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Autore: Thefoolfan    26/01/2014    1 recensioni
Seguito de "La storia continua...". Castle ripercorrerà alcune tappe importanti dell'ultimo anno trascorso, raccontando gli eventi più o meno felici che hanno condotto lui e Beckett a quel momento iniziale.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Le storie di una vita'
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Castle rimaneva seduto sul bordo della vasca da bagno con indosso solo un accappatoio blu, tastando con le dita l'acqua che usciva dal rubinetto per controllarne la temperatura, attendendo pazientemente che quella si riempisse quasi fin l'orlo cosi da potersi poi immergere completamente. Con un roco gemito si rimise in piedi, sentendo la propria gamba destra venir trafitta da una coltellata che lo fece quasi cadere all'indietro. Con altrettanta fatica andò a liberarsi dell'accappatoio, lasciandolo cadere ai suoi piedi trovandosi impossibilitato di abbassarsi per raccoglierlo, ci avrebbe pensato dopo, o ancora meglio l'avrebbe lasciato li per diversi giorni. Tenendo la mano destra stretta contro il fianco opposto si avvicinò a piccoli passi allo specchio posto sopra il lavandino e cominciò a studiare la sua immagine riflessa, roteando il busto cosi da mettere in mostra il braccio e la schiena.

“Pensavo peggio”. Commentò toccandosi i graffi e i lividi violacei che gli macchiavano la pelle in più punti, in particolare quel grosso bollo presente sulla tempia . Con un andatura zoppicante tornò verso la vasca cosi da chiudere il rubinetto e controllare ancora una volta l'acqua sentendola tiepida attorno alle sue dita. Con un profondo sospiro puciò i piedi per poi immergersi completamente rilasciando un gemito di piacere.

“Era quello che ci voleva”. Disse ad alta voce avendo come la sensazione che i propri muscoli, rotti in mille pezzi come un vetro, andassero via via a ricomporsi uno con l'altro, riuscendo a muovere le dita dei piedi senza più sentire quell'atroce dolore che gli partiva dalla schiena come una scossa.

“Come va?”. Gli domandò Beckett alcuni secondi dopo varcando la porta del bagno muovendosi velocemente verso di lui. Sul suo viso l'uomo poteva benissimo leggere le varie rughe di spavento e dolore che ancora le solcavano la pelle, rendendo ancora più accentuate le borse sotto gli occhi arrossati per via del pianto incontrollato e isterico che l'aveva colpita fino a poco meno di un ora prima.

“Non dovrai portarmi in giro in carrozzina a quanto pare”. Cercò di sdrammatizzare alzando una gamba togliendola cosi dall'acqua, posando il tallone sul bordo della vasca per farle vedere che riusciva a muoverlo anche se con un po' di difficoltà.

“Già è stato per quell'eventualità li che ho pianto per due ore di fila e non per il fatto che potevi rimanere ucciso in quell'incidente”. Si sforzò di sorridere Beckett abbassandosi accanto a lui, tenendosi il basso ventre con una mano per sorreggerne il peso che giorno dopo giorno aumentava gravandole sopratutto sulla schiena. Castle si dimenticò i dolori provati in tutto il corpo e si mosse velocemente per mettersi seduto, allungando una mano verso la moglie cosi da aiutarla in quel semplice compito divenuto difficile per lei.

“Tutto a posto tranquillo”. Lo rassicurò lei facendo un profondo respiro, massaggiandosi la pancia mentre riportava le iridi a incollarsi sul viso di Castle che invece era preso a fissare il suo ventre, posando a sua volta una mano su di esso lasciando la sua impronta bagnata sulla maglietta di Beckett.

“Sei riuscita a riposarti un po'?”. Domandò il detective andando a prendere tra le mani il bagnoschiuma, notando come gli occhi di Beckett andassero a fissare con ansia e preoccupazione quei lividi e quei tagli sulla sua pelle. Il detective cominciò a lavarli come se quel gesto bastasse per eliminarli, per renderli invisibili, per far cessare quelle nuove lacrime che si stavano formando negli occhi della donna.

“Poco, appena chiudevo gli occhi vedevo quella macchina mentre ti veniva addosso”. Commentò brevemente Beckett andando a toccare il livido sulla fronte del marito.

