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Autore: Amelie5397    28/01/2014    1 recensioni
< Avevo immaginato la mia vita in bel altro modo: studio, lavoro e soldi a palate.
Ed invece la mia vita ha preso tutt’altra piega, una svolta che non avevo proprio nei miei programmi. >>
Margot Frost, diciannovenne inglese, si ritrova attualmente a vivere nell’appartamento di Dean Scotch, il ventenne ricco obbligato dai genitori a vivere solo. “Devi imparare a cavartela da solo e ad organizzare la tua vita”, dicevano quei due, ma non sapevano mica che l’avrebbe organizzata ­­­sulle spalle di Margot.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo quattro - Incomprensioni

Indossava un paio di leggins neri ed una maglietta amaranto che metteva in risalto la sua terza, e gli scarponi neri. I capelli non erano più legati con una coda alta come spesso li aveva. Adesso li aveva sciolti e cadevano sulle spalle. La sua solita matita nera negli occhi e l’eye-liner nero.
Dean questa volta si rese conto del cambiamento. Sapeva che Margot fosse una bellissima ragazza, che nonostante indossasse quella tuta e quelle felpone, fosse davvero bella. Glielo ripeteva sempre tutte le volte che lei si lamentava davanti allo specchio. Ma adesso era diversa.
Ebbe un sussulto quando la vide ma allo stesso tempo ripeteva nella sua testa “E’ la sorella che non ho mai avuto!”. Margot, entrata in casa, poggiò le buste su una sedia e salutò Dean da lontano. Si diresse in bagno per guardarsi un minuto allo specchio e soddisfatta ritornò in salone.
-Che ne dici? Non mi stanno male, vero? Avevo proprio bisogno di comprare cose nuove.-
Dean accennò un sorriso senza risponderle. E intanto lei continuava a fare le sue cose senza dar troppo conto agli occhi del ragazzo che si sentiva addosso.
Almeno era riuscita a stupirlo in qualche modo. Era comunque un progresso.
Il giorno seguente, all’università Margot andò vestita allo stesso modo. E quello stesso giorno succedette qualcosa di insolito. Mentre stava seduta su una panchina nel giardino fuori dall’edificio, un ragazzo le si avvicinò con un sorriso a 32 denti. Era biondo cenere, con gli occhi verde-azzurro. Un fisico asciutto e uno sguardo da stronzetto. Li conosceva bene quei tipi. Ma lui stranamente gli stava simpatico. Chissà perché. Si chiamava Maxime, aveva ventidue anni ed era estremamente carino. Chiese a Margot di uscire e prendersi un caffè insieme e da lì nacque una bella amicizia, a Max piaceva Margot e a Margot non dispiaceva Max.
Stavano approfondendo la conosceva giorno dopo giorno, si vedevano sempre all’università e quando capitava andavano a bere qualcosa insieme.
Dean non conosceva questo ragazzo e più volte li vedeva stare insieme, uscire e parlare.
Mar ne parlava spesso di questo tizio e anche molto bene. Da come lo descriveva sembrava le piacesse molto.
-Oggi esco con Max, ci sentiamo dopo.-
Ormai questa frase la sentiva davvero troppo spesso che cominciò ad irritarlo a tal punto che un giorno le proibì di uscire, nonostante lui non avesse voce in capitolo sugli impegni e le conoscenze di Mar.
-Oggi non esci, mi dispiace.-
A quelle parole Mar diede fuori di testa, lui non era nessuno per impedirle di uscire con Maxime, men che meno si poteva permettere di proferire parola sulle persone che lei conosceva.
Quel giorno lei uscì di casa sbattendo la porta violentemente e mandando Dean a farsi benedire.
Non solo lui non capiva un accidente e lei si doveva far in quattro per fargli capire cosa provava, adesso gli proibiva pure di uscire. Cose da pazzi. Non era però con Max questa volta, adesso era sola per strada, camminava avanti e indietro per i vialetti, tra la gente. Mentre Dean credeva tutto l’opposto, pensava che fosse con quel ragazzo a ridere e scherzare. Più volte cercò di rintracciarla al telefono per chiederle scusa di come si era comportato, ma lei puntualmente le chiudeva la chiamata. Non voleva sentirlo. Quel giorno l’aveva combinata grossa e non ne voleva sapere niente. Quando ritornò a casa dopo circa tre ore che non si faceva sentire, c’era Dean seduto sul divano con cinque tazzine di caffè sporche e quindici sigarette spente nel portacenere.
