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Autore: holls    28/01/2014    9 recensioni
Un investigatore privato, solo e tormentato; il suo ex fidanzato, in coppia professionale con un tipo un po' sboccato per un lavoro lontano dalla luce del sole; il barista del Naughty Blu, custode dei drammi sentimentali dei suoi clienti; una ragazza, pianista quasi per forza, fotografa per passione; e un poliziotto un po' troppo galante, ma con una bella parlantina.
Personaggi che si incontrano, si dividono, si scontrano, si rincorrono, sullo sfondo di una caotica New York.
Ma proprio quando l'equilibrio sembra raggiunto, dopo incomprensioni, rimorsi, gelosie, silenzi colpevoli e segreti inconfessati, una serie di omicidi sopraggiungerà a sconvolgere la città: nulla di anormale, se non fosse che i delitti sembrano essere legati in qualche modo alle storie dei protagonisti.
Chi sta tentando di mettere a soqquadro le loro vite? Ma soprattutto, perché?
[Attenzione: le recensioni contengono spoiler!]
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nathalan'
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24. Vane speranze
 
 
21 gennaio 2005.
Non sapeva se a stordirla di più fosse il pensiero di Ashton o il bigliettino che teneva in mano. Aveva appena staccato un fogliolino con su scritto un numero di telefono, appartenente a un ragazzo che affittava un appartamento. Madison lo infilò rapidamente in tasca, stando attenta che nessuno la vedesse. Non aveva niente di cui vergognarsi, ma forse la imbarazzava quel desiderio di indipendenza sorto in ritardo rispetto ai suoi coetanei.
Aveva cominciato a scorrere gli annunci di affitto dopo il primo bacio tra lei e Ashton; da quel giorno, dentro di sé aveva sentito esplodere una prepotente voglia di reagire alla passività della sua esistenza, di rimboccarsi le maniche e di smetterla di essere mera spettatrice di ciò che la vita le offriva. Aveva ritrovato un’inaspettata grinta nello studio, un irrefrenabile desiderio di andarsene di casa e la voglia, mista a un pizzico di paura, di trovare un lavoro per poter finalmente badare a se stessa e liberarsi dal giogo in cui i suoi genitori la tenevano stretta.
E poi, ultimo ma non meno importante, aveva il desiderio di provare a costruire qualcosa con Ashton. Ripensò ancora al grande passo che aveva fatto appena quattro giorni prima, ma alle immagini si unirono le emozioni che aveva provato, ancora troppo vivide nel suo cuore per lasciarla indifferente. E come quelle sensazioni le tornarono alla mente, avvampò di colpo e cominciò a strappare frenetica i foglietti di tutti gli annunci, come in preda a un raptus. Ashton era davvero capace di farle perdere il senno e galoppare il cuore, ancor più quando ripensava ai baci che si erano scambiati, alle labbra di lui sulle sue, alla sua mano che le sfiorava la spalla, per poi accarezzarle tutto il braccio. In qualche fantasia aveva pure sognato che quella mano trascinasse via la sua camicetta. Ma, se pensava a quello, oltre all’emozione subentrava la paura e, forse, un pizzico di vergogna.
Era una miscela di sensazioni che non riusciva a sbrogliare.
« Ehilà, che combini? »
Madison si voltò all’improvviso, nascondendo d’istinto i foglietti in tasca. Si pentì subito dopo di ciò che aveva fatto, soprattutto perché davanti a sé c’era Jack, che si insospettì subito.
« Ciao, Jack. »
Madison provò a dissimulare il suo imbarazzo, con scarsi risultati.
« Che hai nascosto in tasca? »
« Niente! »
Jack sorrise divertito e allungò una mano in direzione della tasca, che Madison tappò subito.
« Io non direi. »
La guardò con un sorrisetto dispettoso, ma l’attenzione di lui si spostò in profondità verso qualcosa che stava dietro la ragazza.
Solo in quel momento, Madison capì che Jack stava leggendo gli annunci. Arrossì improvvisamente e si parò davanti alla bacheca, capendo un secondo dopo che la sua reazione era fuori luogo. Jack, infatti, non perse occasione per scoppiare a ridere, mettendola ancor di più in imbarazzo.
