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Autore: altraprospettiva    27/01/2014    4 recensioni
Lara ha diciannove anni, è pigra, non ama studiare e cambia colore di capelli ogni volta che il padre cambia donna.
Roberto, suo padre, è il migliore padre al mondo se si leva il fatto che si comporta ancora come un adolescente.
Tony è il miglior amico di Roberto, è sarcastico, affascinante e ama gli sport.
Quanto può essere stravolta la loro vita in cento giorni?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Masticava la gomma, tamburellava le dita sul tetto della macchina e muoveva i piedi poggiati sul cruscotto il tutto a suon di musica.
«Tesoro quante volte ti ho detto di non mettere i piedi sul cruscotto, cortesemente li tiri giù?» chiese l’uomo alla guida.
Lara, la ragazza con i piedi sul cruscotto, sbuffò «E io quante volte ti ho detto che dobbiamo smetterla di cambiare città altrimenti non riesco a fare amicizia?»
«Beh stavolta è anche colpa tua, sai che se vieni bocciata due volte nella stessa scuola non puoi più frequentarla» rispose l’uomo alla guida, nonché padre di Lara.
«Sai che cambiare scuola quindici volte in sei anni non agevola lo studio» rispose la ragazza

Non era del tutto vero, a lei non piaceva studiare, ecco tutto. Ma questo suo padre non lo sapeva e quindi, mentre guidava, sentì una punta di senso di colpo, come al solito. «Lo sai che cambiamo città perché vado dove mi porta il lavoro. Tesoro, la scuola ti serve. Siamo in un Paese dove con la laurea hai difficoltà a trovare lavoro figurati che potresti fare solo con la terza media. È proprio perché voglio evitarti di trasferirti migliaia di volte come facciamo noi che insisto che tu finisca la scuola. Lo so che ti viene difficile, ma è importante» rispose l’uomo alla guida il cui nome era Roberto. Stavolta fu Lara a sentirsi un po’ in colpa. Ritirò la mano, alzò il finestrino, ci poggiò la testa e appannò il vetro con il fiato.
Roberto guardò verso sua figlia «Tesoro, i piedi e porta avanti il sedile»
Lara li tirò giù con enfasi, aumentò il volume della radio e Lana Del Rey inondò la macchina.
Roberto non parlò, anche se pensava che quella musica era una lagna. Tamburellò le dita sul volante, era in viaggio da cinque ore, gli faceva male la caviglia, aveva bisogno di una pausa, aveva bisogno che sua figlia prendesse la patente e gli desse il cambio. In fondo ormai aveva diciannove anni, avrebbe potuto avere la licenza di guida già da un anno. Ma si erano trasferiti quattro volte in quei due anni, come avrebbe fatto ad iscriverla a scuola guida o a insegnarle a guidare? Adesso sarebbe stato tutto più facile.
«Al primo autogrill ci fermiamo» disse attirando l’attenzione della figlia che annuì pigramente.
Lara aveva i capelli neri, gli occhi azzurri che ormai erano sempre circondati dalla matita nera, carnagione pallida e piccole efelidi che le riempivano il naso. Era alta e aveva da poco metabolizzato di essere diventata una “donna” e non essere più una bambina. Senza madre e con un padre che amava tutte le donne ma non riusciva a sostituire stabilmente una figura femminile, era stato facile pensare di non essere cresciuti.
 
Mentre teneva la testa ancora appoggiata al finestrino e guardava il paesaggio scorrere, Lara realizzò che aveva paura di tornare a casa. C’erano troppi ricordi, troppe persone. Ma soprattutto c’era lui: Tony Desiderio, che, come diceva scherzando lui, aveva un cognome che gli calzava a pennello. Tony, quello per cui aveva avuto una cotta sin da bambina, quello a cui aveva “strappato un bacio a stampo” dopo aver visto Titanic. Tony, quello che l’aveva guardata diversamente due anni prima, quando l’aveva incontrata a mare.
 
