Henry Hamilton ha tutto il tempo che vuole. E' ricco. E' bello. E' desiderato. Quello che non mostra il suo aspetto da venticinquenne è il fatto che sia anche vecchio e stanco di sentirsi tale.
A Raymond, questo, non importa. Il suo compito è solo quello di controllare il tempo.
{pre henry hamilton x raymond leon}
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Dimensione del testo
A A A
Characters: Raymond Leon;
Henry Hamilton; William Salas sr. {nominated};
Pairing: pre Henry/Raymond
Rating: PG-13
Genre: introspettivo; triste;
Words: 1.000
Warning: slash; pre-movie;
Prompt: Tempo
Disclaimers: I personaggi di In Time appartengono a chi di diritto.
Scritta per l'attacco a Taygete del Cowt-4 @
maridichallenge
«I didn't start the clock.
I can't turn it back. I keep it running. I keep time.»
Nella sua vita aveva incontrato ogni genere di persona e nulla aveva distolto
Raymond Leon dal mantenere l'attenzione sul tempo. Controllarlo, così com'era
suo dovere.
Diede un'occhiata svelta e disinteressata alla tazza di caffè tesa verso di lui,
rifiutandola con un breve cenno del capo e concentrandosi sul sorriso sveglio
dell'uomo.
La sua foto era comparsa più volte su giornali e riviste: Henry Hamilton, il CEO
più ricco di New Greenwich, con aziende quotate più di un milione di anni,
appartamenti di lusso sparsi per le Time Zone più influenti e troppi
pettegolezzi mai realmente accertati.
Raymond avrebbe preferito non essere costretto a visitare la suite presidenziale
in cui alloggiava, le comodità della classe benestante e tutto quel tempo
gettato in futilità gli ricordavano gli anni del ghetto, le corse contro il
tempo, i morti lungo la strada. William.
Henry ripose la tazza sul ripiano del bancone nella lussuosa cucina.
«Timekeeper Leon, giusto?» domandò.
«Mmhm.»
Parlava a cenni e monosillabi, Raymond, masticando una cicca in cui riversava le
parole non dette e giudicando con occhiate immobili, troppo adulte per i
venticinque anni che mostrava il suo aspetto. Era la nona volta che ne compiva
venticinque, ma non era cambiato nulla rispetto alle altre volte, non si era
sentito più vecchio, non era stato felice di essere ancora vivo, non aveva
sentito niente. Aveva continuato a fare il suo lavoro come ogni altro giorno.
«Un uomo di poche parole.»
«Sa descrivermi l'uomo che l'ha aggredita?»
Cenni, monosillabi, insistenti occhiate e domande schiette. Tutto pur di non
perdere tempo.
Henry sospirò, poggiandosi con il fianco contro lo sgabello, prendendo tempo,
abituato ad averne troppo.
«Caucasico, alto, capelli scuri e... non saprei, aveva una faccia piuttosto
comune.» rispose. Non sembrava la vittima di un tentativo di furto - o di
omicidio, dato che il ladro puntava al suo orologio.
«Signor Hamilton, ho il dovere di informarla che certe quantità di tempo non
possono essere trattate con leggerezza.» commentò Raymond ed Henry si stupì
della totale assenza di espressività nella sua voce.
Era bassa, monotona e l'unico colore che vedeva nel ragazzo (a parte il nero
della divisa) era il blu dei suoi occhi. Occhi pesanti.
Gli sorrise incrociando le braccia al petto.
«Stai cercando di dire che mi sarei fatto rapinare volontariamente?» solo una
volta formulata la domanda ad alta voce, si accorse della confidenza che si era
preso «Perdonami, sei nella mia suite dopo avermi, a quanto pare, salvato la
vita, mi è venuto naturale darti del tu.»
Raymond incurvò le labbra all'ingiù, apparentemente indifferente anche a quel
dettaglio. In realtà si era scoperto a trovare interessante il volto macchiato
di barba di Mister Hamilton, i tratti leggermente spigolosi, i capelli castani
di cui riusciva a percepire l'odore di uno shampoo costoso e i vestiti di marca
che ne fasciavano eleganti il corpo slanciato.
