Anàmesa étoi – Across
the years
6 – These
Open Arms
“What if everything
you always took for granted, was gone?
And everything you ever thought was right, was wrong?
And what if everyone you ever loved was torn, from the pages of your life?
Would you reach out for tomorrow, or try to turn back time?
Da
giorni nessuno aveva notizie né di Athena né dei Saint che l’avevano seguita
nel regno di Hades.
Al
Santuario erano rimaste solo le due sacerdotesse guerriere, cinque Bronze
Saints e pochi soldati, e da una delle due sacerdotesse, wanaxa Shaina, Kendeas aveva
saputo che non sarebbe stato punito per la sua infrazione.
Era
stato per premiare la sua onestà, perché li aveva avvertiti dell’esistenza
degli Specter
nonostante sapesse di rischiare la pena
di morte.
Kendeas
aveva l’impressione che wanaxa
Shaina fosse in realtà una persona molto più sensibile di quanto sembrasse,
perché era stata ad ascoltarlo con attenzione mentre lui le raccontava del suo
rapporto con Saga, e gli aveva dato la sua parola di Saint che nessun’altro
avrebbe saputo, neanche wanaxa
Marin.
Le due
donne guerriere facevano del loro meglio per non far precipitare tutti gli
altri nel caos: wanaxa
Marin era la più anziana ed era toccato a lei parlare nella grande arena del
Santuario.
Aveva
detto che non importava se Athena e tutti gli altri sarebbero tornati dopo
pochi mesi, giorni o anni o se non fossero tornati affatto e loro avessero
dovuto aspettare altri duecentocinquanta anni per rivedere ancora la parthene Theà ; quello
era il Santuario di Athena, era e restava un luogo sacro per chi credeva nella
giustizia anche se non erano presenti né la Dea né il Gran Sacerdote, per
questo chi decideva di restare doveva impegnarsi al massimo per tenere vivi gli
ideali che quel luogo rappresentava.
Alcuni
dei soldati avevano lasciato le armi ed erano andati via.
Perché
avrebbero dovuto restare in un luogo abbandonato per una Dea che probabilmente non
sarebbe tornata prima di qualche centinaio di anni?
Wanaxa
Shaina, disgustata e arrabbiata, li aveva accusati di anandrèia, vigliaccheria, wanaxa Marin li
aveva semplicemente guardati andare via perché dei vigliacchi era meglio
liberarsi subito.
Prima
di andare via dal Santuario, però, Kendeas aveva voluto parlare con wanaxa Marin.
-Signora,
voi credete che la Dea Athena tornerà?-
Sentì
su di sé lo sguardo fisso della maschera -L’ho già detto: lei è una Dea, ma Hades è un Dio più antico e nessun mortale può neanche immaginare
come andrà a finire una battaglia tra loro due. L’unica cosa che possiamo fare
è sperare-
-E gli
altri? I Saint che l’hanno seguita?-
-Nessuno
può dirlo. Ma è difficile che i mortali possano lasciare il mondo dei morti,
dopo che vi sono entrati-
-Ma
possiamo sperare, non è vero?- insistette lui.
-Dobbiamo sperare. Senza la speranza la
nostra vita sarebbe polvere-
Poi wanaxa Marin lo
aveva accompagnato fuori dai confini del Santuario.
“Dobbiamo sperare. Io continuerò a sperare
nel ritorno di Saga”.
***
Kendeas
era andato a letto tardi quella sera e si sentiva stranamente irrequieto.
Senza
una valida ragione il suo sguardo correva in continuazione al rettangolo della
finestra.
Non
l’aveva più aperta la sera da quasi cinque mesi, da quando si era saputo del
suicidio di Saga, perché di solito lui lasciava la finestra aperta in modo che
il suo Cavaliere entrasse e uscisse a piacimento, e lasciarla aperta sapendo
che lui non sarebbe venuto mai più era troppo doloroso.
