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Autore: scoiattolo17    27/01/2014    1 recensioni
Una nuova sfida per i nostri due sweeper, una nuova battaglia non meno pericolosa delle altre. Dopo l'ennesima discussione Kaori se ne va di casa e l'ombra di un nuovo sweeper compare in città. Ryo riuscirà questa volta a salvare Kaori? o sarà il contrario??
è la mia prima ff. è molto che l'ho scritta, solo ora ho deciso di pubblicarla... siate clementi! spero vi piaccia! buona lettura!
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Nuovo personaggio, Ryo Saeba/Hunter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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La piccola luce dell’auto rischiarava la sagoma della giovane avvolta dal buio del parco. Erano ore che meditava. Solo una soluzione le si proponeva davanti: Hoichi Hoashi , Sweeper dell’ Hokkaido,
era venuto a Tokyo per uccidere Ryo. Quest’ultimo era stato salvato da Kitoshi, che, utilizzò per ucciderlo la Lugher rubata al museo, lasciandola di conseguenza nelle mani di Ryo.
Il tutto doveva per forza essere accaduto fra l’89 e il 90, dopo la scomparsa dal museo della Lugher e prima del processo contro Kitoshi. Di fatto il Kitoshi che aveva salvato la pelle a Ryo doveva essere per forza Yusuke, padre di Takumi che, a quanto pare, era sparito dalla circolazione proprio in quegli anni.
Kaori guardò fuori dall’abitacolo, ma vide soltanto la sua immagine riflessa nel vetro della macchina. Aveva scoperto la maggior parte della storia. Mancavano solo alcune risposte che la tormentavano. Suppose che la Butterfly si stesse riorganizzando in Giappone sotto l’egida di Kitoshi, tornato dopo una lunga assenza, e che lo stesso Kitoshi avesse assoldato Ryo per sgominare una “famiglia” che lo stava intralciando. Come mai proprio Ryo? Forse perché doveva ripagare il suo debito, in fin dei conti era stato proprio lui, lo stesso Kitoshi che lo aveva salvato anni prima, uccidendo lo sweeper Hoichi. Erano solo supposizioni, ma si sarebbe accorta solo poco tempo dopo che erano giuste. Solo una cosa non le tornava: perché il figlio di Kitoshi aveva cercato City Hunter? Era forse una trappola macchinata da padre e figlio per uccidere Saeba?
Non ne aveva idea. Lo avrebbe scoperto. Tirò fuori dalla borsetta il cellulare ed un piccolo foglietto su cui aveva annotato un numero. Lo compose.
-Pronto?-
-pronto, parlo con Takumi Kitoshi?-
- con chi parlo?-
-City Hunter…-
 
Ryo tornò a casa alle 6 di mattina. Aveva cercato la sua socia dappertutto. Ma di lei nessuna traccia.
Era passato da Saeko, da Reika, da Kasumi e Mick, aveva persino telefonato alla sorella a New York, ma nessuno gli sapeva dire dove Kaori fosse finita. Non aveva lasciato tracce. Aveva tante volte provato a chiamarla sul cellulare ma si inseriva la segreteria telefonica ripetutamente. Era scomparsa. Certo se la Dark Butterfly l’avesse rapita avrebbero gia chiamato per il riscatto, ma nessuno si era fatto vivo.
Il telefono squillò:
-pronto, Kaori?- disse lo sweeper d’istinto.
-sono Falcon, nessuna traccia di Kaori?!-
-no nessuna,  è scomparsa nel nulla-
-volevo avvertirti che anche io e Miky la stiamo cercando, mi sento responsabile… ti daremo una mano-
-la colpa e soltanto mia- disse Ryo – avrei dovuto prevederlo… comunque grazie, accetto il vostro aiuto-
Riagganciò. Era stanco. Tutta la notte non aveva fatto altro che girare in città alla ricerca della socia. Se continuava così non sarebbe andato molto lontano, doveva curarsi la ferita alla spalla e riposarsi per recuperare le forze. Si diresse verso camera sua, accorgendosi solo allora del vuoto che avvolgeva quella casa senza Kaori.
