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Autore: julsss    30/01/2014    1 recensioni
Siamo noi due. Insieme.
A Mālaga. In Spagna.
Un bel mare, due settimane e noi. E' Estate.
Genere: Demenziale, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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28 Giugno, mattina presto.

Per tirarmi gių dal letto mia madre mi ha dovuta tirare per i capelli. E fa male, tanto che ora mi ritrovo a massaggiarmi distrattamente la nuca.
Conosco abbastanza bene gli aeroporti, perciō mi sento in dovere di portare me e la mia amica a destinazione senza incappare in pericoli mortali - come quella specie di golfcar che trasporta bagagli e che sta per finirci addosso a trenta a l'ora.
Controllo l'orologio della mia amica e sento nascere l'ansia. Non ce la faremo mai ad attraversare tutto quel mare di gente, mi guardo intorno e cerco di non scoppiare in una crisi isterica. 
Mi sforzo di controllarmi. Lei mi guarda in modo strano, come se mi trovasse buffa.
<< Dove andiamo, ora? >> mi chiese. Cerco di non sbuffare e di non scoppiare. Ci posso riuscire.
Devo farlo.
La prendo per mano e mi metto a correre verso il bancone del check-in, dobbiamo fare tutto velocemente. Altrimenti č la fine e la nostra epica estate va a farsi fottere insieme ai sogni di storie d'amore indimenticabili.
I signori davanti a noi finiscono di firmare le scartoffie che la donnina dietro al bancone ha dato loro, poi č il nostro turno.
Abbiamo due bagagli abbastanza...enormi. Li mettiamo a fatica sul nastro rotante e la donna ci squadra, probabilmente si chiede che fine abbiano fatto i nostri genitori, non abbiamo un aspetto molto adulto. Sembriamo piuttosto delle quindicenni sperdute e molto, molto confuse...u po' sbarellate.
Mi sistemo la visiera del cappello e alzo il mento, se ci vuole giudicare puō farlo, di certo non si puō permettere di guardarci come se fossimo delle bambine bisognose d'affetto.
Cerco di squadrarla come lei ha fatto come noi e lei capisce che non c'č pane per lei, abbassa lo sguardo e continua a maneggiare sulle nostre valige. Io e Vale ci scambiano un' occhiata trionfante, nessuno puō combattere contro di noi, neanche una burina ripulita e rifatta come quella che si trova davanti a noi.
Riusciamo a finire il check-in in mezz'ora circa e poi corriamo verso il Terminal 9. Mancano venticinque minuti alla partenza, comincio a sentirmi un po' in colpa per i passeggeri dell'aereo che sono arrivati in tempo - come ogni mortale degno di nota dovrebbe fare, io e Vale non siamo fra questi.
Le hostess ci squadrano da capo a piedi e noi consegnamo loro i passaporti e i documenti che ci permettono di imbarcarci senza genitori, corriamo per il corridoio con la moquette grigia a terra - macchiata di sostanze indefinite e sconosciute all'umanitā - e finalmente entriamo nell'aereo.
Manco a dirlo apposta, le hostess ci squadrano di nuovo e noi lanciamo altre due occhiatacce fiere. Ci sorridono e ci indicano i nostri posti.
Non č difficile trovarli, fra una marea di teste di passeggeri, i nostri due posti sono gli unici ad essere vuoti.
Sorridiamo come a scusarci e ci andiamo a sedere. Qualcuno borbotta con il vicino di sedile, noi facciamo finta di nulla e ci allacciamo le cinture.
<< Ora che i soliti ritardatari si sono imbarcati, possiamo partire. Alitalia vi augura un buon viaggio e una buona permanenza a bordo >> dice la voce roca del comandante. Ci scambiamo un'occhiata colpevole e scoppiamo a ridere. Non sappiamo se sentirci in colpa o se far finta di nulla.
Alcuni passeggeri continuano a guardarci male mentre l'aereo comincia la sua rincorsa. 
Io sento lo stomaco aggrovigliato, č sempre cosė quando sto su un aereo. Sento di essere fatta per viaggiare, Vale č come me, anche lei ama prendere l'aereo.
La destinazione č la Spagna.
Mālaga č una cittā dalla forma simile ad una cacca di piccione spiaccicata sull'asfalto, di quelle che si trovano a Via del Corso. Ha un mare azzurro, non come quello di Fiumicino, che č "verde-barra-marroncino".
Non sappiamo molto altro su Mālaga, non ci importa tanto. L'importante č fare un viaggio fuori Italia, lontano dal mare schifoso del Lazio e lontano dalla nostra famiglia. A Settembre vogliamo tornare con qualcosa da raccontare, per farci le fighe del tipo "siamo andate a Mālaga e tu sei rimasto ad Anzio, ha ha".
Non siamo cosė infantili, siamo solo stanche delle puttanelle che ci sorpassano in tutto...
Comunque, l'aereo si alza dalla pista con un rumore raccapricciante. Vale sobbalza, come me sente le budella fuori posto. Sullo schermo infondo al corridoio si apre una mappa e un aereo stilizzato segue la nostra rotta.
Io e Vale cominciamo a sclerare.
<< Spero che il nostro aereo non sia cosė sproporzionato rispetto all'Italia >> borbotto, corrugando le sopracciglia e comparando la grandezza dell'aereo e dell'Italia sullo schermo. Vale scoppia a ridere e io la imito.
<< Ci saremo beccate almeno cinquanta occhiatacce. Ho qualcosa che non va sul viso? >> dice sorridendo, sappiamo tutt'e due cosa non va. E non č il suo viso.
Ridacchio e guardo fuori dal finestrino, nella mia testa suona una musichetta "a effetto" e mi sento Dio sceso in Terra. In cosė poco tempo siamo arrivati cosė in alto da vedere tutta Roma. 
<< Ecco come si sente Dio >> borbottō. Vale non mi sente, fruga nella sua Ralph Lauren - si sarā portata dietro tutta la camera - e tira fuori un paio di cuffiette annodatissime.
Scoppio a ridere insieme a lei.

Sarā un bel viaggio.

  
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