Non si vedevano da quando aveva tredici anni, quando era iniziata l’odissea che aveva portato lei e suo padre a viaggiare in lungo e in largo per l’Italia. Tony le aveva guardato prima le gambe e poi gli occhi.
«Sei cresciuta!» esclamò lui sorridendo
«Capita a tutti prima o poi» disse lei godendosi quello sguardo. Lara aveva sempre sbavato per quell’uomo che, ovviamente, l’aveva vista sempre come una bambina. Ma adesso lei era cresciuta, sapeva di essere diventata una donna e sapeva che lui la stava guardando in maniera diversa.
«Vado a prendere un gelato» disse la ragazza allontanandosi e lasciando il padre e il suo amico a parlare.
Dopo una lunga riflessione su che gusti prendere, Lara reggeva fiera un cono con stracciatella e Nutella e lo stava mangiando avidamente, quando Tony le si parò davanti.
«Mi saluti così? Non ci vediamo da tantissimo tempo» disse lui
«Non ci vediamo da tantissimo tempo anche perché TU non sei mai venuto a trovarci» ribatté lei
«Hai ragione» Tony si avvicinò tantissimo al viso di lei «Sei diventata bellissima» le soffiò sul viso.
«E tu sei il solito ruffiano» disse Lara interponendo il cono tra le loro labbra che erano diventate troppo vicine.
«Non mi dai un baciotto in onore dei vecchi tempi?»
Lara sorrise e morse il gelato. Il baciotto. Lo aveva inventato lei a tre anni, quando aveva scoperto le fossette ai lati della bocca di Tony e ne era rimasta affascinata. Lara poggiava entrambi i pollici sulle fossette e stampava un bacio sulle labbra di lui. Avevano smesso quando lei compì sei anni e Tony aveva asserito che lei era diventata troppo grande.
«Lo sai che ora ho quasi tre volte sei anni vero?»
Tony scoppiò a ridere allontanandosi del tutto della ragazza che divorò con gli occhi il corpo scolpito dell’uomo. «Torno da tuo padre, fai la brava» disse alla fine lui facendole l’occhiolino e guardandole nuovamente le gambe.
Lara rimase immobile mentre la stracciatella le colava sulle mani. Da un lato si era sentita lusingata, dall’altro aveva paura, quello sguardo aveva provocato tra le sue gambe un leggero formicolio e le era piaciuto. Ma sapeva che era sbagliato, sapeva che non poteva, non doveva desiderare lui. Era un campo vietato, proibito e pericoloso. Tony era un donnaiolo, era molto più grande di lei ed era il migliore amico di suo padre.
 
«Avrò sbagliato in qualcosa, gli altri mi aiuteranno a crescerti meglio» disse la voce di Roberto riportandola alla realtà.
«Papà, non hai bisogno di nessuno che ti aiuti, non sono una bambina, ho diciannove anni, so badare a me stessa»
«Sì, ma l’avere diciannove anni non ti ha impedito di esser bocciata due volte. Ti ho beccata a fumare spinelli e ti hanno riportata a casa i poliziotti per i più svariati motivi»
«Erano motivi stupidi, altrimenti sarei finita in galera»
«Rissa, atti osceni in luogo pubblico, non sono proprio stupidi e non è molto bello per un padre sapere certe cose sulla figlia. Anche se ci raccontiamo tutto e so che hai una certa età, preferirei non sapere cosa sei in grado di fare.»
«E secondo te Tony sarebbe un buon esempio da seguire?»
Roberto rimase in silenzio. Poi, sbuffando, esclamò: «Tony è un caso a parte, ci sono gli altri però.» C’erano Giacomo che da giovane era una testa calda ma che da circa tre anni aveva messo la testa a posto e si stava pure sposando. C’era Marco che la testa a posto l’aveva sempre avuta tanto che aveva già una famiglia con tre figli. C’era Tony…
 
Quando Tony aveva otto anni era deboluccio, un po’ mammone e sempre vestito troppo elegante per la sua età, proprio per questo motivo era spesso deriso e picchiato dai ragazzini più grandi. Era il figlio più piccolo, dopo tre sorelle, di una ricca famiglia del luogo, sorelle che non lo ascoltavano quando il bimbo si lamentava con loro perché qualcuno lo aveva spinto e fatto cadere.
Quel giorno Roberto, quattordicenne, stava andando con lo skateboard a comprare un cd dei Queen con i suoi risparmi quando sentì dei pianti provenire da una traversa. Indirizzò lo skateboard in quella direzione e trovò un ragazzino che si asciugava le lacrime mentre raccoglieva tutti i suoi quaderni sparsi per terra. Quando il ragazzino lo vide sgranò gli occhi «Pe-per favore, non mi picchiare, non ho più nulla» balbettò.
Roberto tirò fuori dalla tasca un fazzoletto e glielo porse. «Perché dovrei picchiarti?»
«Gli altri ragazzi lo hanno fatto, mi hanno pure rubato i soldi e la merenda.» spiegò il bambino tirando su con il naso e non sapendo se prendere o meno il fazzoletto.
«Come ti chiami?»
«Antonio»
«Antonio, ti prometto che da oggi nessuno ti farà più del male e pure che verrai chiamato Tony, mi piace di più»
 
