazzo la studiò da cima a piedi, poi incupì lo sguardo. ‹‹Ma non è più di tua proprietà››.
Valerié si sentì mortificata e annuì semplicemente. ‹‹Non si ripeterà più››.
Stava per incamminarsi verso l’uscita, quando qualcuno balzò alle sue spalle.
‹‹Albert, è questo il modo di comportarsi con una ragazza così carina? Ora capisco perché tu non ne abbia mai avuta una!›› replicò un altro giovane, dall’aspetto belloccio e dalle ampie spalle. ‹‹Sono Jack, piacere. Questo è mio fratello Albert››.
Val restò completamente ammaliata dal tono soffuso che il ragazzo aveva esalato, ed era avvampata in volto. Di rado si era imbattuta in circostanze talmente anomale, e in quel momento si sentì perduta. Dunque gli strinse la mano, e si morse il labbro inferiore.
‹‹È figlia di Victor John: l’uomo che ha venduto Sempreverde a nostro padre››, disse improvvisamente Albert, tirando per la spalla il fratello. ‹‹É entrata di soppiatto e, se non la mandi via subito, chiamo la polizia››.
Jack ignorò le pretese del fratello, e invitò la ragazza a sedersi sulla panchina, tuttavia lei rifiutò, perché spaventata dall’altro.
‹‹Sarà meglio che vada. Perdonate l’impertinenza››, si scusò Valerié, piegando le mani in segno di preghiera.
‹‹Come ti chiami?››, le domandò Jack, incauto.
‹‹Valerié››, sussurrò lei, abbassando lo sguardo.
‹‹C’era qualcosa che volevi vedere in particolare?››.
Val scosse il capo e fece per tornare indietro, quando venne richiamata da dietro.
‹‹Questa proprietà è stata tua per così tanto tempo e né io, né Albert - disse Jack, voltandosi appena verso il fratello che, sbuffando, aveva preso posto sulla panchina - abbiamo il diritto di impedirti l’accesso qui››.
Una folata di vento scompigliò i capelli castani della ragazza, che prontamente rimise in equilibrio la bicicletta. ‹‹Avete quel diritto da quando vostro padre ha acquistato la proprietà››.
Cominciò a pedalare, e si giurò che non sarebbe mai più tornata a Sempreverde.
 
Nella settimana successiva, Val si recò in biblioteca con in mano una cartella bordeaux colma di libri e matite dalle punte spezzate.
Doveva studiare biologia, e perciò concentrare ogni fibra intelligente del suo cervello per comprendere gli strani concetti che a lei non interessavano poi così tanto.
‹‹Ciao, Val››, la salutò Blake, la sua migliore amica dai tempi della scuola materna.
La ragazza alzò la mano e, indifferente, tornò sul libro di testo.
‹‹Va bene, non vuoi essere disturbata››, constatò divertita l’altra, prendendo posto silenziosamente.
‹‹Perdonami, è che non riesco proprio a capire questa materia››.
Blake sorrise e incoraggiò l’amica, poggiandole la mano sulla spalla sinistra. ‹‹Suvvia, siamo a maggio! Tra qualche settimana la scuola termina e potremo finalmente riposarci››.
Valerié annuì, poi abbassò il capo. ‹‹Senza mia madre è tutto più difficile, e le giornate sembrano non voler passare››, replicò. ‹‹La notte non dormo più e, quando lo faccio, sogno ripetutamente Sempreverde. Mi manca quel posto, mi manca la mia vecchia vita, capisci?››.
Blake strinse l’amica in lacrime.
‹‹Ti prometto che dopo scuola faremo un viaggio in Europa. Vedremo Parigi, Venezia e Amsterdam. E magari un paio ragazzi ci noteranno e si innamoreranno di noi››, anche Blake si commosse. ‹‹La felicità tornerà››.
Jen, la bibliotecaria, si avvicinò alle due fanciulle e le invitò a zittirsi.
‹‹Ah, ragazze››, sospirò la donna dai capelli rossi e arruffati, prima di andarsene. ‹‹Mi hanno consegnato questi volantini stamani, se vi interessa››.
Blake prese in mano due foglietti in carta ruvida, e congedò Jen.
‹‹È fantastico››, esclamò. ‹‹Hanno aperto un negozio di dischi. Qui, capisci?››.
Valerié tirò su con il naso: si era rifiutata di ascoltare la musica sin dalla morte della madre, e non aveva intenzione di ricominciare, seppur fosse tentata.
Dunque ripose il foglio tra le pagine di diario con cautela, e tornò sui libri.
All’uscita dalla biblioteca si recò in panetteria e acquistò una pagnotta di segale, come ogni giorno. Ripose il pane all’interno della cartella e improvvisamente si ricordò del volantino che annunciava l’apertura del negozio di dischi.
Si morse il labbro, poi mandò al diavolo tutta la moralità che aveva in corpo e raggiunse il punto vendita; pertanto incatenò la bicicletta ed entrò senza alcun tipo di esitazione.
Il suo sguardo meravigliato si perse tra le copertine lucide di vecchi e nuovi dischi, quando ad un tratto qualcuno le bloccò il polso.
‹‹Valerié John?››.
Val si voltò infastidita, e intravide la figura di un paio di giovani che aveva precedentemente incontrato: Jack e Albert Delevigne. Dunque sussultò e alzò gli occhi al cielo.
‹‹Fammi indovinare, Frank Sinatra?››, chiese Jack, ipotizzando con ovvietà che anche lei lo idolatrasse.
‹‹Louis Armstrong››, rispose con acidità Val, continuando. ‹‹E comunque ero venuta per dare un’occhiata››.
Albert da dietro la fissava infastidito.
‹‹Anche noi››, denotò ancora Jack.
 
