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Autore: altraprospettiva    29/01/2014    1 recensioni
Lara ha diciannove anni, è pigra, non ama studiare e cambia colore di capelli ogni volta che il padre cambia donna.
Roberto, suo padre, è il migliore padre al mondo se si leva il fatto che si comporta ancora come un adolescente.
Tony è il miglior amico di Roberto, è sarcastico, affascinante e ama gli sport.
Quanto può essere stravolta la loro vita in cento giorni?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Lara venne svegliata da un bacio sulla fronte. Aprì gli occhi e si trovò di fronte un paio di occhi grigio-azzurri. «Buongiorno amore» disse l’uomo «Buongiorno papà» farfugliò la ragazza. «Su, andiamo a fare colazione al bar, non ho ancora fatto la spesa» disse Roberto uscendo dalla stanza. «Che ore sono?» chiese Lara alzandosi dal letto
«Le nove» rispose suo padre «Ma perché mi svegli alle nove per fare colazione?» chiese Lara prendendo i vestiti da uno scatolone e uscendo dalla stanza «È troppo tardi?» «Semmai è troppo presto! Sono in vacanza!» Roberto guardò la figlia «Ragazza vedi che non sei del tutto in vacanza, hai dei debiti da recuperare!» disse con tono serio.
Lara sbuffò ed entrò in bagno. «E comunque che tu ci creda o meno Tony ti può aiutare a studiare» gridò Roberto.
Lara aveva aperto il rubinetto e non sentì bene cosa disse il padre. «Come?» chiese la ragazza
«Era veramente bravo a scuola, ti può dare una mano per recuperare i debiti.»
«Non ne ho di bisogno, ho i debiti solo in fisica, latino, storia e chimica. Tony è laureato in lingue ma non sa il latino, sa solo il tedesco, il francese, lo spagnolo, l’inglese e parlucchia il coreano e il giapponese»
«Dovresti rivedere il tuo concetto della parola solo, mia cara»
Lara si lavò mani, faccia, ascelle e prese a pettinarsi i capelli. Pensò al discorso che aveva origliato il pomeriggio precedente. Sarebbe rimasta sola e la prospettiva non le piaceva per niente. Era sempre stata molto legata a suo padre, ma negli ultimi sei anni per lei era divenuto quasi indispensabile. Era il suo migliore amico, il suo confidente e, soprattutto all’inizio quando non aveva ancora fatto amicizia, era la persona con cui usciva la sera per andare a prendere una pizza o a vedere un film al cinema. Come avrebbe fatto senza di lui? Tirò i capelli all’indietro per farsi una coda e mostrò un ciuffo colorato. E come avrebbe tenuto sotto controllo le donne che volevano portarglielo via? E come avrebbe convinto papà a rimanere con la donna giusta?

«Voglio una brioche e una granita alle more con tantissima panna sopra» disse Lara al cameriere. «Un caffè espresso e un cornetto alla marmellata» ordinò Roberto. Il cameriere si allontanò e Roberto si rivolse alla figlia «Mi sta scoppiando la testa, ho dormito pochissimo» Lara gli sorrise «Non c’era bisogno che ti alzassi all’alba allora»
«Le otto del mattino non è l’alba, cerca di non tirar fuori la storia che è estate, Lara devi studiare, devi recuperare i debiti, non puoi stare tutto i tempo a dormire» Il cameriere portò le ordinazioni. Lara addentò la brioche
«Sì papà studierò non ti preoccupare, il tempo che tiro fuori i libri dagli scatoloni»
Roberto bevve un sorso caffè. «C’è una cosa che ti devo dire» disse lentamente come se stesse cercando le parole giuste. Anche se lei sapeva già di che si trattava fece finta di non saper nulla. «Dimmi» disse con il cibo ancora in bocca.
«Ecco…mi sa che gli scatoloni è meglio che non li apra, ci trasferiamo di nuovo» Lara smise di masticare. Sarebbe andata con lui? Meglio del previsto. «Ah…» si limitò a dire, in fondo doveva far finta che quella fosse la prima volta che veniva a conoscenza di quella notizia.
«Forse è meglio che io dica che io mi trasferisco nuovamente, credo che sia meglio che tu rimanga qui»
Lara deglutì «Cosa? Come? Perché?» chiese d’un fiato la ragazza
«Ti dispiace del fatto che io me ne vada e non sei contenta di abitare sola? Piccola mi rendi felice - Roberto sorrise - Ci sono ragazzi che farebbero carte false pur di abitare da soli alla tua età. Ma è meglio che tu rimanga qui, anche se è la tua città natale è giusto che ti ambienti, che ti faccia degli amici, a Settembre tornerò e tu non avrai più scuse che non studi perché non hai compagni di classe con cui farlo»
Lara sospirò. «Ok» disse infilando il cucchiaino dentro il bicchiere con la granita. «Quando vai via?» chiese lei «Dopodomani. Ora andiamo a fare una spesa copiosa, sono sicuro che tu sei in grado di rimanere con il frigo vuoto»

