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Autore: Magica Emy    29/01/2014    1 recensioni
Già, il mio Cri Cri adorato odia i cambiamenti, lo hanno sempre spaventato un po’, e poi…si, devo ammetterlo, adoro quella sua aria da cucciolo smarrito mentre si aggira per casa chiedendosi cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto questo…il solito esagerato. Ma che posso farci? È fatto così, ed è anche per questo che sono pazza di lui...
Seguito di "Une nouvelle vie"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- …così ho preso il suo numero di nascosto – sto spiegando a Christian, che dall’altra parte del tavolo continua a fissarmi con aria stranita come se non credesse alle proprie orecchie – e mi sono messa in contatto con lei. E poi…

- Mi ha invitato a passare qualche giorno con voi, e io non me lo sono fatta ripetere due volte!

Sophie continua la frase per me, strizzandomi l’occhio con fare giocoso e facendomi scoppiare a ridere. Sono proprio contenta di aver preso questa decisione, anche se non è stato facile per me tenerlo nascosto a Christian per tutto questo tempo. Ma volevo fargli una sorpresa e, a giudicare dai suoi occhi luminosi, credo proprio di essere riuscita nel mio intento. In quest’ultimo periodo mi ha parlato spesso di lei ed era evidente che gli mancava e che avrebbe voluto rivederla, così ho colto la palla al balzo. Sophie è il mio regalo di Natale in anticipo. Bè, in verità solo di qualche giorno visto che praticamente ci siamo quasi, le feste sono alle porte. È arrivata questo pomeriggio, quando Christian è uscito per andare al lavoro e ha subito fatto amicizia con i bambini, che l’hanno accolta a braccia aperte e con ampi sorrisi che lei ha subito ricambiato, felice per l’ospitalità offertale. Abbiamo chiacchierato a lungo e ci siamo divertite molto a preparare l’albero di Natale tutti insieme, e poi lei ha cucinato dei biscotti buonissimi che Grace e Logan si sono subito spazzolati via, lasciandoci senza parole. Si, il mio Cri Cri aveva proprio ragione: Sophie è una cara ragazza, affabile e divertente, e insieme siamo state molto bene oggi.

- Io…non posso ancora credere che tu abbia fatto una cosa del genere, sei incredibile!

Lo sento esclamare, rialzandosi di scatto per venire ad abbracciarmi posandomi un tenero bacio sulle labbra.

- Ehy – continua poi, rivolto all’amica che per tutto il tempo non ha mai smesso di sorridere – sai già la novità? Johanna aspetta un bambino!

- Oh mio Dio, davvero? Ma è fantastico, perché non me lo hai detto subito?

Dice lei, alzandosi a sua volta per avvolgermi anche lei in un abbraccio che mi coglie di sorpresa. Accidenti, ma che cosa crede mio marito? Che mi metta a distribuire volantini in giro parlando a tutti di questa nuova gravidanza, come invece fa lui? Da quando ha scoperto che sono incinta non lo riconosco quasi, continua a fermare anche i passanti per strada annunciando loro il lieto evento e finendo per farsi prendere per matto da tutti quanti, e poi non fa che andarsene in giro con un sorrisetto ebete stampato in faccia e ogni volta che incrocia il mio sguardo non può fare a meno di correre ad abbracciarmi. Insomma, sono contenta che dopo l’iniziale attimo di smarrimento l’abbia presa così bene, ma ora mi sembra che stia un tantino esagerando. O no?

Verso sera Christian e Sophie fanno una lunga passeggiata sulla spiaggia e io decido di lasciarli tranquilli, avranno sicuramente tante cose da raccontarsi. Dopo cena, invece, dopo aver messo a letto i bambini ci riuniamo tutti e tre davanti al fuoco a bere cioccolata calda e chiacchierare degli argomenti più svariati finchè, stanchi della lunga giornata, decidiamo di andare a dormire. Quella notte però non riesco a chiudere occhio, continuo a rigirarmi nel letto pensando a mio fratello e a ciò che è successo e questo mi provoca una sgradevole sensazione di vuoto allo stomaco, il che è assolutamente ridicolo, considerando tutto quello che c’è dentro in questo periodo. Sbuffo un paio di volte prima di decidere di alzarmi, stando bene attenta a non svegliare Christian che invece dorme come un ghiro, e quando scendo in cucina resto molto sorpresa di trovare Sophie che, seduta sul davanzale della finestra, osserva rapita il panorama notturno e sembra accorgersi della mia presenza solo quando mi avvicino a lei.

- Anche tu non riesci a dormire?

Le sussurro e la vedo sorridermi mentre fa spallucce, prima di rispondere: - Mi piace stare sveglia a quest’ora, lasciar fluire liberamente i pensieri e…rilassarmi, semplicemente. Io e Christian lo facevamo spesso in clinica e devo dire che era piuttosto divertente, solo che il mattino dopo assomigliavamo tanto a due zombie!

