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Autore: Anna Wanderer Love    26/01/2014    10 recensioni
Due labbra si posano sulle mie soffiando aria, mentre delle mani premono sul mio petto una, due, tre, quattro volte con tanta forza da farmi stupidamente pensare che il mio petto si romperà.
Dopo non so quanti secondi sento finalmente un filo d'aria arrivarmi nei polmoni e tossisco, spuntando acqua.
Una mano mi afferra la nuca e un'altra le gambe fradicie, poi mi sento sollevare in aria e l'ultima cosa che vedo, rovesciando la testa all'indietro, incapace di tenerla su come una neonata, sono due occhi azzurri, gelidi e impenetrabili che mi scrutano curiosi.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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A Gold Sunshine.

Tempeste.


Un fulmine squarcia il cielo e illumina per un secondo l’accampamento degli Elfi di Bosco Atro, seguito, pochi secondi dopo, dal suono di un tuono.

Nella tenda del Re, illuminata solo da una candela posata sul tavolino, la sagoma avvolta nelle coperte del letto sussulta, col cuore che batteva a mille. Rose sospira, raggomitolandosi su sé stessa, tirandosi sulla testa un lembo del lenzuolo.

E’ sola e questa solitudine le pesa più di tutto. Questa mattina alcuni Elfi sono partiti per andare a sterminare gli Orchi, tra cui Jeen. Thranduil non l’ha nemmeno guardata mentre lei se ne stava avvolta nelle coperte a fissarlo fintanto che lui si aggiustava l’armatura e stringeva la cinghia che legava la spada ai suoi pantaloni di pelle.

E poi è uscito. Senza nemmeno salutarla.

Al pensiero lo stomaco della ragazza si stringe in un doloroso nodo e lei prova una breve fitta di rimpianto nel ricordare come, quando le stava accarezzando dolcemente la pelle, la sera prima, lei l’abbia spinto via subito.

Con un sospiro allunga la mano, sfiorandosi per la centesima volta in quel giorno il punto dove ricorda perfettamente che le dita del sovrano si sono soffermate sulla pelle.

Si morde le labbra, girandosi supina e prendendo a fissare il soffitto della tenda, giocherellando con un lembo delle coperte. Non riesce a dormire.

Rose sospira e scosta le coperte, e l’aria fredda della notte le schiaffeggia le gambe coperte solo dalla leggera stoffa nera dei pantaloni che il Re le ha procurato, in chissà quale modo. Rabbrividisce e si alza, strofinandosi le palpebre per eliminare gli ultimi residui di sonno.

Rose si morde le labbra, portandosi una mano sulla nuca. È piena notte e una pioggia battente risuona fuori, oltre ai tuoni e ai fulmini della tempesta. Nonostante la ragazza sappia che nella tenda è al sicuro, non può impedirsi di sentirsi inquieta.

Troppe volte gli Orchi l’hanno picchiata di notte, mentre pioveva, nelle due settimane di prigionia, e ora ha di nuovo paura dei temporali, come quand’era piccola.

Con un sospiro si guarda attorno e scorge nella penombra la poltrona dove Thranduil è solito sedersi. Sentendosi più o meno una bambina in procinto di fare qualcosa di proibito, si avvicina piano e si siede sul morbido raso rosso, accarezzando con i palmi delle mani la stoffa morbida. sbatte le palpebre e cerca di vedere se l’Elfo ha lasciato il foglio che stava per leggere, ma non vede niente, al buio, e rinuncia.
La ragazza sospira e si raggomitola su sé stessa, stringendosi le braccia attorno al corpo per scaldarsi. Poggia il capo sullo schienale della poltrona e chiude gli occhi, ascoltando il rumore dei tuoni e della pioggia, e senza rendersene nemmeno conto pochi minuti dopo sta giù dormendo, esausta.


♦ ♦ ♦


-Sire, gli Orchi sono stati eliminati dal primo all’ultimo.

Thranduil sospira, sollevato. Sono state ore di inferno, queste. Non che sia stato difficile uccidere tutti gli Orchi, ma i soldati hanno dovuto accertarsi di averli uccisi tutti quanti, nessuno escluso, e perfino lui stesso ha fatto un giro di perlustrazione, affiancato da Legolas e Jeen.