« La nostra piccola Madison sta diventando grande. »
« E dai, smettila! »
Jack continuò a ridacchiare, ma non disse nient’altro. Fece cenno a Madison di seguirla, per passeggiare un po’ insieme prima della lezione.
« Allora? A cosa è dovuto questo cambiamento? Mi sono perso qualcosa? »
« Non ti sei perso niente! »
Madison buttò un’occhiata verso Jack, nella speranza che se la fosse bevuta e che non facesse altre domande. Era quasi certa di aver intravisto una sfumatura malinconica sul volto del suo amico.
« Sei sicura? »
Jack si fermò. Madison fece qualche passo in più e poi si arrestò, davanti a lui.
Come alzò gli occhi verso Jack, riuscì a leggere nel suo sguardo tutta la delusione per quella situazione, e capì che le aveva fatto quella domanda con il tono di chi sapeva già la risposta.
Si sentiva davvero in colpa a non avergli detto niente. Era stata talmente presa da Ashton e da quella miriade di emozioni nuove che aveva trascurato completamente Jack, non pensando minimamente a come introdurgli la notizia senza scioccarlo.
Si mordicchiò il labbro inferiore, cercando le parole giuste da dire per poter tener testa a quello sguardo.
« Scusa. »
Per un momento, sperò che Jack le sorridesse dicendole che era tutto a posto, che non se l’era presa e che, anzi, era curioso di sapere tutte le novità. Ma Jack non sorrideva; non sembrava nemmeno astioso, ma certamente era dispiaciuto per il trattamento che Madison gli aveva riservato.
Si rese conto, in quel momento, che si era comportata davvero male nei confronti di quello che definiva il suo migliore amico.
Jack continuava a osservarla corrucciato, poi scrollò le spalle.
« Non preoccuparti. Avrai avuto i tuoi motivi. Mi dispiace solo non averlo saputo da te. »
La ragazza provò a giustificarsi.
« Avevo paura che ti saresti ingelosito. »
Sul volto di Jack si aprì un sorriso, ma aveva più un sapore dolceamaro.
« Già. È il mio peggior difetto, vero? Non ti nego che, probabilmente, non avrei ben visto qualcuno che si porta via la mia piccola Madison, » disse, scompigliandole i capelli, « ma poi penso che avrei messo la tua felicità davanti a tutto. Sei felice, adesso, no? »
Madison si buttò verso Jack, abbracciandolo. Lo strinse forte, provando sollievo quando si accorse che il suo abbraccio era ricambiato.
« Scusa, Jack. Sono stata una stupida. Mi dispiace averti nascosto tutto. »
Il ragazzo le accarezzò la schiena con movimenti lenti, lasciando che i pugni chiusi di lei gli stringessero il cappotto.
« Dai, va tutto bene. Posso capire. »
Madison sciolse l’abbraccio e, a poco a poco, cercò di incontrare lo sguardo di Jack.
« Ci sediamo un po’? »
Il ragazzo annuì con un sorriso.
 
Avevano preso posto in una delle panche del plesso, lontano da orecchi indiscreti, benché i corridoi fossero semivuoti, a quell’ora. Ogni tanto passava qualcuno per andare in bagno, ma la maggior parte degli studenti stava seguendo le lezioni.
« E così ti sei sistemata, insomma. »
Jack parlò dal nulla, prendendo Madison completamente contropiede.
« Dai, Jack, così mi fai arrossire! Ci stiamo solo frequentando. Anche se… » Madison si sentì avvampare, al solo pensiero di ciò che voleva dire. « Oh, accidenti! »
Seguì un momento di silenzio, durante il quale Madison stava cercando di contenere l’imbarazzo.
« Sono rimasto solo io. »
L’entusiasmo di Madison, misto a un po’ di imbarazzo, si spense di colpo. In fondo, Jack era stato mollato appena due giorni prima.
Gli mise un braccio intorno al collo, in segno di vicinanza.
« Jack, mi dispiace da morire, davvero. Troverai anche tu qualcuno per te, ne sono certa. Sei un ragazzo fantastico! »
Le parole di Madison sembrarono non sortire alcun effetto sul ragazzo, che continuava a fissare un punto vacuo tra le sue ginocchia e il pavimento.
