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Autore: Breathinfire_    26/01/2014    0 recensioni
Vide sul muro le proiezioni dell'alba, il giallo dorato che iniziava a splendere appena una minima parte del sole aveva fatto capolino.
Si rigirò per ammirare quella meraviglia, che era effettivamente una delle cose più belle che avesse mai visto, quando sentì un bacio sui capelli.
- E' impossibile scegliere tra te e lei. - le disse, con la sua classica voce roca.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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lle 13.24, in casa Ledger-Morrison, l'unica ad essere già sveglia era Heather, la quale era appena tornata.
Aprì tutte le finestre del salotto, mancava un po' d'aria fresca.
Si diresse in cucina, e mise a bollire due litri d'acqua in una pentola; aprì il frigo e prese una confezione di involtini di pollo avvolti nella pancetta, si piegò sulle ginocchia e cercò un padella grande, antiaderente, per cuocerli.
Mentre cucinava, pensava distrattamente a com'era andata la giornata.
Tutto sommato non aveva avuto problemi, dato che era stata rinchiusa per circa tre quinti della mattinata, in una stanzetta minuscola, a sistemare delle pratiche.
Ma, in generale, le sue giornate erano sempre come quelle, tranne quando doveva avere a che fare con degli studendi super esigenti che contestavano i suoi metodi e rompipalle con dei sorrisetti di merda stampati perennemente sul viso – così li definiva - .
Sopra ogni cosa, odiava quei vecchietti novantenni, che per sentirsi giovani si iscrivevano alla facoltà dove insegnava, e odiava quando cercavano di flirtare con lei.
Il suo istinto le diceva di prenderli a schiaffi, o sbatterli fuori a calci in culo, ma non poteva farlo.
Nonostante fosse una pazza – perché sapeva di non essere normale – doveva starsene tranquilla, soprattutto perché era tornato Harry.
La sensazione di vuoto che aveva lasciato la sua assenza, aveva messo a dura prova i suoi nervi, che non ci avevano messo molto a cedere più del solito, però in modo diverso.
C'erano state notti in cui si era rinchiusa in camera per piangere fino a svenire, sotto gli occhi inespressivi e impotenti di Misha; altre in cui era uscita a mezza notte, senza che nessuno sapesse nulla, ed era ritornata il pomeriggio seguente, distrutta.
I suoi insoliti e sregolati comportamenti, gli sbalzi d'umore e l'ira incontrollabile, avevano raggiunto il clou della potenza.
Poi, man mano, rassegnatasi al fatto che lui era andato via, e che non sarebbe ritornato, si era imposta di dover stare calma, anche per lei, dopotutto.
Si era anche iscritta in palestra, per sfogare un po' di rabbia repressa, ma quando aveva visto tutta quella gente sudaticcia e sentito quell'odore pestilenziale, era scappata a gambe levate, abbandonando qualsiasi buono proposito.
Una leggera presa sui fianchi, la fece risvegliare dai suoi pensieri.
Non ci volle molto per capire chi fosse, ma preferì non girarsi, per bearsi anche solo cinque secondi del respiro caldo del ragazzo, sul suo collo nudo.
- Ma petite, perché non mi hai svegliato stamattina? Ti avrei preparato la colazione. - le sussurrò, come era solito fare, facendola rabbrividire.
Heather si girò sorridendo intenerita, prima di ricevere un soffice bacio sulla guancia.
- Sembravi così stanco, che ho preferito farti dormire. E poi supponevo che tu stamattina non avessi nulla da fare, quindi.. - iniziò a parlare a raffica, non rendendosi conto di quanto logorroica fosse.
Le carezzò il viso, ricambiando il sorriso – Siediti e prendi un respiro, continuo io. - indicò la sedia dietro di loro, e le arruffò i capelli.
Mentre lei si accomodava, lui prese il suo posto ai fornelli, compiacendosi dell'impegno che la ragazza ci aveva messo nel pensare cosa cucinare.
Non aveva mai toccato con un dito una padella per cucinare i pancakes, la mattina, e invece in quel momento stava persino preparando un pranzo.