 
***
«Cavoli quanto ti sei fatta alta!» fu la prima esclamazione di Giacomo. Una montagna di capelli ricci biondi e degli occhi nocciola nei quali si poteva annegare. Lara lo abbracciò. Le erano mancati parecchio i suoi “zii”, tutti diversi tra loro ma tutti molto affiatati. Giacomo era l’artista del gruppo, quello che conquistava le ragazze a recitando versi poetici, che suonava la batteria in più di una band. Non si poteva definire bello, ma, grazie al suo modo di fare, al suo sguardo magnetico e al suo animo musicale, riusciva pure a fregare qualche ragazza a Tony. «Su entra, papà è al telefono»
Lara si mise di lato per far passare l’amico. «Come va? Tutto pronto per il matrimonio?» chiese la ragazza aprendo il frigo e prendendo del succo di frutta e del the «Credo che organizzare un matrimonio sia la cosa più stressante del mondo, ma non dirlo a Laura cortesemente» rispose l’uomo.
Uno dei motivi per cui Lara e il padre erano arrivati in città molto tempo prima dell’inizio della scuola era anche il matrimonio di Giacomo a fine Giugno. Dopo tre anni di fidanzamento, Giacomo e Laura, la sua donna, avevano deciso che volevano metter su famiglia e dichiarare il loro amore davanti agli amici. Roberto sarebbe stato uno dei testimoni e quindi non potevano assolutamente mancare all’evento.
«Brò» disse Roberto entrando in stanza e salutando con un abbraccio l’amico. “Brò era la parola con cui si chiamavano gli amici tra di loro. Non sapevano di preciso il discorso filosofico che stava dietro l’origine di quella parola nata durante una discussione sotto gli effetti dell’alcool, si sapeva solo che sicuramente deriva da “brother” fratello, perché si consideravano tutti come fratelli. «Il ragazzo che finalmente ha messo la testa a posto» disse Roberto staccandosi dall’amico «Voglio vedere quando la metterai tu la testa a posto» ribatté Giacomo. «Devo fare una telefonata di lavoro» rispose Roberto forse per cambiare discorso, così, tirando fuori il cellulare dalla tasca, si allontanò dalla stanza.
«Non metterà mai la testa a posto» disse Lara sconsolata. «Non ci perdere le speranze, guarda me, ti giuro che quattro anni fa non avrei mai pensato di sposarmi e invece…Perché ti trucchi gli occhi anche a casa?»
«Ormai lo faccio d’abitudine appena mi alzo mi lavo la faccia e contorno gli occhi di nero»
«Hai degli occhi azzurri bellissimi… più o meno come quelli di tua madre» disse Giacomo facendo comparire un triste sorriso sul volto di Lara.