Però
quella sera sentiva che avrebbe dovuto aprirla.
Sbuffò
arrabbiato con sé stesso.
“Che fai, adesso cominci a dare di matto?” si disse “Saga
non tornerà stasera, ed aprire la finestra serve solo ad autoingannarti.
Sei uno stupido!”.
Passò
quasi un ora e lui ancora non era riuscito a prendere sonno.
“E va bene! Fai questa idiozia!”.
Si alzò
di scatto dal letto e spalancò la persiana.
L’aria
pungente della notte di febbraio gli passò sul viso.
Ad
oriente la grande costellazione di Orione stava per tramontare, seguita da
Sirio brillante e dalle stelle del Toro, e poco più ad est di Aldebaran si distinguevano Kastor
e Polydeukes dei Gemelli.
Kendeas
rimase a guardarle finché non ebbe troppo freddo, allora si ritirò nella stanza
ma lasciò la finestra appena accostata.
Come se
da un momento all’altro avesse dovuto arrivare Saga.
Tornò
sotto le coperte e si lasciò andare a quella strana sensazione di attesa e di
fiducia perché in fondo, anche se era solo uno scherzo della sua mente vicina
al collasso, non aveva nulla da perdere ormai.
Aveva
la certezza che avrebbe rivisto Saga.
Era già
successo, no? Anche il Saint del Sagittario era apparso più volte al giovane
Saint di Pegasus, perché per Saga avrebbe dovuto essere impossibile?
Più ci
pensava e più si convinceva, e alla fine si addormentò con un accenno di
sorriso che gli incurvava le labbra.
Avvertì
una presenza familiare al suo fianco, qualcosa di caldo, protettivo e dai
riflessi d’oro.
L’unica
cosa che era in grado di farlo piangere di gioia.
“Saga!”.
“Shh… sono qui, ghlikà”.
“È solo un sogno. Ma io non mi voglio
svegliare! Non voglio che finisca”.
“Non finirà”.
These open arms will
wait for you
These open arms can pull us through
Between what's left and left to do
These open arms
These open arms
These open arms will wait for you
Sentiva
le dita di Saga che gli pettinavano i capelli.
Il suo
cosmo era di luce e purezza, un oceano di tranquillità in cui dimenticare il
dolore di quegli anni.
“Sono tornato da te, anche se solo lo
spazio di un sogno. Dovevo dirtelo”.
“Cosa?”.
“In tutto questo tempo hai dimostrato molto
coraggio. Non perdere la speranza adesso, Kendeas. Abbi fede nella Dea Athena”.
“Lei può…? Saga, ma dove siete tutti? Dove
sei tu?”.
“Io sono qui con te, ghlikà”.
Poi
piombò nell’incoscienza completa.
Da
quella notte Kendeas lasciò sempre la finestra aperta ed ogni notte sentiva la
presenza di Saga accanto a sé.
Saga lo
accarezzava e gli sussurrava di avere fiducia.
Manca poco, molto poco.
Fiducia.
Athena.
E ghlaukòpis theà Athenà.
Pròmachos parténe.
(NdA La Dea dagli
occhi chiari. La vergine che combatte in prima linea)
Una
notte Kendeas si svegliò di soprassalto.
Il suo
cuore batteva forte senza che lui ne capisse il motivo, solo aveva la netta
impressione che stesse per succedere qualcosa, e che era qualcosa di
estremamente importante.
Saltò
giù dal letto e si vestì in fretta.
Mentre
percorreva il corridoio si imbatté nella nonna, in vestaglia e ciabatte.
-Yayà! Lo senti anche tu?-
-Sì,
figliolo-
Uscirono
in cortile e poco dopo anche zio Kostas li raggiunse, e non erano gli unici:
anche nelle altre case c’erano luci accese e nei cortili si vedevano lampade
che ondeggiavano.
Tutti
gli abitanti di Rodrio stavano aspettando, e tutti
guardavano nella stessa direzione: il Santuario.