Roberto mantenne la sua promessa. Da quel giorno ogni ragazzino che provava a far del male a Tony veniva minacciato da Roberto e dopo un po’ nessuno si avvicinò più al suo protetto.
Tony trovò in Roberto una sorta di fratello maggiore che non si poteva, però, proprio definire un bel modello da seguire. Cambiava continuamente ragazza, fumava occasionalmente, faceva le ore piccole, saltava la scuola e spesso si ubriacava. Roberto, figlio unico, con tre matrigne e un padre malato di SLA trovò in Tony tutto quello che poteva definirsi una famiglia. Era spesso ospite dei Desiderio e voleva un bene sviscerato a Tony.
A diciotto anni Tony era un’altra persona. Era proprietario di una palestra e divenne forte, muscoloso e cintura nera in più discipline. Era del tutto astemio e aveva smesso di fumare qualsiasi cosa. Tony era diventato veramente bello e moltissime ragazze desideravano essere almeno osservate da lui tanto quanto quelli che prima l’avevano picchiato adesso desideravano ardentemente essere suo amico. Era sarcastico, colto, cambiava spesso macchine e donne, organizzava sempre feste di cui si parlava per settimane ed era legato a Roberto talmente tanto da aiutarlo a crescere la figlia. Quando Lara nacque Tony aveva quasi dodici anni. Era la bambina più piccola che avesse mai visto. Roberto fu aiutato dal padre a tirar su quella pargoletta che, nonostante amasse con tutto il cuore, non era un buon motivo per smettere di condurre la bella vita che aveva sempre vissuto.
Quando Lara compì tredici anni, il nonno della ragazzina esalò l’ultimo respiro e Roberto decise di andare via, per trovare un lavoro, per cercare di mettere la testa a posto, per provare a dare una vita migliore alla figlia.
Lara amava stare con gli amici del padre. Era coccolata, vezzeggiata, viziata e riceveva sempre le attenzioni di tutti. Per S. Valentino veniva riempita di dolci e di fiori, per il compleanno era sommersa dai regali. Dover andare via le era pesato parecchio. Avrebbe dovuto farsi dei nuovi amici e si sarebbe allontanata dalla banda mattacchiona dei suoi zii. Li chiamava zii, perché per lei erano la sua famiglia.
 