“Ti avevo detto di non farti raccontare come fossero andate le cose, che ti saresti solamente agitata ulteriormente”. Protestò Castle con un tono duro, facendosi un promemoria nella testa di far due chiacchiere con Ryan ed Esposito, colpevoli di aver riferito a Beckett per filo e per segno quanto accadutogli nonostante lui li avesse pregati di non farlo, non volendo in alcun modo aumentare le preoccupazioni della moglie. Se fosse stato per lui l'avrebbe informata dell'incidente solo una volta tornato a casa, in un ambiente più famigliare, più sereno. I colleghi invece avevano insistito a dirglielo subito, facendo notare a Castle che tenerla all'oscura avrebbe causato solo più apprensione nella donna. E cosi spettò a Lanie l'arduo compito di dire a Beckett dell'incidente accorso al marito, standole vicina e sorreggendola in quei minuti di assoluto sconforto, prima del suo arrivo in ospedale dove potè constatare di persona le condizioni del marito.

“Credo che oggi sia stata la seconda, massimo la terza volta nella mia vita che ringrazio la presenza di un tale traffico a New York. Se quella macchina fosse andata solo un po' più veloce”. Beckett non riuscì a finire quella frase, sentendo il cuore fermarsi in gola negandole la possibilità di respirare, mentre la propria mente combatteva contro il pensiero di quell'eventualità che fortunatamente non si era avverata. Castle abbassò lo sguardo colpevole. Come poteva esser stato cosi stupido?. Ad ogni bambino a New York veniva insegnato di controllare la strada prima di attraversarla, cosi da avvedersi di eventuali macchina in arrivo. Lui però quell'insegnamento l'aveva scordato e cosi, mentre inseguiva un sospettato di corsa, era uscito da un parcheggio mettendosi sulla carreggiata senza accorgersi del sopraggiungere di diverse vetture, finendo in tal modo a scontrarsi con una di esse, ricadendo prima sul cofano e poi sul parabrezza di quella. Ancora poteva sentire il rumore del vetro infrangersi contro la sua schiena, distinguendo a fatica quale fosse lo scricchiolio dei vetri e quale quello delle sue ossa.

“Mi dispiace”. Commentò il detective facendo ricadere le mani dentro la vasca, nascondendole sotto la schiuma cosi che la moglie non potesse vedere il modo in cui andava a stringerle in pugno per reprimere in quel modo la rabbia che sentiva nei propri confronti. Si era ripromesso di tenerla al sicuro durante la gravidanza, di non farle correre rischi inutili per la sua salute e quella del bambino, eppure quando si trattava della propria incolumità lo dimenticava, non pensando agli effetti che avrebbe potuto avere su Beckett anche il più piccolo graffio.

“Comincio ad essere stanca di sentire il tuo mi dispiace”. Ribattè ferita la donna socchiudendo le palpebre mentre faceva scorrere la mano fino all'impronta del marito ancora visibile sulla maglietta coprendola, riuscendo quasi a sentire ancora il calore di essa. “Ormai non lo usi più per scusarti del fatto che hai dimenticato un appuntamento o perchè hai rotto qualcosa in casa, adesso, ogni volta che me lo dici, è per qualcosa di grave che è successo”.

“E potrai mai perdonarmi?”. Chiese senza alzare lo sguardo, fissando le bollicine che andavano a scoppiare contro il suo petto, muovendo lentamente prima una gamba e poi l'altra cominciando a sentirle intorpidite.

“Non ti devo perdonare nulla Rick”. Beckett scrollò leggermente il capo facendo spallucce mentre faceva scorrere la mano destra sulla spalla del marito, toccando quell'ampio ematoma visibile sulla sua pelle, sfiorandolo attenta a non procurargli ulteriore fastidio ma l'unica cosa che Castle sentiva erano le sue dita, null'altro. “Non posso fare a meno di amarti anche se a volte sei cosi”. Sorrise tornando a guardarlo, notando la sua espressione da prima corrucciata farsi più serena.