Le devo essere mancato tanto, pensò, per poi scuotere la testa con un sorriso amaro: non poteva illudersi di aver sciolto un po' quel cuore di pietra.
E come sempre succedeva in tutte le relazioni, lui credeva di conoscerla, ma in realtà non aveva idea di quanto fosse riuscito a cambiarla.
Intanto, lei giocherellava con uno dei tanti bracciali che portava al polso.
- Perché sei tornato? - gli chiese a bruciapelo, rischiando che per lo spavento e la sorpresa, gli cadesse qualcosa addosso.
Harry si immobilizzò all'istante, sbarrando gli occhi.
Cosa poteva risponderle?
Il motivo non lo sapeva neanche lui, quindi optò per la risposta più ovvia – Te l'ho detto ieri, mi mancavi. -
Heather, però, sembrava non volergli dare tregua. Il suo umore era cambiato repentinamente, senza che neanche lei se ne accorgesse, e senza una reale ragione.
- Pur sapendo che ti sarei mancata, sei sparito lo stesso. -
Prese un elastico che si trovava sul tavolo, sicuramente lasciato da Misha, e legò i capelli in uno chignon alla bell'e meglio.
Al ragazzo mancò un battito: lui non era sparito, perché la sua intenzione non era scappare, ma voleva del tempo per decidere cosa fare.
Era cosciente del fatto che fosse stata, probabilmente, la peggior scelta che lui avesse mai fatto, però non poteva tornare indietro.
Abbandonarla, perché era questo ciò che aveva fatto – nonostante lui si convincesse del contrario – era stato distruttivo. C'era sempre qualcosa di cui aveva bisogno, ed era inevitabilmente lei.
Seppur sapesse che era un amore malato, che non si sarebbe mai trasformato in niente, lui sentiva che c'era qualcosa di buono, in loro due.
In noi, si corresse mentalmente.
Non riusciva a risponderle, non trovava le parole adatte per esprimere ciò che provava.
A salvarlo da quella situazione, fu Misha, che svegliata dal delizioso profumo che si stava espandendo nell'aria, aveva deciso di alzarsi, finalmente.
Entrò in cucina, sorridente, e salutò tutti e due, ma non appena si accorse dello sguardo gelido e distante anni luce, della sua migliore amica, capì che qualcosa non andava, ed il sorriso si spense.
- Che succede? - chiese, abbastanza preoccupata, rivolgendosi più ad Harry che alla ragazza.
Il riccio si voltò verso di lei, piuttosto pallido – Nulla di cui preoccuparsi. -
- Perché non ci dici la verità su tutto, Hazza? - sorrise fintamente, quel silenzio assordante e pieno di tensione la stava facendo diventare matta.
Odiava quando lui non le rispondeva, perché significava che stava cercando una bugia da rifilarle, o non aveva niente da dirle, e quello affermava soltanto i pensieri più maligni che la ragazza riuscisse a pensare.
Harold abbassò la testa, colpito nel segno dal tono di voce della sua migliore amica.
Aveva capito, che ancora una volta, non era riuscito a gestire la situazione, e che da lì a poco avrebbe dovuto fronteggiare una delle liti più invasive che due persone potessero avere.
In pochi secondi, il suo cervello iniziò a carburare sempre più velocemente, fino a fargli inchoidare gli occhi smeraldo, negli occhi smeraldo di lei, ignorando la bionda che li guardava sofferente.
- Sono andato via perché ti amo, e perché non riesco a stare bene e farti stare bene. - gettò a terra lo straccio che aveva tra le mani, in uno scatto di rabbia, contro se stesso, che però si trasformò in odio nei confronti di Heather.
- E sai cosa? Odio te e la tua fottutissima malattia mentale, perché mi stai smembrando, lo capisci? - la prese per le spalle, ignorando Misha che lo pregava di stare fermo, e la scosse, non curandosi neanche degli occhi impassibili e vacui di lei.
- Io non vivo più! - gridò al limite, tanto che le corde vocali gli bruciavano, e la testa gli pulsava terribilmente.
