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Autore: _Girella_    29/01/2014    2 recensioni
[Romantico-Comico] [Rating Verde] [One-shot] [Shonen-ai]
“Non sono gli uomini. Sei tu. Sei sempre stato tu”.
[...]
-Ma hai deciso di prenderti tutta la pioggia per te??- gli chiese Andrew
guardandolo male mentre Nate si toglieva le scarpe e si chiudeva la porta
alle spalle con l’orribile sensazione di essersi infilato nella tana del lupo di propria volontà.
Il fatto che fosse così attratto dal lupo non doveva essere una scusante!
 
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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A Bianca
 
L’irreparabile, ovvero, come scoprire di essere gay grazie alla propria insopportabile coscienza.
 
 
Col senno di poi, Nate avrebbe dovuto rendersi conto di non essere poi così tanto stupito di aver iniziato a provare per il suo migliore amico qualcosa che andava oltre la semplice amicizia.
Era ovvio, scontato anche, quasi inevitabile.
Strano, avrebbe detto qualcuno. Dolce, qualcun altro.
Non poteva certo dire di essersi svegliato una mattina ed essersi reso conto di amarlo. Era stata una cosa progressiva, e difficile.
E con quante ragazze era stato, per cercare di togliersi questo malsano sentimento dal cuore.
Aveva finto, si era illuso, ma sembrava più forte di lui.
 
Fino a quel giorno, non avrebbe mai pensato di avviarsi verso casa di Andrew provando ansia.
Era buffo a dirsi, difficile a pensarsi.
Per un secondo, rise di se stesso quando per la terza volta si ritrovò a percorrere la stessa stradina deserta.
“Vuoi smetterla di prenderti in giro?” pensò trattenendosi a stendo dal prendersi a calci. Effettivamente, era abbastanza sciocco fingere di perdersi nel paesino di quattro casette in cui viveva da vent’anni.
Si comportava proprio come una ragazzina innamorata.
E non ci sarebbe stato niente di male.
Se non fosse stato che la causa di quei sentimenti era il suo migliore amico!
 
 
“Io te l’avevo detto”.
Nate trasalì, rendendosi conto che erano quasi dieci minuti che stava nascosto all’angolo tra la strada in cui si trovava e quella in cui stava la casa di Andrew.
Non aveva mai avuto una coscienza, e quella cosa faceva, decideva di svegliarsi proprio in quel momento??
E il fatto che avesse la voce della sua amica Joey non aiutava.
 
-Ragazzo, stai bene?-.
Di nuovo, perse quasi dieci anni di vita sentendo una voce inaspettata alle sue spalle. Si voltò lentamente, per trovarsi davanti il volto dubbioso di una signora che non aveva mai visto.
-Si, perché??-
-Stavi sventolando la mano come se stessi salutando qualcuno, guardando verso il muro-.
 
Ovvio. Un classico comportamento da persona sana di mente. Sentì la coscienza-Joey dentro di lui che se la rideva, lieta di avergli fatto fare l’ennesima cosiddetta figura.
Stavolta però si trattenne dallo scacciarla dalla sua mente così platealmente, leggendo nello sguardo della signora davanti a sè il numero del manicomio che doveva aver ben impresso nella mente.
-Sisi, non si preoccupi. C’era una mosca-.
La signora gli sorrise –un sorriso di cortesia, Nate ne era certo, almeno a giudicare dall’occhiata che gli aveva rivolto prima di aggiustarsi il cappotto e allontanarsi lungo la propria strada.
 
-Sarai contenta, adesso- sbuffò all’indirizzo della propria mente, soffiandosi via un ricciolo dalla fronte. E, cercando di ignorare l’istinto che gli diceva che l’aver cominciato a parlare con la propria testa non era decisamente un buon segno, si fece coraggio e proseguì lungo la stretta via che lo separava dalla sua casa.
 
 
Era vero però, pensò mentre prendeva a calci un sassolino che lo aveva accompagnato per metà percorso. Quella rompiscatole della sua amica, per una volta, ci aveva visto giusto. Lo aveva capito addirittura prima di lui, la bastarda.
In pochi mesi.
E lui, che conosceva Andrew da quando avevano tre anni, non si era mai accorto di niente.
 
