Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Ashwini    26/01/2014    5 recensioni
Amia non è una semplice umana.
Andras è il demone che regna sull'Impero di Alloces.
Andras riuscirà a conquistare l'intero pianeta Terra tranne un piccolo territorio "protetto" dalla CGE, un'organizzazione umana corrotta da Rea e le sue sacerdotesse.
Rea vuole vendetta per un torto subito in passato a causa di Andras.
Ma chi è il vero nemico?
Una leggenda influenzerà i destini dei personaggi.
Damien, un simpatico demone biondo, e Raina, una spumeggiante umana, sapranno aiutare Andras e Amia, loro amici?
Dalla storia:
«Ti ho visto, ho incrociato i miei occhi con i tuoi. Ti ho conosciuto, ho intrecciato le fibre della traccia della mia vita con le tue. Ti ho guardato dentro, ho voluto te nella mia storia e me nella tua. Ti ho amato, ho combattuto, mi sto battendo, ci sto difendendo per farti restare lungo il mio percorso, ma mai ai suoi confini perché lì c'è solo dolore. Ti ho visto, ti ho conosciuto, ti ho guardato dentro, ti ho amato. Ti vedo e ti vedrò ogni giorno chiaramente, ti conoscerò sempre di più, ti affonderò ancora dentro, ti amo e sarò innamorata di te in eterno.» - Amia.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

Buonasera, ragazze! ^_^

Ehm... SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE per il tremendo, imperdonabile, ritardo. Confido nella vostra pazienza.

Comunque, ecco a voi il capitolo che avete tanto aspettato. Spero vi piaccia! Come sempre, fatemi sapere!

BUONA LETTURA!






***



Capitolo venticinquesimo: Traditore.






Pov. Raina


Continuavo a camminare avanti ed indietro davanti l'imponente porta a due battenti dell'ingresso, torcendomi allo stesso tempo le mani. Diventavo sempre più nervosa ogni minuto che passava, sempre più ansiosa di rivedere il mio Damien. Mancava da appena una giornata e già mi mancava terribilmente. Il problema era che, dopo tutto quello che era accaduto fra noi, la paura di non vederlo ritornare fra le mie braccia si era fatta più persistente. Più dolorosa. Sapevo di star esagerando adesso, insomma, non era mica andato in battaglia, solo ad una normalissima riunione, ma non riuscivo a levarmi dal cuore il peso di un brutto presentimento. Già da stamattina, infatti, mi sentivo strana, come se i miei sensi all'improvviso fossero stati amplificati a dismisura verso una nuova dimensione, verso un sapere che non sapevo nemmeno di conoscere. Certo, passando le mie giornate in biblioteca avevo notevolmente aumentato il mio bagaglio culturale, soprattutto riguardo il mondo di Damien, ma questa sensazione era diversa. Non sapevo ancora definirla entro un qualcosa di chiaro, quindi non ne avevo ancora fatto parola con nessuno, nemmeno con Amia o con Damien, ma sentivo che era importante capirne l'origine e l'utilizzo.

Scossi la testa, frustrata. Mi sentivo tanto una sensitiva al momento.

Improvvisamente, degli squilli di tromba mi distolsero dai miei pensieri, facendomi bloccare con un sussulto emozionato sul posto mentre volgevo la mia completa attenzione lungo il viale che portava all'ingresso del palazzo reale. E subito mi illuminai radiosa quando scorsi oltre la curva una carrozza ricca di particolari e gemme che si avvicinava rapidamente.

Mi precipitai, allora, per la scalinata in marmo bianco così da potermi trovare già lì davanti quando Damien sarebbe sceso dal mezzo. Trepidante di gioia, mi fermai non appena raggiunsi la meta.

Nel frattempo, la carrozza trainata da enormi cavalli bianchi giunse alla fine della sua corsa ed un valletto scese per aprirne la portiera di destra. Trattenni il fiato finché non scorsi i caratteristici capelli biondi di Damien uscire dall'abitacolo, infine, mi gettai fra le sue braccia senza pensare minimamente all'impressione che potevo aver dato a chiunque ci avesse guardati. Non mi importava.

<< Damien. >> sussurrai contro il suo collo, aspirandone l'odore che sapeva di vaniglia.

Le braccia del demone mi avvolsero in un abbraccio caloroso. << Buonasera, Raina. >>

Alzai il volto dal suo petto muscoloso. << Hai cenato, vero? >>

Lui, in tutta risposta, scoppiò in una fragorosa risata. << Sono appena tornato e tu mi chiedi se ho cenato? >>

<< Beh, sì, mi preoccupo per te... >> esclami risentita ma anche leggermente divertita. Non sapevo proprio rimanere un minimo arrabbiata con lui.

Damien mi diede un bacio sulle labbra, prendendomi il viso fra le mani, poi si staccò e mi fissò con uno sguardo dolce. << Sto bene, e stai pure tranquilla: ho già cenato abbondantemente con i miei compagni dopo la riunione. >>

Sorrisi, soddisfatta. << Okay. Ora, credo che sarai stanco, sarà meglio che tu vada a letto a riposare. Io ci tenevo solo ad aspettarti prima di andarmene a letto. >>

Damien mi diede un altro veloce bacio prima di poggiare la fronte contro la mia. << Grazie del pensiero, davvero, ma avrei una piccola richiesta da farti. >>

<< Va bene... qual'è? >> chiesi, curiosa.

Lui accostò il volto al mio, sussurrandomi poi nell'orecchio: << Devo parlarti urgentemente di una cosa e gradirei farlo in un posto appartato, così da potercene stare tranquilli da soli... la mia stanza, magari. >>

Arrossii di botto. Che cosa?!

<< Oh... ehm... >> ero senza parole, non sapevo proprio che dire.

<< È importante. >> insistette lui.

Annuii in segno d'assenso. Mi fidavo ciecamente di lui e se voleva parlarmi di una cosa di massima importanza allora lo avremmo fatto. Per quanto Damien fosse simpatico, divertente e libertino, sapevo che nascondeva anche un lato più serio e riservato. Ed erano proprio queste sue qualità che adesso trasparivano dal suo sguardo, incantandomi.

Scoprire sempre più lati di lui era davvero elettrizzante!

Damien mi prese per mano e mi condusse dentro il palazzo sino alla sua stanza in un imbarazzante silenzio. Di che cosa mai intendeva parlarmi? Era diventato così strano negli ultimi minuti...


Seduta sulla sedia della scrivania, guardavo l'elegante profilo di Damien, il quale si intratteneva già da un po' ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra con sguardo assorto, come ricercando lì le parole più adatte per iniziare il suo discorso.

Mi schiarii la voce e Damien parve riscuotersi dallo stato di trans nel quale era caduto. << Sì, scusa, ora possiamo iniziare. >> disse subito dopo essersi inginocchiato davanti a me.

<< Damien... cosa c'è? Eh? >> chiesi, piegando la testa di lato.

Lui mise entrambe le mani sulle mie ginocchia. << Ho parlato con Andras di una cosa e... >>

<< Oh, sì! Il regalo! >> dissi impulsivamente, tappandomi la bocca l'attimo seguente. Dio, che figura...

