23)Break your little heart
in two.
Ci
sono periodi nella vita
che sono davvero difficili.
Ne ho avuti tanti, ma
nessuno duro come questo, l’aborto mi ha letteralmente preso
e buttato nelle
regioni più oscure di me stessa. Ho attraversato il mare del
senso di colpa,
calpestato la terra del “Perché
esisto?”, contemplato l’arcobaleno del suicidio
e la luce accecante dell’alba della monotonia.
Jack mi è stato sempre
vicino, io ho cercato ogni giorno di indossare una maschera per fargli
credere
che sto meglio, ma non credo di essere riuscita ad ingannarlo.
Intanto sul mio
braccio sono
fiorite tante cicatrici,
anche se lui ha tentato in ogni modo di nascondere oggetti che mi
potessero
fare male.
Deve amarmi davvero molto
se ha sopportato e sta ancora sopportando l’ombra della
ragazza che amava.
Ormai è arrivato giugno,
sto guardando l’alba sorgere sul mare, il sole sembra
incendiare un attimo
l’acqua e poi accende tenui colori rosati nel cielo.
Ho perso il conto di
quante albe ho visto, ma questa mi colpisce in modo particolare, forse
per
l’idea che per un attimo l’oceano sembrava davvero
avere preso fuoco. È stato
ferito, ma si è rialzato, non era colpa di nessuno, ma lui
non si è crogiolato
nei sensi di colpa.
Questo smuove qualcosa
dentro di me, forse anche io posso rialzarmi e smetterla, ho fatto
soffrire fin
troppo le persone che amo, in particolare Jack.
Lo guardo dormire e sembra
il ritratto della serenità, invece è parecchio
stressato per il cd e per me.
Non sarebbe dovuto succedere.
Mi ero giurata che non
sarei mai stata un peso per lui, da quando si è rotto questo
giuramento?
Da quando ho scoperto di
essere incinta e di aver in seguito abortito.
Sospiro.
Ormai è successo, ho
pagato il mio tributo alla sofferenza, credo sia arrivato il momento di
andare
avanti.
Visto che è domenica torno
a letto, ripromettendomi di svegliarmi prima di Jack in modo da
preparargli la
colazione. Se la merita per essermi stato accanto in un periodo
così difficile
per me, in cui ero ridotta a uno zombie senza volontà
Con questi pensieri in
testa mi addormento godendomi appieno il suo abbraccio dopo mesi.
Riesco a svegliarmi prima
di lui, scendo in cucina e comincio a preparare uova e bacon solo per
lui, io
metto sul vassoio la solita tazza di cereali.
Finito tutto, salgo in
camera nostra e lo scuoto gentilmente, lui mugugna qualcosa e poi apre
gli
occhi. Li spalanca del tutto quando vede il bacon e il resto.
Sorpresa riuscita!
“Wen, mi hai portato la
colazione a letto!”
“Sì.”
“E questi sono bacon e
uova.”
“Esattamente.”
Gli rispondo sorridente,
lui mi guarda grato e mi fa spazio sul letto.
Lui attacca subito il
cibo, io mi perdo ad ammirarlo per qualche
momento, mi sembra bellissimo e quasi troppo per me. Io
non sono sicura
di meritarmelo.
“Sono felice di vedere che
stai un po’ meglio.”
“Da cosa l’hai capito?”
“I sorrisi. Non ne hai più
fatto uno vero da quando è successa… quella cosa.
Ti ho sempre vista solo
con sorrisi di plastica.”
Io arrossisco, non pensavo
che se ne fosse accorto.
“Sorpresa, eh?”
“Un po’, non pensavo
l’avessi notato.”
“Io ti osservo più di
quanto tu creda.”
Arrossisco ancora di più.
Non me l’aspettavo, giuro.
Boccheggio qualche parola,
facendolo ridere.
“Mangia, Wen o rischi di
andare in carenza di ossigeno.”
“Beh, dovresti avvisarmi
quando tiri fuori queste perle da film romantico, almeno mi preparo psicologicamente.”
“E che senso avrebbe
dirtele se ti avviso?”
Scoppia a ridere come un
matto.
“Wen, sei proprio strana.”
Io sospiro.
“Sì, a volte immagino di
esserlo.
Sono strana, troppo sulla
difensiva, non parlo e a volte sono terribilmente esasperante per
questo lato
del mio carattere. Forse è meglio che…”
Lui mi appoggia un dito
sulle labbra.
“Non dire più nulla. A me
non importa dei tuoi difetti, non sono fastidiosi, anzi li amo e li
avrebbe
amati anche lui o lei.”
Lo guardo negli occhi,
sono innegabilmente sinceri e a me scappa un altro sorriso.
Sono fortunata che non mi
ritenga responsabile di quello che è successo, anche se ne
avrebbe tutte le
ragioni, e mi ami.