 
Kaori aveva dormito in una piccola locanda tradizionale in uno dei tanti quartieri di Tokyo. I due anziani proprietari l’avevano accolta cordialmente, dandole la camera anche dopo le undici di sera. Era una coppietta sulla settantina, ancora arzilli e molto affettuosi. Le avrebbero dato vitto e alloggio per due settimane ad un prezzo relativamente basso.
Si svegliò dopo che la signora, entrata in camera, le aveva aperto la finestra facendo inondare la stanza di luce.
-buongiorno signorina!- disse la signora –mi aveva detto di svegliarla alle  sei e mezza e così eccomi qua- poi aggiunse con tono allegro –su, su si alzi, che giu la stà aspettando un’abbondante colazione che le ho preparato io con le mie mani!-
-uhmm? Buongiorno- disse la sweeper ancora assonnata –scendo subito-
Quando uscì dalla locanda era poco più delle sette e mezzo. Doveva sbrigarsi, sarebbe dovuta passare da casa e poi andare all’appuntamento con Takumi Kitoshi. Voleva prendere la sua pistola nel caso la situazione si mettesse male.
Quando scese di macchina e vide la palazzina in cui aveva abitato per tutti quegli anni, un misto di tristezza e malinconia la avvolse. Si fece forza ed entrò.
Nell’armeria trovò tutto il necessario. Prese la sua pistola, due piccoli revolver facili da nascondere, tante munizioni, qualche bomba a mano, cannocchiali, ricetrasmittenti, cimici, tutto l’occorrente per lo spionaggio. Vi era anche un segnalatore di posizione. Lo prese fra le dita. Era soprannominato da Ryo “il bottone” e tante volte lei se lo era ritrovato addosso senza sapere come.. Quell’affarino l’aveva salvata tante volte da situazioni in cui non vi erano via di fuga. Con quello Ryo l’avrebbe ritrovata anche in capo al mondo. Lo guardò. Era piccolo, ma era sempre stato il suo angelo custode.
Lo posò nuovamente. Fece una piccola panoramica di tutto quello che stava “rubando” a Saeba: aveva preso tutto. Stava per andarsene quando si ricordò di fare una cosa.
Poco dopo usciva dalla casa senza problemi, così come era entrata. Prima di andarsene diede un’occhiata alla finestra di camera di Ryo. Sicuramente dormiva ancora. Non poteva sapere che il suo socio era andato a letto poco prima del suo arrivo, dopo una notte passata a cercarla.
 
Quel bar in un basso quartiere di Tokyo era il luogo migliore per incontrarsi con il cliente. Vi erano solo pochi habitué e per di più la mattina era poco frequentato.
Quando Kaori entrò venne avvolta da un atmosfera cupa. Come locale era poco illuminato, vi era solo una piccola finestra in alto che non faceva molta luce. Alcune delle lampade erano accese, non tutte, molte delle quali ricreavano un’atmosfera soffusa. All’interno vi erano solo quattro persone più il barista. Dette uno sguardo tutt’intorno. Due uomini parlavano di politica al bancone mentre sorseggiavano il loro caffè, un altro leggeva il quotidiano commentando alcuni fatti con lo stesso gestore. L’ultimo, ad un tavolo in fondo al bar con una sigaretta in bocca, sembrava aspettare qualcuno. Doveva essere quello il suo uomo. Si avvicinò titubante, incerta.
-credevo che City Hunter fosse un uomo- disse la sagoma togliendosi la sigaretta dalla bocca, espirando la maggior parte del fumo.
-io mi occupo delle richieste di lavoro, ma ultimamente mi sto mettendo in proprio- disse Kaori sedendosi di fronte senza lasciar trapelare la paura che sentiva dentro di sé.
-meglio così, preferisco lavorare con le belle donne anziché con gli uomini-.
La ragazza gli sorrise e solo allora lo vide chiaramente in faccia. Doveva avere circa trentacinque – trentotto anni. Aveva capelli chiari, biondi, sfumati di bianco vicino alle tempie. Occhi verde scuro non facevano trasparire alcuna emozione. I lineamenti del viso erano belli ma molto marcati.