Nell’aria
c’era una strana elettricità e le stelle sembravano palpitare contro la volta
scura del cielo.
Pallade unigenita, augusta prole del grande
Zeus, Divina,
Dea beata, che susciti la
guerra, dall'animo forte, indicibile,
di gran nome, che abiti negli
antri, che governi le alture elevate
dei gioghi montani e i monti
ombrosi,
e rallegri il tuo cuore nelle
valli, godi delle armi,
con le follie sconvolgi le
anime dei mortali
Un
astro attraversò il cielo, una sfera luminosa come il sole impossibile da
guardare direttamente senza restarne abbagliati.
Fanciulla che estenui, dall'animo che incute
terrore,
che hai ucciso la Gorgone, che
fuggi i talami,
madre felicissima delle arti,
eccitatrice,
follia per malvagi, per buoni
saggezza;
sei maschio e femmina,
generatrice di guerra,
astuzia, dalle forme svariate,
dracena, invasata,
splendidamente onorata,
distruttrice dei Giganti Flegrei,
guidatrice di cavalli, Tritogenia, che sciogli dai mali,
Ci fu
un lampo accecante dietro la collina che nascondeva il Santuario, un fulmine o
forse una cometa caduta sulla terra, e poi un boato tremendo come se la terra
fosse stata sul punto di spaccarsi.
Demone apportatore di vittoria, giorno e
notte,
sempre, nelle ore piccole
ascolta me che prego,
dà la Pace molto felice e
sazietà e Salute
nelle stagioni felici
Glaucopide,
inventrice delle arti, regina molto pregata.
(Inno ad Athena)
Kendeas
rimase a fissare il bagliore d’oro che riempiva il cielo a nord.
Gli
tornò in mente tutto ciò che Saga gli diceva a proposito di non perdere la
speranza e di avere fede in Athena, e allora ne ebbe la certezza.
-È la Dea
Athena. È tornata-
Mormorò
piano.
Questo
voleva dire che anche per i Saint che l’avevano seguita nell’Ade c’era
speranza.
***
Era
vero!
Le
prime notizie arrivarono più di una settimana dopo.
Athena,
reincarnata nella quindicenne Saori Kido, era riuscita a tornare dal mondo dei
morti.
Era
rimasta incosciente per molto tempo, accudita dalle due sacerdotesse, ma era
riuscita a svegliarsi, e adesso, si diceva, stava pregando per i suoi Saint.
Hades era un
Dio e non avrebbe mai potuto essere ucciso, tuttavia il suo corpo mortale,
incorrotto fin dai tempi del mito, avrebbe potuto essere seriamente
danneggiato, e questa era la più grande paura del signore dell’oltretomba.
Athena,
rivestita della sua panoplia splendente, aveva ormai vinto e gli aveva proposto
un patto: lasciare intatto quel corpo a cui teneva tanto in cambio di poter
portare via le anime dei suoi Saint.
Il
signore dei morti aveva accettato, ma quanto al come avrebbe fatto a portarle
via dal Cocito avrebbe dovuto pensarci lei, per
questo la Dea pregava, per sciogliere con il suo cosmo caldo la morsa di
ghiaccio attorno a loro.
Uno per
volta e con l’aiuto della luna Artemis, i Saint
avrebbero potuto essere strappati all’Ade quando il sole fosse entrato nella
costellazione della loro data di nascita, quando la prima notte di luna
crescente avrebbe aiutato Athena a farli rinascere.
Il
primo ad essere risvegliato dalla morte fu il Gold Saint dell’Ariete ad Aprile,
poi all’inizio di Maggio Aldebaran della
costellazione del Toro, simile ad Aiace Telamonio.
Man
mano che il momento di Saga si avvicinava Kendeas diventava sempre più
irrequieto.
La
presenza di Saga la notte era qualcosa di reale che continuava a sussurrare
solo per lui, erano separati solo da un velo che tutta via era impossibile da
squarciare prima del tempo.