Questa è una cosa da cui
ripartire, un punto saldo della mia vita: Jack mi ama.
“È giugno, ti piacerebbe
fare un giro alla spiaggia e magari farci anche un bel bagno.”
Io annuisco, prendo il
vassoio della colazione, lo porto dabbasso e lo metto nel lavandino,
Jack intanto è sceso
in salotto, pronto.
Io salgo a mettermi il
costume e un copricostume verde, preparo una borsa veloce e scendo, lo
trovo
che guarda la tv.
Decido che può guardarla
ancora un po’ e preparo anche un pranzo al sacco fatto di
panini e bibite.
“Jack, sono pronta.
Possiamo andare.”
Lui spegne la tv e si volta
sorridendo verso di me.
“Eccomi. Uh, ma hai
preparato anche il pranzo!”
“Ho visto che stavi
guardando la tv e ho deciso di approfittare di quel momento per fare
qualche
panino.”
Lui mi passa un braccio
attorno a una spalla.
“Bene, allora possiamo andare.
Non manca nulla.”
Sì, lui c’è, io ci sono e
c’è anche il cibo.
Non manca proprio nulla.
Il
picnic sulla spiaggia
si rivela un’esperienza piacevole.
Non c’è molta gente e c’è
un delizioso venticello che ci rinfresca e increspa il nostro
ombrellone e l’oceano.
I panini sono buoni, Jack
è rilassato, ma non significa nulla: lui è sempre
rilassato.
Non so mai cosa gli passi
per la testa, a volte è impenetrabile e l’unica
persona che lo sa è Alex e
questo mi frustra parecchio perché vorrei non stressarlo.
Ma come faccio a non farlo
se lui non mi dice perché lo è?
Forse sono stata
insopportabile negli ultimi tempi, ma avevo le mie ragione e lui sembra
averlo
capito, eppure sono inquieta.
C’è qualcosa nella sua
calma che mi preoccupa profondamente.
“Vado a farmi un bagno,
tu?”
Io guardo la mia mano e
decido che posso permettermelo, ormai sono brava a rifare la fasciatura.
“Arrivo. Jack, tutto
bene?”
“Sì, perché?”
“No, niente. È solo una
sensazione.
Andiamo!”
Entriamo in acqua e lui
sparisce subito al largo, senza fare il cretino, lasciandomi da sola
vicino
alla spiaggia, ma circondata da una distesa d’acqua azzurra.
Non so perché inizio ad
avere freddo ed esco dall’acqua e me ne torno
all’ombrellone in lacrime.
Non è che a causa del mio
dolore l’ho perso e non me ne sono nemmeno accorta?
Piango per circa una
decina di minuti, poi mi asciugo le lacrime e ricompongo la mia faccia
in
un’espressione normale per non creare problemi.
Un quarto d’ora dopo esce
dall’acqua e si sdraia sul salviettone senza dire una parola,
sembra felice, ma
– ho detto – potrebbe essere una maschera.
Devo parlare con Alex,
anche se questo mi fa sentire la più scadente delle ragazze.
Finiamo la nostra giornata
al mare verso le cinque, non è stata granché. A
dispetto delle premesse
sembravamo due estranei che non sapevano di che parlare.
Dio, non togliermi anche
lui, ti prego!
Arrivati a casa lui
sparisce a farsi una doccia, quando torna mi trova sul divano.
“Jack, faccio un salto da
Holly, va bene?”
Lui annuisce.
“Divertiti.”
“Ok, ciao.”
“Ciao.”
Esco da casa mia
spaventatissima.
Percorro i pochi metri che
separano dalla casa di Alex e suono il campanello.
Esce direttamente Alex.
“Ciao, se vuoi parlare con
Holly non c’è.”
“No, a dire la verità ho
bisogno di parlare con te.”
“Va bene, entra.”
Entro e mi siedo sul
divano.
“Vuoi qualcosa?”
“Qualsiasi cosa di forte
andrà bene, ne ho bisogno.”
Lui mi guarda incredulo.
“Pensavo che non ti
piacesse l’alcool.”
“In generale no, ma certe
volte ne ho bisogno per sciogliermi.”
Lui annuisce comprensivo e
poco dopo mi porge un bicchierino di whisky che butto giù
tutto d’un fiato.
“Ecco, ora penso di
potercela fare.”
Mormoro.
“Wendy, cosa c’è?”
Mi chiede preoccupato
Alex.
“Jack, dimmi cosa ha
Jack.”
Lui mi guarda sorpreso.
“Oh, non guardami con
quella faccia!
Lo so che ha qualcosa,
solo che non vuole dirmelo, è sempre così freddo!
Apparentemente è
rilassato, gli va bene tutto, ma in realtà non è
così e so che tu sai cosa ha.
