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Autore: Xgemi    27/01/2014    0 recensioni
I Peace Maker, esseri modificati con un congegno tecnologico sono entrati ormai a far parte dello scenario bellico dell'anno 20XX. Klein, altro PM, si separa dall'esercito e insieme ad altri colleghi fonda l'Oricalcum e Balto, il più anziano del gruppo prende il comando dell'organizzazione. Dopo aver ricevuto una missione da un cliente sconosciuto, i protagonisti si ritrovano nella grande città di Vanessa, 'ove altri Peace Maker ribelli collaborano con associazioni criminali. Quale sarà la vera missione di Klein? Come si evolveranno i fatti nella città di Vanessa? Scopritelo!
Genere: Azione, Dark, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2:
Un leggero rumore di passi si avvicinò alla porta della mia stanza. Ci fu un attimo di silenzio e poi…
“Toc Toc”.
“Svegliati Klein, è ora di andare a scuola!” disse una voce con tono melodioso.
Dopo ieri sera, ero tornato alla base per ricevere ulteriori informazioni sulla nuova missione denominata “Student Party” ed analizzare il mio nuovo equipaggiamento.
Scesi dal letto di malavoglia, ancora un po’ assonnato e con i capelli in totale disordine. Fissai per un attimo la mia camera: non era molto grande, giusto lo spazio sufficiente per farci entrare un letto, una libreria ed una scrivania con un pc. La libreria era colma di libri. Uno dei miei pochi piaceri, era per l’appunto leggere. Non solo ero un accanito lettore di libri, ma anche di enciclopedie e fumetti da ogni paese “italiani, americani, giapponesi e coreani”. Addirittura dovevo avere non mi ricordo dove una raccolta di fumetti di qualche autore franco-belga. Sorrisi alla mia grande raccolta e barcollando stordito dal sonno, andai nel bagno a pochi passi dalla mia stanza, mi lavai e radunai i miei capelli in una coda, lasciando alcuni ciuffi davanti. Mi vestii rapidamente e scesi al piano terra per fare colazione.
L’edificio era un appartamento moderno di 4 piani più soffitta, abitato da sole cinque persone: io, Balto, due ragazze di nome Rose ed Emily e un ragazzino di nome Ashuit. Noi cinque formavamo l’Oricalcum, la squadra mercenaria indipendente di Peace Maker non in conflitto con lo Stato e quella era la nostra base segreta.
Quella mattina, Balto e Ashuit erano usciti molto presto per dei preparativi e le uniche persone a tenermi compagnia per la colazione erano Rose e Emily.
Rose aveva dei lunghi capelli biondi, occhi celesti ed una pelle candida che completava il quadro nella sua perfezione. Bensì non fosse molto alta, era snella quel tanto che bastava da lasciargli delle leggere forme sul petto. Emily, dal canto suo, aveva corti capelli corvini, di cui ciuffi erano bloccati da una molletta rosa, aveva anche degli intensi occhi grigi, che facevano risaltare la sua personalità da mamma affettuosa. In quanto ad altezza, era poco più bassa di me e il suo fisico era molto più femminile rispetto a Rose.
“Buongiorno..” dissi, osservando le due ragazze intente ad apparecchiare la tavola,
“Oh, buongiorno Klein” rispose Rose, fermandosi un attimo per guardare il nuovo arrivato con sguardo severo.
“Dove sei stato ieri sera? Balto ha detto che eri con certe ragazze..” chiese Emily, ammiccando con l’occhio destro.
“Sono stato attaccato da un PM vestito di nero ed ho perso i sensi. Una ragazza mi ha trovato e mi ha portato a casa. Stava per chiamare un ambulanza, ma per fortuna mi sono risvegliato in tempo” spiegai.
“Un PM in nero eh? Mhm… non ho mai sentito nulla del genere, dovremo fare delle indagini” sentenziò la ragazza dai capelli corvini.
Nel frattempo, Rose si era avvicinata pericolosamente a Klein con sguardo assai preoccupato.
“… hai troppi peli” disse Rose senza esitare.
“Co-come?” risposi, un attimo stordito dalla sua dichiarazione.
“Dovresti raderti e cambiare pettinatura, così non sei per niente affascinante!” sbottò, facendo una piccola smorfia d’insoddisfazione mentre si allontanava da lui per prendere il latte.
“Oh insomma!” dissi leggermente irritato.
Le ragazze si misero a ridere, divertite dal mio atteggiamento confuso ed offeso.
Facemmo colazione e dopo aver sparecchiato, Emily mi porse una borsa dall’aria assai pesante.
“Qui dentro ci sono i tuoi libri per le lezioni di oggi, ti abbiamo messo anche un panino ed una bottiglia d’acqua nel caso ti venisse fame” disse Emily, che sembrava un po’ troppo entusiasta della situazione.
"Si mamma.." dissi a mo' di scherzo.
Già, quella era la mia famiglia.
Mi avviai verso la mia nuova scuola verso le 7:50 del mattino. Non era molto distante e ciò mi permetteva di prendermela comoda nel risveglio. Nonostante avessi già 17 anni “18 il tre di marzo”, non ero mai andato a scuola, quindi le informazioni che avevo derivano tutte dai miei libri e fumetti. Tuttavia, ho ricevuto un’istruzione d’alto livello e grazie all’ausilio del Gear, che intensificava le mie doti mentali, sono riuscito a 14 anni ad essere al livello di un laureato. Tutto ciò faceva parte della mia istruzione da Peace Maker. Tutto ciò che riguardava l’anatomia, la fisica, la chimica, la matematica e la psicologia mi erano state insegnate fin da piccolo ai fini di aumentare il mio potenziale bellico. Inoltre, grazie ai miei continui viaggi per i continenti, ho imparato tantissime lingue e culture da ogni dove. Avendo questo bagaglio culturale, non erano le materie in se a spaventarmi, ma i miei compagni.