Un
mattino, quando si svegliò, Kendeas sentì una presenza nella stanza, e non era
la solita impressione di avere vicino l’anima di Saga, era una persona reale!
Kendeas
rischiò di cadere dal letto quando si accorse che la persona in camera sua era
il Saint dell’Ofiuoco.
-Wanaxa!-
Era
imbarazzante avere un Saint donna nella propria stanza a quell’ora del mattino!
-Tsk! Finalmente ti sei svegliato! Ho un messaggio per te.
Da parte di Athena-
“Athena!”.
-Ascoltami
bene. Il ventisette maggio sarà la prima luna nuova da quando il sole è entrato
nel segno dei Gemelli. Sai cosa significa?-
-Saga!-
esclamò subito Kendeas.
-Esatto.
Hai il permesso di venire se vorrai. Al tramonto, fatti trovare al témenos (NdA dove comincia
il territorio del Santuario). Porta con te questa come segno che puoi
entrare-
Shaina
gli lanciò qualcosa di piccolo e lucente.
Kendeas
lo afferrò al volo e vide che era una moneta d’argento antica, che su una
faccia aveva una civetta e sull’altra un ramo di ulivo.
I
simboli della Dea.
Quando
alzò gli occhi la sacerdotessa era già sparita.
Man
mano che il giorno stabilito si avvicinava Kendeas era sempre più irrequieto:
non riusciva a concentrarsi su niente che non fosse il pensiero “Saga sta per
tornare”.
La
notte lo sentiva più vicino che mai e quando si svegliava si sorprendeva di non
trovarlo davvero accanto a sé.
Infine
arrivò il ventidue maggio.
La notte
avrebbe dovuto essere quella, la prima luna nuova da quando il sole era entrato
nella costellazione dei Gemelli e lui, con il permesso della dea Athena in
persona, poteva essere presente.
Arrivò
al tramonto al recinto sacro come gli era stato detto e lì trovò Shaina dell’Ofiuco ad aspettarlo.
Kendeas
ebbe un attimo di vertigine mentre varcava il confine.
Stava
davvero per vedere i templi dei Saint d’oro di cui aveva sentito le leggende
fin da quando era un bambino! Lui! Il ragazzo che lavorava l’argilla!
Lei gli
fece cenno di seguirlo in silenzio, e solo quando arrivarono davanti al primo
tempio gli rivolse la parola.
Did you really love
the ones you said you loved, thats right?
And did you make a damn of difference in somebody elses
life?
Tell me, is there someone you can count on when you need a friend?
Can
you say I need a friend?
-Devi
amarlo davvero tanto-
-Con
tutta la mia anima-
Rispose
lui senza la minima esitazione.
Attraversarono
le prime due case dello Zodiaco, e Kendeas teneva ben stretta nella mano destra
la moneta di Athena.
-Adesso
tu resterai qui fuori con i soldati. Io e tutti gli altri Saint, anche quelli
di Bronzo, dobbiamo aiutare Athena con il nostro cosmo perché stavolta deve
richiamare due anime. Sarà molto faticoso per lei-
Kendeas
annuì.
Anche
fuori sulla scalinata andava bene, qualsiasi posto purché fosse più vicino
possibile a Saga.
Capiva
che l’interno del terzo tempio, dove splendeva il cosmo di Athena e dei Saint,
non era posto per lui, perché lui non aveva un cosmo che potesse aiutare il suo
Cavaliere, non aveva niente tranne speranza e amore.
L’unica
cosa che poteva fare era pregare, e pregò come non aveva mai fatto nella sua
vita.
Pregò
anche per il fratello di Saga, perché anche lui doveva avere sofferto.
Kendeas
lo sentì subito.
Un
dolore atroce al petto, come se qualcosa gli stesse scardinando le costole, e l’aria
che respirava era come fuoco e cenere che gli bruciava i polmoni.
