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Autore: Yoan Seiyryu    30/01/2014    1 recensioni
[ Mad Wolf (Ruby Jefferson) + accenni Outlaw Queen ]
Nella Foresta Incantata Regina desidera distruggere Snow White annullando quelle amicizie che rendono la figliastra forte ed audace. Decide di servirsi di Jefferson per compiere un gesto estremo nei confronti di una giovane ragazza dal Cappuccio Rosso che vive al villaggio di Nottingham. Jefferson, per offrire un futuro migliore a sua figlia Grace, accetta il patto con Regina ed è intenzionato ad eseguire gli ordini.
A Storybrooke Jefferson ricorda perfettamente il suo passato e tenta con ogni mezzo di far riemergere la memoria perduta di Ruby con cui è stato legato prima del sortilegio, ma affronteranno entrambi diverse problematiche prima di conoscersi davvero secondo la propria natura.
**
"E' ironico che sia tu a parlare di mentire, del passato, di conoscersi per ciò che si è [...] quando sei tu il vero mostro fra noi due"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Paige/Grace, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VIII 

Fight 





 
Foresta Incantata 
 
“Ti prego papà, ti prego!”
L’insistenza di Grace fu difficile da far scemare, non aveva mai preteso nulla che non potesse avere e per quella volta Jefferson non se la sentì di negarle il suo desiderio. Avrebbe rischiato di essere smascherato, ma ne dubitava, la fiera notturna a cui Grace voleva andare si trovava ad una certa distanza da Nottingham e poiché anche Red aveva insistito  si vide costretto ad accontentarle.
Com’era strano pensare al plurale, come le voci di entrambe dovessero corrispondere a risposte vere e proprie. Che gli importava di ciò che chiedeva la ragazza dal mantello rosso? Eppure non riusciva a resistere di fronte a quel sorriso così affabile e sincero. Probabilmente se ne sarebbe pentito in seguito.
“Non dovresti sforzarti tanto, finirai per stancarti e la tua guarigione si allontanerà ulteriormente” le disse Jefferson mentre indossava il soprabito marrone per prepararsi ad uscire di casa ed affrontare una lunga notte di divertimento – tranne che per lui -.
“La tua premura non sarà di grande aiuto nel caso dovessi annoiarmi” era assolutamente decisa ad uscire di casa, se non poteva raggiungere Charming per essergli utile, preferiva almeno trascorrere il tempo in maniera utile e dilettevole.
“Lascia che venga con noi papà, ci divertiremo!” disse Grace poco prima di uscire dalla soglia d’ingresso.
Jefferson roteò gli occhi al cielo, le due sembravano comunicare lo stesso linguaggio e ritrovarsi in una situazione di apparente inferiorità non gli permetteva di gestire le decisioni come meglio preferiva.
Red sorrise e legò il mantello rosso alle spalle, per prepararsi anche lei alla serata.
“Se devi venire preferirei che non lo indossassi, hai dimenticato che ti stanno cercando? Sarebbe più opportuno essere il meno appariscente possibile” le consigliò, nonostante sapesse quanto quella richiesta pesasse sulle sue spalle.
Red non fu felice di dover lasciare il mantello, ma rinunciare a quella serata soltanto per un capriccio non la sollevava affatto. Preferì quindi abbandonare la sua armatura, fortunatamente i giorni del lupo erano ancora lontani e non avrebbe sortito alcun effetto la mancanza del mantello che la proteggeva dal suo lato mostruoso.
Una volta sistemati gli ultimi particolari si incamminarono verso il villaggio ove si sarebbe svolta la fiera, come ogni anno vennero preparati banchetti in cui si vendeva a poco prezzo ciò che si trovava normalmente ai mercati di Nottingham ma che difficilmente le persone umili potevano permettersi. I bambini si rifugiavano nel gioco più popolare della fiera, quella del maialino e dei cucchiai. Si riunivano tutti intorno ad un cerchio tracciato sulla terra per delimitare lo spazio dal centro in cui veniva posto un porcellino che richiamato dagli schiamazzi degli spettatori sarebbe dovuto entrare in una delle tane numerate che si ponevano di fronte a lui. Chi aveva scelto il numero vincente riceveva un premio speciale.
Grace non riuscì ad esimersi e corse proprio lì dove altri bambini si erano accalcati per dare il via al gioco.
“Non muoverti di lì, vengo a prenderti non appena finiamo di… ah, lasciamo stare” spezzò la frase Jefferson quando si accorse che Grace gli era sfuggita di mano.
Un’altra volta si era fatto cogliere dalla preoccupazione e questo rinnovò la medesima risata in Red. Apprezzava quel lato così paterno di Jefferson, lo rendeva maturo e dolce, nonostante lui si sforzasse di non darlo a vedere.