Da quando la rossa aveva iniziato a snervarlo, nessuno dei due si era azzardato guardare niente che non fossero gli occhi dell'altro, e dopo minuti infiniti, lei si alzò bruscamente, mentre le ultime frasi le rimbombavano nel cervello.



- A new message from Harry. –

Il cellulare di Heather continuava a vibrare incessantemente sul tavolino da circa sei ore, e minuto dopo minuto, i nervi di Harry cedevano sempre di più.
Era scappata dalla cucina ed aveva sbattuto la porta d’ingresso: da quel momento non era né rientrata, né si era fatta sentire.
Sapeva soltanto che Misha le aveva parlato, e che il suo umore era peggio di prima.
L’aveva chiamata decine di volte, senza ricevere alcuna risposta, ed il panico si stava impossessando di lui.
Conosceva perfettamente le reazioni della ragazza, quando era fuori di sé, e non voleva che lei si facesse del male immischiandosi in risse, o chissà cos’altro.
Alla fine aveva deciso di inviarle un messaggio di scuse, dove la pregava di tornare a casa, ma solo poco dopo aveva capito che non aveva portato con sé il cellulare, ed allora il panico lasciò il posto al terrore.
Dopo aver gettato il telefono sul tavolino, si sedette a gambe incrociate sul dondolo di fronte, e puntò lo sguardo sul cancello, in attesa.
Si era ripromesso tante, forse troppe cose: lavorare duro per pagare le tasse universitarie, lavare i pavimenti del suo appartamento almeno due volte alla settimana, mettere in ordine la sua camera tutti i giorni, imparare ad usare la lavatrice, leggere quel maledetto libro che gli aveva regalato, preparare almeno un esame ogni due mesi, innamorarsi e dimenticarsi di lei.
Ma come poteva soltanto pensare di poterla dimenticare, se persino tutte le promesse che aveva fatto a se stesso gli ricordavano qualcosa di lei?
Ogni volta che lavorava presso l’ufficio di uno degli psicologi più importanti di Londra, ripensava al motivo per il quale aveva scelto quel lavoro e quella facoltà: aiutarla a star bene ed essere felice.
Ogni volta che lavava i pavimenti, gli veniva in mente il suo viso corrugato, che lo rimproverava dicendogli di dover prima spazzare, gettare acqua e candeggina, e poi lavare.
Ogni volta si trovava in camera per mettere in ordine, ricordava quando lei, alle otto di mattina, irrompeva aprendo la finestra, e fiondandosi sull’armadio, da dove puntualmente toglieva tutti i vestiti, per ripiegarli e sistemarli.
Ogni volta che accendeva la lavatrice, ripensava a quanti schiaffi sul braccio aveva avuto, perché non sapeva usarla, ma lei credeva fosse soltanto perché non aveva voglia di far nulla.
Ogni volta che si rintanava a sfogliare le pagine del libro di Jane Austen, Emma, vedeva il magnifico sorriso di Heather, quando, al suo compleanno, gliel’aveva regalato.
Ogni volta che, al tavolo della cucina, studiava un nuovo argomento per l’esame, cercava qualcosa che gli potesse essere utile con lei.
Ogni volta che incrociava per strada una ragazza gli veniva spontaneo confrontarla con lei, ed ogni volta che pensava fosse quella giusta, in realtà non era altro che una stupida illusione.
L’unica cosa che poteva fare, era ritornare a casa, e non gli importava delle conseguenze.
Aveva capito che non riusciva a vivere bene senza vederla, stringerla, e sentire il suo profumo; e seppur da un lato era una cosa bellissima, sentirsi appartenenti a qualcuno, dall’altro era devastante, soprattutto per loro, soprattutto per lui.
Non poteva camminare per sempre su un filo sospeso in aria, perché si sarebbe spezzato in qualsiasi modo, e caduto.



Quando Heather ritornò a casa, ad ora di cena, l’aria era tranquilla e tiepida.
Lei stava nettamente meglio, anche se la delusione e un senso di pesantezza alquanto strano, rimanevano.