Ricordò
che quando aveva visto gli spettri al cimitero gli era sembrato che tornare in
vita fosse doloroso.
“Sto provando quello che prova lui. Fa
male!”.
Cadde
sulle ginocchia e poi a terra.
Il
cuore palpitava impazzito sotto lo sterno e contro il marmo del pavimento, gli
sembrava che stesse per scoppiare.
“Non ti arrendere, Saga! Ce la faremo
insieme. Non ti arrendere, Saint dei Gemelli!”.
E
poi all’improvviso tutto cessò.
Il suo
respiro non bruciava più ed il cuore stava tornando a battere normalmente.
Kendeas
si sentì solo immensamente stanco, mentre boccheggiava disteso sulla gradinata
di pietra, a mala pena cosciente delle persone chine su di lui.
“È tornato”.
Ebbe
solo il tempo di pensare, poi tutto diventò nero.
Quando
si svegliò era nella sua stanza e si sentiva debole; qualcuno doveva averlo
riportato a casa, probabilmente una delle sacerdotesse.
Però
c’era qualcosa che non andava: di solito, la mattina, la presenza di Saga era
ancora chiara accanto a lui, quella mattina invece Kendeas provava uno strano
senso di freddo e di vuoto.
“È tornato in vita solo da poche ore” Cercò
di convincersi “Anche Athena che è una Dea
ha avuto bisogno di tempo. Devo solo aspettare”.
Ma per
più di una settimana, oltre l’inizio di giugno, aspettò invano.
***
Kendeas
stava lavorando come al solito, quando si accorse dell’ombra di una persona che
sembrava disegnata a terra nel rettangolo della finestra.
Si girò
con tutta l’intenzione di dirne quattro al maleducato che invece di bussare
alla porta di casa o almeno di annunciarsi in qualche modo restava lì a
fissarlo, solo che appena vide chi era rimase senza fiato.
“Saga!”.
:-Sa-…-:
Ma la
persona in controluce lo fermò con un gesto della mano :-Aspetta, prima che tu
mi scambi di nuovo per mio fratello e faccia qualcosa di molto imbarazzante, ti
avviso che io sono Kanon-:
Non era Saga.
La delusione
gli fece precipitare lo stomaco sottoterra.
:-Tu
sei Kendeas, giusto? Sei il ragazzo che Saga aveva scelto come compagno-:
Kendeas
si mosse a disagio: era imbarazzante sentirlo dire senza un minimo di
delicatezza.
Ma
d’altra parte sapeva che non aveva niente di cui vergognarsi, quindi rispose a
testa alta.
:-Sì,
sono io. Perché sei qui?-:
:-Perché
ho bisogno di te. O meglio, Saga ha bisogno di te. Mio fratello è al Santuario,
è vivo, ma è come se l’esistenza che gli è stata restituita fosse un peso-:
In quel
momento Kendeas desiderò di potersi muovere alla velocità della luce come i
Gold Saint per poter correre subito da lui.
:-Penso
che tu potresti aiutarlo. Sai, credo che lui pensi molto a te, e so che anche
tu pensi a lui-:
:-Come
lo sai?-:
:-Perché
voi patetici romantici sentimentali siete prevedibili-:
Kendeas
si sentì punto per la definizione “romantico sentimentale”, ma in quel momento
il suo pensiero principale era Saga.
:-Come
posso incontrarlo? Io non posso entrare al Santuario e da quanto dici tu, lui
non vuole uscirne-:
Kanon
sospirò, appoggiato con i gomiti al davanzale, e fece una smorfia esasperata :-Non
hai torto. A quanto pare dovrò pensarci io… Uff! Odio stare in mezzo. Facciamo
così: se mi dai il permesso te lo porto qui. Tienilo lontano dal Santuario,
fagli vivere per un po’ una vita normale. Ha bisogno per un po’ di tempo di
dimenticare di essere stato un Saint, capisci?-:
Kendeas
riuscì appena ad articolare qualcosa che somigliava ad un “sì”.