Damien parve confuso poi scosse la testa. << Non è questo... senti, è già difficile da dire, quindi... fai parlare solo me per ora, okay? >>

Annuii, imbarazzata.

Damien prese un bel respiro, poi continuò dicendo: << Dicevo, io ed Andras abbiamo discusso sul destino tuo e di Amia e tra tutte una soluzione ci è parsa la più adatta per ovviare ad ogni nostro problema. >>

Sorrisi, tranquilla. << Sarebbe? >>




Pov. Andras


Allungai una mano verso Amia, scostandole piano una ciocca ribelle dal viso placidamente addormentato, così da non rischiare di svegliarla prima del dovuto. Lei, nel sonno, storse comunque il naso per poi accennare ad un sorriso sereno. Le misi, allora, un braccio attorno alla vita, stringendola possessivamente a me.

Dopo cena ci eravamo intrattenuti con i miei genitori per qualche ora, discutendo dei doveri e delle nuove responsabilità di Amia solo nei primi minuti, poi, stanco di tornare sempre e solo sullo stesso argomento di prima, li avevo azzittiti come ero solito fare con chi mi annoiava. Genitori o no, dovevano portare rispetto a me come ad Amia, dopotutto, ora faceva praticamente parte della famiglia. Avrebbero dovuto farsene una ragione, soprattutto perché, almeno per quanto mi riguardava, lei era molto più importante di loro. Amia era l'unica persona di cui probabilmente non avrei più potuto fare a meno. Ormai, mi era inconcepibile pensare che qualcosa, o qualcuno, ci avrebbe mai divisi. E, comunque, avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per impedirlo. Lei era mia, e questo non era più una cosa su cui discutere ulteriormente. Persino i miei genitori, alla fine della serata appena trascorsa, l'avevano capito. E poi, in fin dei conti, loro erano il male minore.

Ed ora, sdraiato nel mio, nel nostro, letto non riuscivo più a staccare gli occhi dalla mia... dalla mia...

<< Mmh... Andras... >> mormorò Amia nel sonno, sorridendo ancora una volta.

Le accarezzai i capelli, sorridendo a mia volta. Certo che quando dormiva era proprio un angelo... il mio angelo. Ma la preferivo comunque da sveglia, così che io potessi stuzzicarla quanto e quando volevo. Amavo quella sfumatura minacciosa e ribelle che assumevano i suoi occhi azzurri quando le rendevo la vita poco facile. Amavo anche i suoi piccoli pugni che si stringevano quando mi rispondeva a tono e quelle labbra tentatrici che, indisponenti, mi scatenavano contro i più fantasiosi epiteti.

Tolsi la mano dai suoi capelli rossi e la posai sul suo fianco nudo ad di sotto della coperta che ci copriva entrambi sin da quando l'ultimo orgasmo ci aveva colti. Insaziabile, le avevo, infatti, messo le mani addosso non appena ci eravamo richiusi la porta della mia camera alle spalle. Lei, ridacchiando, mi aveva subito intrecciato le braccia dietro al collo per poi baciarmi appassionatamente. Inutile dire che il suo essere sempre meno pudica nei miei confronti mi eccitava da morire.

Amia si rigirò nel letto, sospirando con le braccia strette al petto. Non resistendo oltre, mi chinai per baciarla.

Sbuffando, mi lasciai ricadere sul letto. Stavo diventando pazzo, non c'erano altre spiegazioni per il mio assurdo comportamento negli ultimi tempi. Più volte avevo cercato di trattenermi dal mostrare ad Amia più del necessario, ma poi mi ero puntualmente contraddetto agendo d'impulso nel modo opposto.

Le lanciai un'occhiata di sbieco. Era tutta colpa sua e del suo essere così dannatamente perfetta per me.

Mi presi la testa fra le mani. Ma che diavolo andavo a pensare, adesso? Merda.

<< Andras? >> mi sentii chiamare dopo un po'.

Voltandomi, mi scontrai con quei luminosi zaffiri che Amia aveva al posto degli occhi. Senza quasi rendermene conto, scattai in avanti e l'attirai completamente a me.

<< Buongiorno. >> sussurrai.

Amia strofinò il naso sul mio, stiracchiandosi nel tentativo di liberarsi più in fretta dello stato di torpore che l'aveva avvolta nel sonno.

<< Che ore sono? >> chiese, stropicciandosi gli occhi.

Le modellai il labbro inferiore con il pollice della mano. << Se vuoi puoi continuare a dormire, è ancora presto per alzarsi. >>

Amia mi sorrise. << No, sono sveglia, ormai non mi addormento più. Tu hai dormito bene? >>

Alzai le spalle. << Abbastanza. >> feci una pausa e le accarezzai una natica << Tu? >>

Lei si alzò dopo aver dato una veloce scrollata ai capelli e mi sovrastò con entrambe le braccia poggiate ai lati della mia testa. << Benissimo. >>

La avvolsi tra le mie braccia, ghignando maliziosamente. << Mi stavi sognando prima. Posso sapere a cosa era dovuto il tuo pronunciare il mio nome nel sonno? >>

Amia avvampò ed io sogghignai compiaciuto. Dopotutto, era ancora la ragazzina pura ed innocente di una volta.

<< Vorrei fare colazione. >> disse, cercando di cambiare argomento.

Spinsi il suo bacino più a contatto con il mio e lo scontro delle nostre rispettive intimità mi provocò un piacevole brivido lungo la schiena.

Amia gemette. << Mmh... >>

<< E sentiamo, cosa desidereresti mangiare? >> risposi, guardandola con desiderio. Io sapevo già cosa volevo, e credevo anche di conoscere la sua di risposta, ma volevo sentirgliela dire o non ci sarebbe stato alcun gusto.

Amia sembrò pensarci su, poi inclinò la testa di lato con un mezzo sorriso. << Oh, qualcosa di molto speciale, te lo assicuro. Vuoi che te lo mostri? >>

Schioccai la lingua con in mente la lussuria più sfrenata. << Sorprendimi. >>




Pov. Amia


Molte ore dopo, mentre ero in bagno a vestirmi per rendermi presentabile, sentii un'ormai familiare presenza alle mie spalle. Due grandi mani si posarono sulle mie intente ad abbottonare la camicetta che mi ero fatta portare poco prima da una cameriera.

<< Andras... >> cominciai, severa.

Lui soffiò sul mio orecchio sinistro, sussurrandomi: << È colpa tua, Amia. Se tu non avessi lasciato la porta aperta, il tuo profumo alle rose non mi sarebbe arrivato alle narici ed io non avrei avuto la tentazione di entrare qui per dare un'occhiata più da vicino al tuo splendido corpo. >>

Sbuffai, leggermente divertita ed ingentilita dal suo commento. << Sei insaziabile, te ne rendi conto, vero? >>

Fui orgogliosa del tono fermo che ero riuscita a tirar fuori: era importante mantenere una certa posizione.

Andras restò qualche attimo in silenzio, poi poggiò il mento sulla mia spalla. << Mmh, ho appena ricevuto un messaggio mentale da Damien. A quanto sembra, la tua amica è restata piacevolmente sorpresa del suo ormai prossimo matrimonio. Al contrario di te, lei apprezza i vantaggi che ne deriveranno. >>

Non potei fare a meno di notare un certo nervosismo nella sua voce.