Prese le chiavi dalla tasca, e con non poca fatica, le inserì nella serratura che quella sera aveva deciso di non funzionare come doveva.
Imprecò varie volte, finché ci rinunciò e la porta si aprì magicamente, facendo spuntare un ciuffo biondissimo e due piccole braccia aperte, tra le quali si ritrovò due secondi dopo.
- Misha? – chiese incredula, con le braccia ancora rigide lungo i fianchi.
- Proprio così, tesoro. – rispose sorridendo, mentre strofinava la mano sulla sua schiena.
Nella sua testa, l’idea di allontanarla e quella di ricambiare l’abbraccio stavano facendo selvaggiamente a pugni, perciò cercò una via di mezzo: sorrise fintamente e gli diede una pacca sulla spalla.
- Hai già mangiato? -
La bionda capì subito, e si staccò, facendola entrare – Abbiamo aspettato te, e sono contenta che tu sia qui adesso, perché ho davvero fame! – rise, quasi coinvolgendola.
Entrarono in salone, dove Niall era seduto sul divano – Ehi Niall, come stai? – chiese, sforzandosi di essere gentile. Poi si girò verso l’amica ed aggiunse - Potevate anche cenare senza di me. -
La bionda la guardò malissimo, e la prese per un braccio, portandola in cucina.
- Harry è stato tutta la giornata qui, e si è preoccupato davvero molto. -
Heather inarcò un sopracciglio, appoggiando il palmo della mano sul lavello – Nessuno gliel’ha chiesto. Per quanto mi riguarda, può anche andare via di nuovo. -
In quel momento, l’indifferenza e l’odio verso tutti, stava crescendo.
Non le importava quanto fosse stata male o quanto gli fosse mancato: doveva andarsene da quella casa, nel minor tempo possibile. Se fosse stato necessario, non ci avrebbe pensato più di tanto a buttarlo fuori a calci in culo, e quella volta, avrebbe anche potuto risparmiarsi un messaggio ogni cinque mesi.
- Non lo pensi sul serio. – sbarrò gli occhi, sorpresa al massimo dalle parole della sua migliore amica.
- Dici? – sorrise, ma per niente divertita dalla situazione.
Misha chiuse gli occhi e alzò il viso verso il soffitto, sospirando.
Doveva cercare, in poco tempo, di colpire il suo punto debole, doveva martellare sul legame univa i due. Solo così avrebbe rotto la maschera di impassibilità che aveva tirato su, ancora una volta.
Heather si sedette sulla sedia accanto al tavolo, ed aspettò pazientemente una risposta che non tardò ad arrivare.
- Ha detto che ti ama, per te non conta niente? – puntò le sue trappole azzurre nelle iridi gelide e pericolose dell’altra.
In un attimo, vide un fremito scuoterla, ed i bordi degli occhi iniettarsi di sangue.
Arretrò di qualche passo, lentamente, fingendo di dover prendere un bicchiere dalla credenza per poter bere un po’ d’acqua.
Era pronta ad una sfuriata degna di lei, ma invece un’ondata di tranquillità la investì.
- No, non conta. – scrollò le spalle, stese il braccio sulla superficie liscia e ci posò sopra la testa, che le pulsava come una cassa di un deejay.
Nessuna delle due sapeva cosa aggiungere; Heather non aveva voglia di parlare di niente con nessuno, mentre Misha era rimasta spiazzata più che mai.
Gettò il bicchiere di plastica nel cestino, che si appuntò mentalmente di doverlo mettere nei bidoni dell’immondizia il giorno dopo, e tirò i capelli all’indietro, che le davano fastidio.
Nella testa della riccia frullavano mille cose diverse: flussi di parole, immagini, pensieri, e tutti allo stesso tempo, tanto che aveva la sensazione di star per esplodere da un momento all’altro. Però, si decise a fare una delle domande poneva a se stessa milioni di volte al giorno.
- Mish, perché sei così ostinata ad aiutarmi? – la sua voce era venuta fuori come un sussurro flebile, appena percettibile persino per lei, che la risentiva nelle orecchie.