“Che succede, ti sei arreso all’evidente realtà che sa cavarsela da sola?” gli lanciò un sorriso, sperando di non esser maltrattata anche questa volta sull’argomento. Bruciava di curiosità e non riusciva a farsi sfuggire l’occasione di farlo notare.
“E’ una paura recente” sussurrò, come se non volesse ammetterlo nemmeno a se stesso “temo che possa arrivare il giorno in cui non dovrà più fare affidamento su di me. Ed allora io che fine farò?”.
Red inclinò di lato la testa, prima di prenderlo sottobraccio, per poterlo ascoltare meglio. Lui si sentì lievemente scosso da quella vicinanza, ormai sapeva bene quanto Red lo affascinasse ma poter ascoltare i suoi respiri e avvertire il calore della sua mano rischiavano di inebriarlo.
“Questa è la storia più vecchia del mondo, Jefferson!” sorrise lei bonariamente, mentre camminava tra la folla che si accalcava a seconda delle attrazioni che avevano davanti. “Tutti i figli prima o poi si allontanano dalla casa dei genitori ma una madre o un padre sono tali per sempre, non smetteranno mai di esserlo. Quand’anche Grace dovesse andare via, non vorrà dire che rimarrai solo”.
Era facile cedere ad un argomento simile, aveva lasciato il suo lavoro per prendersi cura di sua figlia e nulla al mondo lo avrebbe destato da quel compito così importante. L’avrebbe seguita fino alla fine, fin quando non sarebbe stato più utile per nessuno.
“Perché ogni volta finiamo per parlare di me? Prova a confessarmi qualche tuo segreto, so che sei la nipote di Granny e che vivi a Nottingham da sempre. Come hai conosciuto Snow White e perché sei così indispensabile per aiutarla in questa guerra?” le domandò, come se fosse totalmente ignaro di ciò che la riguardasse.
Red non fu precipitosa e all’inizio non si mostrò affatto convinta di volergli raccontare la sua storia, ma ritenne che Jefferson volesse sapere che tipo di persona stesse ospitando nella propria casa. Ormai si fidava completamente di lui e per la prima volta non ebbe timore di nascondersi, anche senza il mantello rosso sulle spalle non avvertiva alcuna pesantezza e si sentiva al sicuro.
Iniziò a raccontargli la sua avventura con Snow White, omettendo l’uccisione di Peter – aveva timore di mostrarsi a lui come un’assassina  - e del piccolo particolare che caratterizzava la sua natura metà umana e metà bestiale. Mentre discorrevano del suo passato, si soffermarono a guardare lo spettacolo dei mangiafuoco  che illuminavano le ombre della notte stellata, colorando il cielo di fiamme che si intrecciavano tra loro. Le loro parole si confusero tra l’alternanza delle luci e del buio improvviso, si fermarono a lungo, incantati da quella che sembrava ai loro occhi una magia ma che entrambi sapevano perfettamente non esserlo.
Jefferson colse l’attimo in cui Red aveva nascosto i propri occhi all’interno delle fiamme che si innalzavano, era tremendamente bella quella sera, attorniata da quei colori scuri, che non riusciva a volgere lo sguardo altrove. Possibile che una ragazza simile potesse rappresentare un vero pericolo? Perché Regina desiderava la sua morte o la sua reclusione? Se avesse potuto l’avrebbe celata ai suoi occhi per sempre, ma la farsa sarebbe stata scoperta in un modo o nell’altro.
“Perché mi guardi in quel modo?” le domandò Red quando se ne accorse.
“In che modo?” rispose con un’altra domanda, incrociando le braccia al petto.
“Con malinconia. E’ uno sguardo che hai sempre e non ne comprendo il motivo” sussurrò ma Jefferson non accennò a dire nulla, si limitò a tornare ad osservare i mangiafuoco che completavano lo spettacolo.
Red si pentì di esser stata così diretta, ma avvertiva il bisogno di scoprire più di lui, di potergli leggere nel fondo dell’anima. Senza volerlo la sua mano sfiorò quella di lui, erano così vicini a causa della folla che era aumentata, ma a quel contatto non decise di allontanarla, anzi la cercò più in profondità per poterla intrecciare nella propria. Jefferson abbassò lo sguardo, assaporando il calore che insieme producevano e la sicurezza che quella stretta gli regalava. E sorrise, sorrise come non gli capitava di fare da tempo.
Per quella notte non avrebbe pensato al lavoro da svolgere ma si sarebbe lasciato andare, come il vecchio Jefferson avrebbe fatto.