-lei è Takumi Kitoshi giusto?!-
-si- disse l’altro spegnendo nel posacenere la sigaretta e accendendone un’altra
-per quale motivo le serve l’aiuto di City Hunter?-
-voglio uccidere mio padre-
A Kaori si raggelò il sangue nelle vene. Era una cosa immorale.
-per quale motivo, se mi è concesso saperlo-
-ha ucciso mia madre, mia sorella, voleva a tutti i costi che divenissi io l’erede del suo sporco e fottutissimo impero di contrabbando-
vi fu un momento di silenzio, poi la ragazza riprese la parola:
-senta non posso negarle che io stessa ho fatto delle ricerche su di lei e su suo padre-disse Kaori appoggiando una mano sul tavolino –non ho scoperto molto però; la maggior parte delle notizie che riguardano la vostra famiglia sono altamente private. So che suo padre era stato implicato come possibile capo di un’associazione chiamata Dark Butterfly, che era stato accusato di omicidio e che è ricomparso da poco qui in città-.
-tutto vero. Mio padre è il capo della Butterfly assieme ad altri due. Vede quando ero giovane il mio sogno era di diventare come lui. Mi inserii nel contrabbando della droga, ma venni arrestato poco dopo. Gli avvocati di mio padre mi tirarono subito fuori da quella faccenda ed in pochi giorni ero nuovamente libero. Mio padre, però, mi obbligò a lasciare Tokyo per un po’, fino a che le acque non si fossero calmate.
Andai in Europa, con mia madre e mia sorella. Lì la mia vita è cambiata del tutto. Ho conosciuto persone che mi hanno insegnato molto, più di quanto mio padre avesse fatto. Non sarei mai più rientrato in Giappone , avevo deciso. Un giorno una telefonata di mio padre mi impose di tornare, dovevo prendere le sue redini. Io mi rifiutai, mia madre e mia sorella mi appoggiarono credendo che fossimo al sicuro in Francia. Non era così. Gli scagnozzi di mio padre ci trovarono e le uccisero sotto i miei occhi, era un avvertimento, sarebbe successo anche a me se avessi continuato a rifiutare la sua proposta-
Takumi smise di parlare. Vide lo sguardo scosso della donna di fronte a lui. Poi aggiunse:
-quel bastardo non le ha uccise solo per costringere me a tornare, lo ha fatto perché dopo aver lasciato Tokyo anche loro si erano ricostruite una vita, erano diventate persone per bene, avrebbero potuto testimoniare contro di lui. Vede ciò che a mio padre manca per andare in carcere sono i testimoni, loro lo erano, avrebbero potuto far fallire i suoi schifosissimi piani-
-di certo suo padre non è uno che si fa scrupoli…-
-già…-
-cosa è successo dopo l’omicidio?- chiese Kaori
-vedi fu io il primo sospettato della loro morte dalla polizia francese, faceva tutto parte del piano architettato da mio padre. Decisi di fuggire il più lontano possibile, dove mi sarei rifatto una vita lontano da lui. Ma il piccolo aereo privato su cui viaggiavo è precipitato. Mi hanno ritrovato nell’oceano in fin di vita e ricoverato d’urgenza nell’ospedale di S. Miguel in Cile. Da allora vivo solo per vendicare la morte di mia madre e di mia sorella. Sono tornato in Giappone perché è arrivato il momento di farlo-
Kaori aveva la pelle d’oca. Non poteva sapere se quella storia era vera o fosse una farsa, un piano macchinato da Kitoshi per uccidere City Hunter. Cosa poteva fare? Lei avrebbe accettato, quell’uomo aveva tutto il diritto di vendicarsi dopo quello che aveva fatto il padre. Ma Ryo? Lui avrebbe accettato?
Guardò gli occhi tristi dell’uomo.Aveva perso tutto, la famiglia, la casa, una vita normale. Poteva assomigliare alla situazione passata di Ryo per alcuni punti di vista.
Fu un momento. Un lampo che le attraversò gli occhi. Non era mai stata capace di aiutare Ryo, non avrebbe fatto lo stesso con quell’uomo.