Furono proprio gli sguardi misteriosi di Albert e le frasi ammaliatrici di Jack che ridiedero vita alla felicità della giovane, la quale, con il passare dei mesi, fu legata a loro da un profondo sentimento d’amicizia.
Con il primo Valerié scoprì la magnificenza che si celava oltre le copertine dei romanzi, tra le pagine ingiallite e le parole marchiate in nero.
Con il secondo, invece, condivise l’appassionato amore legato ai dischi di Nat King Cole che ascoltavano ogni sera distesi l’uno sulle gambe dell’altra.
 
‹‹Volevo mostrarvi questo››, disse Val, un giorno di settembre, porgendo il suo quaderno beige a Jack, che guardava incuriosito il fratello.
‹‹È un quaderno sul quale appunto tutto, e vorrei che tu, Alb, leggessi una cosa per me››.
Albert tolse dalle mani del fratello l’oggetto e, sorridendo, lasciò che Val gli mostrasse la pagina a cui doveva dedicare la sua lettura.
 
“È l’inizio di qualcosa di bello, l’inizio di qualcosa di nuovo, perché loro mi fanno sentire libera e felice, come da bambina usavo essere.
Mi osservo ricadere nelle braccia rinsecchite di Albert con leggerezza, e in quelle possenti di Jack con più forza, e percepisco l’amore che mi era stato tolto in passato.
E potrei cantare qualche strofa per loro, potrei persino passare tutta la vita a osservare gli occhi caramello di Jack, che prendo sempre in giro, perché non sono celesti come quelli di Alb. Dovrei rivelargli che i suoi occhi, invece, credo di amarli.
Potrei persino smettere di spettinare i capelli di Albert che, a causa mia, solo sporadicamente sono in ordine.
E infine potrei abbracciarli entrambi”.

   
Val avvampò in volto, Jack sorrise e la strinse.
‹‹Mi ero convinto del fatto che i miei occhi non ti piacessero››, sussurrò lui soavemente alle orecchie della ragazza.
Albert si limitò a stare in silenzio, poi si alzò dalla panchina e andò a chiudersi in camera, sconvolto.
Lo era, perché da quelle parole aveva capito che la loro amicizia non avrebbe più avuto futuro: si era innamorato di Val.
Si era innamorato delle sue gonne color panna che si contorcevano al vento estivo, dei suoi occhi grandi, della sua leggiadria e della voce delicata che esalava.
Ma amare e praticare l’amore non è la stessa cosa. E Albert non poteva praticarlo. Non con Val. Non con l’unica ragazza che avesse fatto perdere la testa anche al fratello minore.
‹‹Alb››, entrò in camera Valerié, seguita da Jack. ‹‹Ho scritto qualcosa di sbagliato?›› .
Il ragazzo scosse il capo e la tranquillizzò.
 