« Madison? »
« Mh? »
Jack sembrò finalmente mettere a fuoco qualcosa. Si voltò verso la sua amica, poi rivolse lo sguardo davanti a sé.
« Perché nessuno vuole amarmi? »
La ragazza socchiuse la bocca, sperando che le uscissero parole di conforto, ma dovette pensarci più del previsto. Lo sguardo malinconico negli occhi di Jack le fece capire che la ferita di Alan era molto più profonda di quanto pensasse.
« Jack, lascia perdere Alan. Dimenticalo. Hai una vita davanti, sai quanti altri ragazzi potrai incontrare? »
Il ragazzo si limitò ad annuire debolmente, perso in chissà quali pensieri. Madison non si diede per vinta.
« E poi, cosa vorresti dire? Io ti voglio bene, sai! Certo, mi rendo conto che non è la stessa cosa, ma tu per me sei davvero speciale. »
Vedendo un accenno di sorriso sul volto dell’amico, Madison provò a battere ancora il ferro.
« Inoltre, se proprio vuoi toglierti qualche soddisfazione, puoi sempre divertirti con una bambolina voodoo con le sembianze di Alan! Zac, uno spillo! Zac, un altro! »
Madison scoppiò a ridere, simulando davvero una bambolina orripilante piena di spilli.
Anche Jack, accanto a lei, sorrideva compiaciuto.
 
Terminate le lezioni, i due decisero di prendere una boccata d’aria. Come misero piede fuori dall’aula, si accorsero di quanto ossigeno si erano persi, e il loro cervello sembrò risvegliarsi tutto d’un tratto.
Oltrepassarono lo spazioso atrio e si diressero verso le porte di ingresso, ma, come vi arrivarono, Madison si fermò.
« Che c’è? »
A Jack bastò seguire lo sguardo dell’amica per capire subito cosa non andasse. Superata la coltre di fumatori e le scalette che portavano al cancello, c’era una coppia fin troppo conosciuta.
Loretta stava sghignazzando sguaiatamente con Ashton, che sorrideva a sua volta alle parole della ragazza. Madison li osservò con una stretta al cuore. Aveva capito fin da subito le intenzioni di Loretta, sia per la fama che portava, sia per il fatto che detestava Madison con tutta se stessa, ma non pensava che Ashton, il suo uomo, potesse stare al gioco di quella gattamorta.
Non aveva il coraggio di dire niente. E nemmeno di reagire, in qualche modo. Sarebbe potuta andare lì, fare qualche sorrisetto minaccioso a Loretta, e poi? Ashton chi avrebbe difeso?
Il solo pensiero di chiederselo la demoralizzò. Era questa la fiducia che riponeva nel suo uomo?
« Non vorrai startene tutto il tempo qui, spero. »
Madison scosse il capo, continuando a guardare la coppietta.
« Non so che fare. E se Ash si coalizza con Loretta? »
« Se lo fa, è un cretino. E di certo non ti meriterebbe. »
La ragazza esitò ancora. Si accorse che era tornata la ragazza di sempre, timida e impaurita; dov’era finito lo slancio verso la vita che l’aveva posseduta fino a poco prima?
Sentì Jack prenderla per un braccio.
« Forza, vieni. »
Non fece in tempo a ribattere, che Jack aveva già spalancato la porta d’ingresso e la stava trascinando verso Ashton e Loretta.
Non ebbe nemmeno il tempo di agitarsi, perché, in un battito di ciglia, si ritrovò a salutare i due con un sorriso forzato.
« Ciao. »
Subito dopo aver pronunciato quella frase, le vennero in mente milioni di entrate migliori, ma si rese conto che era troppo tardi per rimediare alla sua banalità.
« Chi abbiamo qui? La piccola Madison e il suo amico Jack! Da quanto tempo! Sono cambiate molte cose dall’ultima volta che ci siamo viste. »
Detto ciò, Loretta scoccò un’occhiata maliziosa ad Ashton, che ricambiò con un sorriso di circostanza. O, almeno, era il significato che Madison gli aveva attribuito. Spostò lo sguardo verso Ashton e si domandò perché non reagisse con maggior decisione; e si sentì tremare di paura, perché cominciò a pensare che, forse, Ashton non aveva alcuna voglia di mettere la loro relazione nero su bianco.