A sua discolpa però, poteva dire che fino a qualche mese prima se qualcuno gli avesse detto che si sarebbe ritrovato  a fare due passi avanti e cinque indietro per la vergogna di presentarsi a casa del proprio migliore amico, gli avrebbe probabilmente riso in faccia.
Era impensabile, dannazione!
Lui era un sano ragazzo eterosessuale, che non doveva lasciare che la sua mente partorisse certi pensieri.
Non doveva, ma voleva. Non voleva, ma doveva.
In poco tempo, la sua vita era diventata un’inferno.
 
 
E in quel momento decise anche di iniziare a piovere.
Ovvio. Tanto lui non si trovava in mezzo a una strada, senza ombrello e con una maglietta a maniche corte perché, nel panico che la prospettiva dell’imminente incontro con Andrew gli aveva causato, si era anche dimenticato il giubbotto.
Doveva  star accadendo a qualcun altro, tutto ciò.
 
Il tempo di arrivare sotto il porticato di Andrew che già era fradicio fino ai calzini. Perché no, non era stata una di quelle pioggerelline leggere di cinque minuti, ma era venuto giù il mondo.
Era il karma. Ne era sicuro.
 
Se non altro non tutto il male vien per nuocere, e fu costretto a bussare subito alla porta per evitare di affogarci, la fuori.
Si era già visto a passarci almeno dieci minuti su quell’uscio, indeciso se bussare o no.
E solo l’enorme pozza davanti all’ingresso che aveva guadato poco prima lo fermava dal prendere e scappare a gambe levate.
Era in trappola.
 
E poi si diede dell’idiota.
Andava a casa di Andrew più o meno tutti i giorni, e non aveva motivo di reagire così.
 
“Magari le altre volte non ti eri ancora reso conto di essere fottutamente innamorato di lui” ghignò maligna la voce nella sua mente, ma per quanto petulante decise di ignorarla.
Anche perché aveva ragione. Ma erano dettagli.
 
***
 
“Fa che non sia in casa, fa che non sia in casa, ti prego!!”
Andrew aprì la porta proprio mentre Nate decideva di mettere su una strana danza vudù, saltando su se stesso con le dita incrociate.
-Sei normale??- gli domandò soltanto. La sua vista fece immobilizzare il sano ragazzo eterosessuale sul posto, mentre il mondo perdeva improvvisamente tutti i suoi colori e tutti suoi suoni.
-Si- rispose soltanto, guardandosi i piedi, mentre l’altro, dopo avergli rivolto un’altra occhiata dubbiosa, si faceva da parte e lo osservava meglio.
-Ma hai deciso di prenderti tutta la pioggia per te??- gli chiese guardandolo male mentre Nate si toglieva le scarpe e si chiudeva la porta alle spalle con l’orribile sensazione di essersi infilato nella tana del lupo di propria volontà.
Il fatto che fosse così attratto dal lupo non doveva essere una scusante.
 
Stando ben attento a non farsi vedere da Andrew, prese a scuotere la testa con forza. Ora basta, si disse. Quel comportamento da idiota stava iniziando a scocciarlo. Diede la colpa alla sua coscienza, e trotterellò dietro Andrew, che lo aspettava nella propria stanza.
 
Il respiro gli si era appena calmato nel petto che Andrew lo prese per il polso e lo trascinò in bagno.
No, la sua mente non doveva iniziare a formulare pensieri inadatti ai minori. Si morse la lingua.
-Asciugati che sei fradicio, idiota- disse nel frattempo Andrew passandogli l’asciugamano, innocentemente inconsapevole del complesso dilemma interiore che stava dilaniando la mente del suo migliore amico.
Che avrebbe dovuto essere “Devo calmarmi!” e che in realtà suonava più del tipo “Gli salto addosso o no??”.
 
 
Grazie a non sapeva bene quale Dio, Andrew decise di uscire dal bagno –ma era sempre stata così piccola, quella stanza??- lasciandolo a passarsi l’asciugamano tra i capelli.
Sembrava Mufasa appena sveglio, ma almeno non avrebbe rischiato di morire d’ipotermia.
 
-Tieni-. Con la sua solita grazia, Andrew gli lanciò contro un paio di pantaloni e una felpa che, a giudicare dalle condizioni, dovevano provenire dal più profondo e remoto angolo del suo armadio. –Dovrebbero starti-.
 
