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Autore: Claralala    28/01/2014    5 recensioni
Harry Potter ha urgente bisogno che qualcuno lo aiuti ad adempiere ai suoi compiti da Capo Auror. E se quel qualcuno fosse la signorina Pansy Parkinson in cerca di lavoro disperatamente???
Dal capitolo 4:"Ah si? E perché mi avresti assunta allora?"
"Perché ti ha scelta il Ministro, non io!"
"Ah, l'ho sempre detto che quell'uomo sa riconoscere una persona valida!"
"Persona valida? Parkinson tu sai i valori che contraddistinguono gli Auror?"
"Verità, giustizia e fratellanza Potter, non mi presento ad un colloquio se non conosco il lavoro che dovrò fare qualora fossi successivamente assunta!"
"Ecco vedi? Quindi non sei adatta Parkinson! Avrai sicuramente mentito nel tuo curriculum per rendere così entusiasta Kingsey e quando mai hai agito secondo giustizia? Ma soprattutto che razza di fratellanza potresti avere qui dentro? La mia di certo no e questo penso che basti."
Prima fan fiction in assoluto sui miei preferiti Harry e Pansy. Spero vi piaccia! Clara
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Pansy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sweet Violet - Chapter OneCapitolo 1 - Londra, Ministero della Magia, ore 11:30.

Quella mattinata per il Comandante degli Auror Harry Potter, era iniziata esattamente come tutte le altre: alle otto in punto si era svegliato nella sua casa di Grimmauld Place, aveva fatto colazione con i biscotti che gli mandava sempre Molly Wesley, si era vestito con la sua uniforma porpora* e tramite Polvere Volante si era ritrovato nel suo ufficio. Quella stanza, dove Harry passava la maggior parte del suo tempo, non era simile a quella dei suoi predecessori, che avevano puntato tutto sullo sfarzo e sulla pomposità degli arredi per ricordare a chiunque entrasse nel loro ufficio, la loro posizione. Aveva optato per un arredo semplice, con una scrivania in mogano che reggeva su di se il fardello di tanti documenti e pratiche riguardanti fatti accidentali o stragi vere e proprie che avrebbe dovuto esaminare quella mattina e solo guardandoli gli sfuggì un lungo sospiro. Insieme ai vari fogli, sulla scrivania dell'uomo c'erano alcuni articoli di cancelleria, una lampada da studio pieghevole e una cornice, che mostrava una versione sorridente e spensierata di Lily e James Potter che si abbracciavano in un parco. Dietro la scrivania, torreggiava una poltrona in pelle scura, di quelle imbottite e molto comode, provviste di rottelle e con lo schienale alto. 
L'aveva comprata insieme alla scrivania, perché il suo predecessore ne usava una scomodissima per la quale aveva sborsato un patrimonio solo perché era un prezioso pezzo di design insieme ad un'orripilante e pacchiano scrittoio interamente laccato in oro.
La poltrona soprattutto era il suo personale vanto, perché chiunque l'avesse mai provata, una volta alzatosi si congratulava con lui, dicendogli che non si erano mai seduti su un oggetto tanto comodo, tantoché alcuni addirittura sostenevano fosse incantata, ma Harry rispondeva ogni volta che neanche lui avrebbe mai pensato che fosse così confortevole. Così vi si sedette e incominciò a lavorare in modo frenetico. Quel giorno aveva molta fretta di portare a termine i propri incarichi, doveva liberarsi assolutamente per le 11:30 perché aveva bisogno di un'ora libera prima di pranzo per i colloqui. Si, i colloqui, proprio loro, non se li era per niente dimenticati. Aveva decisamente bisogno di una nuova assistente, perché la sua, ovvero Ginny, aveva deciso che tutte quelle responsabilità non facevano per lei, che lui non faceva per lei e l'aveva piantato in asso proprio quando aveva bisogno di un valido sostegno, di una compagna affianco, di qualcuno che lo incoraggiasse, con la scusa che quella vita era troppo pericolosa per lei. Si, perché il lavoro di