“Proviamo a dimenticare questa storia d'accordo? É quasi natale dovremo essere felici, avere pensieri positivi, anche per questo piccolino”. Tornò a parlare l'uomo cercando di portare la conversazione su argomenti più allegri, comprendendo bene che sia lui che Beckett ne avevano bisogno. D'altro canto sapeva anche che la moglie non era cosi facile da distrarre, sopratutto da quando era rimasta incinta e gli ormoni le giocavano dei brutti scherzi, facendole desiderare, ora più che allora, di dare una conclusione a ogni situazione, a ogni discussione che andavano ad affrontare.

“Sarà difficile dimenticare, almeno fin quando ti vedrò cosi tumefatto”. Asserì ridacchiando, dandogli un pizzicotto proprio sopra il livido quasi volesse fargli pagare con quel piccolo gesto i minuti orribili che le aveva fatto passare. “E poi non è di per se l'incidente che vorrei dimenticare ma la paura che ho provato di perderti, la possibilità di non riuscire a far nulla di quello che abbiamo programmato.”. Continuò facendosi di nuovo seria mentre lasciava che la mano scorresse sul corpo del marito, fin sul petto per poi risalire sul volto, cosi da voltarlo verso di lei per osservarne meglio le escoriazioni, sfiorandole con il pollice. “Riesci a immaginare cosa vuol dire pensare, anche se solo per pochi istanti, alla possibilità di dover affrontare questi ultimi mesi e ciò che verrà dopo da sola. A piangere al pensiero di non aver fatto in tempo a piazzare i mobili della camera del bambino o addirittura a scegliere il nome da dargli”. Confessò senza scostare gli occhi dalla fronte di Castle mentre lui incollava le iridi su di lei, sentendo una nuova fitta al cuore, perchè lui a quelle cose non ci aveva pensato, non ne aveva avuto il motivo. Certo non era messo bene ma non aveva nulla di rotto, non rischiava la vita, ergo perchè avrebbe dovuto soffermarsi su quelle eventualità inattuabili. Ma ora che la moglie gliele aveva fatte notare era tutta un altra questione.

“Morirei al solo pensarci”. Riuscì solamente a dire.

“Benvenuto nel mio mondo allora”. Gli occhi umidi e verdi d Beckett si scontrarono con forza contro quelli cerulei dell'uomo trasmettendogli una desolazione che mai aveva provato prima dall'ora. Idiota e stupido si disse. Come aveva fatto a non capirlo prima, quando in ospedale la donna si era aggrappata a lui non lasciandolo solo durante le visite, tenendogli la mano mentre i dottori gli sistemavano la spalla lussata. O come quando tornati a casa si erano distesi sul letto e lei aveva combattuto contro le proprie lacrime, cedendo poi sotto il peso di quelle, addormentandosi in fine singhiozzando.

“Mi dispiace davvero”. Affermò raccogliendo un po' d''acqua tra i palmi sciacquandosi poi la faccia, tenendo le mani per diversi secondi ferme a coprirsi il volto, non facendo vedere a Beckett il modo in cui si mordeva la carne.

“Lo sò”. Rispose la donna lasciando ricadere un braccio dentro la vasca, muovendolo cosi da formare delle piccole onde che si espandevano poco a poco. Quel suo gesto venne fermato quasi subito da Castle e quando lei cercò di capirne il motivo lo vide solamente muovere il busto verso di lei, sollevandosi con la schiena tenendosi saldo con una mano al bordo delle vasca. Quando la baciò Beckett si ritrovò a chiedersi come facesse il marito ad aver la capacità di rendere ogni bacio unico, dando un sapore diverso ad ogni emozione, facendole dimenticare in quegli istanti ogni cruccio della vita.

“C'è abbastanza spazio per tutti e tre qua dentro”. Disse Castle osservando le labbra della moglie ancora dischiuse, in attesa di essere saziate ancora una volta. Beckett nemmeno provò ad obbiettare, nemmeno ci pensò su un secondo, era facile cedere a una tentazione simile. Si concesse un altro fugace bacio e poi si rimise in piedi, togliendosi con estrema lentezza ogni indumento, lasciando che l'uomo si godesse ogni istante.

“Sei bellissima”. Affermò il detective mentre la donna si mordeva il labbro inferiore sorridendo come una bambina.

“Dimmelo ancora una volta cosi ci credo”. Scherzò mentre si sistemava i capelli sollevandoli sulla nuca cosi da evitare che si bagnassero, lasciando solo che alcune ciocche le ricadessero lungo il viso.