Stava
succedendo tutto troppo in fretta!
Era
stato quattordici anni senza Saga, lo aveva visto tornare in vita come spettro,
scomparire di nuovo nel giro di una notte e poi lo aveva sentito tornare in
vita, e adesso aveva la possibilità di averlo di nuovo vicino.
:-Visto,
che ti dicevo? Hai la stessa espressione poco intelligente che ha fatto mio
fratello quando mi è capitato di accennargli a te. Perfetto! Dammi solo il
tempo di tornare al Santuario e andare a prenderlo. Ah, a proposito, credo di
averti quasi strangolato un paio di anni fa. Spero che tu non te la sia presa
troppo-:
E sparì
come ormai era diventata abitudine.
Kendeas
non perse tempo: andò difilato a parlare con nonna Ifighéneia: se dovevano
avere un ospite era meglio informare per prima la padrona di casa!
La trovò
in cucina impegnata a lavare le verdure.
-Yayà, ti devo dire una cosa importante-
Si
sentiva imbarazzato e speranzoso, praticamente un bambino che chiedeva il
permesso di ospitare un amichetto per un paio di giorni, non un uomo di quasi
trent’anni che stava per accogliere in casa il Saint che aveva tradito.
-Ti
ascolto, dai, parla-
-Ah,
sì. Nonna, io ho preso un impegno. Sag-… il Saint dei
Gemelli è tornato in vita, ma…- si fermò, incerto su come spiegare –Lui… per
quello che ha fatto… è difficile per lui stare al Santuario. Lui ha bisogno di
stare per un po’ in un posto diverso e di vivere una vita normale, ha bisogno di una casa, e di una famiglia. Ha
bisogno trovare un po’ di pace ed ha bisogno di… di…-
-Di
qualcuno che gli voglia bene?-
Suggerì
la nonna con il suo solito sorriso benevolo.
Kendeas
fece un segno di assenso.
Evitò
di parlare perché era certo che la sua voce lo avrebbe tradito se a proposito
di Saga avesse detto qualcosa di banale e riduttivo come “volergli bene”.
-Allora,
nonna, potrà stare con noi, non è vero?-
-Oh, io
non ho niente in contrario, e neanche Kostas. Non dopo che gli avrò parlato-
Si
trovò a sorridere come un idiota, e si diede anche un gran pizzico sul braccio
sotto il tavolo per assicurarsi che non fosse tutto un sogno -Bene, allora…
vado a prendere la brandina per metterla in camera mia-
Con sua
enorme sorpresa la nonna cominciò a ridacchiare -Non vedo perché mai vi
dovrebbe servire un altro letto-
Il tono
era stato fin troppo allusivo, e Kendeas non sapeva che rispondere, in compenso
si sentì il viso in fiamme -Hem… ecco…-
-Santo
cielo, ragazzo mio, sono vecchia, non cretina! Pensavi davvero che non me ne
sarei accorta?-
A quel
punto Kendeas scappò via, imbarazzato all’inverosimile, con la voce della nonna
che gli gridava alle spalle –Comunque può restare lo stesso-
Si
barricò in camera sua e si buttò sul letto.
Nella
sua testa rimbalzavano due pensieri: il primo era “Saga. Tra poco” e l’altro era “Nonna
sapeva tutto!”.
Non era
ancora riuscito a capire quale dei due lo mettesse più in confusione quando
sentì dei colpi contro la finestra.
Si
precipitò ad aprire.
Era
Kanon, e tra le braccia reggeva Saga svenuto.
Kendeas
si fece da parte per lasciarlo entrare, e lui da parte sua non lo guardò quando
lo oltrepassava per andare a posare Saga sul letto.
Nei
suoi gesti c’era una strana delicatezza, che contrastava con il modo spiccio di
parlare e con i modo bruschi.