Ridacchiai. << Raina è fatta così, sapevo già come avrebbe reagito alla notizia. Ah, non vedo l'ora di parlarne con lei! Mmh... credo che ci andrò subito, tanto ho ancora un po' di tempo prima della nostra sessione d'allenamento. >>

Feci, quindi, per uscire dal bagno, ma Andras mi riavvicinò a sé con una mossa veloce del braccio. << Dove pensi di andare, eh? Noi non abbiamo ancora concluso il discorso. >>

Mi voltai, cercando di essere convincente. << Lo continueremo più tardi, tranquillo. >>

Andras inarcò un sopracciglio, scettico.

Mi morsi il labbro inferiore ed Andras mi lasciò andare, seccato. << Fai in fretta e non ti dilungare troppo con quella pettegola della tua amica. >>

<< Che, tra parentesi, è la prescelta del tuo migliore amico. >> finii per lui la frase con un sorriso divertito.

Lo sentii borbottare qualcosa che non riuscii ad afferrare mentre si dirigeva con il suo solito passo elegante verso la libreria nello studio. Lo seguii in silenzio per poi prenderlo per la manica della camicia, così da poter richiamare la sua attenzione che, ora come ora, sembrava altrove.

<< Ne vuoi parlare adesso? >> chiesi, un tantino titubante. In realtà era l'ultima cosa che volevo, ma l'espressione tetra che aveva assunto Andras mi preoccupava.

Il mio demone, ancora concentrato nel cercare qualcosa in particolare fra i vari documenti, mi ignorò.

Strinsi le labbra in una linea dura. << Sto parlando con te! >>

A quel punto, lui si girò leggermente. << Ho sentito. >>

<< Quindi? >> dissi, spazientita.

<< Quindi, vai pure. >> rispose.

Mi intrufolai fra le sue braccia. << Sei arrabbiato? >>

<< Sì, ma non con te. Stavo solo... riflettendo su una cosa che mi hanno riferito. Dopo Damien, sono stato velocemente contattato anche da un mio altro sottoposto. Mi servono dei documenti, così che io possa convocare una riunione fuori programma per discutere del nuovo problema. >>

Spalancai gli occhi, sorpresa. << Cosa? Ma... parlamene, forse posso... aiutarti... in qualche modo. >>

<< No. >>

Secco e conciso come sempre. Anzi, come una volta.

Lo presi per il bavero della camicia. << No un corno, Andras. Accidenti, perché ti ostini ancora a tenermi nascoste delle cose?! >>

Andras sospirò mentre si passava una mano sulla faccia. Nell'altra mano, invece, teneva i documenti di cui aveva bisogno.

Mi feci coraggio e continuai: << Ci fidiamo l'uno dell'altra, no? Siamo una squadra, ormai, io e te. Ed appunto per questo dobbiamo collaborare. Insieme, faremo tutto meglio e prima. Insieme, possiamo farcela. Io sarò la tua prescelta, ma anche tu sei il mio compagno, o sbaglio? >>

Andras mi mise le mani sui fianchi, guardandomi serio con quegli occhi blu mare che sembravano sondarmi a fondo l'anima. << Non sono cose per te, Amia. Come mia prescelta non ti si chiede di... >>

<< Non mi interessa cosa non mi si chieda, okay?! >> grugnii, infastidita.

<< E allora cosa ti interessa? >> mi chiese lui.

Poggiai una guancia sul suo ampio petto muscoloso, avvolgendolo fra le mie braccia. << Te. Mi interessa di te. Voglio sapere tutto ciò che ti riguarda, anche se ciò potrebbe turbarmi o mettermi in pericolo. >>

Andras mi scostò piano e mi alzò il mento con due dita. << Finché io vivrò, tu non sarai mai in pericolo. Comunque, se proprio ci tieni, verrai con me alla riunione per sentire tutto con le tue orecchie. >>

Spiazzata, boccheggiai per qualche secondo. Wow... non immaginavo di spuntarla tanto in fretta.

<< Per me va benissimo, dammi il tempo di mettermi i pantaloni e arrivo. >> affermai, già alla porta del bagno per finire di sistemarmi a dovere.

Sentii lo sguardo insistente di Andras sulla schiena e mi voltai, inclinando la testa.

<< Qualsiasi cosa sentirai fra poco, promettimi che resterai lucida e razionale. Promettimi che non ti butterai alla cieca, e che prima di decidere di fare qualunque cosa mi consulterai. >> disse, e sembrava mi stesse pregando.

La mano che stavo tenendo sulla maniglia in oro della porta del bagno, tremò. Perché adesso mi stava ponendo tutte quelle richieste? Cosa c'era sotto?

<< Te lo prometto, Andras. >> dissi, e qualcosa nella parte più oscura della mia testa sapeva già che non avrei mantenuto la parola.




... Nel frattempo sul pianeta Terra ...


Pov. Rea


<< La ragazza deve essere portata qua, subito. >> disse Marcus, osservandomi con durezza.

Alzai il mento, lanciandogli uno sguardo di sfida. << Accadrà presto, non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo. E la mia spia, peraltro, mi ha riferito che lei e l'imperatore si sono già uniti. Confido, dunque, in un loro matrimonio imminente. >> spiegai, pragmatica.

Edward Price, l'attuale Comandante Supremo della CGE, mi fissò a sua volta con il gelo negli occhi. << Forse mi sbaglio, Rea, ma sento che lei qui ci stia nascondendo un pezzo fondamentale del puzzle. >>

Guardai la moglie del Comandante con rimprovero. Quella stupida non riusciva neanche a tenere a bada un misero essere umano.

<< Tesoro, la mia signora sta già facendo tutto ciò che è necessario alla nostra causa. Credimi, avrai le ricchezze dell'Impero di Alloces prima di quanto tu creda. >> disse quella, arricchendo le sue parole con la magia.

Edward Price assottigliò lo sguardo per un attimo mentre le mani si chiudevano a pugno sulle carte ordinatamente disposte sul tavolo di vetro della stanza. La moglie vacillò, sorpresa che il marito non avesse immediatamente ceduto sotto il suo incantesimo. Anche io ammettevo di non capire la ragione del fallimento della mia seguace. Non era una delle sacerdotesse più dotate, certo, ma sapeva cavarsela contro la mente primitiva di un umano. E sapeva anche come annebbiare i sensi senza che il diretto interessato lo notasse.

A quanto sembrava, non ero l'unica a nascondere qualcosa.

Mi concentrai, allora, sul Comandante Supremo e, ricorrendo ad i miei poteri, analizzai con cura la sua aura. Aura che appariva in tutto e per tutto normale.

Dischiusi leggermente le labbra per poi umettarmele.

Quell'uomo doveva essere eliminato. Era meglio farlo fuori prima che potesse immischiarsi in cose che avrebbero rischiato di rovinarmi i piani con le loro alterazioni.

<< Rea, non possiamo attendere oltre. È necessario che la ragazza parli con noi prima del suo matrimonio con l'imperatore. Quel demone ha distorto abbastanza la sua mente. >> disse Marcus ad un certo punto.