Ride e la sua risata cristallina echeggia ben presto nell’aria, contagiandomi all’istante.

- Grazie per quello che hai fatto per lui – dico poi, stringendole una mano fra le mie in un gesto amichevole – quando io non potevo stargli vicino.

Scuote lentamente la testa.

- Guarda che io non ho fatto niente – risponde, ricambiando la mia stretta – è stato il tuo ricordo a dargli la forza di rimettersi in piedi e tornare finalmente a casa, non faceva che parlare di te e dei bambini. Tiene davvero tanto alla sua famiglia, e si vede lontano un miglio che è pazzamente innamorato di te e dei suoi figli.

Restiamo sedute a parlare per un tempo che mi sembra interminabile e a un certo punto, senza quasi rendermene conto, comincio a raccontarle di tutte le brutte cose accadute negli ultimi giorni. Le parlo di Grace e della paura che ho avuto di perderla per sempre, di quell’orribile giornata dalle ore interminabili passata in ospedale, a pensare alle cose peggiori, ma soprattutto le parlo di mio fratello e del male che mi ha fatto scoprire che ci fosse lui dietro a tutto questo e lei mi ascolta con attenzione, annuendo solidale nella mia direzione.

- So che per te dev’essere stato difficile affrontare tutto – dice – ma si è trattato solo di un incidente, giusto? E mi hai detto che tuo fratello si è presentato nel tuo ufficio per fare la pace, oggi.

- Si, è così – rispondo, incrociando il suo sguardo – ma io non ho voluto ascoltarlo. Non gli ho nemmeno permesso di avvicinarsi, e lui è…

Non riesco a finire la frase perché un improvviso nodo alla gola me lo impedisce e, senza preavviso le lacrime cominciano a scorrermi sulle guance, scivolando lente sulla mia pelle prima ancora che riesca a controllarle. La verità è che nonostante stia facendo di tutto per evitare di pensarci…lui mi manca. Mi manca terribilmente e non sopporto più questa situazione. Da una parte penso che non riuscirò mai a perdonarlo per ciò che ha fatto, ma dall’altra vorrei disperatamente buttarmi tutta questa brutta storia alle spalle, per riaccoglierlo nella mia vita. Nella nostra vita. Sento che Sophie mi sfiora una spalla cercando di darmi conforto e io provo a sorriderle come meglio posso, asciugandomi le lacrime mentre lei riprende a parlare.

- Sai – dice – penso che tutte le persone in fondo meritino di avere una seconda possibilità nella vita. Voglio dire, guarda me ad esempio. Io sono di nuovo in piedi e tutto grazie a mia madre, la donna che per almeno metà della mia esistenza non sono riuscita a far altro che odiare con tutte le mie forze. Ma le persone hanno mille risorse e l’ho capito quando, dopo la mia permanenza in clinica, ha insistito affinchè tornassi a casa con lei. Mi ha supplicata di perdonarla per tutto il dolore causatomi, e io…sono riuscita a farlo, perché ho capito che era sinceramente pentita per avermi allontanata dal mio bambino. Lo sai, è anche grazie a lei se adesso sono riuscita a riavvicinarmi a mio figlio e alla famiglia che lo ha adottato, e io non smetterò mai di ringraziarla, quindi…si, è proprio vero, le persone meritano un’altra possibilità. La meritano sempre.

Non rispondo ma lascio che le sue parole mi raggiungano, sedimentando dentro di me per un lungo momento prima che l’improvvisa voce di Christian irrompa nei miei pensieri, riportandomi ben presto alla realtà mentre entrambe ci voltiamo verso di lui.

- Ehy – dice, studiandomi nervoso – ho visto che non c’eri più così sono sceso a cercarti. Che ci fai ancora sveglia a quest’ora? Stai bene, non è vero?

Annuisco lentamente per rassicurarlo, tendendogli una mano che lui stringe subito con decisione, venendomi vicino prima di rivolgere all’amica uno sguardo interrogativo.

- Allora? Cos’è questa riunione notturna alla quale non sono stato invitato?

Esclama fingendosi offeso e io e Sophie ci scambiamo uno sguardo d’intesa prima di scoppiare a ridere, mentre lui ci guarda con aria stranita.

 

Il giorno dopo in ufficio Laly sembra avere la testa fra le nuvole, e quando le parlo delle esigenze di un importante cliente di cui dovremo occuparci a breve non mi ascolta quasi. Non fa che sospirare con aria nervosa e guardare continuamente l’orologio, proprio come se aspettasse qualcuno, e quando faccio per chiederle spiegazioni su quel suo strano comportamento mi liquida con un gesto della mano, dicendomi che si è improvvisamente ricordata che deve prendere da mangiare per il gatto e che quindi deve correre al supermercato.