Solleva lo sguardo verso l’Elfo biondo e più esile rispetto alla media che lo sta guardando di sottecchi, ancora in attesa di un ordine. I capelli biondi del soldato sono intrisi di pioggia, così come i suoi vestiti e l’armatura, e sul volto ha tracce di sangue di Orco.

-D’accordo. Fa’ radunare i soldati, tornate all’accampamento. Io vi raggiungerò lì.

L’Elfo abbassa il capo e s’inchina piegando velocemente la schiena. Il sollievo trapela dal suo volto stanco, e in pochi secondi si è dileguato a riferire l’ordine.

Thranduil volge lo sguardo sui soldati attorno a sé, e si ritira nell’ombra del bosco. Ha ancora una cosa da fare, prima di tornare. Senza esitare si volta e con passi veloci, tenendo la mano sull’elsa della spada appesa al fianco, torna verso il limitare dell’accampamento orco.

La pioggia si fa meno fitta sotto le fronde degli alberi, ma l’Elfo sente comunque il freddo penetrare nei vestiti e gelargli le membra. In pochi minuti, ascoltando solo il silenzio del bosco, arriva alla roccia che sporge sul fiume. Con un balzo agile salta sulla sporgenza dove i suoi occhi avevano intravisto dei segni scuri, e non si sbaglia: sulla pietra ci sono segni di sangue, strisce scure e corde ormai lacerate. Poco distante, un pugnale molto evidentemente di proprietà degli Orchi.

Con un brivido Thranduil si accorge di essere nel punto in cui la ragazza si è tuffata nel fiume.

Ora l’acqua è torbida e impetuosa, alcuni schizzi arrivano perfino a spruzzare i suoi stivali.

Percorrendo con lo sguardo tutta la superficie della roccia, il Re sente un ringhio crescergli nel petto alla vista di un’altra cosa: una camicia. Avvicinandosi, camminando sulle rocce in perfetto equilibrio, si china e afferra la stoffa. Un desiderio insaziabile di vendetta gli si scatena in petto, rendendosi conto di quello che il cencio significa. Quella che originariamente era una camicia di stoffa pregiata con ricami preziosi è ridotta a brandelli, strappata, lacerata e piena di macchie di sangue secco.

Stringendola con forza nel pugno, con tanta forza che le vene del polso sembrano diventare più evidenti e più scure, il Re vede un’immagine terrificante dietro alle palpebre socchiuse.

Rose, sotto a un Orco, urlante e agonizzante di dolore.

Con un rantolo strozzato l’Elfo lancia s’istinto quella camicia nel fiume, lasciando che si perda tra i flutti mortali, e si volta di nuovo, affrettandosi verso il suo cavallo che, fedele, lo aspetta poco lontano.

Montando in sella, Thranduil si scosta un ciuffo fradicio di cappelli dalla fronte e sprona il cavallo, Titano, dal colore più nero di una notte senza stelle, ansioso di tornare e accertarsi che la ragazza stia bene.


Finalmente, pensa Thranduil entrando nella tenda, per poi bloccarsi di scatto.

I suoi occhi cristallini volano verso il letto, e con un sussulto al cuore il Re si accorge che lei non c’è.

Una smorfia confusa appare sulle labbra dell’Elfo, che lascia vagare lo sguardo per la tenda, sorpreso, incurante di essere fradicio dalla testa ai piedi.

E il suo sguardo si fa ancora più stupito quando scorge la sagoma rannicchiata dell’Umana sulla sua poltrona. Lasciando andare un sospiro di sollievo si lascia cadere alle spalle l’ultimo lembo della stoffa che chiude la tenda, e si avvicina alla ragazza. I suoi lunghi capelli neri e lucidi sono sparsi per tutta la sua schiena e lungo le braccia; alcune ciocche penzolano oltre i braccioli della poltrona. Il suo volto è stanco e ha due occhiaie profonde che le cerchiano gli occhi chiusi. Il Re la osserva per qualche secondo; indossa i vestiti che le ha procurato qualche giorno prima, ma sembra aver freddo. Il suo respiro è calmo e regolare.

Silenziosamente si volta e si dirige verso la cassapanca dove tiene gli asciugamani. Si slaccia le cinghie dell’armatura e la posa in un angolo, dopo essersela tolta, insieme alla spada. La maglia leggera che indossava sotto è incollata alla pelle e gli dà fastidio. Con una smorfia di irritazione l’Elfo se la sfila e la lascia cadere a terra. Poi si china e afferra uno straccio, asciugandosi la pelle umida. Non ha subìto alcuna ferita, a parte qualche graffio poco importante.