Quando lo spettacolo volse alla fine furono costretti a recidere quel legame ed entrambe le loro mani divennero fredde, prive di quella certezza che solo ai loro occhi sembrava tremendamente lontana. Una volta usciti dalla folla, Jefferson decise di andare a cercare Grace, ma qualcosa richiamò la loro attenzione. All’estremità della fiera vi era un circolo di persone che battevano fragorosamente le mani e che urlavano i nomi dei protagonisti dello scontro. Però c’era qualcosa che a Jefferson non convinse del tutto e richiamò Red per dirigersi da quella parte. Quando si arrivarono e si intrufolarono nel circolo per farsi spazio tra gli spettatori, riuscirono a vedere meglio. Vi era un uomo steso a terra che tentava di rialzarsi, il viso era colmo di tumefazioni  e il sangue scivolava dal naso senza arrestarsi. Il pugilato era un’attrazione che attirava tutti coloro che amavano fare scommesse. L’avversario però, nonostante l’evidente sconfitta del partecipante, non si fermò e anzi decise di insistere e tirargli altri pugni, incitandolo ad alzarsi. Ma l’uomo che rantolava a terra non aveva più forza per farlo e continuava a subire i colpi tra le urla degli spettatori che alla vista di altro sangue iniziarono ad acclamare ancora di più il vincitore.
Jefferson non riuscì a trattenersi e senza dire nulla sciolse il soprabito dalle spalle per poi consegnarlo a Red.
“Tienimi questo” sussurrò con voce rauca e seria.
“Cosa?” la ragazza si ritrovò ad avere tra le mani il soprabito “non vorrai partecipare anche tu, è pericoloso!”.
“Non preoccuparti, una volta o due ho preso lezioni di pugilato” così facendo si gettò nella mischia, arrotolandosi le maniche marroni della camicia fino ai gomiti.
Lasciò che il malcapitato uscisse per potergli fare spazio e Jefferson si posizionò di fronte all’avversario che non gradì affatto quell’entrata così inaspettata, voleva ancora divertirsi a torturare lo sconfitto.
“Allora, vediamo come te la cavi con uno della tua taglia!” lo incitò a farsi avanti, richiamandolo a sé per poter dare inizio alla lotta.
Red portò il soprabito fino alle labbra, stringendolo tra le braccia, non voleva rimanere a guardare ma non poteva nemmeno allontanarsi e lasciarlo lì. Che stupida idea gli era venuta in mente, voleva farsi massacrare senza alcun motivo? Eppure lui era intervenuto per un puro senso di giustizia, come poteva non notare quel particolare che lo migliorò anche di più ai suoi occhi.
I primi pugni arrivarono allo stomaco di Jefferson che non si accasciò a terra ma rimase perfettamente in piedi, avvertendo solo una contrazione, ma non poteva finirà già così presto. Gli assestò qualche pugno alla milza così da farlo piegare e colpirlo all’orecchio per stordire l’avversario, in seguito non rifiutò di restituirgli un pugno allo stomaco.  Jefferson fu colpito più volte al viso, tant’è che fu costretto a sputare sangue per togliersi quel sapore disgustoso dalla bocca, finché non fu messo in ginocchio. Provò a rialzarsi ma l’altro lo afferrò per i capelli e questa volta gli assestò un colpo sotto il mento.
“Basta!”
La voce che urlò non era stata quella di Red, ma di Grace che era andata alla ricerca dei due dopo aver perso diverse volte al gioco del maialino. Quando Red si era accorta di lei aveva cercato di allontanarla e di porsi davanti per non farle vedere quello spettacolo, ma comprendendo che si trattava di suo padre non poté fare a meno che disubbidire a Red e a farsi avanti per fermare quello che stava accadendo.
Ma Jefferson era già caduto a terra, l’avversario aveva lasciato la presa e l’aveva spinto via perché non si rialzasse. Si contorse appena, senza darlo troppo a vedere, mentre stringeva lo stomaco con un braccio.
Grace corse verso di lui, inginocchiandosi lì per potergli prendere una mano e scoppiare a piangere dallo spavento. Red non rimase indietro e si accovacciò allo stesso modo, sollevandogli leggermente la testa per appoggiarla sulle proprie gambe.
“Papà, come hai potuto farlo?”.
Le lacrime di Grace erano insopportabili.  Non riusciva a credere di averla fatta piangere e di aver creato  sul suo viso tutto quel dispiacere. In più non era l’unica a mostrarsi così preoccupata, visto che anche gli occhi di Red erano lucidi e le labbra erano tirate in una smorfia.
“Non vi sarete spaventate” biascicò quelle parole prima di sollevare una mano e passarla sulle labbra per ripulirsi dal sangue, riuscì ad avvertire il viso gonfio e tumefatto.
Grace si gettò su di lui per poterlo abbracciare e continuare a piangere, la stretta si fece più forte quando lui cercò di circondarla con le braccia perché non andasse via. L’altra mano invece la porse a Red perché potesse stringergliela, come aveva fatto prima allo spettacolo dei mangiafuoco. Red rimase stupita per quel gesto e quasi non vi riuscì a credere, ma non impiegò molto ad afferrarla e a scaldarla con la propria.
“Non farlo mai più papà, mai più” sussurrò Grace chiudendo gli occhi per non guardarlo in viso.
Jefferson allora passò ad accarezzarle i capelli per farla calmare, ancora disteso e con la nuca appoggiata sulle gambe di Red. Alzò appena il viso per poterla guardare negli occhi e leggerla nel pensiero. Poi sorrise, per ricevere tutto quell’affetto doveva farsi picchiare?