“Oh, ma guarda che cosa carina. Perché non ti lasci anche penzolare le maniche della felpa sopra le mani, come farebbe una dolce quindicenne?? Sarebbe romantico”. Nate poteva avvertire distintamente la sua coscienza che si rotolava per terra dalle risate. Aveva una coscienza troppo sarcastica, per i proprio gusti.
E si, vabbè, la felpa gli stava un po’ grande, e allora??
Non voleva certo dire che lui la trovasse calda e profumata e…NO!
Niente di tutto questo.
 
Quando uscì dal bagno, finalmente asciutto, si stravaccò sulla sedia con la solita classe che posseggono i ragazzi, quasi troppo stanco per farsi ulteriori seghe mentali sul proprio amico.
E quasi troppo stanco per zittire la propria coscienza che sembrava allo stadio, da come tifava perché Andrew si sedesse accanto a lui.
Doveva fare una lunga chiacchierata con Joey. Non poteva tormentarlo anche a distanza!
 
Grazie al cielo, Andrew ebbe la splendida idea di accendere la Play Station e si sa, piazzato un joystick in mano a un ragazzo, questo si può esiliare dal mondo anche per ore. Nate riuscì a non far troppo caso ai propri pensieri e a non guardare troppo in una direzione che non fosse la televisione, mentre Andrew, senza dubbio più concentrato di lui, lo batteva un numero indefinito di volte.
 
-Complimenti, Nat- fece alla fine, spengendo la televisione mentre Nate, il proprio orgoglio ferito dalle troppe sconfitte, si stendeva sul letto e si voltava su un fianco, con tanto di broncio. –Sei morto ventisette volte. Consideralo un record personale-.
-Non ero in forma- bofonchiò l’altro affondando il volto nel cuscino.
 
-Cos’è, l’acqua ti ha ridotto le capacità cognitive?-.
“NO! Tu mi riduci le capacità cognitive, idiota!” si ritrovò a urlare in silenzio Nate, seriamente indeciso se soffocarlo col cuscino o, in alternativa, soffocarlo di baci.
La sua coscienza, sempre allerta, propendeva per questa seconda possibilità, ma forse era un po’ di parte.
 
-Simpatico-.
Andrew si stiracchiò, allungandosi sul materasso e tirando via il cuscino da sotto la testa di Nate.
Al solito, quello cercò di riprenderselo. Al solito, Andrew si rifiutò. Al solito iniziò la lotta che, al solito, si concluse con Andrew che si prendeva la vittoria e Nate che rischiava di cadere dal letto.
 
 
-Quindi??- mormorò Andrew dopo qualche minuto di silenzio durante cui l’unico suono che si udiva era quello della pioggia che batteva contro il vetro.
-…Quindi??-.
-Non so, ti sento silenzioso. Dimmi qualcosa-.
-Cosa??-.
-Qualunque cosa-.
-Qualunque cosa cosa??-.
-A volte ti odio!!-.
-Naah non è vero-.
 
“State flertando” si sentì in dovere di fargli notare la Joey-coscienza, così che Nate iniziò a litigare anche con lei, col solo risultato di ritrovarsi con il mal di testa che premeva contro le tempie.
 
-Ragazze??-.
Nate quasi si soffocò con la sua stessa lingua. –R… ra...ragazze??-.
-Si, sai, quel genere umano di sesso diverso dal nostro-.
-Si…certo… ragazze… ma no, ho capito che non sono proprio il mio campo-.
 
 
Passò qualche silenzioso, lunghissimo secondo prima che Nate si rendesse conto di quello che aveva detto. Spalancò gli occhi di colpo diventando blu, mentre Andrew si sollevava sui gomiti e lo osservava con un’espressione che non sapeva decifrare.
-Noo non hai capito! Non in quel senso-.
 
Ovviamente la sua coscienza dovette dire la sua. “Certo che è in quel  senso”.
 
La ignorò. –Andrew?? Guarda che stavo scherzando!!-.
L’altro non dava cenno di volersi muovere mentre lo fissava senza espressione, tanto che Nate fu costretto a deglutire e a cercare di calmarsi per far si che almeno un po’ di sangue defluisse dalle sue guance e tornasse al cuore, dove doveva stare. Si drizzò a sedere.
-Ehi! Guarda che hai capito male!-.
 
Di nuovo, tutto il sangue che per qualche miracolo divino gli era tornato nelle vene iniziò a scorrergli sul volto come impazzito mentre Andrew lo afferrava per un polso e lo costringeva a guardarlo negli occhi.
Poteva sentire distintamente la propria coscienza ballare la Hula, e il fatto che riuscisse a non preoccuparsene voleva dire che la situazione era davvero grave.
-Andrew??-.
-Sei gay??-.
 