Era un bell'uomo e gli venne naturale, spingere lo sguardo oltre la cucina,
verso la zona notte, alla ricerca di indizi che suggerissero la presenza di una
donna. Non era un amante del gossip, nel suo lavoro non c'era spazio per
frivolezze, ma alcune colleghe amavano chiacchierare ed era capitato che le
sentisse parlare delle tante amanti del CEO.
Spostò le braccia dietro la schiena, incrociando i polsi e raddrizzando le
spalle. Rigido, esattamente come il suo carattere.
Era quello che mostrava, Raymond.
«Le consiglio di valutare più attentamente la competenza delle sue guardie del
corpo.» riprese a parlare da un punto a caso, affrettandosi a portare il
discorso al suo giusto termine «Buona giornata, signor Hamilton.»
E ci sarebbe anche riuscito, se non fosse stato per la mano di Henry, posata
alla sua spalla.
Le dita lunghe erano scivolate in un gesto elegante sulla pelle nera del
cappotto, trattenendolo in una presa che, non l'avrebbe detto, ma fu fastidiosa
nella forza con cui gli strinse le ossa.
«Henry.» mormorò, rendendosi conto dell'inadeguatezza del proprio gesto.
Era stato avventato. Stupido. Esattamente come il voler chiudere con quella
vita, con la vita in generale, ed azzerare l'orologio.
Nessuno è fatto per vivere in eterno.
Lui, meno degli altri.
Raymond non si mosse, se non per il mento abbassato verso la propria spalla.
«Signor Hamilton, la mano.» il sussurro aveva tracce di fastidio e minaccia. Era
la prima volta che l'uomo notò una qualche sfumatura nella voce del Timekeeper.
Fu quello a dargli coraggio. O alimentare la sua stupidità.
«Ti va di rimanere?»
Il blu lo avvolse di nuovo attraverso gli occhi del più giovane, simili ai
propri e, al contempo, completamente diversi.
«Diventare una delle mie guardie, intendo.»
Nessuno dei due, era sicuro intendesse davvero quello.
«Non sono interessato.» la risposta pacata di Raymond non lo lasciò stupito, si
aspettava un rifiuto; lasciò la mano alla sua spalla, staccandosi dallo sgabello
per avvicinarsi a lui. Gli fu facile sovrastarlo, era più alto del ragazzo e,
pur non sapendo da dove venisse quella convinzione, doveva essere anche più
vecchio. Parecchio più vecchio.
Aveva un corpo perfetto e un aspetto attraente, ma c'erano notti in cui si
svegliava di soprassalto e sentiva un orologio diverso, provenire dalla propria
mente - dalla propria anima - e farsi sempre più lento, diventare sempre più
vecchio e logoro. E lui sempre più solo.
«Ti piace così tanto quello che fai?»
La domanda, questa volta, riuscì a scalfire la scorza metallica del Timekeeper.
Nascose la confusione sotto il battito delle palpebre, ricacciando indietro una
sensazione di deja-vu che si era accesa nel petto, insieme ad un calore
familiare, che pensava di aver dimenticato, rimosso.
William era morto prima di scoprire che sarebbe diventato Timekeeper, ma, se lo
avesse saputo, gli avrebbe fatto la stessa identica domanda.
E lui avrebbe tentennato nello stesso identico modo.
«E' quello che sono.»
«E' un po' poco, non ti pare?»
«Mister Hamilton.»
«La mano, sì.»
Si prese ancora qualche secondo - ne aveva tanti a propria disposizione -
per indugiare in quel contatto, infine la allontanò dalla sua spalla,
sorridendogli con un'amarezza sulle labbra che Raymond colse fin troppo bene,
nonostante si affrettò a dargli le spalle e raggiungere la porta d'ingresso.
«Mister Hamilton.» Henry si stupì di sentire il proprio nome scivolare dalle
labbra del più giovane, prima di vederlo uscire dalla suite. «Abbia cura del suo
tempo.»
E una risata senza allegria riempì la stanza.
Note: E dopo Salas sr. e la sua
tresca (?) con Raymond, è arrivato anche Henry e l'inizio della sua tresca con
Raymond. Sì, beh, si fa per dire, ma l'idea non mi dispiace e quindi nel mio
headcanon si parte da qui e piano piano Henry riesce ad avvicinarsi un po' di
più a Raymond, anche se sarà sempre il secondo rispetto a William, per farla
finita con quei cinque minuti sul ponte del ghetto. Ah, l'angst e gli amori
difficili!