Osservò poi Loretta, il suo viso inceronato ma privo di imperfezioni, le sue forme prosperose ma nei punti giusti e quell’aria da smorfiosa che però la rendeva attraente agli occhi dei ragazzi. Si rese conto che Loretta aveva un sacco di difetti, che, però, riusciva a nascondere in modo magistrale.
Inoltre, si disse, Loretta aveva sicuramente un sacco di esperienza in certi campi. La notte del suo primo bacio, Ashton non l’aveva forzata ad andare oltre, né sembrava averne l’intenzione; ma sarebbe stato disposto ad aspettarla, di fronte a un bocconcino come Loretta?
Sconfitta, abbassò lo sguardo, cercando di ricacciare quei brutti pensieri che, lo sapeva, sarebbero sfociati in lacrime di lì a poco. Non voleva e non poteva dare quel tipo di soddisfazione a Loretta, motivo per il quale pensò alla prima scusa buona per dileguarsi.
Ma qualcuno fu più veloce di lei.
« Hai ragione, sono cambiate tante cose. Per esempio, io e Mad stiamo insieme, adesso. »
Loretta ridacchiò ancora, e Madison fece una rapida carrellata mentale di modi semplici e indolori per far sparire quella ragazza dalla faccia della Terra.
« Come siete carini. Proprio una bella coppia! »
E scoccò un’altra occhiata ad Ashton.
Ma il risolino di Loretta si interruppe bruscamente.
Le ci volle qualche frazione di secondo per capire che Jack l’aveva spintonata.
« Ma che cazzo fai? »
« Vattene via, Loretta. Non sei la benvenuta. »
Quel tono glaciale, quello sguardo fermo, quegli occhi minacciosi. Madison non l’aveva mai visto così.
« Perché, tu sì? Sei solo il terzo incomodo! »
Jack scattò verso di lei, ma Ashton si mise in mezzo a loro bloccandoli con le braccia, evitando il peggio.
« Smettetela, per favore. Non mi sembra il caso di reagire così. »
Ashton guardò prima Jack e poi Loretta, come fosse un ammonimento, poi, a poco a poco, abbassò le braccia.
Loretta lanciò un’ultima occhiata al ragazzo di fronte a sé.
« Frocio. »
Madison la vide sparire dietro il cancello.
Erano rimasti loro tre, in un’atmosfera tutt’altro che rilassata. Jack guardò l’amica con occhi pentiti.
« Scusa, Mad. Ci ho fatto una pessima figura. »
Avrebbe voluto nascondersi. Era grata a Jack per ciò che aveva fatto, poiché detestava Loretta più di ogni altra cosa al mondo, ma quella scena le sembrò una reminescenza della Madison in cui si riconosceva prima, la povera, piccola ragazzina che non sa tirare fuori le unghie da sola.
Aveva dovuto aspettare l’intervento di Jack, per farsi valere, e lei era stata capace solo di stare a guardare. Ebbe come la sensazione che niente fosse cambiato, rispetto a prima. Erano mutate le persone che le stavano intorno, le situazioni che aveva affrontato; ma lei?
« Scusate. Vi ringrazio per avermi difesa, ma non ce n’era bisogno. »
Ashton le sorrise, mettendole un braccio intorno al collo e tirandola a sé.
« Non vergognarti, dai. Avevi bisogno di aiuto e noi siamo intervenuti. »
« Non avevo bisogno di aiuto! »
Gridò talmente forte da far voltare un gruppetto di studenti che passavano di lì.
Ashton e Jack si lanciarono un’occhiata di intesa, e capirono entrambi che era meglio non toccare più quell’argomento.
Madison se ne stava ancora in silenzio, senza proferire parola. Continuava a tenere lo sguardo basso, pentita e imbarazzata da quella risposta istintiva.
Ashton si schiarì la voce.