Tu lo conosci meglio e,
anche se questo mi brucia un po’, sei l’unico che
mi può aiutare.”
Lui mi guarda.
“Sei gelosa.”
“Un po’, ma non importa.
Suppongo che per avere il pacchetto Jack Barakat bisogni accettare
anche un
pezzo del pacchetto Gaskath.
L’importante è che non si
arrivi a dividere il letto.”
Lui annuisce.
“Allora, cosa ha Jack?”
I suoi occhi smettono di
essere fissi nei miei e vagano per la stanza, non mi piace questo
comportamento, è segno di una bugia di solito.
“Beh, anche lui ha passato
un periodo duro.
“Lo so.”
“Forse è il suo modo per
far passare il dolore.”
“Allontanandomi?”
Chiedo ferita.
“Non lo so, dovresti
parlarne con lui.”
“Lui dice che va tutto
bene.”
Alex tace.
“Alex, lo so che mi stai
tenendo nascosto qualcosa. Ti prego, dimmela.”
Lui si alza in piedi e
cammina per il salotto.
“Non posso, Wen.
Semplicemente non posso, mi dispiace.
E se vuoi un consiglio,
lascia perdere queste paranoie.”
Io sospiro affranta e
anche un po’ arrabbiata.
“Lo sapevo che avresti
coperto Jack, nonostante il bene che dici di volermi.
Arrivederci, Alex!”
Sibilo dura, poi me ne
vado dalla villa, incurante del fatto che Alex mi stia urlando di
fermarmi e di
non reagire così. Non capisco come dovrei reagire.
Davvero non lo so!
Il mio ragazzo mi nasconde
qualcosa esattamente nel momento in cui io sembro stare meglio e il suo
migliore amico lo copre.
Non ho voglia di tornare a
casa e non mi va di sentire altre scuse da parte di Alex
così mi dirigo il
parco del quartiere.
Stare da sola mi farà
bene.
Mi siedo su una panchina e
mi guardo attorno, ho fatto la scelta sbagliata: il parco è
pieno di giovani
mamme con prole a seguito, esattamente quello che sarei dovuta essere
io.
Merda! Perché ogni volta
che sono a due passi dalla felicità mi succede una
catastrofe?
Perché?
Cos’ha Dio contro di me?
Mia madre, mio padre, mio
fratello, la morte di Jim e il mio incidente mi sembrano una punizione
sufficiente!
Mi raggomitolo sulla
panchina in silenzio, isolandomi dal mondo e pensando che è
troppo per me.
Sento che sto perdendo
Jack e non so come fermarlo, lui mi scivola via dalle mani come acqua e
non so
a chi chiedere aiuto.
Mi sento sola esattamente
come a Baltimora, mi sento la ragazzina fragile e allo sbaraglio di
allora.
Tutto cambia per non far
cambiare niente.
Che tristezza.
Inizia ad alzarsi un vento
freddo, io guardo il cellulare: sono quasi le sette, meglio tornare a
casa.
Il
giorno dopo ci alziamo
tutti e due presto.
Lui deve andare alle
registrazioni e io vado in negozio per passare il tempo.
Lui sembra rincoglionito
come al solito al mattino, ci salutiamo con il solito bacio, ma sento
una certa
indifferenza da parte sua.
È ufficiale: sono in
paranoia.
Ma ne vado al negozio
molto preoccupata, Holly lo nota subito.
“Che succede, Wen?”
“C’è che sono preoccupata
per la mia storia con Jack, temo mi nasconda qualcosa.”
“Mannò, non penso.”
“Ieri sono stata da Alex,
è stato molto evasivo su questo argomento.”
Holly tace e io vado nella
parte vera e propria dello studio, dove Bryan sta preparando la
macchinetta.
“Ciao, Wendy.”
“Ciao, Bryan.”
“Hai qualche problema?”
Io mi siedo su uno
sgabello che di solito è destinato a chi accompagna la gente
a farsi tatuare:
genitori, amici, fidanzati/e, parenti.
“Sì, ne ho uno.
Il mio ragazzo ultimamente
è diventato strano e il suo migliore amico non mi vuole dire
perché.”
“Significa che sta facendo
qualcosa di sbagliato.”
Al pensiero che Jack mi
tradisca sento un crampo al cuore e mi accascio sulla sedia.
“Tutto bene?”
“Sì, solo un crampo,
grazie.”
“Devi tenerci a questo
ragazzo.”
“Molto. Forse tengo di più
a lui che a me stessa in questo momento.”
Lui continua a pulire la
macchinetta.
“Spero che si meriti
questo amore.”
Io rimango in silenzio,
l’idea che Jack mi stia tradendo sta germogliando dentro di
me, tutto
filerebbe: dalle sue stranezze, al silenzio colpevole di Alex, per non
parlare
della messicana che ha giurato di farmela pagare.