Osservai con attenzione i suoi lunghi capelli bianchi che discendevano in morbide onde sulle spalle. Da quanto lo conoscevo? Anni? No, secoli. Secoli trascorsi in un'alleanza profonda e fertile.

<< Proprio per questo dobbiamo attendere che dia alla luce l'erede al trono, il demone leggendario di cui parla la leggenda. Pensateci, credete davvero che dopo quello che le diremo avrà ancora intenzione di unirsi all'imperatore? E dopo, dopo cosa faremo? Costringerla non servirebbe, lo sapete anche voi. L'erede non può essere concepito senza il consenso d'amore reciproco della prescelta e del suo compagno. Invece, se procederemo come dico io, non solo avremo un'altra potente sacerdotessa ai nostri comandi, in grado di influenzare l'imperatore, ma anche mio nipote. Il potere di mio nipote, per la precisione, che ci aiuterà a conquistare non solo l'Impero ma anche i regni vicini. Ed appena il suo potere si sarà perfettamente formato, potremo prelevarlo senza problemi dal bambino subito dopo aver reso innocua la mia discendente che, converrete con me, per quanto estremamente dotata, non ha la mia immane esperienza con la magia sacerdotale. >> dissi, ghignando pericolosamente e pregustando già il dolce piacere della vendetta.

Marcus incrociò le braccia al petto, ancora indeciso sul da farsi. << E tu sei assolutamente certa che riusciremo a convincere la ragazza a stare dalla nostra parte? A tradire il suo compagno? Io non credo. Hai sentito il rapporto del nostro inviato: lo ama. Troppo per pensare anche solo di arrecargli un qualsiasi danno. Riguardo l'imperatore, poi, non so che dire... prova interesse per la ragazza, dopotutto, tra loro vige il legame della leggenda, ma non saprei dire se il sentimento è già tanto forte da potersi considerare amore. E, come ci hai appena ricordato tu, l'erede non può nascere in simili condizioni. No, secondo me dobbiamo informarla prima di ciò che sappiamo, così sarà più decisa nell'intento di farlo innamorare di lei. La ragazza troverà, quindi, il modo di unirsi a lui e, amandosi, faranno proprio il nostro gioco. Dopo, a conseguenza di ciò, ferirà l'imperatore lasciandolo solo e verrà dritta dritta da noi con l'erede in grembo. Che modo migliore di ottenere vendetta se non mollare l'amato immediatamente dopo l'atto d'amore? Sarà un lavoro pulito, semplice e che porterà alla distruzione di entrambi. >>

<< Giusta osservazione. >> sogghignò il rappresentante del Consiglio dei Dieci, Roland.

Edward Price annuii, convinto anche lui delle parole di Marcus. La moglie, al contrario, guardava alternativamente il marito e me, agitata, anche se era più che ovvio che la sua unica preoccupazione fosse quella di evitare che il suo sciocco marito mi facesse innervosire, perché in tal caso io l'avrei severamente punita. Figuriamoci se a lei importava della vita del marito. No, era la sua ad interessarle. A me, invece, non importava della vita di nessuno dei due.

Impassibile, soppesai le parole di Marcus per qualche istante. Non era male come piano, in fondo. Ma...

<< Mi preoccupa la reazione che potrebbe avere l'imperatore se all'improvviso si ritrovasse solo. Quel demone è pericoloso, immaginate cosa potrebbe fare una volta fuori controllo. >> dissi, pensierosa.

Edward Price incrociò le mani davanti al volto. << Appunto, non avrà la mente lucida e, pensando unicamente al modo di riportare la ragazzina indietro da lui, agirà irrazionalmente e noi potremmo colpirlo là dove è più debole senza troppe difficoltà. La ragazzina, la sua sola debolezza, gli impedirà di pensare alla sua sicurezza. >>

Picchiettai ritmicamente un'unghia sul tavolo. << Bene, faremo così allora, ma ricordate che l'imperatore è mio. Desidero essere io a dargli il colpo di grazia. >>

<< Certamente, Rea. Ora, perché non ci rilassiamo un po'? Faccio subito portare un tè per tutti. Discuteremo più tardi dei particolari dell'operazione. >>

<< Un attimo, il messaggio è già stata inviato? >> chiesi.

A quel punto, non c'era volto che non avesse un pericoloso ghigno in faccia.

Sorrisi anch'io, soddisfatta. Quella ragazzina sarebbe subito corsa da noi, cadendo dritta dritta nella mia trappola. Ormai, era solo questione di tempo.





Pov. Amia


La sala riunioni era circolare e molto spaziosa, ricca e severa in ogni suo particolare. Io, con le mani giunte in grembo, me ne stavo comodamente seduta nella sedia accanto al mio demone che, ovviamente, occupava una regale poltrona a capotavola.

Non molto tempo dopo, vennero annunciati i consiglieri e i capi militari di corte più importanti e, una volta entrati, si erano seduti ai loro posti a seguito di un inchino ad Andras e a me.

Arrossii, piena di imbarazzo. Andras doveva aver riferito a tutti della mia nuova posizione e se da un lato ne ero felice e lusingata, dall'altro ero nervosa. Ormai, non potevo più comportarmi con leggerezza, dovevo mostrami forte e sicura di me, degna di stare al fianco di Andras. Dopotutto, un giorno avrei regnato al suo fianco.

Pensare a me come l'imperatrice dell'Impero di Alloces mi fece venire un capogiro. Non riuscivo ancora ad immaginarmi così.

Mi sistemai meglio al mio posto e feci un cenno di cordiale saluto ai nuovi arrivati in sala. In più, sorrisi a Damien mentre questi si andava a sedere alla sinistra di Andras.

"Ciao, carotina." mimò con le labbra.

<< Michael, aggiornami. >> disse semplicemente Andras ad un uomo seduto all'altro capo della lunga ed ampia tavolata.

Il demone appena interpellato aveva sulla divisa numerose medaglie, il che mi fece pensare che doveva essere molto forte, anche perché emanava una professionalità davvero stupefacente.

<< Come avevamo previsto, il Sud e l'Ovest sono ormai nelle nostre mani, mio Signore. Le guerre che avevamo in corso sono finalmente finite e stiamo, dunque, provvedendo a far tornare a casa gli eserciti con parte degli armamenti. Ovviamente, un buon numero di soldati resterà sul posto finché non stabilizzeremo il nostro dominio militare e governativo sui loro regni. Mancano solo da sbrigare le ultime formalità riguardo alcuni aspetti burocratici. Nulla di impegnativo, comunque. Rixon e Jev partiranno stasera stesso per controllare che tutto venga fatto secondo la tua volontà. >> disse Michael mentre Rixon e Jev annuivano con solennità.

Nessuno sorrideva, nessuno fiatava o si muoveva sulla sedia. La serietà era assoluta.