Dean non fumava quasi mai, fumava solo quando era nervoso o prima di dover dare un esame.
-Che hai? Come mai hai fumato?- chiese gelida Margot.
-Sei una cretina, sei fuori da tre ore con quel tizio, mi hai rifiutato le chiamate. Sono qui da tre fottutissime ore ad osservare la porta aspettando che tornassi e l’unica cosa che sai dire è chiedere che cosa ho? Vaffanculo.- Dean era nervosissimo, rare volte l’aveva visto così, e non era mai successo per colpa sua. Non si era mai innervosito così tanto per una cosa che aveva fatto lei.
Dalla camera del ragazzo si sentiva la musica a tutto volume dello stereo, e a quanto pare non era intenzionato ad abbassare. Margot più volte sbatté contro la porta cercando di farsi aprire ma non c’era verso. Così cominciò anche lei ad urlare per farsi sentire.
-Coglione, esci da li e guardami in faccia. Sei un cazzone.-
Dean chiuse lo stereo ed aprì la porta ritrovandosi di fronte a Mar. Non proferì parola e rimase a guardarla aspettando che la prima a parlare fosse lei.
-Ti sei permesso di dire che oggi non sarei uscita, non dovevi farlo. Non sei nessuno.-
Dean non spiccicò parola e rimase lì ad osservarla. Diceva spesso di essere iperprotettivo con lei, e non gli piaceva vederla spesso fuori casa con gente che non conosceva. Maxime lo conosceva solo di vista, si erano parlati si e no due volte, solo per un saluto veloce. Non conoscendolo non sapeva nemmeno come giudicarlo, ma odiava vederlo sempre insieme a lei. Lei era “sua”, come una sorella, ovviamente. E lei non lo capiva. D’altro canto Margot stava cercando di allontanarsi un po’ da Dean, era troppo appiccicata e dipendente da lui come coinquilina e aveva deciso di svagarsi un po’ per non stargli troppo addosso e cercare allo stesso tempo di cacciarselo dalla testa, in qualche modo. Anche se a quanto pare ottenne il risultato opposto di quello che aveva pianificato.
-Allora…credi davvero di poter decidere della mia vita, così? Non hai capito niente, mi dispiace.-
Dean continuava a non proferire parola, era convinto che se avesse provato a ribattere o sarebbe finita male o lei l’avrebbe girata a suo vantaggio, anche perché sostanzialmente non aveva un vero e proprio motivo per impedirle di uscire. Semplicemente gli dava fastidio e non era una scusa plausibile. Il moro allora fece qualcosa che sorprese Mar, non se l’aspettava proprio.
In silenzio le si avvicinò e la abbracciò, senza dire una parola. Solo un abbraccio. Uno di quegli abbracci che ti fanno star bene, che ti riempiono il cuore. Mar si sciolse a quel contatto, non era più nervosa come poco prima. Non ci aveva capito un tubo. Prima urlava e poi la abbracciava. Non capiva se l’idiota fosse lui o semplicemente lei si era persa qualche passaggio.
-Mi dispiace.- le sussurrò all’orecchio Dean. –Non volevo, sono stato un’idiota.-
Cosa rara e da registrare. Dean Scotch che chiede scusa. Erano cose che accadevano una volta nella vita ed erano eventi da scrivere nel calendario. Dean che chiedeva scusa. Nemmeno tra centinaia di anni sarebbe successo ancora. Margot ricambiò l’abbraccio e rispose con un semplice “dimentichiamo tutto, fa niente”. Non ce la faceva ad essere più carina di così, si vergognava troppo e si poteva facilmente notare dalle schiocche rosse che avevano colorato le sue guance.
Non era abituata a queste dimostrazioni d’affetto e quindi ogni volta che succedevano cose del genere, si bloccava. Niente, c’era poco da fare.
Dean quando la liberò dall’abbraccio stava sorridendo, e le diede un bacio sulla guancia.
-Mar…ho fame.- disse, con quella sua faccia inebetita.
Mar scoppiò a ridere e allo stesso tempo le scendevano le lacrime. Era felice di aver risolto tutto e allo stesso tempo si rese conto che la discussione durò una giornata, non di più. Non ce la facevano mica a stare lontani l’uno dall’altra per troppo tempo.
Dean trascinò la ragazza in cucina e le mise il grembiule alla vita, facendole segno che aveva voglia di una crêpes alla nutella. La ragazza sorrise e si mise all’opera e intanto lui dalla sedia la osservava maneggiare pentole e cucchiai. Unica, lei era unica e lui lo sapeva benissimo.

  
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