Con un sospiro Thranduil lascia cadere l’asciugamano e si passa una mano tra i capelli ora umidi, mormorando un incantesimo che li asciughi definitivamente.

Finisce di cambiarsi, ma senza mettere nessuna camicia o maglia. Gli piace sentire l’aria calda della tenda sulla pelle, che riscalda i suoi arti infreddoliti. Un gemito lo risveglia dalla specie di trance che lo ha colto intanto che si vestiva con gesti automatici, mentre la sua mente vagava tra pensieri affollati.

Si volta sorpreso e vede che ora la ragazza si è girata a pancia in su ed evidentemente non sta troppo comoda, visto il modo in cui continua a muoversi per cercare una posizione più confortevole. Un sorriso dolce nasce spontaneo sulle labbra perfette del sovrano mentre le si avvicina. Si inginocchia di fronte a lei e la fissa per qualche istante, stringendo i denti nel ripensare alla vecchia maglia lacerata che ha trovato sulla riva e alle tracce di sangue. Un pensiero si insinua nella mente del Re, ma lui si affretta a liquidarlo, ricordando come, il giorno prima, lei lo abbia respinto con veemenza quando le stava solo accarezzando la spalla. Se le sfilasse la maglia per controllare ancora i tagli sulla sua schiena e trovare una risposta effettiva alle proprie supposizioni lei potrebbe davvero pensare molto male.

E, chissà perché, il pensiero dei suoi dolci occhi scuri e offesi gli fa passare del tutto la voglia di fare quello che lei non gli perdonerebbe mai, anche se questo vuol dire non trovare una risposta.

Il Re si morde il labbro inferiore, pensando velocemente a come scoprire la verità, ma dopo pochi minuti un sospiro lo desta dai suoi ragionamenti.

-Papà- mormora Rose, spostando con lentezza il braccio sotto alla testa e stringendosi la mano libera al bordo della maglia leggera che indossa. -Papà, non voglio dormire, smettila- borbotta ancora, mentre le sue sopracciglia fini si aggrottano e assume un’aria imbronciata che la fa davvero sembrare una bambina piccola.

Thranduil si sente colmare da una dolcezza calda, avvolgente e si decide a porre fine alla sofferenza di Rose, allungando le braccia e passandole sotto al suo corpo addormentato. Appena irrigidisce i muscoli, alzandosi in piedi senza fatica, lei gli si avvicina inconsciamente, aggrappandosi alle sue braccia chiare.
Il sovrano di Bosco Atro sente una fitta di rimorso per non essersi messo qualcosa addosso. La sua pelle è a contatto con quella della ragazza e sentire la morbidezza dei suoi capelli neri non lo aiuta affatto a rimanere lucido. Colpa anche della stanchezza, ovviamente.

Con un sospiro Thranduil si avvicina al letto e depone quel corpo caldo e ignaro di tutto ciò che gli passa nella testa tra le coperte morbide, blu.

Con un sospiro lei si volta subito sul fianco, rivolta verso di lui. Il Re si immobilizza, osservando il volto sereno di Rose nella penombra. Le labbra di lei sono arricciate in un’ombra vaga di un sorriso e i suoi lineamenti sono rilassati. Per adagiarla sul letto si è inginocchiato sul tappeto prezioso, e ora le loro bocche sono a pochi centimetri di distanza. Gli occhi azzurri e intensi del sovrano di Bosco Atro studiano con calma le ciocche scure che ricadono sul cuscino in un intreccio complicato, e un’altra immagine si sovrappone alla scena che ha davanti. Chiude gli occhi per un’attimo, concentrandosi per qualche secondo sul ricordo lontano di Legolas quando, quand’era piccolo, lo osservava riposare, i lunghi capelli biondi sparsi dappertutto, le manine bianche che stringevano il cuscino o, più spesso, un lembo della tunica del padre quando lo cullava per tutta la notte.

E, mentre un intenso déjà-vù si fa largo nella sua mente, Thranduil si sente afferrare per la spalla. Solo che, al posto della tunica, ora c’è la sua pelle e al posto delle manine di Legolas c’è quella più grande ed esile della donna.

Apre di scatto gli occhi, mentre un brivido gli percorre la schiena, e punta gli occhi sul volto di Rose.