“Sei bellissima”. Fece quanto chiesto Castle indietreggiando con il corpo, fino a che la schiena non si scontrò contro la vasca, in modo da lasciare lo spazio necessario alla donna per sistemarsi comodamente tra le sue gambe.

“Dammi la mano”. Gli chiese Beckett allungando la propria verso di lui, avendo bisogno di un sostegno per entrare dentro la vasca non fidandosi del fondo scivoloso che avrebbe potuto farle perdere l'equilibrio ed eventualmente cadere.

Quando la detective si appoggiò contro il suo petto Castle non perse tempo ad andarle a baciare il collo, facendo scorrere entrambe le mani sulle sue braccia fino le mani, per poi spostarsi sopra il ventre la cui forma arrotondata fuoriusciva dall'acqua quasi a formare una piccola isoletta in quell'oceano fatto di schiuma.

“Si sta muovendo”. Constatò l'uomo con un ampio sorriso sulle labbra, notando una serie di piccoli colpetti ben visibili che facevano ondeggiare lievemente il grembo di Beckett, andando velocemente a coprirli con il palmo della mano cosi da sentirli, da sentire la forza di suo figlio, provando già un profondo orgoglio per lui.

“Questo deve averlo preso da me. A quanto pare anche a lui piace quando ci coccoli”. Si rilassò Beckett tirando un profondo respiro mentre posava la testa tra quella del marito e la sua spalla, chiudendo gli occhi riuscendo finalmente a vedere solo belle cose e non quella macchina, sentendo nell'orecchio il respiro del marito e non lo stridio delle ruote in frenata.

“Se non fosse che è mio figlio devo ammettere che la cosa mi farebbe abbastanza impressione. Anzi non mi stupirei se adesso uscisse un mostro dal tuo stomaco stile alien”. Sogghignò prendendo un po' di schiuma nella mano facendola ricadere sopra la pancia, goccia dopo goccia per poi andarla a togliere con la propria mano e soffermarsi di nuovo ad accarezzare il proprio bambino.

“Rimango sempre stupita della tua capacità innata di uccidere il romanticismo”. Lo canzonò Beckett dandogli una leggera gomitata sul fianco, non notando, data la posizione in cui erano messi, la sua smorfia d dolore siccome lo aveva colpito nello stesso punto dove si era scontrato contro il cofano della macchina.

“Richard Alexander James II”. Le sussurrò nell'orecchio prima di darle un leggero morso su di esso, afferrando il panno appoggiato contro il bordo della vasca per poi immergerlo dentro l'acqua cosi da farlo impregnare. “Sarebbe un bel nome per nostro figlio”.

“Qualcosa di più lungo non ce l'avevi? Nemmeno i reali usano tanti nomi”. Obiettò Beckett lasciando che il marito le sollevasse il braccio, strizzandovi sopra quello stesso panno per poi passarlo con delicatezza sulla sua pelle cosi da cominciare a lavarla.

“Ma ci starebbe bene dato che lui sarà il principino di casa. E poi è giusto che porti i nomi di grandi uomini.”. Spiegò il detective affogando di nuovo il panno sotto l'acqua per passare all'altro braccio, approfittando di quel cambio per far scorrere la mano sul seno della donna mentre si spostava da una parte all'altra.

“Ritenta, forse sarai più fortunato”. Asserì Beckett facendo scorrere le unghie sulla coscia del marito facendogli sorgere dei dubbi riguardo l'oggetto della frase da lei appena pronunciata. Alzando un sopracciglio allungò il collo per cercare di guardarla in volto mentre ancora faceva scivolare il panno verso il fianco della moglie, studiando la sua espressione serena e quel sorriso che aveva stampato sulle labbra, con quella ciocca di capelli che le incorniciava il viso e che all'uomo sembrò esser stata messa li apposta per renderla ancora più irresistibile ai suoi occhi.

“Che nome vorresti dargli tu?”. Domandò usando questa volta le mani per accarezzare Beckett, sfiorandole le braccia con la punta delle dita, superandole i fianchi fino a giungere alle cosce, infilandosi sotto di esse per sollevarla meglio sopra di se.