« Vabbè, allora ti chiamo stasera, dopo la cena, va bene? »
Madison non rispose. Aveva esagerato ancora una volta, facendo credere ad Ashton che la sua presenza non fosse gradita. Ma non era facile spiegare il terremoto che aveva dentro, così come le migliaia di sensazioni sconosciute che si rincorrevano nella sua testa.
Un velo di silenzio cadde sul trio, silenzio che fu spezzato da Jack, non appena l’imbarazzo ebbe raggiunto il limite.
« Hai una cena? »
« Sì, una cosa di lavoro. Sai, le indagini per l’omicidio Sánchez procedono a gonfie vele e me ne sto occupando io, quindi cercherò di lavorarmi un po’ il capo, nella speranza di ottenere la promozione. »
« E dove andate? »
« È un localino aperto da poco, sulla 33-esima. Mi pare si chiami Molly’s, ma non ne sono sicuro. »
Sentì un’espressione di stupore provenire da Jack.
« Mh, ho capito. »
Ashton spostò il suo sguardo verso Madison, che ancora lo rifuggiva per l’imbarazzo. E stava ancora in silenzio.
« Ti chiamo verso le undici, undici e mezzo, allora. »
Madison annuì appena, conscia che la situazione stava peggiorando; aveva voglia di chiarirla il prima possibile, ma non sapeva da che parte cominciare.
« Va bene, io tolgo il disturbo. Mad, Ashton, vi saluto. Ciao. »
Jack le diede un piccolo buffetto sulla guancia.
Rimasero soli, lei e Ashton. Fuori manteneva un’espressione dispiaciuta e quasi apatica, mentre dentro si sentiva morire. Non era stato Jack ad aver fatto una pessima figura. Era stata lei. Le poche volte che era esplosa, in vita sua, era sempre stato in presenza di Ashton.
Si chiese, con un velo di malinconia, quanto tempo avrebbe impiegato prima di mollarla.
« Ero venuto per passare con te il pomeriggio, ma forse è meglio se torno a casa, vero? »
« No! Non ci pensare nemmeno. »
Ashton si avvicinò a lei, sfiorandole una guancia.
« Allora, me lo fai un sorriso? »
« Solo se mi dici cosa c’è tra te e Loretta. »
L’altro scoppiò a ridere sonoramente.
« Dai, Mad, pensi davvero che abbia qualche affare con quella là? »
« Non sono una stupida, ho visto le occhiatine che ti mandava! Per non parlare di quelle frasi a doppio senso. »
Ashton si avvicinò a lei, osservandola con sguardo fermo.
« Ti dico che non c’è niente e non mi credi. Non ti fidi di me? »
Madison esitò. Di primo acchito avrebbe detto che sì, certo che si fidava di Ashton. Ma in quei momenti che avevano preceduto quella domanda, quante volte aveva pensato che Ashton avesse davvero qualche tresca con Loretta?
« Penso che tu abbia bisogno di schiarirti un po’ le idee, signorina. »
D’istinto, afferrò Ashton per le maniche del cappotto.
« Perché mi dici così? »
« Mad, come possiamo stare insieme se non ti fidi di me? »
Fu assalita da quella sensazione di dover prendere una decisione cruciale in una frazione di secondo. Frazione che sembrò allungarsi in modo esponenziale.
« Hai ragione. »
Sputò fuori la prima frase che le venne in mente, incapace di dare forma ai suoi sentimenti. Seguì un altro momento di silenzio imbarazzante. Madison aveva esaurito la sua scorta di determinazione e Ashton sembrava indifferente alla risposta che gli aveva dato.
« Direi che è meglio se ci salutiamo qui, per oggi. »
Arrivò qualcosa, dentro di lei, a stritolarle il cuore. Lo sentì mentre si rompeva in mille pezzi, che cadevano in un buco nero dal quale non li avrebbe recuperati mai più. Si sentiva andata in frantumi, mentre il respiro cominciava a mancarle.
« Tanto ci sentiamo stasera, no? Mi chiami dopo la cena, vero? »
Parlò veloce, perché sentiva che non poteva aspettare un secondo di più per avere la conferma che bramava. Fissava quegli occhi indecifrabili con indicibile supplica, sentendosi morire per ogni attimo trascorso in quel silenzio.