Ho un brivido e cerco di
trattenere le lacrime.
Non può essere davvero
così, mi rifiuto di crederlo, lui mi ama e me lo ha
dimostrato molte volte.
Perché tradirmi?
{“Beh,
anche lui ha passato un periodo duro.
“Lo so.”
“Forse è il suo modo per far passare il
dolore.”}
Jack non può
essere così
stupido, non può. Eppure – chissà
perché –
una parte di me la trova una spiegazione sensata, come se
in fondo
sapessi che con lui non avrebbe potuto durare.
Mi impongo faticosamente
di mantenere la calma, non è detto che sia così,
non ho alcuna prova, solo un
sospetto. Lo condannerò definitivamente a essere uno stronzo
il giorno in cui
lo vedrò scopare con un’altra nel nostro letto,
solo allora.
“Wendy?”
La voce di Bryan mi
richiama alla realtà.
“Scusami, forse ho detto
delle cose inappropriate.”
Io scuoto la testa.
“No, hai solo detto la tua
opinione, va bene così.
Sta arrivando il primo
cliente, smetti di pensare ai miei problemi.”
Lui annuisce poco
convinto.
Il primo cliente è un uomo
che ho già tatuato, si ferma cinque minuti a chiedermi come
sto e a dirmi che
gli dispiace per quello che mi è successo.
Io annuisco e gli dico che
presto tornerò in pista, mi manca il mio lavoro ed
è la sacrosanta verità.
Assisto a tutti gli
appuntamenti di Bryan e cerco di distrarre i clienti con qualche
cavolata
quando mi accorgo che lui tocca punti dolorosi del loro corpo.
A mezzogiorno mangio con
Holly e Bryan.
“Stai meglio adesso?”
“No, ma almeno non ci
penso. So che qualcosa succederà, me lo sento nelle
ossa.”
Lei scuote la testa.
“Stai diventando
paranoica, cosa vuoi che succeda?”
Un tradimento, ma mi
trattengo dal dirlo ad alta voce perché ho davvero paura che
sia così.
Jack è entrato troppo
profondamente nella mia vita, cosa farei senza di lui?
Non lo so e non sono
ansiosa di scoprirlo.
Holly ci porta in una
pizzeria e nemmeno la mia pizza preferita – la margherita
– riesce a tirarmi su
in qualche modo.
La sensazione della
catastrofe imminente incombe su di me come un macigno.
Alle cinque decido di
uscire prima dal negozio, non hanno bisogno di me e io voglio provare a
cucinare qualcosa di buono per quando il mio ragazzo tornerà
dalle
registrazioni.
Mi fermo a prendere le
ultime cose al supermercato e poi finalmente mi dirigo verso casa, sono
stanca
ma quasi felice.
Parcheggio la mia
macchina, porto la spesa in cucina e
mi
accorgo – con un brivido – che al piano di sopra ci
sono strani rumori.
Rumori troppo simili a
quelli che fa Jack quando fa sesso.
Salgo le scale lentamente,
come un automa, e pregando Dio che
si
stia solo vedendo un porno o qualcosa del genere.
Apro la porta della nostra
camera e il mio cuore si frantuma in mille pezzi.
Jack non sta guardando un
porno, si sta scopando quella messicana che mi ha minacciato di
riprenderselo.
Lo guardo mentre se la
gode, ansima e tocca un corpo che non è il mio a occhi
chiusi.
Dovrei scappare, urlare,
picchiarlo, fare qualcosa, ma sono pietrificata a guardare questa scena
oscena.
Il mio ragazzo apre gli
occhi solo quando viene e mi vede, il suo volto si pietrifica e la
messicana
scoppia in una risata cattiva, io trovo finalmente il coraggio di
voltarmi e
correre via.
Non mi fermo nemmeno alle
urla di Jack che urla che può spiegarmi tutto, che mi ama e
altre stronzate.
Esco dalla villa e mi
fiondo dentro la villa di Alex approfittando del fatto che il cancello
è
aperto, busso come una forsennata alla sua porta, finché non
viene ad aprirmi.
Davanti alla mia faccia
sconvolta decide di lasciar perdere qualsiasi commento e allarga le
braccia, in
un invito implicito ad abbracciarlo.
Ed è quello che faccio mi
butto tra le sue braccia piangendo.
“Per favore, chiudi la
porta e non fare entrare Jack.”
“Perché?”
Io tiro su con il naso.
“Jack mi tradisce.”
Mormoro con voce rotta,
lui annuisce comprensivo e chiude la porta, non la riapre nemmeno
quando Jack
la tempesta di pugni.
Pensa solo a consolarmi e
gliene sono grata, è davvero un bravo amico.
La mia favola invece è
andata a puttane.
Le favole per quelle come
me non esistono.