-È
svenuto! Ma che gli è successo?-
Gli
chiese Kendeas.
Non
riusciva a staccare gli occhi da Saga.
-Non
riuscivo a convincerlo con le buone e non avevo tempo da perdere. Tranquillo,
si sveglierà presto-
Kendeas
boccheggiò -Lo hai colpito tu?-
-L’ho
fatto per il suo bene. Mi dispiace di non poter fare di più. O di meglio, per
lui-
Kanon
si chinò di nuovo sul fratello e lo guadò con una sorta di tenerezza, allungò
una mano come se avesse voluto accarezzarlo, ma poi cambiò idea.
-Da
adesso lo affido a te. Abbi cura di lui-
Non
scomparve come faceva sempre, si limitò a scavalcare di nuovo il davanzale e ad
incamminarsi lungo il sentiero della campagna.
Kendeas
ebbe per un attimo l’impulso di trattenerlo perché gli sembrava di aver visto
qualcosa di simile alla tristezza nell’atteggiamento di Kanon, ma alla fine non
si seppe decidere.
Che
poteva dire lui ad un uomo come Kanon?
Si
passò un attimo una mano sul viso e tornò a concentrarsi su Saga.
Si
sedette sul letto accanto a lui e per la prima volta dopo quattordici anni poté
accarezzare di nuovo il suo viso.
Percorse
le guance con le dita, poi la fronte e la curva morbida del collo, e le
palpebre chiuse che nascondevano i suoi occhi blu o forse verdi.
Ricordò
quante altre volte lo aveva accarezzato in quel modo e per quanto tempo non
aveva potuto farlo, e quanta paura aveva avuto di non rivederlo mai più, e
invece Saga era di nuovo con lui.
Le
lacrime cominciarono a scorrere silenziose mentre sorrideva, senza che lui
facesse niente per fermarle, e d’altra parte perché avrebbe dovuto?
Dopo
tante volte che aveva pianto perché Saga gli mancava disperatamente aveva ben
diritto di piangere almeno una perché era troppo felice di riaverlo!
Gli
teneva la mano perché aveva bisogno di mantenere un contatto fisico con lui,
perché aveva un’irragionevole paura che se lo avesse lasciato anche solo per in
istante lo avrebbe perso di nuovo come Orfeo aveva perso la sua Euridice.
Era
passato del tempo, forse pochi minuti, forse delle ore, quando Saga diede
qualche segno di essere sveglio.
Si era
lasciato sfuggire un lamento, poi la mano stretta in quella di Kendeas si era
contratta, infine, a fatica, aveva aperto gli occhi.
Can you live in your
skin, walk in your own shoes?
You can't win, if you don't know how to lose
Crawl, fall, Jonny gotta learn to fly
-Cos-…?
Dove…?-
Evidentemente
non si rendeva conto di dove si trovava, e ci mise anche un po’ di tempo a
mettere bene a fuoco il suo viso.
-Kendeas-
mormorò alla fine.
-Sì,
Saga, sei qui con me-
La
reazione di Saga non fu quella che lui si aspettava -Non ho intenzione di
restare. Te l’ho già detto anni fa, Kendeas. Noi non avremmo dovuto più
vederci-
A
quelle parole Kendeas rischiò davvero di cedere alla disperazione.
Dannazione,
ma come era possibile?
Lui
aveva aspettato Saga per tanti anni, aveva rischiato la vita per vedere la sua
tomba anche solo una volta, aveva passato notti intere a sognarlo, e adesso
aveva da dirgli solo quello?
“Noi non avremmo più dovuto vederci”?
E
allora perché, quando era in forma di anima, spirito o quello che era, lo aveva
sentito così vicino?
Si
riscosse quando sentì che Saga provava ad alzarsi, con una mano premuta sullo
stomaco ed una smorfia di dolore.
“Forse è lì che Kanon lo ha colpito”.