“Ti conosco. Se te lo dicessi influenzerei le tue scelte”. Constatò la detective lasciando che una risata divertita le abbandonasse le labbra sentendo le sue dita camminarle lungo i fianchi facendole il solletico. “Perciò a te gli onori”.

“No, no”. Dissentì Castle negando risoluto con il capo. “Mia madre mi ha detto chiaramente che, in quanto la fatica la fai tutta tu, hai diritto di prelazione sul nome del bambino.”. Raccontò brevemente quel colloquio che aveva avuto con sua madre, su consigli che nemmeno lui aveva richiesto ma che l'attrice era stata ben lieta di dargli.

“E da quando in qua ascolti Martha”. Asserì perplessa Beckett guardando stranamente il marito sapendo bene che non era il suo passatempo preferito quello di ascoltare i suggerimenti della madre.

“Da quando ha aggiunto che non facendolo questo bambino potrebbe rimanere figlio unico ma in particolare da quando le ho chiesto una delucidazione a riguardo e lei mi ha semplicemente fatto il gesto delle forbici.”. Mimò quello stesso gesto Castle vedendo la moglie cominciare a ridere divertita mentre si teneva con una mano la pancia e con l'altra andava a stringere quella del marito.

“Mi credi davvero capace di ciò?”. Domandò divertita mettendosi a giocare con le dita dell'uomo, stringendone una dopo l'altra, intrecciandole con le proprie per poi accarezzare la fede.

“Sei incinta, sei capace di tutto”. Appurò Castle come se quella sua constatazione fosse una cosa ovvia, ricevendo in compenso una delle occhiatacce minacciose marchio di fabbrica della donna.

“Non corri alcun rischio, almeno per ora. Ne riparleremo però in sala parto”. Notò lei vedendolo sbiancare di colpo, schiacciandosi ancora di più contro il bordo della vasca, andando a trattenere di colpo il respiro sgranando gli occhi.

“Mi sa che quel giorno sarò impegnato in tutt'altro”. Mutò espressione un Castle pensieroso, sollevando lo sguardo al cielo massaggiandosi il mento, mettendosi ad urlare un secondo dopo quando Beckett andò a strizzargli l'interno coscia.

“Sono convalescente non mi merito questo trattamento”. Protestò andando a strofinare il punto dolorante vedendo la donna alzare un dito minacciosamente contro di lui.

“Fidati mi sono trattenuta”.

 

“Ci terrei davvero a sapere i nomi che ti piacciono”. Tornò a parlare questa volta serio il detective, riprendendo quei massaggi sopra il grembo di Beckett che contribuivano sia a rilassarla ma anche a farla appisolare, tanto che la donna dovette bagnarsi il volto con l'acqua per recuperare un po' di funzioni.

“A dir la verità non mi sono mai soffermata sul serio a pensarci. Sono incinta di cinque mesi, ho sempre pensato ci fosse tempo ma dopo quanto successo oggi”. Affermò lasciando che un po' di malinconia tornasse a prendere possesso della sua testa, sensazione che venne prontamente scacciata da Castle che, intuendo il suo malessere, prese a sussurrargli dolci frasi nell'orecchio.

“Adesso come adesso ti direi Trevor o Sebastian ma non escludo la possibilità che domani me ne possano piacere altri”. Ammise Beckett sentendo il mento del marito posarsi sulla sua spalla mentre andava ad abbracciarla sistemando un braccio sotto il suo seno e l'altro sotto il suo ventre, sollevandola delicatamente in modo da metterla ancora di più contro di se.

“Bhè ad essere sincero non sono nomi in cima alla mia lista, ma chissà forse domani potrebbero piacere a me”. Affermò il detective tornando a guardare divertito i movimenti del figlio dentro la pancia di Beckett, decidendo poi di riversare su di lei le dovute attenzioni prendendo a baciarle il collo con insistenza.

“Ehi, io ti ho detto i miei ora tocca a te dirmi i tuoi”. Protestò non troppo convinta la donna muovendo un braccio dietro di lei, infossando la mano nei capelli del marito con l'intenzione di scostarlo da se ma l'unica cosa che ottenne furono le proprie dita aggrappate alla nuca dell'uomo.

“Zachary o Ethan. In particolare Ethan”. Sussurrò Castle contro di lei cominciando a toccarla con maggior decisione, facendo scorrere la mano sotto l'acqua, contro la sua schiena per poi risalire all'altezza dello stomaco, scendendo poi tra le sue cosce.