Lui non disse niente.
Cominciò a indietreggiare, silenzioso.
Poi, quasi invisibile, tirò le labbra in un sorriso, giusto il tempo necessario perché Madison lo scorgesse.
E poi, senza proferire parola, le girò le spalle e sparì dietro il cancello.
 
***
 
Erano le ventitré e un quarto. Madison stava ancora abbracciando il cuscino, ormai impregnato dalle sue lacrime. Avrebbe voluto tartassare Ashton di telefonate, per essere sicura che le cose non fossero così drammatiche come le immaginava, ma si era ripromessa di non essere troppo asfissiante.
Solo un po’ più a freddo si era resa conto della sciocchezza che aveva fatto quel pomeriggio. Non solo aveva inveito contro Ashton, come era già accaduto in passato, ma lo aveva pure accusato di avere un qualche intrallazzo con Loretta, ammettendo così che non si fidava di lui.
Ma poi, con calma, aveva ripercorso tutta la loro storia, e si era ricordata di quanto Ashton aveva sopportato i suoi sbalzi di umore e le sue uscite cattive. Nonostante il modo indecoroso con cui l’aveva trattato, lui era rimasto. Come poteva non essere sinceramente interessato a lei?
Da quando aveva preso coscienza di questa ovvia verità, si era chiusa in camera, stringendo il cuscino e sfogandosi su di lui.
Teneva il cellulare lì accanto a lei, sulla trapunta, nella speranza di sentirlo vibrare.
La porta cigolò, attirando immediatamente l’attenzione di Madison. Lì, sulla soglia, spuntò una figura femminile, formosa e con un gran sorriso. Sembrava quasi un angelo volato in soccorso, con la luce del corridoio a illuminare la sua silhouette, nera come il buio di quella camera.
Claire accese la abat-jour e chiuse la porta, muovendosi a passi lenti e rassicuranti verso il letto di Madison. Si sedette sul ciglio del materasso e cominciò a carezzare la testa della ragazza, portandole di tanto in tanto alcune ciocche dietro l’orecchio. Madison, invece, se ne stava ammutolita, fissando il vuoto con quegli occhi persi e secchi per il troppo piangere.
Il telefono, ancora, non squillava.
« Fa male, vero? »
Claire sussurrò quelle parole con un tono caldo e avvolgente, tanto che Madison si sentì subito più leggera, come se qualcuno le stesse tendendo una mano per tirarla via da quel baratro di disperazione.
« Le questioni di cuore sono sempre complicate, piccola mia. »
La donna le rimise dietro l’orecchio una ciocca ribelle, poi tornò a massaggiarle la nuca con gesti lenti e ripetitivi.
« Si tratta di quel ragazzo che è venuto qui l’altra volta? »
Non trattenne più le lacrime. Strariparono senza che se ne accorgesse, e le rigarono il viso ancora una volta.
« Doveva chiamarmi. »
Avrebbe voluto dire altro, ma la voce le si spezzò subito. Fece un respiro profondo, ricacciando quel nodo in mezzo alla gola.
« Sono stata una stupida. »
Ancora lacrime. I singhiozzi esplosero e lasciò che, ancora una volta, fosse il cuscino ad asciugarle il volto. Claire si chinò su di lei e la abbracciò, lasciandole baci affettuosi su quei capelli spettinati e scostandone alcuni incollati al viso.
« Ti chiamerà, vedrai. »
Madison tirò su col naso un paio di volte, cercando sicurezza in quelle parole.
« Aveva detto che mi avrebbe chiamata una volta finita la cena. Lo so che forse è ancora là, ma visto che abbiamo litigato, poteva anche mantenere la sua promessa. »
Claire abbandonò quell’abbraccio, continuando ad accarezzare la schiena di Madison con movimenti concentrici.
« Forse è ancora a chiacchierare con gli amici, forse ha dimenticato il telefono in auto, forse non ha semplicemente visto l’ora. Ci sono mille motivi per questo suo ritardo, non allarmarti. Ho visto come ti guardava, sai? E so per certo che quella chiamata arriverà. »
Madison alzò gli occhi verso la sveglia digitale che teneva sul comodino. Segnava le undici e mezzo.