 
**
 
 
 
Storybrooke, durante il sortilegio
 
Le mani di Gary erano immerse tra i lunghi capelli di Ruby che aveva la schiena appoggiata al muro esterno del Rabbit Hole. Poco tempo fa aveva detto che si sentiva incuriosita da un uomo simile, lo stesso che aveva visto correre dietro a Locksley. Perché proprio in quel momento gli venne in mente lui? Che domanda sciocca: era il migliore amico di Jefferson. Quello stesso che sembrava disprezzarla tanto per il suo comportamento disinvolto. Lo detestava, per questo si era gettata tra le braccia di Gary che l’aveva circuita con i suoi occhi gelidi e maturi. Lo detestava, perché non si era fatto vedere per quella sera. Non le importava della mancanza del Dottor Whale, non le importava di nessun altro, soltanto che chi desiderava in quel momento non si trovava lì. Perciò continuò a baciare e a farsi baciare da quelle labbra per cui non provava alcun interesse, per il semplice fatto che Gary le desiderasse così tanto. Era un sentimento sciocco e il suo comportamento era tale e quale a quello di una adolescente alle prese di una situazione che non poteva controllare.
Gary fece scivolare le dita sul suo braccio per poi spostarsi sulla vita, sui fianchi, fino a sfiorarle la gamba per poterla percorrere lentamente e pregustare ciò che avrebbe potuto assaggiare in seguito. Le sollevò appena l’orlo dell’abito succinto e iniziò ad accarezzare la morbidezza della sua pelle, prima di affondare nel profumo del suo collo, ne era rimasto quasi inebriato.
Sarebbe stato un momento perfetto, se solo qualcuno non lo avesse preso per il collo della giacca di pelle e lo avesse spostato rudemente, prima di tirargli un calcio sul fondoschiena per fargli perdere l’equilibrio.
Ruby si ritrovò improvvisamente con una gamba lievemente sollevata e quasi scoperta, priva del suo partner. I suoi occhi incontrarono quelli di Jefferson, carichi di rabbia e di compassione, ma per cosa? Perché la guardava in quel modo? Perché continuava a torturarla?
“Un gentiluomo non dovrebbe approfittare mai di una donna che non è in grado di rispondere di se stessa” disse a Gary per spiegare quella sua azione.
Non parve affatto compiaciuto di ricevere una ramanzina e soprattutto non si sarebbe dovuto permettere di disturbarlo in un momento così intimo. Si voltò lentamente, volgendogli un’occhiata colma di ira.
“In realtà a me dava l’idea che sapesse esattamente cosa fare” gli rispose con un mezzo sogghigno.
Jefferson sgranò gli occhi, non riuscì a reggere quella provocazione e senza tirarsi indietro finì per tirargli un pugno in pieno viso.
Gary appoggiò una mano al muro, prima di passare una mano sotto le narici che però non sanguinavano, il colpo non era stato forte. Quando cercò di farsi avanti per restituirgli ciò che gli era arrivato, Ruby si mise in mezzo per tenerli distanti.
“Vi prego, non c’è bisogno di arrivare alle mani” si rivolse a entrambi per poi volgere lo sguardo su Jefferson “non dovresti intrometterti in questioni che non ti riguardano”.
Gary le afferrò un polso e senza nemmeno pensarci la spinse verso il muro con violenza.
“Togliti di mezzo” ringhiò con rabbia.
Jefferson era un amico di Locksley, l’uomo che più odiava al mondo. Avere l’occasione di sistemarlo a dovere e gli avrebbe reso un po’ di soddisfazione che non era riuscito a prendere fino a quel momento.
“L’avevo detto che non eri un gentiluomo” disse quando si avvide della forza che aveva impiegato per scaraventare via Ruby.
Entrambi si lanciarono l’uno contro l’altro, sferrando pugni allo stomaco e al volto. Gary era ben piazzato e uno sport simile era abituato a praticarlo piuttosto spesso, mentre Jefferson non era in grado di contrattaccare allo stesso modo. Finiva più per subire che riuscire ad avere la meglio, ma non si sarebbe arreso. Non lo avrebbe fatto, non poteva farlo, altrimenti lei cosa avrebbe pensato?