Della madre sapeva che si chiamava Elizabeth Hastings, che veniva da Chicago e a quindici anni era venuta in Italia per imparare l’italiano. Dopo che era rimasta incinta i genitori della ragazza erano andati a trovarla per due mesi e avevano provato a convincerla a tornare negli Stati Uniti, ma data l’impossibilità di Roberto di seguirla, Elizabeth aveva preferito rimanere in Italia. Dopo qualche settimana dalla nascita di Lara, Elizabeth morì per complicanze dovute al parto e da quell’anno, ogni Natale, Lara riceveva una cartolina (indirizzata unicamente a lei e senza il minimo accenno a Roberto) che le augurava delle feste felici e la invitava ad andare a trovare i nonni.
«Devo andare a mandare una raccomandata, scappo prima che chiudano la posta» disse Roberto entrando nella stanza. «Vado via pure io» rispose Giacomo «Lara, perché non esci con me e Laura una di queste sere? Così te la presento prima del matrimonio. In fondo tuo padre la conosce già, erano compagni di classe» «Certo, con piacere» rispose la ragazza. Non sapeva se fosse proprio un piacere, non era abituata a vedere donne nel gruppo a parte la moglie di Marco, ma sul momento non aveva alternative più entusiasmanti. Si scambiarono i numeri di telefono, si misero d’accordo per l’indomani sera sia Giacomo che Roberto uscirono lasciando Lara sola. La ragazza guardò la casa ancora piena di scatoloni e nonostante tutto piuttosto sgombra. Avrebbe avuto la casa libera e non ne avrebbe neppure potuto godersela perché non aveva amici con cui fare un festino e approfittare della cosa. Sbuffò. Prese il cellulare e pensò che poteva contattare qualche sua amica di infanzia. Ma come? Aprì Facebook e inserì il nome della sua migliore amica dei tredici anni. Elena. Si sentì immensamente ipocrita, le stava chiedendo l’amicizia solamente in quel momento perché ne aveva bisogno. Lara non usciva molto con le amiche quando era piccola, preferiva di gran lunga stare con gli amici del padre.
***
Lara e Roberto bussarono alla porta. Roberto reggeva in mano una bottiglia di vino mentre la figlia aveva un vassoio di dolci. Ad aprire fu un uomo con i capelli ricci e la montatura vistosa. A Lara venne in mente Giovanni Allevi.
«Marco!» esclamò Lara contemporaneamente al padre che invece disse: «Brò!». Marco abbracciò i due e chiuse il portone dietro di loro. Subito dopo un bambino con i capelli scuri corse verso di loro e mostrò un sorriso a cui mancava qualche dente. «Mi sono caduti i dentii! Due in una volta!» disse tutt’in un fiato e molto eccitato. «Lui è mio figlio Paolo, ha sei anni» «È venuta la fatina dei denti?» chiese Roberto al bambino. Lara venne rapita qualche secondo dopo da una bambina bionda che teneva in braccio un bambolotto e indicava di fare silenzio. «Non dorme sennò» ripeteva. «E lei è la piccola Elisabetta di tre anni» spiegò Marco. Elisabetta prese per mano Lara e la portò in una stanza piena di giocattoli e con della gommapiuma che ricopriva il pavimento. La bimba buttò il bamboloccio per terra e cominciò ad elencare i nomi di tutti i suoi giocattoli e di quelli che glieli avevano regalati. Lara si chiese per un momento se fosse un messaggio implicito della bimba per chiedere se le avessero portato un giocattolo, ma poi pensò che era un po’ troppo piccola per poter fare quei ragionamenti, forse. Quando entrarono in cucina videro una donna con i capelli biondi e lisci che si muoveva avanti e indietro tra i fornelli e il piano cottura. Quando vide Lara lasciò perdere tutto per andarla ad abbracciare. Francesca era sempre stata l’unica presenza femminile fissa nella vita di Lara. Quella che più poteva considerare come una mamma.