La bionda sorrise, avvicinandosi cautamente, per accarezzarle i capelli – Perché ti voglio bene, tesoro. -
Non pensava che la ragazza potesse essere così dolce, non lo era mai stata.
- E’ un errore. – disse solo, prima di alzarsi – E adesso mangia, brutta stronza, perché altrimenti non sai cosa ti combino. – rise, fingendo di essere ritornata di buon umore.
Misha la spinse giocosamente – Sì, tu non vuoi niente? -
- No, grazie, penso che prenderò un bicchiere di latte più tardi. – ma entrambe sapevano non l’avrebbero fatto.



Dopo essere uscita dal bagno del piano di sopra, cercò con lo sguardo la porta della camera di Harry, che era proprio accanto alla sua, e lo vide steso a pancia in giù, con il cuscino sulla testa.
Bussò piano, e dopo un mugugno strano si decise ad entrare.
Gli accarezzò piano i ricci, e sorrise sedendosi accanto al suo busto – Sei sveglio? -
- E tu sei ancora arrabbiata con me? -
- Sì. – fece scorrere gli occhi per la stanza, e notò un pila di vestiti sistemati sulla scrivania.
Subito il sangue le salì al cervello, i nervi iniziarono a tendersi e la mente ad impazzire.
- Tu te ne stai andando, di nuovo. – scandì bene ogni parola, con estrema lentezza e rabbia.
Harry si alzò a sedere, guardandola – Io.. Heath.. per favore! -
Heather si alzò con lui – No, stai zitto. Non voglio neanche sentire una parola dalla tua bocca. – calciò via con i piedi le varie cose che c’erano a terra – Sparisci da qui, Harry. Non voglio più vederti, per nessun motivo. Odi me e la mia fottutissima malattia, giusto? E allora perché stai qui, eh? – il ragazzo stava per aprire bocca, ma lei lo interruppe subito – No, anzi, non me ne frega un cazzo. Io non ti ho chiesto niente, non ti ho imposto di starmi vicino e rovinarti la vita! E’ colpa mia se al posto di abortire, mia mamma si è intestardita per continuare la gravidanza? E’ colpa mia se sono una pazza immorale, che non sa amare nessuno, ed è sempre pronta a litigare? –
Harold cercò di avvicinarsi, ma lei non glielo permise – Vedi? Ho cambiato ancora idea: sai la novità? Vado io via, tu resta pure. -


 

La luce che entrava dalle finestre, ed il respiro caldo di Harry sulla sua pelle, inevitabilmente la svegliò.
Aprì lentamente gli occhi, cosicché i raggi non le facessero male, e guardò fuori la finestra.
Il cielo era di un azzurro pallido, ma poi, quando la linea dell'orizionte iniziò a tingersi di di colori pastello, quali un delicato rosa pesca, arancione, violetto, si girò verso il ragazzo, stando bene attenta a non svegliarlo, discricandosi dalla sua presa.
Il viso era poggiato sul cuscino, ed i riccioli ricadevano morbidi su di esso, e dolci sulla fronte. La bocca era dischiusa, ed era tinta di un rosso intenso, le guance, anch'esse leggermente arrosite, lo facevano apparire indifeso, dolce.
Sorrise, senza neanche rendersene conto, e gli sfiorò una guancia, attenta a far piano affinché non se ne accorgesse.
Vide sul muro le proiezioni dell'alba, il giallo dorato che iniziava a splendere appena una minima parte del sole aveva fatto capolino.
Si rigirò per ammirare quella meraviglia, che era effettivamente una delle cose più belle che avesse mai visto, quando sentì un bacio sui capelli.
- E' impossibile scegliere tra te e lei. - le disse, con la sua classica voce roca.
Doveva essere già sveglio, perché non aveva la voce del sonno.
- Io sceglierei sempre lei. - rispose, ancora osservando ciò che accadeva fuori quelle mura.
Si girò ancora, per la terza volta in soli dieci minuti, e rimase incantata dal sorriso di Harry.
- Perché sei così felice? - gli chiese, alzando di poco la testa, giusto per guardare quegli occhi meravigliosi che la stavano ipnotizzando.