“Bhè quattro nomi sono meglio di niente.”. Commentò chiudendo la bocca non volendo cedere fin troppo presto alle attenzioni del marito nonostante le mani si stringessero attorno al bordo della vasca in cerca di un appiglio. “Mal che vada li metteremo in un cappello e il nome che uscirà sarà quello definitivo”.

“Questo si che farà di noi degli ottimi genitori”. Ridacchiò divertito Castle per poi tornare improvvisamente serio quando la sentì cercarlo sotto di se con un mano, sollevando il bacino prima per poi scendere su di lui un istante dopo.

“I migliori in circolazione”. Sospirò maliziosa Beckett andandolo poi a baciare.

 

Castle stava finendo di ravvivare il fuoco del camino gettandovi sopra un abbondante dose di alcool, coprendosi il volto e strizzando gli occhi avendo paura del ritorno di fiamma, quando sentì gli scalini cigolare sotto i passi pesanti della moglie. Sapendo bene che la donna non era felice di vederlo compiere certe imprese che potevano dar fuoco all'appartamento si voltò velocemente e nascose la bottiglietta rosa dietro si se, vedendola camminare verso d lui con indosso una tuta rossastra ormai sbiadita.

“Fai le prove per vestirti da babbo natale tra due giorni”. Scherzò sentendo Beckett fargli il verso infastidita da quella sua battuta fuori luogo, seguendola con lo sguardo mentre andava a sdraiarsi esausta sul divano.

“Forse quel bagno fuori programma ti ha stancato ulteriormente”. Notò il detective dirigendosi velocemente verso la cucina cosi da andare a prendere un bicchiere d'acqua e qualche stuzzichino per la moglie, approfittandone per ritirare l'alcol al suo posto.

“Quel bagno fuori programma è l'unica cosa che ha salvato la giornata, è quello che c'è stato prima che non mi ci voleva”. Chiarì Beckett sistemando un cuscino sotto la testa e l'altro sotto la schiena mentre prendeva a massaggiarsi il basso ventre premendo leggermente.

“Perchè non mangi qualcosa mentre aspetti che la cena sia pronta”. Suggerì porgendole un piatto colmo di diverse leccornie tra le quali la detective poteva scegliere ciò che preferiva.

Beckett andò a fissare il piatto, facendo roteare la mano sopra di quello indecisa su che cibaria gettarsi per prima, sentendo lo stomaco cominciare a brontolare a quella vista cosi invitante, decidendo infine di puntare su un pezzo di formaggio.

“E quello che cos'è?”. Domandò curiosa notando un pacchetto posato sul tavolinetto posto dietro all'uomo.

“Questo?”. Castle si sedette su quello stesso tavolinetto appoggiandovi sopra il piatto per sostituirlo con quel pacchetto sottile, avvolto in una carta dorata con un piccolo fiocchetto verde sopra.

“Questo è il tuo regalo di natale. O meglio uno dei tanti che ti farò”. Disse porgendoglielo mentre lei lo afferrava non troppo convinta.

“Sei un po' in anticipo”. Sottolineò agitando l'oggetto cercando di capirne il contenuto dal suono.

“Data la giornata pensavo che l'avresti apprezzato perciò avanti aprilo”. Insistette alzandosi per spostarsi sopra il piccolo spazio che gli aveva lasciato lei sul divano, allungando la mano sinistra sopra lo schienale mentre con la destra tornava a massaggiarle il grembo ormai del tutto rapito da esso.

“Fammi indovinare. C'è dentro un bavaglino con scritto sopra “Ho il papa più sexy del mondo””. Cominciò a dire Beckett mentre con cautela andava ad aprire il pacchetto, levando lo schotch lentamente cosi da non rompere la carta fatta su con molta cura dal marito.

“No, tranquilla”. Ridacchiò il detective. “Quello lo troverai sotto l'albero dopo domani.” Disse indicando le decorazioni poste accanto alla finestra che con le loro luci illuminavano di diversi colori la stanza.