Lara dormì per tutto il resto del viaggio e venne svegliata verso le tre del pomeriggio, erano arrivati. Roberto, che nel frattempo aveva cambiato stazione radio, le posò la mano sulla spalla. «Tesoro, siamo a casa»
Tony aveva già portato a casa gli scatoloni arrivati con il camion, aveva fatto allacciare luce, gas, acqua e aveva fatto pulire casa. Quando Lara salì le scale non si meravigliò quindi di trovare l’amico del padre che girava per casa.
«Ciao bellezza, non mi vieni a salutare?»
Indossava una t-shirt verde militare che lasciava vedere le braccia muscolose tese verso Lara. Aspettava un abbraccio, forse, come quando lei era piccola e correva verso di lui, gli buttava le braccia al collo e lo stringeva forte.
Se avessero chiesto a Lara di definire Tony lei avrebbe risposto: playboy con la sindrome da Peter Pan, molto attento al suo aspetto fisico, ricco ma generoso e, doveva ammetterlo anche ora, paurosamente sexy. Con i suoi occhi grigioverdi magnetici, i capelli castano biondi e i tratti delicati ma mascolini.
La ragazza si avvicinò a lui evitando l’abbraccio e gli diede un bacio sulla guancia. «Ciao»
«Ma guardati! Sei diventata una signorinella, sei più alta…forse sei un po’ troppo magra però. Perché hai i capelli rosa?»
«Sono fuxia, sono extension e sono solo quattro ciuffi»
«Vabbè qualsiasi colore sia, perché ce li hai? E poi come sei vestita?»
Si riferiva alla maglietta nera, le marea di collane e braccialetti, i pantaloncini di jeans inguinali, i collant strappati e le converse.
«Lo sai che già non ti sopporto più?» domandò Lara
«Ma siamo ancora fidanzati noi due? Perché avrei un po’ di voce in capitolo riguardo a quell’ abbigliamento»
Quando Lara aveva dieci anni chiese a Tony di essere il suo fidanzato e lui aveva accettato. Non facevano niente di più rispetto a prima, infatti continuavano ad andare al cinema, lui se la portava in palestra, ogni tanto l’andava a prendere a scuola. Solo che lei ogni tanto lo chiamava “fidanzaaato” quando era in un’altra stanza e lui, quando le offriva qualcosa o le regalava qualcosa, diceva “per la mia fidanzatina”.
«No, non credo che valga ancora, ci siamo lasciati quando avevo tredici anni» disse Lara
«Ma non siete un po’ troppo cresciuti per questa storia? Lara adesso sa cosa significa essere fidanzati» intervenne Roberto.
«Ma tu ancora no, quante donne hai cambiato questo mese?» chiese Tony sorridendo.
«Dobbiamo parlarne davanti a Lara?» Roberto aveva un’espressione tra il seccato e l’imbarazzato.
«Quattro» rispose Lara pacatamente. Roberto sgranò gli occhi. «Ma secondo te io non me ne accorgo? Mi pigli per scema?» chiese Lara alla faccia meravigliata del padre.
«Ahahah non sei cambiato vecchio mio, mi fa tanto piacere» disse Tony.
«Voglio vedere quando crescerete tutt’e due» sbuffò Lara.
«Signorina stai parlando con tuo padre»
«Sì sì» disse lei infilandosi nella camera spoglia. Fortunatamente Tony aveva fatto pulire la casa e aveva fatto posare gli scatoloni recanti la scritta “Lara” nella sua stanza. Non fu difficile individuare quello contenenti le lenzuola. Mentre faceva il letto e pensava che tutti i suoi diciannove anni di vita erano racchiusi dentro ventisette scatoloni, sentì le voci provenienti dalla stanza adiacente.
«Ma come la fai vestire?»
«Perché?»
«E poi che cos’è questa storia dei capelli colorati?»
«Le è venuta da un paio di anni, spero che in altrettanti le passi. Riesce a cambiare colore anche quattro volte al mese»
“Così come tu cambi donna anche quattro volte al mese” pensò Lara.
«Allora, stasera si esce per far baldoria e ricordare i vecchi  tempi?» chiese Tony
«Sono reduce di dieci ore di viaggio durante le quali ho dovuto sorbirmi sia la musica di Lara sia lei che cantava sopra»
«Che padre amorevole che sei»
«Dico la verità. È bella, intelligente…ma di sicuro non posso affermare che sappia cantare»
«Ahaha, dai usciamo»
«Sono stanco»
«Sei vecchio»
«Hey, ho trentasette anni! E tu sei quasi mio coetaneo»
«Hai detto bene, quasi. Il quasi che rende me giovane e te vecchio. E poi dico che sei vecchio dentro, dimostrami che non è così ed esci»
«Ti prego, sono pure incazzato nero. Mentre ero in autogrill mi ha chiamato il mio capo, non potranno accettare il mio trasferimento fino a Settembre»
«Oh cazzo e quindi come farai?»
«Mah ancora non lo so, il problema è che non mi possono accettare il trasferimento per qui, ma me lo daranno da qui fino a Settembre in un’altra città. Non l’ho ancora detto a Lara, ma suppongo che non abbia voglia di trasferirsi per tre mesi in un’altra città e poi venire qui dopo altri tre mesi. E non posso neppure biasimarla.»
«Falla stare qui»
«E lasciarla sola?»
«Non è sola, ci sono io, ci sono Marco e Giacomo. E poi ha diciannove anni, anche se vivesse un po’ da sola non le farebbe male. Per quel che mi riguarda può venire a stare a casa mia…o meglio, devo decidere questa cosa perché vorrà dire che avrò problemi ad invitare delle ragazze la sera da me» fece l’occhiolino
«Ma tu crescere mai vero?»
«Ma se anche Lara ha confermato che pure tu non rinunci ad alzar gonne! Dai dico sul serio, falla stare qui, non si annoierà e avrà il tempo di andare a mare e farsi degli amici»
Roberto sospirò «Vuol dire che accumulerò miglia ogni due settimane venendola a trovare e poi ci faremo un viaggetto alle Hawaii. Le farà bene stare da sola, si responsabilizzerà, imparerà a fare la spesa, a lavare la casa… non fa nulla di tutto ciò sai?»
Lara si buttò sul letto. Sola, di male in peggio. Chiuse gli occhi e sperò fermamente che quei mesi passassero velocemente.

  
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