Andras si grattò il mento con due dita, poi riposò la mano sul tavolo. << Bene, non mi aspettavo di meglio da voi. Ottimo lavoro. Dopo questa e la scorsa riunione possiamo anche chiudere l'argomento: da adesso in poi sapete cosa fare. Il fatto che sia il Sud che l'Ovest siano stabili è un punto a nostro favore, e le minacce che ci restano saranno certamente più semplici da eludere. Dopo che tutto verrà sistemato, faremo in modo di rendere utili queste nuove conquiste per la guerra che ci aspetta contro la resistenza terrestre. Vi raccomando di informarmi su ogni cosa, perché anche il minimo errore potrebbe costarci caro. Ora, Michael, vediamo di discutere di Rostam. >>

<< Il Regno del Nord sta ancora manifestando una tenace capacità di resistenza ai nostri attacchi, ma come avevamo intuito le sacerdotesse non c'entrano nulla in questa faccenda. A quanto pare non sono arrivate fin lì. Dai dati raccolti, risulta che solo il loro luogo d'esilio ed il territorio della resistenza terrestre sono nelle loro mani. Ovviamente, non stiamo cessando nemmeno per un attimo di pressarle ai confini. Qualche punto sembra cedere ma ancora non siamo riusciti a penetrare le loro difese. Il potere che stanno esercitando è grande, mio Signore. Le barriere che hanno eretto ancora di più. Fortunatamente, però, noi non siamo da meno. Ricollegandoci al Regno del Nord, Rostam, posso assicurare che niente sta interferendo in questa guerra. Inoltre, abbiamo fatto in modo che degli infiltrati entrassero entro le mura reali. >> riprese il demone di nome Michael.

Andras sorrise soddisfatto. << Magnifico. Quindi? >>

<< Per ora non abbiamo ricevuto informazioni utili al nostro caso, ma ho avuto notizia di un'arma speciale. >> rispose l'altro.

<< Si sa già di che si tratta? >> si inserì Damien.

Michael scosse la testa. << No, purtroppo, ma stiamo facendo di tutto per saperne qualcosa di più. Contiamo di conoscere altri particolari entro la prossima settimana. >>

Damien si scambiò un'occhiata con Andras che mi parve davvero sospetta. Che sapessero più di quanto davano a vedere? E cosa di preciso?


Tu ne sai qualcosa, vero? Chiesi mentalmente.


Sì, poco, ma ciò che ho sentito è stato abbastanza da confermare i miei dubbi. Mi rispose Andras.


Me lo spiegherai più tardi?


Certo, eravamo d'accordo.


Avevo capito che ora non era possibile perché non si ci poteva fidare di nessuno in questi casi. C'era troppo in ballo. Per fortuna, però, io e Damien eravamo dei privileggiati in tutta questa faccenda perché avevamo la piena fiducia di Andras.


<< Veniamo al dunque. >> disse Andras dopo un attimo di silenzio << Che sappiamo sulle sacerdotesse e le loro armi? Riassumiamo il tutto e aggiungiamo il nuovo. >>

A quel punto tutti coloro che erano seduti al tavolo si girarono a guardarmi.

Sentendomi osservata, dissi: << Presumo che a tal punto dovrò dire anche io la mia. Bene, ditemi pure. >>

Un demone seduto accanto a Michael gonfiò il petto e fece capire a tutti che voleva prendere lui per primo la parola. Annuii in segno d'assenso.

<< Mi chiamo Strauss, mia Signora. >> si presentò il demone dopo aver chinato rispettosamente la testa << Volevo sapere se lei è capace di entrare nella testa delle altre sacerdotesse e spiare così le loro mosse per noi. >>

Subito avvertii un groppo in gola. Non mi aspettavo che la domanda che più temevo mi sarebbe stata posta sin dal primo confronto.


Rispondi. Mi incoraggiò Andras.


Presi un bel respiro e risposi: << Sì, ne sono capace, ma non riesco a farlo intenzionalmente. Ho scoperto da poco le mie origini e non sono ancora brava ad utilizzare i miei poteri. Vi assicuro che imparerò presto così che possa rendermi utile. >>

Strauss annuii. << Capisco perfettamente, mia Signora, e sono certo che farà un ottimo lavoro. >>

Mi sentii importante per la missione e ripresi con più sicurezza: << E posso dirvi di più: ho un collegamento psichico diretto con nientepopodimeno del capo delle sacerdotesse. >>

Attesi soddisfatta durante i pochi secondi di suspence che seguirono alla mia rivelazione, immediatamente appagati dalle successive esclamazioni di gioia e trionfo dei presenti.

Andras riportò l'ordine nell'ampia stanza con un pugno battuto sul tavolo. Il silenzio calò e tutti noi tesimo le orecchie per ascoltare ciò che aveva da dire. Era incredibile come la sua presenza fosse prestante, forte e possente, ma soprattutto incapace di essere ignorata: tanto faceva vibrare l'aria circostante.

<< Calmatevi, prego. Amia non è ancora pronta per fronteggiare la mente di Rea. Credo che tutti voi sappiate che persino i più bravi hanno ceduto a lei in più di un'occasione. Purtroppo, quella donna è estremamente potente, troppo pericolosa per un'inesperta. Amia è alle prime armi in molte cose, ve lo dico sin da ora. Comunque, sta dimostrando una tenacia ammirevole che gioverà ai nostri allenamenti speciali, specialmente a quelli che terremo sul campo quando la riterrò abbastanza capace. Vi chiedo, quindi, altro tempo per prepararla, poi potrete certamente confidare nel suo aiuto. >> disse, gettando un'occhiata ammonitrice agli altri demoni che subito annuirono.

Strinsi i pugni sotto al tavolo. Io volevo rendermi utile adesso. Fare qualcosa che mi rendesse speciale e facesse parlare bene di me in tutto l'impero. Desideravo ardentemente mettermi alla prova.


Amia, ricorda la tua promessa. Niente mosse azzardate.


Voltai leggermente il capo verso Andras per poi assottigliare gli occhi. Sì, lo so, non c'è bisogno di farmelo presente.


Il modo in cui Andras inarcò un sopracciglio non mi piacque per niente. Mi preparai al peggio.


<< Bene, direi che possiamo passare al prossimo argomento della giornata. >> cominciò Damien, lanciando un'occhiata preoccupata prima ad Andras, che subito incrociò le braccia al petto, e poi a me << Dunque, di recente abbiamo ricevuto un messaggio da parte dell'uomo a guida della CGE. >> proseguì, sospirando << Ecco, ora ve lo leggo: Sommo imperatore, il mio sarà un breve messaggio, ma vi suggerisco di darvi molto importanza, oltre che attenzione. So che nessuno di voi verrà a reclamare i soldati che i miei uomini hanno abilmente catturato: li avete addestrati molto bene, preferiscono morire piuttosto che rivelare qualcosa, e nemmeno le mie alleate riescono a penetrare la loro mente prima che si suicidino attivando un microchip che provoca l'arresto cardiaco. Ma forse vi disturberà sapere che stavolta abbiamo un prigioniero decisamente più interessante. Credo che già lo sospettavate, in ogni caso, vi comunico ufficialmente che... >> la voce di Damien si interruppe per un attimo, poi riprese << ... il padre della vostra protetta è dalla nostra parte, completamente soggiogato dal potere di Rea. Ormai, non prova più nulla per sua figlia. Niente di niente. Anzi, vi dirò di più: lui vuole ucciderla di persona. >>

A quelle ultime parole, il mio cuore mancò un battito. La stanza prese a girare e dovetti fare pressione con le braccia sul tavolo per non svenire all'istante. Mi aggrappai all'ultimo briciolo di lucidità rimasta per mettere di nuovo a fuoco la sala riunioni e le figure dei demoni che mi circondavano. Spostai rapidamente gli occhi da una parte all'altra, non sapendo bene cosa fare o dire. Non mi sentivo più padrona del mio corpo ed il mio subconscio stava cedendo il passo ad un lacerante urlo interiore. Perché se fuori ero paralizzata, dentro stavo impazzendo. Mi sentivo morire, non c'era altro modo per spiegare il mio attuale stato d'animo.