Harry Potter non era per niente facile. Nonostante lui l'adorasse e fosse fonte di ispirazione per molti, non riusciva a sopportare la vista di tutte quelle morti, gli sembrava di ritrovarsi perennemente in guerra e benché lui l'avesse bella che vinta ancora non si  capacitava di quanta violenza potesse esserci nel mondo magico, mangiamorte e Voldemort a parte, segno che l'oscurità non sarebbe mai scomparsa del tutto. Proprio per questo non poteva assolvere a tutti i suoi doveri, c'era per forza qualcosa che doveva tralasciare se voleva che la sua salute mentale rimanesse intatta, come scrivere quei disgustosi, formali e gelidi rapporti, che non riusciva proprio a compilare perché non avrebbe mai potuto essere così distaccato nei confronti di qualsiasi vittima avesse dovuto parlare. Inoltre doveva decidere a quali casi dare più rilevanza, quante e quali forze distribuire sui vari scenari che la morte metteva in atto e doveva comunque consigliarsi con qualcuno che non fossero i suoi diretti dipendenti.
Lavorò di buona lena quella mattina, come mai aveva fatto in vita sua, aveva bisogno di aiuto e quella mattina prima di pranzo l'avrebbe trovato, ne era certo. Oltre ad essere di bella presenza (cosa che a lui non interessava minimamene) ed essere ligia al dovere, la segretaria di un Comandante Capo degli Auror doveva avere anche molte conoscenze in campo di pozioni avanzate, erbologia avanzata, medimagia ed avere capacità magiche piuttosto al di sopra della norma. Avrebbe dovuto seguirlo ovunque, in tutte le sue attività giornaliere, ma anche in tutte le missioni che Lui avrebbe ritenuto tanto importanti da porsi in prima linea e per questo doveva anche sapersi proteggere, poiché in generale già il Capo Auror era una figura di spicco e la carica era a rischio attentato ogni giorno, figuriamoci poi quando questo ruolo si concentrava nella figura del mago che aveva sconfitto lo stregone oscuro più potente di tutti i tempi.
Quando finalmente finì di esaminare i documenti, guardò l'orologio appeso sulla parete alla sua destra, segnava le 11:15, mancavano quindici minuti e le porte del suo studio si sarebbero aperte alle candidate che avrebbe esaminato quel giorno e tra le quali avrebbe scelto la sua nuova spalla. Quindi si alzò e andò verso la libreria alla sua sinistra, dove tomi di grande valore giacevano impolverati e mai letti, non che ad Harry non piacesse leggere, ma di sicuro lui non era la sua amica Hermione che riusciva a trovare il tempo per fare tutto e comunque ormai mancavano solo cinque minuti al colloquio. 
Tic, Tac, Tic, Tac. Non sapeva da dove derivasse tutta quest'ansia, ma probabilmente era perché aveva paura di non riuscire a trovare tra le candidate, una che facesse al caso suo, una come Ginny, anche se sapeva benissimo che era impossibile trovare qualcuno che la sostituisse, sia professionalmente che sentimentalmente, perchè quella donna non aveva fatto altro che lasciargli dentro un vuoto incolmabile e spigoloso, che gli provocava un dolore immenso al solo pensiero di lei, lui l'amava e qualunque altra, seppur simile, sarebbe stata solamente una pallida imitazione. Ancora un minuto e finalmente quella tortura sarebbe finita, le attese lo avevano sempre sfiancato e le odiava come poche cose.
Dopo qualche istante decise che era arrivata l'ora di iniziare, quindi si allontanò dalla libreria e si avvicinò alla grande porta verde scuro del suo studio, abbassò la maniglia e aprì la porta affacciandosi sul corridoio già pieno di aspitanti assistenti che ambivano voracemente a quel posto anche solo per vantarsi di lavorare a stretto contatto con Harry Potter:"Chi è la prima?" disse. Una ragazza piùttosto mingherlina con un tailleur verde bottiglia ed i capelli dello stesso colore fece un passo avanti e lui la invitò ad entrare nel suo studio con un gentile "prego" di circostanza.