« Non vuole più vedermi, mi sembra chiaro. »
« In questo caso, sarebbe molto poco carino mollarti così. Ci guadagneresti soltanto. »
Madison ascoltò il suo respiro calmarsi e il suo mal di testa aumentare.
« Vorrei tanto poter tornare indietro e scusarmi. Sono stata così sciocca. E se non mi chiamasse per ripicca? » Come ipotizzò quello scenario, sentì un dolore atroce squarciarle l’anima. « Sto così male! »
I singhiozzi tornarono a scuoterla, nel corpo e nell’anima.
« Lascia passare un po’ di tempo. Forse ha bisogno di sbollire un po’, di lasciar passare la rabbia. Sono sicura che domani sarà già pronto ad accettare le tue scuse. Ne sono certa. »
« Tu credi davvero? »
La donna annuì con un grande sorriso.
« Sì, piccola. A volte le emozioni hanno bisogno di sedimentarsi un po’, prima di poter essere affrontate con lucidità. Vedrai che per lui è così. Forse non ti chiamerà stasera, ma, chissà, domattina potresti trovare un messaggio di scuse. Dagli tempo. »
Lo scenario immaginato da Claire la fece sentire più tranquilla. Con la speranza di una riappacificazione futura, poteva anche accettare che non la chiamasse quella sera.
Con il sorriso sulle labbra, cominciò a formulare le frasi perfette da dire l’indomani, soppesate in ogni minimo dettaglio perché Ashton la perdonasse. Poi, però, pensò che la spontaneità fosse la carta migliore, per non far sembrare le sue scuse una montatura.
Strinse forte il cuscino, cullata dall’immagine di Ashton e dalle carezze di Claire.
Lesse le cifre sulla sveglia, che segnava ormai le undici e quaranta passate, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
 
***
 
Un suono acuto e stridulo le invase la testa. Era insistente, monotono e acuto. Madison aprì gli occhi di malavoglia, ancora avvolta dall’oscurità; apriva e chiudeva le palpebre, aspettando che si abituassero a quella visione.
Gli occhi le caddero sulla sveglia, che segnava mezzanotte e mezzo, prima di capire cosa fosse quel suono che avrebbe messo a tacere tanto volentieri.
Il collegamento nella sua mente fu rapidissimo, che culminò con una sola parola: Ashton.
Con poca razionalità alla mano, sorrise beatamente e afferrò il cellulare. Ancora un po’ intontita, a metà tra sogno e realtà, rispose.
« Ash? »
« Parlo con Madison? »
La voce dall’altra parte non assomigliava per niente a quella di Ashton. Era più giovane e meno profonda.
« Sì, ma chi è…? »
Fu l’unica cosa che riuscì a biascicare, mentre si stropicciava gli occhi e tentava di stiracchiarsi.
« Chiamo dal cellulare del signor Ashton Stoner , questo era l’ultimo numero contattato. »
Madison cominciò a stizzirsi. Poi, senza che ne avesse pieno controllo, cominciò anche a inquietarsi. Sbuffò.
« Vuole dirmi cos’è successo? »
Il ragazzo dall’altra parte tacque per qualche secondo. Lo sentì prendere un bel respiro, poi, finalmente, parlò.
« Il signor Stoner si trova all’ospedale Bellevue. »
Il ragazzo tacque ancora una volta, poi riprese.
« Ha avuto un incidente. » 

 

Fan di Ash, non odiatemi, vi prego... XD L'ho fatto ritornare per un misero capitolo per poi farlo "sparire" così! XD Scusate :D
Parlando d'altro, qualcuno di voi avrà capito qualcosa, altri no... vi chiedo sempre lo stesso favore: non spoilerate nei commenti ^^ Finora siete stati tutti bravi, vi meritate un cioccolatino *lancia dolcetto* XD
Comunque, visto che io detesto quei film che per capirli serve una laurea, sappiate che ogni cosa che ancora non sapete verrà detta esplicitamente e spiegata anche per quelli più distratti. Insomma, non voglio che arriviate in fondo alla storia con dei punti interrogativi.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, avevo tanta paura di pubblicarlo ç___ç
A presto! 
   
 
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