-Stai qui- sussurra lei con voce assonnata, e Thranduil si sente gelare il sangue nelle vene. E’ sveglia? Com’è possibile?

-Papà, stai qui- ripete, e a quelle parole l’Elfo si sente sollevato, anche se una punta di malinconia gli opprime la mente senza motivo.

-Papà- chiama di nuovo Rose, avvertendo il braccio di Thranduil scivolare dalla propria presa.

Il sovrano si affretta ad accarezzarle la testa, incerto su come diamine comportarsi. Lei l’ha preso per il padre... e vede benissimo che sembra più tranquilla se la tocca. Così, maledicendosi in elfico in tutti i modi possibili, si inginocchia sul letto e scavalca il corpo di Rose, sdraiandosi dall’altra parte, con le guance rosate per l’irritazione di non riuscire ad andarsene. Sospirando lascia scivolare la mano giù, tracciando una linea invisibile lungo la pelle e i vestiti della ragazza finché le loro dita si incontrano.

-Sono qui, tesoro- mormora voltando il viso nella sua direzione, e a quelle parole vede chiaramente il corpo di Rose rilassarsi mentre, nel sonno, lei stringe le sue dita.

Il Re chiude gli occhi e spera che la mattina dopo si svegli prima di lei, prima di sprofondare nel dormiveglia.


Thranduil si detesta certe volte. Detesta le cose che sfuggono al suo controllo. Come la morte della moglie. Per quello si è odiato a lungo, e forse si odia ancora per non essere riuscito a impedire che lei andasse via.

Oppure detesta quando i ragni invadono la sua foresta. Quello sì, che è irritante.

Detesta anche quelle sere nebulose dopo le battaglie in cui i soldati bevono e cantano e amano le proprie mogli o fidanzate e lui se ne sta solo sul balcone della sua stanza a fissare triste le stelle, bevendo vino per riuscire a ubriacarsi e a riposare in pace senza avere il ricordo della moglie ad affollargli la mente.

E la situazione in cui si ritrova ora rientra ampiamente nelle situazioni che lui detesta con tutto sé stesso.

Imprecando mentalmente in elfico Thranduil cerca di spostare il braccio e scivolare via dalla presa di Rose senza svegliarla, con l’unico risultato di farla spostare ancora di più sul proprio petto. Il Re sospira piano, reclinando la testa sui cuscini e cercando una soluzione al problema.

Evidentemente la notte si sono avvicinati sempre di più mentre riposavano, e ora lei è rannicchiata contro il corpo marmoreo dell’Elfo, la testa appoggiata sul suo petto e le mani posate sui suoi addominali.

E questo non sarebbe un problema se fuori dalla tenda non ci fosse nessuno. Ma qualcuno c’è.

E più precisamente è Legolas.

Mordendosi le labbra il Re afferra il fianco magro della ragazza e con delicatezza la sposta, sdraiandola supina. Lei protesta con un borbottio indistinto, continuando a dormire, ma ritira spontaneamente le mani e si volta sul fianco, dando la schiena all’Elfo, che si affretta ad alzarsi.

Con un sospiro irritato Thranduil si passa una mano nei lunghi capelli d’oro pallido, rendendosi conto del fatto che la sua temperatura corporea sia un po’ più alta del normale e che la sua pelle sia decisamente calda.

Maledicendosi per provare queste sensazioni strane immerge le mani nell’acqua tiepida della ciotola sul mobiletto di mogano e si rinfresca il collo.

-Ada?

Thranduil si volta di scatto, per trovarsi di fronte Legolas. Stupito, non fa niente per nascondere la sua sorpresa nel vederlo dentro la tenda. Come ha fatto a distrarsi così? Istintivamente il sovrano getta un’occhiata rapida alla ragazza stesa sul letto e ancora addormentata e poi al volto leggermente confuso del figlio.

Vedendo nei suoi occhi azzurri solo la perplessità per il suo comportamento strano, Thranduil si rilassa ma resta comunque rigido.

-Legolas, cosa c’è?- Mormora in elfico, mentre i suoi occhi vengono ancora attirati da Rose.

-C’è un problema- esordisce Legolas, la voce improvvisamente distaccato.

Alzando lo sguardo negli occhi del figlio, il Re capisce che questo problema è grosso, e notando anche lo sguardo che Legolas lancia all’Umana, decide che è davvero grosso.
 
   
 
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