- 'Perché sono con te', è una risposta plausibile? -
- Sì che lo è. - sorrise a sua volta, mentre lui la chiudeva in un abbraccio mattutino.
- Allora sono felice perché sono con te. - ripetè, sussurrando ogni parola.
Lei si lasciò andare, sospirando.
Non poteva proprio stargli lontano, pensò.
Non riusciva a capire cosa legasse entrambi: amicizia o qualcosa di più forte.
- Dovrei picchiarti selvaggiamente, non so se lo sai. -
Sentì il sorriso del ragazzo contro la sua spalla – Preferisco quello, allo sciopero della parola. -
- Giuro che troverò una vendetta, però non adesso. -
Questa volta rise, senza preoccuparsi della reazione della rossa – Se ci prepariamo velocemente, avremo più tempo per stare da soli. -
Sorrise come una bambina, e gli comparì quell'adorabile fossetta che la contraddistingueva, e che gli piaceva tremendamente – Fai poco il paraculo. - si staccò da lui, mettendosi a sedere a gambe incrociate.
- Sono cose che ti ho sempre detto! - protestò, appoggiando la testa sulle gambe della ragazza, e chiudendo gli occhi.
Prima gli accarezzò i capelli, poi gli diede un piccolo buffetto – Idiota, se ti rimetti a dormire, quando andiamo al lago? -
Le prese la mano, baciandola delicatamente – Okay, mi muovo. - si alzò, di malavoglia, e corse in bagno a fare la doccia.
Intanto Heather, un po' rincoglionita, si recò nel bagno della sua migliore amica, che ancora dormiva come un ghiro, e si preparò.



- Ti ricordi questo posto? - le chiese, mentre intrecciava la mano alla sua, e continuava a camminare sul prato.
- Più che altro, ricordo che mi ero fatta male. - fece una smorfia.
Harry si fermò, guardandola davvero male – Stai scherzando, spero. -
Lei scoppiò a ridere, ma lui continuava a lanciarle sguardi infuocati – Ricordo perfettamente che un bambino con una massa di ricci si è inginocchiato accanto a me, asciugandomi le lacrime con la manica del suo maglioncino. - si addolcì, ricordando il preciso momento in cui si erano conosciuti.
- E poi è arrivato Niall che ti ha offerto un pezzo del suo muffin.. -
Lo interruppe – E Oara che che ti gridò contro. - risero ancora, entrambi.
- Io ce li vedo insieme, però. - buttò lì, per iniziare un discorso che aveva preparato già da tempo.
- Sono troppo diversi, Haz, e anche se non lo fossero, lei sarebbe comunque, per quanto mi stia sulle palle, innamorata di Tomlinson. - spiegò lei, tranquillamente, guardando l'acqua limpida del lago.
Comprendeva a pieno la sua scelta.
Sentì il cellulare squillare, e non potendo fare a meno di rispondere, chiese scusa ad Harry ed accettò la chiamata.
- Heather Ledger - chiese una voce roca, ma allo stesso tempo sensuale.
Heather si drizzò subito – Sì, chi parla? -
Harry la guardò per un attimo, cercando di capire chi fosse.
- Zayn Malik. -
Quell'idiota patentato la stava davvero chiamando, proprio quando era con il suo migliore amico?
- Quindi? - rispose acida.
Mimò con le labbra, al ragazzo che intanto si era seduto un 'stacco? É Malik!'
Lui, che aveva già avuto il piacere di conoscerlo, dato che erano alla stessa università, e sapeva quel che lei pensava, si limitò a lanciarle un'occhiata divertita che lei fulminò all'istante.
- Vorrei vederti. -
A quell'affermazione, Heather sorrise.
Lui davvero credeva che lei l'avrebbe incontrato?
- In bocca al lupo per gli esami. - decise di dirle, come conquistare una donna senza dolcezza?
Per gli standard della ragazza, stava decisamente esagerando.