Distrattamente sentii la voce di Andras nella mente, accompagnata dalla solita brezza marina. Amia, avevi promesso...


Al diavolo ciò che avevo detto.

Mi alzai di scatto dalla sedia su cui poco prima mi ero afflosciata, distrutta da ciò che diceva il messaggio. << Scusate. >> mormorai soltanto, già alla porta.

Con gli occhi appannati dalle lacrime che premevano per uscire, notai Damien che mi guardava con tristezza mista a pietà, mentre Andras, come sempre, era impenetrabile.

Corsi fuori, liberando gli argini che fino ad allora ero riuscita a non far straripare. Corsi via, fuggii da una verità troppo grande per me.

Non ero in grado di reggere proprio quel peso.

Qualche settimana prima avrei detto che della vita di mio padre non me ne importava più, non dopo che aveva ucciso la mamma. Ma ora, ora che sapevo tutta la verità, ciò che realmente lo aveva mosso a comportarsi male con me e mia madre in tutti quegli anni, non potevo ridere della sua sorte.

Avevo sempre aspirato all'amore di mio padre, mi ero sempre fatta in quattro per compiacerlo, per potergli far dire di essere orgoglioso di me. Me, che una volta ero la sua principessa. Me, che in passato ero persino riuscita a farlo ridere come mai nessuno prima di allora.

Me, che improvvisamente ero diventata invisibile ai suoi occhi.

Avevo sofferto, terribilmente, ma il mio cuore aveva sempre sperato in una nostra riappacificazione. Sempre. Anche quando mi capitava di cedere e dubitare, l'avevo guardato da lontano con gli occhi in fiamme, pronta a rialzarmi e a lottare con ancora più tenacia per lui. Inconsapevole che anche lui stava lottando per me ed il mio futuro.

Sì, ora sapevo che non aveva mai cessato di volermi bene. E fino a poco fa avevo anche creduto possibile una vita insieme a lui.

Mi asciugai gli occhi con forza, singhiozzando. Perché non potevamo essere felici, di nuovo insieme e pronti a riconciare da capo? Perché a noi? Perché?!

Scivolando con la schiena sul muro, piombai a terra con un tonfo che rimbombò per il corridoio.

Sta andando tutto a rotoli, pensai.

Nascosi la testa fra le ginocchia, tentando di regolarizzare il respiro accelerato.

Non potevo permettermi di perdere mio padre adesso, proprio ora che avevo compreso le sue buone intenzioni nei miei riguardi e desideravo soltanto riabbracciarlo e non lasciarlo andare mai più via da me, la sua famiglia.

Diedi un pugno rabbioso al muro dietro di me. Ormai, ero fuori controllo.

Mio padre non poteva odiarmi, non sul serio. Non l'avrei mai accettato questo. Mai. Dovevo riportarlo da me il prima possibile. Forse, se ci avessi parlato, avrei potuto tentare di farlo ragionare. Magari, ascoltando le mie parole, avrebbe riavuto la ragione e mi avrebbe riconosciuta come la figlia che aveva sempre amato più di se stesso.

Appoggiandomi alla parete, mi rialzai. Un'impresa che mi sembrò titanica in quel momento.

L'avrei salvato, qualunque fosse stato il prezzo da pagare, gli avrei ridato la libertà che meritava.

Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e, prendendo un bel respiro profondo, mi incamminai verso la mia stanza. Non ero dell'umore adatto per andare negli alloggi di Andras, intendevo restare da sola a riflettere ancora per un po'. Poi, l'avrei cercato io.

Papà non morirà finché non gli avrò chiesto perdono e detto quanto gli voglio bene, pensai.

Quel messaggio non poteva essere del tutto vero. Mio padre non mi avrebbe mai fatto del male volontariamente, di questo ne ero assolutamente sicura. Per questo mi imposi di pensare positivo. Dovevo farlo, o sarei crollata definitivamente.

Ma quanto ancora potevo sopportare?

Mi ritrovai a chiedermi se tutta quella faccenda sarebbe finita bene o meno. Se tutti ne saremmo usciti vivi.

Scossi la testa. Il piano adesso era pensare assolutamente positivo, nel bene e nel male.

Bel piano del cavolo, davvero.


Dall'ora segnata sull'orologio appeso alla parete, notai distrattamente che erano appena passate le due di notte.

Ritornata in camera mia, mi ero subito buttata a peso morto sul letto, senza neanche curarmi di mettermi sotto le coperte. Poi, chissà quando, mi ero addormentata.

Mi sollevai col busto e la coperta di lana che mi copriva scivolò leggermente.

Aspetta, una coperta?

Mi guardai intorno e, abituati gli occhi all'oscurità in cui era calata la stanza, vidi l'ombra di qualcuno appoggiato all'armadio di fronte al letto.

Andras è qui, pensai agitata, subito dopo averne riconosciuto il familiare profilo.

<< Davvero una bella performance quella di prima. >> lo sentii dire nel buio. Ancora non si avvicinava e questo poteva essere interpretato solo come un brutto segno.

Deglutii. << Non ho saputo fare altro. >> confessai.

<< Sì, si è visto perfettamente. >> rispose, duro.

Mi misi a sedere, arrabbiata. Voleva forse biasimarmi per come avevo agito? Era il colmo!

<< Con quale diritto vieni quì alle due di notte a farmi la ramanzina per qualcosa che, tra parentesi, nemmeno sei in grado di comprendere? >> urlai. Non stava a lui dirmi come reagire ad una notizia della portata di quella che mi era appena stata sbattuta in faccia. Non lo accettavo.

Vidi un bagliore rosso illuminare la stanza per un lungo attimo.

Gonfiai il petto. Se credeva che avrei ceduto così facilmente si sbagliava di grosso. Lo amavo, ma questo non significava che avrebbe avuto un trattamento di lusso ogni qual volta mi faceva arrabbiare.

<< Non farai nulla a proposito della situazione di tuo padre. >> affermò Andras, deciso e tagliente.

Scoppiai in una risata ironica. << E sarai tu ad impedirmelo, giusto? >>

<< Era proprio per questo che non volevo che assistessi alla riunione. >> sospirò lui.

Sbuffai. << Già, fosse stato per te non l'avrei neanche sentito per caso. >>

Uno sbuffo di vento sulla faccia ed Andras erà già in piedi accanto al mio letto. Non ne rimasi sorpresa, perché ormai mi ci ero abituata.

Non cessai di guardarlo male.

<< Sto facendo tutto questo per il tuo bene, Amia. >> mormorò.

Con non poco fastidio notai che il suo commento mi aveva fatto terribilmente piacere.