Era l’alba del venticinque ottobre, e Val si era recata a Sempreverde per aiutare gli amici nella coltura delle olive. Perciò aveva poggiato rocambolescamente la bicicletta in terra, e aveva annunciato la sua presenza.
‹‹Val››, la salutò Albert, da dietro un albero. ‹‹Voglio portarti in un posto››.
La ragazza si lasciò condurre dal biondo nelle interiora del bosco, che la spaventavano parecchio.
‹‹Ora voglio che tu mi prenda››, scherzò Alb, cominciando a correre in direzione del sole.
Val urlò il nome del ragazzo, agitata, poi lo seguì.
Dinnanzi a loro un bivio con tre uscite.
La ragazza batté le palpebre in modo affannoso e si bloccò. Non ricordava di aver mai visto quelle protuberanze all’interno di Sempreverde.
La prima, a sinistra, era cupa e lasciava intravedere la notte che doveva ancora diradarsi del tutto.
La seconda, quella centrale, era impossibile da studiare poiché inondata dalla nebbia.
La terza, l’ultima, era illuminata da una luce plumbea e raggiante.
‹‹Voglio che tu scelga un’entrata››, le ordinò Albert, raggiungendo la prima.
‹‹Alb, ma dove mi hai portata?››, domandò Val con le lacrime agli occhi.
‹‹Scegli un’entrata! Non puoi tornare indietro››.
La ragazza si precipitò senza pensarci due volte all’estremità della terza, esitante guardò Albert che con le lacrime agli occhi la salutò.
Val sentì una fitta al cuore, poi si trovò Jack dinnanzi a sé.
Simultaneamente, la volta celeste era diventata candida e le nuvole soffici, per via del sole, rispecchiavano un colorito rosastro.
I ciliegi avevano sostituito gli ulivi, e sul prato erano sparsi petali di rose bianche.
‹‹Jack?››, tremò Val.
Il ragazzo sorrise, le si avvicinò e le porse una mano.
‹‹Jack, perché mi guardi così?››, domandò spaventata la ragazza, intenta a fissare lo sguardo freddo del giovane, che a tratti sembrava quasi posseduto.
‹‹Ammettilo››, le impose lui, di punto in bianco, prendendole il viso tra le mani. ‹‹Tu ami me, vero? Ami solo me, non mio fratello.››.
Valerié si sentì oppressa o maledettamente confusa.
‹‹Ma cosa stai dicendo?››.
‹‹Devi ammetterlo››, urlò ancora Jack, cui occhi caramello venivano illuminati dal bagliore del sole. Lo ripeté un’ultima volta, poi mordicchiò le labbra della ragazza, che non si ritrasse ai denti. ‹‹Voglio baciarti››, sussurrò lui, prima di baciarla con delicatezza.
Val si sentì mancare talmente tanto da abbandonarsi alle braccia dell’amico.
‹‹Amami, e Albert tornerà dalle tenebre››, decretò Jack, interrompendo il bacio.
 
In quel momento Valerié si svegliò madida di sudore.
Si era innamorata, e quella notte aveva capito di chi.

 
 

 


Angolo autrice
Salve, gente, buona domenica :)
perdonatemi, fatelo, vi prego.
La storia è no sense, ed è scritta malissimo. Ma l'avrò riletta sì e no una volta, perciò siate buoni.
Premetto che la trama mi è stata ispirata da uno strano sogno di _Sunrise e quindi, è a lei che dedico Sempreverde. 
Magari recensite, così mi straconvinco del fatto che questa storia è davvero brutta. 
Ma, comunque, grazie per la vostra attezione.
Un bacio, Sleepingalone.


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