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Autore: nightmaresandstars    26/01/2014    1 recensioni
[SPOILER! Se non avete letto la trilogia, sbrigatevi e poi tornate qui!]
Helene Snow è la nipote dell'ormai ex Presidente di Panem. Questa è la storia degli ultimi Hunger Games.
Che i Settantaseiesimi Hunger Games abbiano inizio. E possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7 – I COMPORTAMENTI STRANI SONO ALL’ORDINE DEL GIORNO

Quando ho aperto gli occhi i capelli mi coprivano gran parte della visuale.
Non volevo alzarmi. Non volevo iniziare la giornata, perché svegliarsi voleva dire ricordare ciò che era successo. E non volevo farlo.
Ero davanti ad una scelta, e non avevo la più pallida idea di cosa fare. Di solito la gente voleva stare con me, ma solo per la mia parentela con i Presidente. Questi due non ne avevano motivo. Uno doveva odiarmi per aver rovinato la vita al suo distretto, l’altro stava per morire... non aveva senso!!
Mi sono tirata su, ero sdraiata di fianco, quindi  ho fatto parecchio movimento, e stiracchiandomi ho notato Jale, seduto in terra, con la testa appoggiata al letto che si stava svegliando.
«Che... Perché si qui?!» ho chiesto.
«Hai... hai avuto un incubo...» ha detto sbadigliando. «Ma non volevo svegliarti, quindi ho semplicemente tentato di calmarti... in più non volevo lasciarti sola, così sono rimasto qui.»
«Ah... ehm... ok... ehm» ho iniziato a farfugliare guardando le mani che stringevano convulsamente le coperte. «Allora... io vado a prepararmi, o preferisci andare prima tu?»
«No, vai prima tu, io vado dopo...» ha risposto alzandosi.
Sono entrata in bagno. Erano le otto, avevo dormito più o meno otto ore, ma i segni sotto gli occhi mostravano il contrario, da quelli avrei detto più o meno tre ore. Dovevo aver avuto veramente un brutto incubo.
Ho fatto una doccia veloce, e ho messo un po’ di crema colorata, per tentare di mascherare, anche se solo leggermente, quelle maledette occhiaie.
Ho messo un vestito al volo, non ho neanche badato a quale, tanto stavo per finire nell’Arena, probabilmente non aveva molta importanza com’ero vestita!
Quando sono uscita Jale era già vestito.
«Non vuoi farti una doccia?» gli ho chiesto perplessa, di solito, io, faccio la doccia ogni giorno, non la faccio solo se sono troppo stanca o proprio non ho tempo...
«No, mi sono lavato ieri... quando nasci nei Distretti non hai il lusso di poter fare la doccia quando vuoi!» mi ha risposto.
«Ah...» mi sentivo stupida per averlo chiesto.
«Comunque, vuoi mangiare in camera o andare di là?»
«Preferirei andare di là, se non ti da fastidio...»
«No, no... ma esci adesso, io esco tra cinque minuti, altrimenti capiscono che siamo stati nella stessa stanza.»
Beh... in realtà Gale già lo sa, quindi credo che lo sappia anche Haymitch...
Non sapevo se dirglielo o no, ma alla fine ho deciso che l’avrei solo turbato facendolo, forse sbagliavo, ma ho fatto così.
Quando sono entrato in sala, Gale e Haymitch erano già seduti a tavola e parlottavano tra di loro. Ho sperato tutta me stessa che Gale non gli stesse raccontando di ieri sera.
Quando si sono accorti di me è calato il silenzio.
Io ho forzato un sorriso e ho detto: «Buongiorno.»
Mi hanno sorriso e risposto inclinando leggermente il capo, mi sono seduta a tavola e qualcuno mi ha portato una tazza di latte caldo. C’erano dei biscotti, delle fette biscottate e varie creme e marmellate da poter spalmare. Ero talmente intenta a scegliere cosa mangiare che mi ero a mala pena accorta degli sguardi penetranti che mi stavano scagliando quei due.
