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Autore: Cho89    26/11/2004    13 recensioni
C’era una foto in quel quadro, una foto vecchissima. Era… era suo padre da ragazzino. Stava strusciando un pugno sul capo di un giovanissimo Lupin con gli occhiali di traverso; alla loro destra c’era Codaliscia che rideva e alla sinistra c’era Sirius che abbracciava divertito Lily. Una piccola one-shot in ricordo di Sirius ^__^
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è un capitolo della mia prima ff “Hp e il Principe Mezzosangue”

Questo è un capitolo della mia prima ff “Hp e il Principe Mezzosangue”.

Visto l’argomento ne approfitto per scusarmi con tutti quelli che la leggevano ma per “problemi tecnici” ho dovuto smettere di pubblicarla, scusate ancora, anche se un po’ in ritardo ^__^

 

Spero che vi piaccia!

 

Un bacione

 

Cho

 

________________________________________________________________________________

 

 

Passarono il resto della settimana tra il San Mungo e Grimmauld Place, ma ancora non erano

potuti passare dalla Tana. Per Harry fu molto doloroso ritornare nella casa di

Sirius. Certo, ormai ne aveva parlato con Hermione, si era sfogato ed era

passato quasi un anno dalla sua morte… ma la ferita era ancora aperta. Harry si

sentiva oppresso, stanco, e nei giorni che passarono a Grimmauld Place camminava

nei corridoi osservando silenziosamente tutti gli oggetti rimasti, che Sirius

non era riuscito a strappare a Kreacher… entrava in tutte le stanze della casa,

ignorando completamente il caos che si creava tutte le volte che qualcuno

dell’Ordine arrivava. Viveva come in una campana di vetro, isolato dal mondo,

abbandonato da tutti… nessuno infatti lo aveva degnato di uno sguardo, di una

parola, da quando era arrivato. Nessuno aveva pensato di stargli vicino o di

portarlo da un’altra parte, per non farlo soffrire… l’unica a stargli vicino era

Hermione, che sembrava capire come si sentisse. Ron era troppo timido per

stargli vicino, e Hermione disse che non lo avrebbe esortato a farlo. Aveva

raccontato di essere troppo arrabbiata con lui, e di averci litigato di nuovo,

questa volta più violentemente. Aveva detto anche che Ron si era scusato e che…

, che forse provava qualcosa per lei, ma Hermione non aveva voluto saperne ed

era scappata via più furiosa che mai.

Ma Harry ascoltava solo in parte questi discorsi. Gli altri membri dell’Ordine

sembravano sempre troppo timorosi per azzardarsi a rivolgergli la parola, anche

solo per chiedere se aveva fame: così oltre a starsene zitto, cercando di

scacciare il pensiero fisso di Sirius, non mangiava e si isolava quasi sempre

dagli altri. Quando abbandonavano la casa per andare al San Mungo, si sentiva un

po’ meglio e spuntava anche qualche parola con Tonks e Ron, ma non appena

rientravano nella casa del suo padrino, ritornava muto come una tomba e si

lasciava trascinare dalle sue fasi apatiche.

Un giorno stava camminando per il corridoio del terzo piano, immerso come al

solito nel suo silenzio. Si era appena rifiutato di scendere a cena con gli

altri, e aveva deciso di farsi una delle sue solite camminate per i corridoi.

Stava per raggiungere le scale che portavano al quarto ed ultimo piano, quando

si accorse che dietro una grossa pianta decrepita, c’era nascosta una porta.

Scostò da un lato la pianta, da cui vennero fuori una decina di Doxy che nessuno

aveva ancora scacciato, e la aprì.

Scavalcò lentamente il vaso ed entrò: era una camera da letto, molto più grande

delle altre stanze della casa. I suoi passi rimbombavano mentre si avvicinava al

grande letto, situato al centro della stanza.

Sfiorò le coperte, da cui si sollevò della polvere, e ci si sedette. Dagli

spifferi dell’unica finestra proveniva il rumore del vento forte, e i muri

scricchiolavano.

La camera era sgombra, fatta eccezione per un armadio di legno scuro ed un

comodino uguale; alle pareti c’era un quadro solo, che però era nascosto

nell’ombra. Harry stette ancora un po’ seduto sul letto, poi si alzò per vederlo

meglio e appena fu abbastanza vicino si fermò. Non fu l’unico a farlo però:

anche il suo cuore per un attimo smise di battere. C’era una foto in quel

quadro, una foto vecchissima. Era… era suo padre da ragazzino. Stava strusciando

un pugno sul capo di un giovanissimo Lupin con gli occhiali di traverso; alla

loro destra c’era Codaliscia che rideva e alla sinistra c’era Sirius che

abbracciava divertito Lily. Fosse stato solo per questo probabilmente Harry si

sarebbe girato e sarebbe tornato di sotto con un groppo in gola, ma c’era

qualcosa scritto in basso alla foto…

‘Per te, Harry, sperando che il letto sia abbastanza comodo… ti voglio bene,

Sirius’

Harry era immobile, come morto. I suoi occhi scorrevano e scorrevano la frase

scritta da Sirius, incapaci di staccarsi da lì. Sembrava che il suo cuore fosse

troppo stanco per ripartire, e le sue gambe non avevano certo intenzione di

muoversi.

Cosa… cosa significava? Voleva dire che quella stanza era… adesso anche il

cervello era fermo. Harry sentiva solamente un forte prurito alla gola e a gli

occhi, e una forte stretta allo stomaco.

Improvvisamente la finestra si spalancò a causa del forte vento, e Harry e tutte

le sue parti del corpo ripresero vita. Si girò e notò che un enorme foglio di

pergamena spuntava da sotto il letto polveroso, smosso dall’improvvisa folata di

vento.

Arrancò verso di esso lottando con il vento gelido e la neve che entravano nella

stanza, e lo raccolse. Sopra di esso c’erano delle parole scritte in rosso:

‘Benvenuto a casa, figlio mio’.

Harry sentì una lacrima scivolare sulle sue guance arrossate per il freddo, e

prima che si rendesse conto di quello che faceva, strappò la pergamena e la

gettò fuori dalla finestra. Osservò i foglietti volare in mezzo alla neve,

finché gli occhi non gli bruciarono talmente tanto che dovette chiuderli e

girarsi verso l’interno della camera. Della sua camera.

Quella era la camera che Sirius aveva preparato per lui. Lui sarebbe dovuto

andare a vivere con il suo padrino, quella sarebbe stata la loro casa.

Si sentì talmente oppresso, talmente pesante e stanco, che le sue ginocchia

cedettero e si ritrovò inginocchiato per terra a fissare il pavimento.

I suoi occhi si riempirono di lacrime prima che potesse fermarle, e senza

volerlo si ritrovò a piangere come non aveva mai fatto. Cercò inutilmente di

smettere, di ricacciare indietro quelle lacrime maledette, ma dopo due tentativi

falliti, capì che non avrebbe potuto farci niente; così si portò le mani sulla

testa e la appoggiò per terra, pensando che per una volta sarebbe stato meglio

scendere a cena con gli altri.

 

 

Un po’ triste vero?

Mi sembrava una cosa carina, se vi è piaciuto lasciate un commentino!

 

 

  
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