Non sono mai stato realmente in grado di interagire con degli sconosciuti. Nel mio cuore si forma un blocco che impedisce la relazione con gli individui, tale blocco viene però rimosso in presenza di altri Peace  Maker o di quelle tre ragazze.
Arrivai a scuola giusto in orario, chiesi al bidello dove fosse la classe “quarta”, sezione “b” e mi diressi verso la mia prima classe.
Entrato nella stanza, vidi uno spettacolo piuttosto infantile. Diciassettenni come me, che giocavano a calcio con una pallina fatta con lo scotch e urlavano come scimmie. Sconsolato, scivolai silenziosamente verso un banco infondo all’aula rimasto vuoto.
“Strano” pensai.
Di solito i posti infondo all’aula rimanevano sempre occupati, invece quelli liberi spesso erano quelli in cima. La risposta alla mia incertezza, arrivò chiara ad un metro da me.
Una giovane ragazza di un metro e settanta, con dei profondi occhi verdi e corti capelli rossi spettinati mi fissava con sguardo irritato.
“Bel?” chiesi sorpreso.
“E tu che ci fai qui?!” chiese con un tono di voce abbastanza alto, tanto che tutti i compagni si girarono verso di lei.
“E’ stato davvero da bastardo andarsene così da casa mia senza ricambiare il favore, con una promessa da quattro soldi” disse ancora più forte.
“Emh.. non mi pare il caso di parlarne ora” gli dissi, indicando i compagni di classe.
Bel si guardò intorno e alla vista dei suoi compagni che la fissavano arrossì pesantemente e si sedette nel banco vicino al mio.
Nella classe iniziò un chiacchiericcio infantile seguito da uno stormo di pettegolezzi infondati su me e lei. Non avevo idea di come comportarmi. Non avevo mai avuto esperienze di questo tipo, per lo più con l’altro sesso. Rimasi un attimo a fissare incerto la ragazza, quando il professore finalmente entrò in classe e iniziò l’appello.
Arrivato al mio nome, mi fece alzare e presentare. Non dissi il mio cognome e comunque quello sul registro era un falso. Non ho memoria dei miei genitori e non mi fu affidato nessun nome da loro che io sappia. L’unica persona che mi diede un vero nome fu lo scienziato che si prese cura di me. Il suo nome era Peter Klaus “PK”, ma non ereditai il suo cognome, visto che non ero veramente suo figlio.
Mi rimisi a sedere e il prof continuò l’appello. Al nome di Clara , una timida ragazza con lunghi capelli castani alzò la mano. Io l’avevo già vista. Era la ragazza del mio obbiettivo.
Cercai nella classe il ragazzo biondo ma non lo trovai. Poi però guardai verso Clara e vidi accanto a sé un banco vuoto. Lì ci doveva essere lui. Decisi allora di seguire la ragazza al termine delle lezioni, sperando che mi portasse direttamente alla meta. Se fosse andata male, avrei preso in ostaggio la ragazza, cercando di attirarlo allo scoperto.
Tuttavia, al termine della prima ora la porta si aprì.
Il ragazzo di nome Jean era arrivato in ritardo. Mise il voglio del permesso di entrata sulla cattedra e si mise a sedere accanto a Clara, salutando i suoi compagni.
Era lì, a pochi metri da me.
La preda sembrava non essersi accorta degli occhi del cacciatore che puntavano su di lei e si mise tranquillamente a chiacchierare con la sua compagnia.
Non potevo attaccarlo adesso, altrimenti la mia copertura sarebbe saltata ed eventuali missioni nella scuola sarebbero saltate. L’unica cosa da fare sarebbe stata aspettare l’intervallo e coglierlo isolato dal gruppo.
Rivolsi lo sguardo verso la finestra. Una piccola ombra blu era seduta sul tetto del palazzo affianco, che era abbastanza più basso rispetto all’edificio scolastico. Riconobbi subito quella piccola sagoma.
Il mio telefono vibrò in quell’istante. Senza farmi scoprire, accesi lo schermo del cellulare e lessi il messaggio.
“Ora… bagno.. finestra” vi era scritto.
Alzai la mano e chiesi al professore di uscire, sperando che Jean non lo riconoscesse. Sapevo già cosa sarebbe successo. Uscii dalla stanza e mi diressi verso il bagno infondo al corridoio. La stanza non era molto grande, conteneva solo tre piccoli camerini contenenti tre water e due lavandini. Infondo alla stanza, subito dopo i camerini, vi era una finestra. Andai contro la finestra e la aprii.
“Eccoti la tuta…” disse una voce calma ma infantile. Era Ashuit.
Il bambino era appeso a capo all’ingiù alla finestra. Aveva dei capelli color sabbia, gli occhi ambrati e una pelle leggermente abbronzata. Era vestito con una felpa larga con il cappuccio e piena di scritte, dei guanti senza dita e un paio di pantaloni larghi intonati alla maglia. Era anche lui un Peace Maker. L’effetto del suo Gear era quello di donare incredibile elasticità ai suoi muscoli e di avere un’agilità di gran lunga superiore alla media. Questo lo aiutava molto nei suoi hobby, tali parkour e break dance.
Mi porse con la sua mano guantata i braccialetti e le cavigliere che formavano la mia Proto-tuta, che lasciai alla base sotto ordine di Balto.
Il bambino, che di natura era molto timido, non salutò e con un salto all’indietro scese dalla finestra scomparendo dalla mia vista.
Misi il mio equipaggiamento e mi voltai verso la porta per tornare in classe.
Mancavano 10 minuti all’intervallo.
  
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