Ho alzato lo sguardo su di loro, per quanto fossi affamata tentare di capire cosa stesse accadendo era più importante.
Stavo per aprire bocca quando i loro sguardi sono diventati ostili, non ho fatto in tempo a voltarmi che una mano si è posata sulla mia testa e Jale mi ha stampato un bacio sulla fronte.
Tra gli sguardi di fuoco che si stavano scambiando quei tre e il mio stupore la temperatura sembrava essere salita ad un livello insopportabile.
Che diamine sta facendo?!
«Buongiorno.» ha detto tranquillamente come se avesse appena fatto la cosa più naturale del mondo.
Quei due hanno risposto con degli sguardi in cagnesco.
Cominciamo bene...
«Allora... avete passato una bella nottata?» ha chiesto Haymitch.
«Secondo te con queste occhiaie posso aver dormito bene?» ho risposto.
Mamma mia! Siamo acide questa mattina, eh?!
Alla mia risposta ho visto Gale ha strabuzzato gli occhi, e Haymitch ha fatto un sorriso un po’ sghembo.
Che accidenti ho detto?? Aspetta... loro sanno che lui era in stanza con me! O mamma!
«Nel senso che ho avuto gli incubi... terribili!»
«Sì... certo. Mi fiderò sulla parola.» ha risposto Haymitch, gli avevo offerto un’opportunità d’oro per fare delle battute!
Ti prego, Jale, sta zitto...
«Perché, ti serve altro?»
«No... tranquilla, me la farò bastare.»
«Bene! E adesso per favore passami la crema di nocciole, che ho fame!» ho aggiunto sorridendo.

Dopo una colazione veloce ci hanno spediti in camera. “Si stava facendo tardi” a detta loro.
Senza obbiettare –non volevo cacciarmi nei guai- sono corsa via come un razzo per evitare domande strane da Jale o Gale.
Mi sono vestita di fretta e ho raccolto i capelli con un fermaglio. Non avevo la più pallida idea di come metterli, e tirati su mi sembravano ok, in più il fermaglio era nascosto, quindi sembrava qualcosa di complicato.
Sono tornata nel salone e già mi stavano aspettando.
«Stavo per venirti a chiamare.» ha detto Gale gentilmente.
«Oh... ehm, ci vuole un po’ più di tempo per mettere uno di questi...» ho risposto indicando il vestito.
Jale si è avvicinato, come aveva detto Haymitch “vicino-ma-non-troppo” e mi ha sussurrato: «Staresti molto meglio con i capelli sciolti.»
Brivido. In certi momenti mi ritrovavo ad odiarlo.
«Non toccare il mio fermaglio.» ho risposto a denti stretti.
«Ah! Hai solo quello? Ma allora è facile, credevo avessi messo non so quante mollette... ora ci penso io.»
«No!» ho quasi urlato allontanandomi da lui.
Ma non sono stata abbastanza veloce. Il suo palmo era già aperto contro la mia schiena, proprio tra le scapole. Il suo volto era terribilmente vicino al mio, tanto vicino che credevo stesse per fare una pazzia, come baciarmi davanti a quei due. L’altra mano, con una velocità assurda, è schizzata tra i miei capelli liberandoli dal fermaglio e facendoli ricadere sulle mie spalle, e lasciandomi andare subito dopo.
Le mie labbra si sono mosse per dire “ti odio”, ma la voce non è uscita.
«Molto teatrale.» ha detto Haymitch. «Ma non ho intenzione di perdere il mio tempo guardandovi flirtare. Muovetevi.»
«Oh. Questo è il minimo. Quando cresci nel Quattro i pochi giochi che hai riguardano l’afferrare i pesci a mani nude. Vincevo sempre.» Jale stava rispondendo ad Haymitch, ma l’ultimo pezzo della frase sembrava più riferito a Gale, come se volesse dirgli “datti una mossa o ne approfitterò”.