Ruby era scivolata a terra e si era sbucciata un ginocchio, ma non le interessava dare ascolto a quel piccolo fastidio, visto che davanti a lei stava avvenendo qualcosa che la lasciava senza fiato. Aveva paura, paura che lui potesse farsi male davvero.
Gary riuscì a completare l’opera tirando un pugno nello stomaco di Jefferson, lo spinse a terra e ne approfittò per tirargli un calcio sotto il mento. Non era riuscito a strappargli nemmeno un grido di pietà, continuava a resistere nonostante ciò che stava subendo e il sangue iniziava a coprirgli il viso. Lo rigirò lentamente per poterlo guarda meglio in viso, fece quasi per colpirlo ancora ma Ruby si gettò su di lui per allontanarlo.
La sua furia fu inaspettata, la forza che aveva tirato fuori era incredibile ed era riuscita ad allontanarlo abbastanza da proteggere Jefferson da un nuovo colpo.
Sia Gary che Ruby rimasero sopraffatti da quell’azione, tanto che rimasero in silenzio per qualche istante e persino lui che era sporco del suo sangue e di quello dell’altro non si mosse.
“Lascialo stare” sibilò lei prima di fare un passo indietro.
Gary era nervoso e se avesse potuto non si sarebbe fermato, ma non poteva rischiare. Sembrava che nessuno si fosse accorto della piccola rissa poiché al Rabbit Hole la musica era troppo alta per permettere ai presenti di ascoltare qualcosa di diverso da quello che gli veniva propinato alle orecchie.
“Per questa volta è andata, ma non finisce qui” la minaccia sembrava decisamente vera ma lo era anche il fatto che si sarebbe allontanato, come fece poco a poco, mettendo un piede dopo l’altro.
Ruby cadde a terra a causa della tensione che le correva lungo tutte le membra, avrebbe voluto piangere, ma non poteva permetterselo. Preferiva prendere a schiaffi Jefferson, se solo non fosse stato conciato così male.
Quando si voltò lo ritrovò seduto con una gamba in avanti e l’altra più vicina, una posa decisamente infantile, soprattutto per chi era stato appena pestato a dovere.
Le labbra erano colorate di sangue che colava anche dal naso e dal sopracciglio destro, le tumefazioni erano evidenti ma di certo il fastidio allo stomaco era quello più evidente.
“Tu non sei così, Ruby” sussurrò, aveva la gola in fiamme e doveva bere. “Non sei la persona che credi di essere, la vera te non si comporterebbe in questo modo”.
Ruby socchiuse per un attimo gli occhi e li coprì con una mano per non guardarlo in quello stato.
“Smettila, smettila di insegnarmi cose che non ti riguardano! Io non so chi sia la Ruby a cui ti riferisci, ma io sono così e non cambierò!” gridò ad alta voce per la frustrazione.
Jefferson tirò le labbra in un sorriso, che stupido idiota, si era fatto picchiare proprio come quella volta. Già, quella in cui le loro mani si erano avvicinate.
“Stai mentendo e lo sai” poco a poco cercò di sollevarsi in piedi, appoggiando il braccio sul muro per darsi forza. Gli girava la testa e non riusciva a rimanere fermo, si sentiva disorientato e non aveva idea di dove dovesse andare.
“Non ti saresti dovuto intromettere, ciò che faccio della mia vita è affar mio” tentò in ogni modo di pronunciare quelle parole con convinzione, ma in realtà non poteva fare a meno di pensare che il suo vero desiderio fosse proprio il contrario, che lui si interessasse a lei.
Jefferson rise di gusto prima di spostarsi in avanti e quando Ruby si alzò, fece qualcosa che lei non si era aspettata per nulla al mondo. La abbracciò, avvicinandosela al petto per poter avvertire il suo calore.
