Charlotte odiava il suo nome.
Era seduta sulla vecchia altalena e si dondolava svogliatamente appoggiandosi a terra con la gamba destra.
Era concentrata a guardare ciò che le si mostrava di fronte: le piccole case ed il cielo limpido si tingevano di rosso e arancio dando vita a un tramonto mozzafiato, e lei pensava al suo nome.
Charlotte
Si d’accordo è sempre meglio di Ermenegilda o Genoveffa ma, non c’è verso, brutto lo è lo stesso.
E la sua pronuncia è ancora peggio.
C’è chi dice “sciarlot” alla francese, chi “cerlot” con cadenza inglese e chi, più temerario, si avventura in un “ciarlotte”.
Per fortuna la maggior parte delle volte non era Charlotte, ma solo Charlie.
Cominciò a giocherellare con una delle ciocche di capelli tinti mentre Led Zeppelin si diffondevano dal lettore musicale che le stava in tasca, le loro note risuonavano nelle sue orecchie e prendevano violentemente possesso del suo cuore, prepotenti, penetravano nella sua anima e la rendevano felice.
Da li a poco sarebbe partita per il mare e avrebbe dovuto stare per un mese lontano dal mondo, dalla musica, dagli amici e.. da Andrea.
Oramai erano due anni che stava insieme a lui, ne era davvero innamorata.
Charlie era una ragazza molto matura per avere 15 anni, forse era cresciuta troppo in fretta, d’altra parte era stata sempre lei la donna di casa.
Sua madre l’aveva sempre immaginata dall’altra parte del mondo, sposata con un uomo ricco, a sguazzare nei soldi.
Tuttavia nella sua mente nulla portava rancore alla donna che l’aveva abbandonata in fasce, non sapeva nemmeno se era ancora viva e neppure voleva saperlo.
Stava bene.
Era felice, aveva molti amici, un ragazzo fantastico, un padre fenomenale una sorella di poco più grande e due cuginetti più piccoli.
La musica la rendeva felice, tutto ciò che le serviva per sorridere era la sua chitarra.
Era felice e non poteva desiderare nulla di meglio.
A parte il suo nome.
Sorrise.
Poteva sempre inventarsi un nome d’arte.
“Anna ma.. che diavolo stai facendo?”
Beccata in pieno.
Anna richiuse la confezione di pasticcini e guardò la madre con aria colpevole.
“mamma, ehm.. come mai già qui?”
Si avvicinò alla madre tentando di cambiare discorso, con un sorriso da angelo innocente.
“ho dimenticato un foglio e sono venuta a riprenderlo.. e pulisciti che sei sporca di cioccolato”
La madre le scompigliò i capelli e uscì di corsa.
Calò il silenzio.
Anna si guardò allo specchio.
Fece linguaccie, mandò baci a se stessa, cominciò a fare versi alla sua prof di chimica
“Vagazzi! Ho VipoVtato le vostVe veVifiche!”
Cercò di incrociare gli occhi..
“Anna ma che diavolo..?”
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!.......pa..papà.. ma che ci fai qui?? Pensavo.. pensavo fossi al lavoro…”
Suo padre alzò un sopracciglio
“Di domenica pomeriggio? In piena estate?”
E in un nano secondo Anna si sentì una perfetta idiota.
Il campanello della porta la salvò.
DLIN DLON
“oh! Ma guarda! Suonano alla porta! Chi sarà mai? Andiamo a vedere!”
Si avvicinò alla porta fischiettando, girò la chiave e accolse la sua maestra di pianoforte.
“hey Anna! Come va? Guarda che sei.. sei sporca di cioccolato.. si proprio li..”
Anna si pulì velocemente e corse in camera a prendere i libri e il quaderno pentagrammato.
Si sedette al pianoforte seguita dalla sua insegnante.
“cominciamo dagli accordi, poi le scale, e poi mi fai questa benedetta marsigliese senza metronomo”
“s..senza metronomo?!?!”
“senza, un due tre quattr.. un due tre e quattr.. un e due e tre e quattro!”
Sol sol re re mi fa sol mi re…
Questa melodia le metteva sempre allegria..
Alla faccia di chi disprezza mozart.
Non siate troppo crudeli con questa umile ragazza che cerca di scrivere qualcosa di decente ^_^
E fatemi sapere se vi piace..
*Etta*