Gli ho dato una sberla sul braccio.
«Smettila di vantarti. Non interessa a nessuno come giocavi quando eri piccolo.»

Siamo scesi al pian terreno come ci era stato detto, e abbiamo trovato la più grande varietà di vestiti mai vista prima, nessuno, ovviamente, come quelli degli anni scorsi, in cui gli stilisti davano il meglio. Non sembrava la solita Parata, sembrava quasi di essere ad una serata di Gala...
Ho iniziato a guardare in giro gli altri.
La ragazzina dell’Uno è stata la più prevedibile. Una sottospecie di tutù con la gonna di tulle rosa e il corpetto pieno di brillantini rosa e fucsia. Sembrava un confetto sotto una pioggia di brillantini.
Il vestito di Volumnia –la ragazza del Quattro- aveva una sola spallina, era composto da veli, il colore andava dal blu scuro al bianco e la parte sul seno senza la spallina aveva dei brillantini. Mentre camminava dritta verso il suo compagno di distretto il vestito si muoveva leggero intorno alle sue gambe, nascondendole e mostrandole agli occhi di chi la guardava, sembrava proprio il mare che avevo visto in un vecchio filmato.
Facevo scorrere lo sguardo sulle carri tentando di individuare quello con il “12” stampato sopra, e non vedevo vestiti che aiutassero la gente a capire di che distretto facessero parte i ragazzi, fatta eccezione per pochi...
Quello di Fannia, per esempio era in pelle, marrone, con due spalline spesse e con una scollatura quadrata, era corto –arrivava a metà della sua chilometrica coscia- e in vita portava una cinta scozzese rossa e verde... dava l’idea di qualcosa di rustico, credo, e faceva pensare al Dieci.
Il vestito di Savera, Distretto Undici, invece aveva uno scollo a cuore verde prato, una fascia in vita verdino chiaro con dei piccoli brillantini e la gonna, fatta con tutti pezzi di stoffa svolazzanti color giallo oro, sembrava aver preso direttamente il grano per farlo.
Ok, se lei era l’Undici, dopo ci siamo noi...
E infatti eccolo lì, il nostro carro.
Sono passata a debita distanza dai cavalli, perché ne sono terrorizzata, e stavo per salire, quando mi sono accorta che dopo di noi c’era White.
Appena l’ho vista ho iniziato a correre verso di lei. L’ho abbracciata così forte che per un momento ho pensato che avrei potuto farle male. Solo dopo un po’ mi sono resa conto che era praticamente impossibile, lei era molto più forte di me!
In quel vestito era uno spettacolo! Aveva un vestito con lo scollo all’americana, che metteva in risalto il suo seno non molto abbondante, ed era verde evidenziatore. La parte superiore sembrava tutt’uno con la parte inferiore, divise solo da un cerchio di metallo. Dallo stesso cerchio partiva un altro pezzo di stoffa grigio-argento, che creava un bel contrasto con quel verde acceso.
«Hel!» m’ha detto rispondendo al mio abbraccio.
«White! Sono successe troppe cose! Mi sei mancata, non voglio più passare tutto questo tempo senza di te!»
«Ma Hel! È stato solo un giorno!»
«Lo so... ma è successo veram...» ho dovuto interrompere la frase prima di finirla, perché qualcosa aveva colpito il mio braccio, qualcosa che stava già lasciando una striscia rossa.
«Tribute!» ci ha apostrofato una donna vestita di grigio con dei bei boccoli biondi. «Avrete tempo di parlare più tardi, mentre dovrete lottare per non morire! Ah, Dodici, la prossima volta che ti becco ad abbracciare qualcuno la mia frusta potrebbe arrivare sulla tua faccia!»
La mia mente aveva già macchinato una risposta acida, ma mi sono sentita afferrare per le braccia.