- Un gatto? Non mi avevi detto di avere animali in casa.

Considero, ma dubito che possa ancora sentirmi visto che è già schizzata via alla velocità della luce, lasciandomi perplessa e leggermente confusa. Ma non faccio nemmeno in tempo a rendermi conto della situazione che noto un’ombra sospetta aggirarsi furtiva dietro la porta a vetri, e sussulto sorpresa non appena realizzo che si tratta di Roy.

- Si può sapere che diavolo ci fai qui – sbotto a quel punto – quale parte di non farti più vedere non ti è ancora chiara?

- Johanna, per favore, ti chiedo solo di ascoltarmi…

Mi supplica, ma io non ho alcuna intenzione di farlo. Non voglio nemmeno guardarlo in faccia.

- Fuori di qui!

Grido, scandendo bene le parole come se parlassi a un perfetto idiota, impedendogli così di continuare a parlare e afferrando uno dei posacenere sulla mia scrivania per lanciarglielo contro con decisione, e lo sento imprecare a gran voce prima di accasciarsi al suolo e rimanere lì, completamente immobile ai piedi della poltrona. Sussulto vistosamente, terrorizzata all’idea di averlo colpito sul serio e, cauta mi avvicino lentamente, chinandomi su di lui per accertarmi da vicino delle sue reali condizioni. Lo chiamo più volte per nome, scuotendolo con forza nell’inutile tentativo di rinvenirlo mentre comincio a sudare freddo, ma, proprio quando sto esaminando la sua fronte con attenzione, per accertarmi che non vi siano ferite di alcun genere ecco che riapre gli occhi di colpo, facendomi trasalire per la sorpresa.

- Bè, se non altro ti preoccupi ancora per me!

Dice, facendomi una buffa smorfia che invece di rassicurarmi mi manda immediatamente su tutte le furie.

- Brutto…stupido deficiente che non sei altro, ti stavi prendendo gioco di me! Ti diverti così tanto a spaventarmi a morte in questo modo?

Esclamo infatti, picchiandolo ripetutamente sul petto e facendolo scoppiare a ridere, e la sua risata è così contagiosa che ben presto mi ritrovo a imitarlo, sentendomi improvvisamente più tranquilla. D’un tratto però smette di ridere e la sua espressione si fa più seria mentre mi sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio, guardandomi con affetto.

- Mi dispiace così tanto per tutto quello che ho combinato.

Sussurra, e il suo sguardo sembra così limpido e sincero da permettermi di leggergli dentro, scoprendo un sincero pentimento che mi fa cedere all’istante. Si, io gli credo. E non solo perché ho bisogno di farlo per essere completamente felice, ma anche perché lui è mio fratello e mi è mancato da morire. Ci stringiamo in un forte abbraccio, passando almeno metà della giornata a parlare di tutto ciò che è successo e lui mi giura che non avrebbe mai potuto far del male a Christian ma che voleva solo spaventarlo, perché pensava che minacciandolo di morte gli avrebbe inflitto lo stesso dolore, la stessa pena che anche lui stava provando, sperando così di potersi sentire meglio.

- So che forse può sembrarti un ragionamento privo di logica – continua – ma ero disperato, e ho perso la testa. Poi Grace è arrivata e…Dio, mi dispiace. Mi dispiace tantissimo.

Scuoto lentamente la testa, rassicurandolo più volte e asciugando le sue lacrime e poi, senza nemmeno sapere come, ci ritroviamo a parlare del passato e di tutto ciò che negli anni abbiamo condiviso, ridendo e piangendo allo stesso tempo proprio come due matti.

- Ricordi quando sei tornata a casa all’improvviso – dice poi, inaspettatamente – confessandoci che stavi aspettando un bambino? La mamma era bianca come un lenzuolo, temevo che di lì a poco le sarebbe venuto un infarto!

Rido, poi faccio un breve sospiro.

- Già – rispondo – povera mamma. E papà, invece? Quel giorno la prese malissimo e cominciò anche ad alzare la voce…

- E tu ti rifugiasti nelle scuderie per non essere più costretta a sentirlo, e quando venni a cercarti ti trovai in un mare di lacrime. Ricordi cosa ti dissi quel giorno?

Annuisco.

- Mi dicesti che non dovevo avere paura di niente perché tu non mi avresti mai lasciata sola e che da quel momento, comunque fossero andate le cose, ci saresti sempre stato. Per me e per la bambina che stavo aspettando.

Mormoro e lui mi prende la mano, stringendola forte fra le sue.

- Quella promessa è ancora valida, lo sai? E lo sarà per sempre, specialmente adesso.

Dice e sento le sue dita scendere a sfiorarmi delicatamente la pancia, ancora poco pronunciata, facendomi sorridere.

   
 
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