Alle 13:30, quell'ora estenuante di colloqui si era conclusa, e doveva ammettere che non era andata male, era solamente stata l'ora più disastrosa della sua vita, tanto che avrebbe preferito affrontare di nuovo Voldemort in quel momento: la prima ragazza all'inizio non sembrava male, ma poi si era rivelata un fiasco totale visto che era venuta al colloquio completamente ubriaca. Dopo di lei c'erano state numerose candidate che non avrebbero saputo preparare una pozione diversa dalla tricopozione lisciariccio e le loro capacità si limitavano ai lavori burocratici. Poi si era presentata una donna robusta e alta il doppio di lui che aveva anche minacciato di picchiarlo se non le avesse dato il posto, tanto che Harry dovette sfoderare la bacchetta e dirle che se non fosse uscita subito dal suo studio con un solo gesto l'avrebbe direttamente trasferita ad Azkaban di volata. E infine aveva dovuto rispedire a casa almeno una decina di candidate che ambivano ad essere la sua segretaria solo nella speranza di sedurlo, come se lui fosse stato tanto scemo da cascarci, non era come il suo amico Ron, che cadeva ai piedi di una donna alla minima attenzione che gli veniva rivolta. Così richiuse le porte dello studio con un colpo di bacchetta e si godette fino in fondo la sua poltrona, nella speranza che potesse rinfrencarlo un po' dopo quell'ora d'inferno.
Venti minuti dopo aveva quasi trovato la posizione perfetta per farsi un sonnellino quando senti bussare alla porta. "Dannazione" pensò, così si ricompose e gridò:"Avanti!" nell'attesa di scoprire chi fosse così avventato da disturbarlo dopo quell'orda di ragazze infernali che lo aveva devastato.
La prima cosa che vide con quell'aprirsi dalla piega timida della porta del suo studio, fu un un piede di donna che calzava alla perfezione una scarpa elegante color antracite dal tacco alto sopra un collant leggero di colore nero. Un attimo dopo, la porta si aprì del tutto e il sinuoso collo del piede si spostò per lasciar spazio all'intera figura della donna che entrò nel suo ufficio.
Con la sua altezza nella media e la sua corporatura snella si poteva dire benissimo che Pansy Parkinson aveva tutte le qualità per portare quel tipo di scarpa e non solo.
Indossava un semplice tailleur nero di sartoria e sotto la giacca elegante e avvitata, aveva una camicia bianca con bottoni di quello che sembrava essere vero argento. Poi il suo sguardo si sposto sul viso della donna: i lineamenti marcati e spigolosi del mento facevano da cornice alle labbra vermiglie, che Harry pensò fossero quasi fuoriposto perché piene e dai contorni tondeggianti, salendo il naso dritto e a punta divideva gli zigomi alti, definiti e sopra di essi lo guardavano due occhi grandi, nero pece, dalle ciglia lunghe e arcuate all'insù. Il tutto condito con una cascata di capelli neri, lunghi, volumisosi e estremamente lisci.
"Salve Potter!", lo salutò con la sua voce acuta e cristallina.
"Salve anche a te Parkinson, prego accomodati... A cosa devo questa tua visita?" disse in modo annoiato e sbrigativo, anche se era stupito che lei si fosse presentata nel suo ufficio.
"Sono qui per il colloquio Potter, spero di non essere arrivata troppo tardi."
"Spiacente Parkinson l'orario dei colloqui è finito. Ora puoi andare." Disse quelle parole quasi con disprezzo, era stanco e adesso ci mancava solo la Parkinson che voleva lavorare li. Ma che diamine, Harry aveva sempre pensato che siccome faceva parte di una famiglia nobile e purosangue, fosse straricca e poi poteva anche sposarsi con un asino dell'alta società con i quattrini che gli uscivano dalle orecchie, perchè avrebbe voluto quel dannatissimo posto, che per giunta non avrebbe dovuto essere per niente vacante?
"Come sarebbe a dire Potter! Sono straconvinta di essere la migliore candidata che ti si è presentata  questa mattina!"
"Mi spiace Parkinson, ma non credo che tu abbia le qualità per questo lavoro, non mi serve una segretaria che si lamenti non appena le si spezzi un'unghia!"
"Ah no Potter? Come fai a dirlo? e poi seguendo il tuo ragionamento non avresti dovuto assumere neanche la Wesley, visto che va a ritoccarsi la manicure ogni giorno!" Disse ghignando.
"Non nominare Ginny, Parkinson!". Quelle parole gli avevano fatto perdere tutta la pazienza che gli era rimasta.
"Oh oh, ho forse toccato un tasto dolente?"
"Vattene! Ora!"
"Hey Hey! Calma Potter, facciamo così, ti lascio il mio curriculum, esaminalo e rintracciami se hai intenzione di assumermi. Sai non penso che dovresti abbatterti per una che preferisce stare con McLaggen, quel bellimbusto non riuscirebbe a distinguere un libro da una ciabatta!". Così estrasse dall'ampia borsa intonata alle scarpe una cartellina verde pallido e fece per consegnargliela, ma lui la bloccò con la mano:"Non ho intenzione di leggere anche una sola riga di quel curriculum!!! E ora vattene, non sono dell'umore adatto per farmi commiserare da te Parkinson! Sparisci!". Ora era arrabbiato. McLaggen? Come aveva potuto Ginny fargli questo? Di sicuro quella era tutta una balla inventata da quell'arpia, ma il vuoto spigoloso e accuminato dentro di lui incominciò a scorticarlo e la belva che aveva dentro rischiava di fargli commettere azioni criminali e sicuramente non da lui, come uccidere la donna che aveva di fronte. Lo infastidiva perfino quel suo cipiglio sbarazzino e il ghigno per niente mascherato sulle sue labbra.
"Spero lo leggerai Potter". Disse d'un tratto infastidita, appoggiandogli la cartelletta verde sulla scrivania. Dopodichè si girò e con passo elegante, si diresse verso la
porta uscendo senza salutarlo.





Salve! Questa è la mia prima FF, diciamo che sono più una lettrice, ma quest'idea mi ronzava in mente da un bel po'.
Qualora ci fossero errori di digitazioni o di grammatica, vi prego di comunicarmelo con una recensione o magari un messaggio privato sulla mia mail che è claralala@live.it .
Detto questo, vi prometto che aggiornerò la storia ogni martedì, per motivi di università e di impegni vari!!! un bacione...
Vostra, Clara.

*Dunque so che le divise auror sono di colore scuro, ma non so perchè le ho sempre immaginate porpora, poi soprattutto quella del Capo! XD
  
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