«La scusi tanto!» ha detto Jale. «Le assicuro che non accadrà più!» ha aggiunto sorridendo.
«Meglio per voi!» ha risposto la nuova Pacificatrice subito prima di andarsene.
«Così non ti aiuti, Hel!» mi ha sgridato Jale.
«Lo so... lo so, non c’è bisogno che me lo ricordi.»
Lo sguardo di White era più che eloquente, era il tipo di sguardo che faceva quando capiva che le stavo nascondendo qualcosa, lo sguardo che diceva: “Hel? Devi dirmi qualcosa?!
Ho liquidato il suo sguardo con un gesto della mano e un sorriso, scandendo con le labbra la parola “Dopo”, per poi allontanarmi con Jale.
«Ehi,» ha iniziato subito Jale. «chi sarebbe quella?»
«La mia migliore amica.»
«Capisco.» mentre parlava si era avvicinato ad uno dei due cavalli del nostro carro e aveva iniziato ad accarezzarlo. «Vieni qui, dai, questo cavallo è così tranquillo!»
«Io... ehm... no. Non ho intenzione di venire ad accarezzare il cavallo. Puoi anche scordartelo!»
«Ma no... non dirmelo!» aveva già iniziato a ridere. «Hai paura dei cavalli?!»
«Ehm... sì.» ho detto annuendo. «Anche se, più che avere paura, ne sono letteralmente terrorizzata.»
«Addirittura?»
«È già.» E olè! Fantastico, adesso inizierà a ridere di me,a dirmi che neanche i bambini hanno paura dei cavalli, che sono ridicola...
«Anche mia sorella ne era terrorizzata...» ha invece ammesso.
Il mio sguardo, che era intento a fissare le mie mani, è schizzato sul suo volto. Aveva l’aria un po’ triste, ma sembrava aver superato la cosa.
«Tuo nonno la obbligava a fare delle assurde passeggiate a cavallo. Tornava a casa ogni giorno più scossa. Quando ha iniziato a ribellarsi... beh, è successo quel che è successo.» ha aggiunto facendo spallucce.
«Mi... Oh mamma, Jale, mi dispiace... »
«Figurati, non è colpa tu se tuo nonno era un po’ uno squilibrato.»
Per la prima volta da quando eravamo lì, il suo sguardo si è posato sul mio. La determinazione era chiara nei suoi occhi ambrati. L’espressione seria. Poi le sue labbra si sono increspate in un lieve sorriso, non so quanto di quel sorriso fosse naturale, o per divertimento e quanto, invece, fosse per tentare di non farmi pesare quello che aveva appena detto, ma era meraviglioso.
«Su, saliamo.» ha detto allungando la mano. «Lo spettacolo sta per iniziare, non vorrai fare tardi, sei praticamente la più attesa!»
«Ahahahahahahah! Ma te sei matto!»
Ho preso la sua mano e mi sono aiutata a salire. I carri sono partiti poco dopo, ma l’atmosfera a cui eravamo abituati, quella festosa, della gente urlante sugli spalti, aveva lasciato posto a gente seria, che ci fissava con lo sguardo clinico di chi deve capire chi siamo, capire su chi puntare la propria giocata per evitare di perdere tutti i soldi.
E alla fine sono riuscita a vederli. Lì, in fondo, su quel palco che avevo sempre odiato. Con lo sguardo fiero, Katniss Everdeen e Peeta Mellark. I loro volti si sono soffermati su di me, forse anche un po’ più del dovuto, come se avessero appena capito chi fossi.
 

*Angolino autrice*
E tra gli impegni e internet che non andava,
tra momenti di panico per vari compiti e interrogazioni,
la mia mente ha creato questo capitolo,
anche se devo ammettere che
essendo un capitolo di passaggio
non mi ha entusiasmato come quello scorso.
Voi che ne pensate?
Let me know!
A presto,
Lady_Periwinkle
  
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