Era una cosa sciocca a dire il vero, visto che il freddo gli congelava il corpo, ma quello di lei era caldo e rassicurante. La strinse con forza ma non per farle male, per non permetterle di andare via. Appoggiò il mento dolorante sulla sua spalla e guardò altro.
“Mi manchi Ruby, non hai idea di quanto mi manchi l’averti accanto. L’idea che tu voglia rifiutare te stessa mi manda ai matti” le sue mani si strinsero intorno alle scapole di lei “voglio dimenticarti, ho bisogno di dimenticarti” scoppiò a ridere all’improvviso.
Quella risata arrivò alle orecchie di Ruby come una pura follia, stava vaneggiando! Dunque gli abitanti di Storybrooke avevano ragione, Jefferson era davvero pazzo. Perché insisteva nel parlare di una Ruby che non esisteva? Perché voleva dimenticarla?
Rimase pietrificata in quell’abbraccio e non seppe cosa fare, ricambiarlo avrebbe voluto dire assecondare quel comportamento psicopatico e dall’altra non riusciva a distaccarsene. Avvertì calde lacrime scivolarle sul viso, tutto quello che le stava accadendo non aveva senso. L’unica cosa che riusciva a sentire era il fatto che desiderasse la sua vicinanza, che nonostante quell’aspetto così folle non potesse fare a meno di pensare a lui.
Jefferson spezzò quel breve istante di arrendevolezza e si distanziò da lei, adombrando il viso pieno di lividi. La testa gli girava troppo e aveva bisogno di tornare a casa per riflettere, per non dormire e per essere certo che Grace stesse bene. Paige, non Grace. Ruby, non Red.
“Buonanotte Ruby e buon San Valentino” si limitò a dire prima di superarla e dirigersi verso l’ingresso del Rabbit Hole, avrebbe chiesto a Locksley di accompagnarlo fino a casa, per quella sera avrebbe evitato di raggiungere la propria casa a piedi.
“Cosa?” domandò Ruby quasi a se stessa, ma non ebbe il coraggio di corrergli dietro.
Per la prima volta sentì freddo, un freddo gelido che gli premette nella pelle come aghi in grado di raggiungerla in profondità.
Le labbra rosse come il sangue si schiusero appena, ancora leggermente sconvolta per quello che aveva appena vissuto. Le mani infreddolite si chiusero in piccoli pugni, mentre le lunghe gambe slanciate ripresero a camminare per rientrare anche lei al Rabbit Hole e recuperare i suoi effetti.
Quando indossò il cappotto rosso e mise le mani in tasca, avvertì qualcosa pungerle le dita. Tirò fuori una rosa rossa colma di spine, una rosa simile non poteva esser stata comprata da un fioraio, una rosa simile doveva esser stata raccolta con le proprie mani.
Era selvaggia, pericolosa, ma tremendamente bella. Fu sopraffatta da quel profumo così inebriante e se la portò al petto, come a volerla custodire per tutta la sera. Non avrebbe mai saputo chi l’aveva posta proprio lì, il suo cuore le indicava soltanto un nome ma la sua ragione si rifugiava in altri per evitare quella consapevolezza che iniziava a farsi strada nella sua testa.
Era ancora preoccupata per Jefferson e per quello che gli era accaduto, cercarlo per chiedergli di andare in ospedale sarebbe stata una vera sciocchezza, sapeva che non lo avrebbe mai fatto. Ormai conosceva i suoi pensieri. 









NdA: 

Salve cari lettori!
Prima di tutto mi scuso per aver aggiornato così tardi ma in questo periodo sono poco in vena di scrivere e di leggere, le crisi esistenziali vanno e vengono per tutti <3. 
Questo capitolo è un piccolo omaggio a Tom Lefroy, per chi ha visto il film 'Becoming Jane' di sicuro avrà ricordato certi atteggiamenti o frasi pronunciate dal suddetto. 
Con You Found Me spero di riuscire ad aggiornare nuovamente una volta a settimana. 
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie mille! 
Per chi vuole seguire gli aggiornamenti delle storie in genere ho un gruppo su fb --> https://www.facebook.com/groups/507038592717142/


 
   
 
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