- In bocca al lupo anche per i tuoi. -
- Spero che i ragazzi siano preparati. -Strabuzzò gli occhi – Mi stai dicendo che sei un docente? -
- Sì, decisamente! - rise – Fisica analitica alla facoltà di Chimica e Matematica. -
- Com'è possibile che non ti abbia mai visto? - stava iniziando a ricredersi su quel ragazzino – Io insegno Matematica alle facoltà di Chimica e Matematica, poi Chimica a Chimica e Istologia e Malattie Infettive a Medicina. -
- Allora dopodomani avrai gli orali di Matematica a Matematica, mentre io dovrò presenziare agli scritti di Chimica. -
- Spero che i miei alunni non ti facciano dannare. - sorrise.
- Tranquilla, ci sono abituato! -
Decise di mettere fine a quella stramaledetta telefonata, non poteva sentirsi una teeneger con crisi ormonale - Ci vediamo, allora! -
- Sì, ciao Heather! -
Spense anche il cellulare, e guardò Hazza – E' davvero così dolce?! -
- Sì! E' il mio docente di Fisica e ha la mia stessa età! -
- Tu pensa all'esame di Matematica. Non ho intenzione di farti uno sconto perché sei il mio migliore amico, anche se allo scritto hai avuto 29! - incrociò le braccia al petto.
Lui la spinse leggermente – Ma lo sai che sono un genio! - si vantò, prendendola in giro.
- Ma domani hai l'esame, e giuro che sarai il primo che chiamerò! - cercò di spaventarlo, ma quel che ottenne fu solo un'altra sonora risata.
Indispettita, riprese a camminare – Vedremo, Styles! -
Lui non ci mise molto a raggiungerla e chiuderla in un abbraccio, ancora sorridendo – Non fare l'acidona, prometto che stasera studierò! -
- Vuoi un aiuto? -
- Sia mai. -
- Stronzo! - rise, baciandogli il petto, coperto solo da una leggerissima magliettina di cotone azzurro.
- Sei bassissima! - la sfottè ancora, gli piaceva farlo.
- Sì, ma almeno io ho tutto al suo posto. - si staccò ed indicò la parte bassa del ragazzo.
- Ma guarda che bastarda che sei! - mise fine all'abbraccio, prendendola di peso e caricandosela sulle spalle.
Lei gridava cose incomprensibili, scalciando e cercando di scendere, ma lui non accennava a lasciarla.
Arrivati alla riva, lei capì cosa stava succedendo – Harold, fallo, e te ne pentirai! -
La ignorò e la buttò nel lago, ancora vestita, pronto ad una battaglia.
- Oddio, mi dispiace, amoredellamiavita! -
Uscì dall'acqua divertita e stupita, e Harry perse la capacità di formulare un pensiero di senso compiuto.
Il vestitino a fiori era completamente zuppo d'acqua, ed attaccato alla pelle, così da far vedere perfettamente ogni sua curva ed il suo intimo di pizzo bianco.
Lei prese una rincorsa e gli si fiondò addosso, facendolo cadere sul prato ed iniziando a scompigliargli i suoi amati capelli.
- Mi stai bagnando! - si lamentò ridendo.
- Sei una femminuccia! - imitò la sua voce, sedendosi a cavalcioni su di lui.
- Ah sì? -
Ribaltò le posizioni, bloccandole i polsi sopra la testa.
I loro visi erano vicinissimi, e i loro occhi brillavano.
Potevano sentire i loro cuori battere, in quel luogo silenzioso.
Harry accorciò ancor di più le distanze, e poggiò le sue labbra su quelle della ragazza.
La mente di Heather lavorava il doppio, ponderando ciò che stava succedendo.
Ma vaffanculo, bacia maledettamente bene e..
Si abbandonò, dischiudendo le labbra. Sentì il sorriso del ragazzo sulle sue labbra, e sorrise a sua volta.
Le diede un ultimo bacio a stampo – Sai di vaniglia, esattamente come tre anni fa. -



Salve ragazze.. scusate per la lunghezza della storia, ma finalmente dopo tanto tempo sono ritornata a postare qualcosa su efp e volevo che posse abbastanza, come dire, "corposo'!
Fatemi sapere se vi piace, mi rendereste molto felice.

  
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