Sentii un piacevole calore espandersi per tutto il corpo, al che mi lasciai andare. << Mi sei mancato. >>

Quando Andras si sedette sul mio letto, tutte le mie paure parvero dissolversi in un soffio. Mi resi conto che in tutto quel tempo avevo solo sentito l'urgenza della sua presenza vicino a me.

Le lacrime premettero di nuovo per uscire ed io mi gettai fra le braccia del mio demone. Subito le sue braccia mi avvolsero nel più bello degli abbracci.

<< Non volevo che lo venissi a sapere così, ma tu hai insistito tanto per venire che semplicemente non me la sono sentita di negarti anche questo piacere. Voglio solo... renderti felice. >> sussurrò dopo parecchi minuti di silenzio in cui io mi ero nuovamente sfogata.

Sollevai il mento sul suo ampio petto muscoloso. << Lo so, e mi dispiace di essermi comportata male con te prima. >>

<< No, ho sbagliato io ad iniziare male il discorso. Il fatto è che adesso ho il costante timore che tu all'improvviso sparisca per combattere da sola cose più grandi di te. Non voglio rimpiangere per il resto della mia vita di averti perso. >> disse, accarezzandomi piano i capelli.

Lo guardai intensamente negli occhi, lasciandomi trasportare dal mare nei suoi occhi. << Rivoglio mio padre con me, Andras. >>

Lui inspirò forte. Era evidente che si stava contenendo. Apprezzai quel suo gesto di premura e mi preparai mentalmente a sentire cosa aveva da dirmi.

<< Mi sembrava che fossimo d'accordo riguardo all'essere pazienti, ad aspettare il momento giusto per agire. L'ho anche ribadito alla riunione, Amia: non sei ancora pronta per affrontare Rea. Ed io non voglio che ti accada niente di male. Non lo permetterò mai. Per nessun motivo ti farò correre inutili rischi. E se per tenerti viva al mio fianco dovrò anche andarti contro... beh, sappi che lo farò. >> disse con voce ferma mentre le sue mani interrompevano la loro esplorazione sulla mia schiena.

Non risposi, preferendo di gran lunga alzarmi ed allontanarmi un po' da lui.

Andras si affrettò a raggiungermi. << Amia, cerca di capire... >>

Lo bloccai con un gesto veloce della mano destra. << No, Andras, tu capisci me: non posso lasciar morire mio padre. Non ora che conosco tutta la verità sul suo conto. Ho bisogno di mio padre. >>

<< Anch'io ho bisogno di te. >> disse, allora, lui. Dal suo tono capii che si stava giocando tutte le sue carte e non seppi come interpretare la cosa. Era la prima volta che succedeva.

Mi voltai, quindi, a guardarlo, sorpresa che si fosse aperto tanto a me. << Sai che non è questo il punto. >> balbettai.

<< E qual'è, allora? >> continuò con gli occhi fiammeggianti d'ira. Era più che evidente che non si sarebbe arreso.

<< Trova un modo per far tornare vivo mio padre da me, e anche sano di mente, se possibile. Fallo per me, Andras, ti prego. >> risposi, stringendomi tra le braccia perché improvvisamente mi sentivo debole e vulnerabile. Se c'era qualcuno in grado di fare quanto avevo detto era proprio lui. Andras era potente, molto più forte di quella pazza della mia antenata, ne ero sicura.

Negli occhi di Andras passò l'ombra di quella che mi parve pena. << Farò del mio meglio, Amia, ma non posso assicurarti nulla. Se dovrò scegliere fra la vita di tuo padre e la tua sai già quale sarà la mia scelta. >>

<< Non farai di tutto per salvarlo, dunque. >> conclusi, secca, per poi voltargli le spalle.

<< Hai capito quello che volevo dire. >> ribatté.

Sì, l'avevo capito anche fin troppo bene, e la cosa non mi andava proprio giù. Probabilmente, mi stavo comportando come una ragazzina immatura ed irresponsabile, che non sa apprezzare quello che le viene dato, ma non mi importava. Per me, la vita di una delle persone che amavo era molto più importante della mia. Andras aveva ragione: non avrei esitato a fare una pazzia per salvare mio padre. Ma, in fin dei conti, avrei fatto lo stesso anche per Damien, Raina, Katia o lui. Soprattutto per lui.

<< Allora non abbiamo nient'altro da dirci. >> dissi, tremando di collera. Un solo favore gli avevo chiesto, uno solo da quando lo conoscevo, e lui osava negarmelo quando sapeva benissimo la portata della sua importanza per me.

Andras mi mise entrambe le mani sulle spalle, provocandomi tutta una serie di brividi lungo la schiena. << Se per salvare tuo padre dovessi mettere a rischio non la tua, ma la mia vita, ti andrebbe bene lo stesso? >>

Era serio, terribilmente serio e questo mi fece paura. Al che, mi voltai per dirgli: << Sai che non ti chiederei mai di farlo! >>

<< Ma se fosse necessario, chi tra i due sceglieresti? >> chiese, lo sguardo impassibile e gli occhi di ghiaccio.

Mi tremò il labbro inferiore. << Sai quanto ti amo, Andras, per me non c'è nessuno che valga più di te. Sacrificherei me stessa per te. >> mormorai, portandomi una mano a coprire la bocca.

Andras si chinò a baciarmi. << È deciso, allora: se sarà nelle nostre possibilità, salveremo tuo padre. Altrimenti... >>

Non c'era bisogno che continuasse, la gravità di quelle poche parole bastava ed avanzava.

Lo spinsi via da me. << Lasciami da sola, per favore. Ho bisogno di riflettere. >>

Andras inarcò un sopracciglio. << Riflettere su cosa? Abbiamo risolto, no? >>

No che non lo avevamo fatto, non con gli esiti che volevo io, comunque. Il punto, però, era che lo volevo fuori di quì per tentare di risolvere sul serio il mio problema. Con lui in giro sapevo che avevo le mani legate. Dovevo per forza escogitare un sistema per farlo allontanare da me. Preferivo di gran lunga scusarmi dopo aver fatto ciò che avevo in mente, che chiedere un permesso che non sarebbe mai stato accordato. Certo, considerando il tutto, era da vedere se alla fine del mio piano sarei sopravvissuta o no. Ero conscia del fatto che nonostante tutte le mie buone intenzioni non avessi molte speranze, comunque, ero pienamente convinta che il gioco valeva la candela. O almeno, era questo quello che mi ripetevo nella testa come un mantra.

<< Sì, dopo che tu mi hai imposto di scegliere fra te e mio padre. >> masticai fra i denti. Bene, direi che l'interpretazione della "ragazza decisamente arrabbiata e non ancora pronta a ragionare" che avevo appena fatto era più che ottima. In fin dei conti, era come mi sentivo, anche se non al livello di sbatterlo in faccia ad Andras: al contrario suo, io di solito avevo un minimo di tatto.

Andras mi fissò per un attimo che mi parve incredibilmente lungo, poi, si girò per andarsene dopo avermi rivolto un'ultima occhiata di delusione e scuse. Non era da lui avere uno sguardo così, ma mi dissi che dovevo resistere dal correre da lui per stringerlo fra le braccia, chiedendogli di restare e dicendogli che tutto andava bene.