La domanda arrivò così diretta, inaspettata e brutale che lo lasciò spiazzato per quasi dieci secondi. –Cosa??-.
-Ti piacciono gli uomini??-.
-Cos…no!-.
-E allora perché hai detto così??-.
-Perché…-
-Non inventare balle!-
-Non ho ancora detto niente!-.
-So che avresti inventato una qualche cazzata-.
 
Era una sua impressione o gli stava davvero troppo, troppo, troppo vicino??
-Mi lasci?? Mi fai male- gli disse per sviare il discorso, col solo risultato di fargli stringere ancora di più la presa.
-Da quanto ti piacciono gli uomini??-.
-Non mi piacciono gli uomini!!-.
-L’hai appena detto!-.
-Ma non è vero!-.
 
 
Seguì un lunghissimo momento di silenzio, in cui persino il rumore della pioggia giungeva ovattato. La sua coscienza, per una volta, aveva deciso di starsene zitta, e quello era un chiaro segno di come la situazione fosse appesa a un filo. Un solo passo falso, una parola messa al posto sbagliato, e Nate avrebbe rischiato di perdere la sua amicizia per sempre.
E non poteva permetterselo. Stargli accanto amandolo di nascosto era meglio che amarlo alla luce del sole, ma non avere l’opportunità di vederlo.
 
E una piccola, piccolissima parte del suo cervello lo spingeva a rivelare tutto, a smetterla di tenersi dentro quel segreto, quelle parole che non aveva mai confessato a nessuno, nemmeno a se stesso, e che adesso gli brillavano stampate nel cervello come un’insegna al neon.
“Non sono gli uomini. Sei tu. Sei sempre stato tu”.
 
In un piccolo momento di lucidità, prima che succedesse l’irreparabile, Nate si rese conto che la sua attività celebrale non era mai stata alta come in quel momento. Aveva formulato tre pensieri diversi in meno di cinque secondi.
E poi?? Ah, si. Successe l’irreparabile.
L’irreparabile emozione che avvolse in cuore di Nate mentre Andrew annullava la distanza tra loro e poggiava le labbra sulle sue. Quel bacio che Nate aveva tanto sognato, rifiutato, desiderato, adesso gli veniva offerto così, senza quasi preavviso, e se non fosse stato seduto probabilmente sarebbe caduto rovinosamente per terra.
 
Quanto durò il bacio?? Non saprei dirlo, so solo che la pioggia aveva smesso di scendere quando alla fine si allontanarono lentamente, prima di guardarsi negli occhi e scoppiare a ridere.
Cosa vuol dire questo?? Chissà, forse niente.
O magari che la pioggia, che scendeva da troppo tempo, si era alla fine fermata nel cuore dei due ragazzi.
 
O no, forse continuava a scendere, perché la pioggia è così, scende sempre, e niente la può fermare.
E allora mettiamola così: adesso si riparavano a vicenda. E si sarebbero riparati a vicenda da tutto e da tutti.
In fondo, dopo la pioggia il sole torna sempre a splendere, prima o poi.
 
 
-Perché ridi??- chiese Andrew facendo scivolare la mano giù lungo il polso di Nate, fino ad intrecciare le dita con le sue.
Nate scosse la testa, passandogli una mano tra i capelli e continuando a sorridere.
Probabilmente Andrew non avrebbe capito se gli avesse raccontato di aver sentito la propria coscienza acquietarsi lentamente, con un grosso sorriso stampato sul volto.
Doveva ricordarsi di ringraziarla.
In fondo, era stata più utile di quanto avrebbe mai creduto.
 
 
 
The end
 
 




 
 





Il disagio.
Non sono normale a shippare i miei migliori amici.
Non sono normale a scriverci sopra una fanfiction.
E non sono normale a pubblicarla, dato che se lo scoprissero mi azzopperebbero.
Ma è un rischio che sono disposta a correre :’3
 
Bianca, questa è per te. Ovviamente.
Per ringraziarti di sopportarmi.
Scusami se è un orrore.
Ti voglio bene <3
 
Andrew e Nate sono personaggi inventati da me.
Spero di non aver involontariamente plagiato nessuno °w°
 
Un bacio a tutti
 
 
Marty

 
   
 
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