“Ammetto che ero indeciso su cosa regalarti, la scelta più ovvia che mi è venuta in mente è stato qualcosa per il bambino. Poi però mi sono ricordato che tu insisti sempre sul fatto che prima di essere madre sei una donna è che questo è il tuo natale, non il suo. Ci sarà tempo per riempirlo di regali”. Spiegò l'uomo bagnandosi le labbra con la lingua mentre spiava il volto della moglie mentre finiva di togliere la carta regalo rimanendo con un astuccio blu in mano.

“Un altro gioiello Rick?”. Alzò gli occhi Beckett sospirando. “Lo sai che li adoro ma in questi anni me ne hai regalati cosi tanti che potrei aprire una bigiotteria”

“Malfidata”. Affermò Castle posando una mano sull'astuccio cosi da impedirle di aprirlo. “Inoltre sono stato istruito da mio padre e dal tuo sul fatto che il gioiello dovrò regalartelo il giorno del parto, non prima e non dopo, sono stati categorici.”. Continuò muovendo quella stessa mano sul volto della moglie afferrandola per il mento, tenendola ferma mentre si abbassava per darle un casto bacio.

“Questo è un pensiero solo per te”. Beckett fece una smorfia con la bocca pensando a chissà quale stranezza il marito avesse pensato, ma alla fine la sua curiosità vinse su ogni congettura ed andò ad aprire l'astuccio al cui interno ci trovò un biglietto.

“Un week end in un centro benessere?”. Domandò stupida girando quello stesso foglietto al marito in cerca di spiegazioni.

“Ti ho detto che era giusto un pensiero”. Ribattè grattandosi il collo strizzando gli occhi imbarazzato pensando che la donna non avesse apprezzato il regalo. “L'altro giorno stavo parlando con Ryan e lui mi diceva che Jenny è cosi presa da Colin che non si concede un attimo per se e per questo voleva trovare qualcosa per farla staccare. Poi mi sei venuta in mente tu, e del periodo intenso che stiamo vivendo, tra il lavoro, il tuo ruolo di capitano, i preparativi per il bambino e mi sono reso conto che anche tu avevi bisogno di prenderti una pausa”. Andò a spiegarle prendendo quel biglietto tra le dita andandoglielo a sventolare davanti alla faccia.

“é questa è la soluzione che ho trovato. Due giorni di pieno relax insieme a Jenny e Lanie. Abbiamo chiesto a Espo se anche a lui piacesse l'idea e ci ha dato l'ok. Perciò come ti sembra come regalo?. Un week end intero insieme alle tue due ragazze senza pressioni o responsabilità, solo l'assoluto riposo”. Constatò posando il dono e l'astuccio di nuovo sul tavolinetto, volendo tornare a concentrarsi pienamente sulla moglie e sulle attenzioni che desiderava riversarle, abbassandosi lentamente su di lei con il busto nonostante la schiena gli protestasse per quel movimento non facile a causa dei dolori ancora persistenti.

“Trovo che sia una fantastica idea. Anche se mi chiedo cosa farai due giorni interi senza di me”. Scherzò Beckett inclinando il collo cosi da dargli maggiore accesso, stupendosi di come il marito nel giro di poco più di un mese avesse completamente cambiato idea sulla loro intimità. Da prima che era cosi frenato, contrario, impaurito da tali effusioni, per poi recuperare tutto il tempo perduto non riuscendo a stare nemmeno due minuti senza infilarsi sotto i vestiti della donna, come in quel momento che sentiva la sua mano farsi strada sulla sua coscia.

“Tranquilla ho già in mente qualcosa”. Appurò enigmatico facendole l'occhiolino, con un sorriso sulle labbra che non presagiva niente di buono.

“Meglio non sapere?”. Domandò Beckett passandogli ancora le dita sul livido sulla fronte che, nonostante le rassicurazioni dei dottori, ancora la faceva preoccupare data la posizione e il gonfiore.

“Meglio non sapere”. Le fece l'eco Castle fissandola con con una tale intensità che le fece venire i brividi. “Mi manchi già adesso”. Confessò rilasciando un lungo respiro nascondendo la testa tra i suo capelli respirando il profumo dello shampoo alla lavanda che emettevano.

“Ti amo Rick”. Disse Beckett con un ampio sorriso mentre lo stringeva a se tenendo le braccia strette attorno alla sua schiena.

“Per sempre”



 

  
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