-accetto il caso- disse senza esitare –ma ad una condizione-
-mi dica-
-lavorerò solo io per lei, il mio socio non deve sapere-
-non ci sono problemi-
 
 
Era ormai pomeriggio quando Ryo si svegliò. Dopo essersi fatto una doccia si preparò nuovamente ad andare alla ricerca di Kaori. Quella ragazza non faceva altro che incasinargli la vita, non sapeva stare lontana dai guai. Stava scendendo le scale quando, all’improvviso, gli sembrò di sentire il dolce profumo della socia. Poco dopo entrava nell’armeria.
Si rese subito conto che era stata lì. Non vi erano alcune pistole ed altri oggetti. Aveva fatto incetta d’armi. Sbatté un pugno contro la parete.
“dove ti sei cacciata Kaori?” pensò. Poi qualcosa attirò la sua attenzione. Sopra un freddo tavolo di alluminio, accanto a dei bossoli vi era un foglio.
Si avvicinò, riconobbe subito la scrittura morbida e sinuosa della donna.
Non ti preoccupare per me, sto bene. La promessa che hai fatto a mio fratello da oggi è annullata. Ho scoperto tutto quello che hai cercato di nascondermi, perché non hai fiducia in me? Io nei tuoi confronti l’ho sempre avuta.
Mi sono licenziata, sei libero di trovare un’altra assistente. Puoi prenderti Reika visto che l’hai sempre di gran lunga preferita a me.
Da oggi saremo nemici.                                                                            Addio.      K. Makimura”
Che intenzioni aveva quella stupida? Si sarebbe fatta ammazzare. Ma in fondo era prevedibile. Forse era solo colpa sua e del suo stupido orgoglio se Kaori aveva deciso di andarsene. Il loro rapporto si era incrinato già da un bel po’, o forse lo era sempre stato. Il non avergli detto la verità era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. In fondo lei gli chiedeva soltanto un po’ di fiducia. Lui non era mai stato capace di dargliela.
Strinse la lettera nella mano, accartocciandola. Era veramente tutto finito. Forse anche la sua stessa vita, lontano dalla donna che amava, non sarebbe durata a lungo. Se ne era andata così, senza lasciare un indirizzo o un numero telefonico.
Le avrebbe dato più fiducia. La lasciava libera.
Alzò lo sguardo immaginandosi gli occhi di Kaori. Gia gli mancava terribilmente.
Si diresse verso la porta. Prima di chiuderla si guardò intorno.  La sua socia aveva però lasciato una cosa in quella fredda stanza di grigie armi… Il suo profumo.
 
Falcon e Miky giravano per le vie della città. Avevano chiesto notizie dell’amica ovunque: nei negozi, nei bar, negli alberghi, ma di lei nessuna traccia. Ad un tratto il cellulare dell’uomo squillò:
-Pronto?-
-Falcon sono Ryo- disse la voce dell’altra parte della cornetta
-Saeba, notizie di Kaori?-
-no, nessuna, senti Falcon lasciate perdere questa storia, se ne è andata, non tornerà più-
-cosa? Vuoi mollare le ricerche?-
Miky avendo inteso il discorso dei due strappò il telefono dalle mani di Falcon:
-Ascoltami bene Saeba!- disse impetuosamente – Kaori è una mia amica non smetterò di cercarla! E sai una cosa? Ha fatto benissimo ad andarsene lontano da te per come l’hai sempre trattata! Lei ti ama e sono sicura che sta soffrendo più di noi tutti messi insieme e tu cosa fai? L’abbandoni nel momento in cui lei ha più bisogno… fammi capire, ma hai proprio così tanta paura di amare qualcuno? Dovresti temere molto di più il tuo mestiere! Sei solo un vigliacco!-
Vi fu un momento di silenzio, durante il quale Miky si pentì di quello che furiosamente aveva appena detto a Ryo.
-Hai ragione- rispose l’uomo – ma è stata lei a decidere di andarsene. Come hai detto tu non faccio che farla soffrire. Lontano da me potrà farsi una nuova vita come tutte le donne di questo mondo-
detto questo riattaccò senza lasciare a Miky l’ opportunità di rispondere
  
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