Una notte, quando Lara aveva dieci anni, si girava nel letto in preda a forti dolori addominali. Non riusciva a prendere sonno e piangeva, ma non voleva disturbare il padre. Verso le tre di notte andò in bagno e rimase scioccata. Correndo si diresse nella stanza del padre che dormiva beatamente. «Papà papà sanguino» Roberto si svegliò di soprassalto «Piccola che succede? Hai avuto un incubo?» chiese con voce impastata «Papà sanguino ma non ho sbattuto. Non vuole finire, ho sporcato pure il letto» Roberto si alzò dal letto e, preoccupato, prese la figlia tra le braccia. «Dov’è la ferita amore? Ti fa male?» Lara si imbarazzò e infine sussurrò un “mi fa male la pancia” che lasciò Roberto di stucco. Come aveva potuto? Sua figlia era diventata una donna e aveva dimenticato di spiegarglielo. Nel mezzo della notte andarono a casa di Marco e Francesca. Quest’ultima abbracciò la ragazzina, le preparò una camomilla calda, le insegnò a mettersi l’assorbente e le spiegò come il suo corpo era cambiato.

In cucina entrò un ragazzino alto, smilzo, con i capelli scuri e la montatura a giorno. «Non so se ricordate Giuseppe, ora ha dieci anni. Giuseppe loro sono Roberto e Lara, sono degli amici»
«Perché a me non li hai presentati?» intervenne Paolo.
«Perché…perché…cara vuoi una mano in cucina?» Marco si avvicinò alla moglie mormorando che i suoi figli crescevano troppo velocemente. La cena era ottima, quando arrivarono alla seconda portata Paolo iniziò a fare i capricci perché non voleva gli spinaci e non appena venne accontentato anche Giuseppe iniziò a dire che anche lui non ne voleva. Elisabetta giocava con il semolino, prendeva un cucchiaio, lo immergeva nel piatto e poi lo tirava fuori ridendo.
«Allora lascerai Lara sola soletta?» chiese Marco «Purtroppo sì, il mio capo mi ha detto che non mi può più dare il trasferimento perché un mio collega mi ha preceduto» spiegò Roberto «Tesoro sai che puoi venire qui tutte le volte che vuoi, ti chiedo solo di chiamare perché ogni tanto lascio i bambini dai miei genitori per prendermi un po’ di pausa e trascorro tutta la giornata fuori casa» disse Francesca «Tony si è offerto di ospitarla, non sarebbe una cattiva idea» li informò Roberto «Beh c’è da dire che quando era piccola stava quasi sempre da lui» confermò Marco
«Appunto, quando era piccola, ora è una donna e Tony è un uomo. Non è una cattiva idea è proprio pessima» affermò Francesca Lara stava per dire: “Sono qui e sono abbastanza grande per prendere la mia decisione” quando Elisabetta esclamo: «Lara mi imbocchi?» Lara si girò verso la bambina e sorrise. Adorava i bambini. Prese il cucchiaio, lo riempì per metà di semolino e lo infilò nella bocca della bambina.
Quando Francesca e Marco si erano conosciuti Lara aveva la stessa età di Elisabetta. A dire il vero era stato grazie a lei, che correndo sulla spiaggia e finendo addosso a Francesca, fu l’artefice dell’incontro tra Marco e la consorte.
Poco prima di andare via Francesca andò incontro a Lara con una busta. «Ci sono sei porzioni di pasta a forno da surgelare. Sono messe nelle vaschette di alluminio, quando hai fame le tiri fuori dal freezer e le infili nel forno.» Lara l’abbracciò forte «Grazie» se la ragazza avesse dovuto descrivere come avrebbe voluto che fosse sua madre, Francesca sarebbe stata il modello ideale. «Non andare da Tony per favore» sussurrò Francesca per non farsi sentire dagli altri «Non ti preoccupare non lo farò». Ma non sapeva di stare mentendo.

Note dell’autrice E iniziamo a conoscere gli amici del padre Spero che la storia vi stia piacendo
  
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