Non lo feci. L'immagine di mio padre, solo in balia di Rea e della CGE, mi permise di restare fedele al piano che avevo escogitato.

Il lieve rumore che fece la porta mentre si chiudeva mi provocò tremende fitte al cuore. Non volevo che mi lasciasse, ma avevo dovuto chiederglielo per arrivare dove volevo. Sapevo che se glielo avessi chiesto mi avrebbe concesso di starmene in pace per almeno un paio d'ore. E sapevo anche che proprio per questo dovevo agire in fretta.

Preparai velocemente un borsone con il minimo indispensabile: due cambi di vestiti, scarpe da tennis, qualche merendina, due bottiglie d'acqua e il kit di pronto soccorso per ogni evenienza.

Ero pronta.

Guardai un'ultima volta la camera che mi aveva fatto da nuova casa in quelle settimane. Avrei portato per sempre nel mio cuore i ricordi legati ad essa ed al castello.

Una sola lacrima mi scese sulla guancia quando uscii dalla finestra. La mia vita lì era giunta al termine, dovevo farmene una ragione.

Inspirai a pieni polmoni l'aria pungente del primo mattino. Il cielo era ancora buio, un'indistinta massa nero petrolio priva di nuvole. La poca luce che c'era proveniva dai lampioni del giardino.

Arrivata a quel punto, mi presi un momento per pensare a Raina, la migliore amica che io abbia mai avuto, la migliore che si potesse desiderare, e sperai con tutto il cuore che almeno lei avesse il suo finale felice. Io con Andras non potevo più, non dopo quello che stavo per fare.

Poi, pensai a Damien, la sua era stata la più divertente e piacevole delle compagnie. Pensai anche che sarebbe stato bello approfondire di più il nostro rapporto. Ora, speravo che avesse cura di Raina anche per me, anche dopo che io non ci sarei stata più.

Per ultimo, richiamai alla mente il mio Andras. L'avevo amato oltre ogni limite, per questo sapevo che il mio amore per lui avrebbe vinto anche la morte. Andras era la vetrata che dava vita al mio cuore: brillava di luce propria senza l'ausilio del sole, e persino al buio risplendeva dei colori dell'oceano infinito. Speravo solo che avrebbe saputo perdonarmi un giorno e che non avrebbe pensato a me con una nota di dolore, ma con un sorriso negli occhi e nel cuore.

Tutti loro dovevano capire che nel mio cuore adesso non c'era più pace e che essa poteva ritornare da me solo dopo la guerra angosciante che mi apprestavo a combattere.

O, almeno, pregavo che capissero. Io stavo solo seguendo i passi che mi suggeriva il cuore.


Quando giunsi in prossimità dei muri esterni che circondavano il castello, mi bloccai.

Ed ora come facevo ad uscire senza farmi scoprire e riportare subito indietro? Prima, non avevo minimamente pensato alle guardie che percorrevano le mura o alle sentinelle che osservavano tutto dalle loro alte torri. Eppure, era così logico che ci dovessero essere. La verità era che, presa dall'istinto, non avevo ragionato a fondo sulle fondamenta del mio piano, perché non facevo altro che ripassare ed arricchire il discorso che avrei fatto a Rea, la mia antenata, una volta che l'avrei incontrata di persona per contrattare la liberazione di mio padre.

All'improvviso, un ampio cerchio di luce si spostò verso la zona alberata in cui ero nascosta, facendomi sussultare. E non ce n'era solo uno, ma molti, molti altri che vagavano nei punti vicini alla cinta muraria su cui sospettavo ci fossero anche delle minuscole telecamere invisibili alla vista.

Mi guardai intorno, circospetta. E se c'erano delle telecamere applicate anche agli alberi, ai loro tronchi o ai loro rami, magari? In questo caso, ero perduta. Ed Andras, se mi avesse scoperta, mi avrebbe certamente rinchiusa nella mia stanza fino a nuovo ordine, priva di qualunque contatto con il mondo esterno.

Sentii distintamente delle gocce di sudore scendermi dalle tempie.

Era necessario che nessuno mi vedesse. Dovevo fare più attenzione possibile senza farmi condizionare dall'ansia di essere colta sul fatto.

Ma... diamine, non avevo tempo! Dovevo subito trovare una soluzione per oltrepassare le mura o...

<< Se stai cercando di scappare, forse potrei aiutarti io. So esattamente come arrivare alla roccaforte segreta della tua antenata. >>

Quella voce ruppe il silenzio che fino ad allora mi aveva avvolta ed io iniziai a sudare freddo.

Lentamente, mi voltai verso colui che aveva parlato, per poi raggelarmi sul posto. No, non era possibile. Tutti, ma non lui.

<< Ciao, Amia, sorpresa di vedermi? >> continuò l'uomo con un ghigno in volto.

Deglutii con la gola improvvisamente secca. << Tu... perché? >>

In quel fragile momento della mia vita riuscivo a pensare solo ad una parola adatta a quell'uomo: traditore.





***




ANGOLO AUTRICE:

Allora, ragazze, cosa ve ne pare? A me, dopo aver scritto l'ultimo pezzo del capitolo, mi è venuto spontaneo esordire con un “Lol” decisamente prolungato. XD

Insomma, chi sarà mai il traditore di cui parla Amia? Beh, una cosa è certa: se lo conosce lei, lo conoscete pure voi. u.u Forza, che comincino pure le scommesse sulla sua identità!


E a proposito dell'arma speciale? Chissà cosa sarà... mmh, vedrete.

Ora che Amia se ne andata, però, come lo saprà? E dire che è una cosa molto importante... peccato, muawahahahah.


Altro bel particolare: come avete appena letto, Raina sembra aver sviluppato un potere speciale. A cosa è riferito il suo brutto presentimento? Rifletteteci, sono sicura che alcune di voi, se non tutte, ci arriveranno! :D


Approvate che Amia sia scappata di nascosto per salvare il padre? Cosa pensate che succederà ora che sta per incontrare la sua antenata, Rea? Sapete, però, che così farà il gioco di Rea, perché, come era nei suoi piani, Amia sta andando da lei. Posso assicurarvi che la conversazione fra Amia e Rea sarà parecchio interessante, soprattutto perché scoprirete cosa ha fatto Andras per farla infuriare tanto da desiderare vendetta.


Spero abbiate apprezzato e goduto le prime due parti, perché non ce ne saranno di così dolci per un po'. è.è

Comunque, c'è da dire che Andras ha usato il verbo amare riferito ad alcuni aspetti di Amia: resta solo che capisca di amarla, che lo ammetta, ecco. Ma già questo è un bel passo avanti, non credete?

(Io ho già scritto quando lo capirà in un momento di massima ispirazione, lol)


GRAZIE di cuore alle 39 persone che hanno inserito la storia fra le preferite. GRAZIE mille alle 19 che l'hanno messa fra le ricordate. Un GRAZIE enorme va anche alle ben 98 ragazze che hanno messo "Il Dominatore del Mondo" fra le seguite. GRAZIE, infine, alle 12 ragazze che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti. Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative! <3


Bacioni e alla prossima,

vostra Ashwini. <3












  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Ashwini