Realizzò
Kendeas in astratto, poi però capì: Saga se ne stava andando di nuovo!
“Eh, no! Ne ho abbastanza di gente che
scompare e mi pianta in asso!”.
Kendeas
non perse tempo a discutere per convincerlo: si buttò su di lui e lo fece
ricadere sul materasso.
-Tu non
andrai da nessuna parte -
Gli
disse determinato.
Saga
provò ad alzarsi ma non aveva a disposizione tutta la sua forza e Kendeas, dopo
solo pochi secondi di lotta, riuscì a rimetterlo giù.
Gli
rimase attaccato, con le braccia ben strette attorno a lui e la guancia così
pressata contro il suo petto che quasi si stava slogando la mascella, ma era
ben deciso a non lasciarlo andare per nessun motivo.
“Che strana la vita! Quattordici anni in
cui siamo stati separati e adesso il primo abbraccio è per placcarlo!”
Saga
provò a cambiare tattica e passò a cercare di staccare le braccia che lo
stringevano.
-Non
fare la femmina capricciosa. Lasciami-
-No,
non ti lascerò. Se vuoi che mi stacchi dovrai spezzarmi le braccia-
Sentì
tutto il corpo di Saga contrarsi.
Evidentemente
l’idea di fargli del male lo agghiacciava.
-Kendeas,
adesso basta, davvero. Lasciami-
-No-
Il
respiro di Saga, sotto la guancia di Kendeas, diventava sempre più aspro -Perché
non vuoi capire? Niente potrà essere mai più come prima!-
-Non mi
aspetto che sia come prima, io voglio solo poterti amare. Dimmi, chiedo
troppo?-
-Amare
un traditore e assassino? Non puoi-
-
Decido io cosa posso e cosa non posso. Ed io ti amo-
Stavolta
Saga aveva un tremito nella voce quando parlò -Non posso accettarlo, Kendeas…
quello che ho fatto…-
-Lo so
cosa hai fatto. E ti amo lo stesso. È questo l’amore, Saga-
Lo
sentì tremare sotto di sé.
Stava
per cedere, Kendeas ne era sicuro, per questo continuò a parlargli a voce
bassa.
-È
questo l’amore. È conoscere gli aspetti peggiori di una persona ed accettarli-
Un
ansito rapido, forse un singhiozzo.
Kendeas
avrebbe tanto voluto accarezzarlo, ma aveva troppa paura che se avesse
allentato la presa anche solo di poco lo avrebbe perso.
-Sai
cosa ho sentito una volta in chiesa? Qualcuno ha detto che il male non è altro
che assenza di bene. È un vuoto. Ma questo vuoto può essere colmato dall’amore.
Saga, ti prego, resta con me. Permetti al mio amore di curare le tue ferite-
Lui
provò ancora a divincolarsi ma ormai era solo un debole tentativo -Ma tu…
davvero ci tieni tanto a me?-
Kendeas
annuì e finalmente Saga smise di lottare.
-Saga?
Adesso mi prometti che, se ti lascio, non te ne andrai?-
-Prometto-
Kendeas
decise di fidarsi; lo lasciò andare e si mise seduto, ad asciugarsi le lacrime
con il dorso della mano.
Osservava
Saga di soppiatto, pronto a placcarlo di nuovo non appena avesse fatto un
movimento sospetto, ma il Saint dei Gemelli era solo seduto accanto a lui, con
lo sguardo perso nel vuoto.
-Non
hai mai pensato di rinunciare a me- disse piano –Non mi hai mai abbandonato,
anche se io avevo abbandonato te-
Saga si
voltò verso di lui ma i suoi occhi blu o
forse verdi erano pieni di lacrime e non riuscì a sostenere il suo sguardo;
si coprì il viso con le mani, e poco dopo singhiozzava con tutta la forza che
aveva.
Saga ìsos theòis. Saga
il dio dal cuore umano. Saga, umano come non lo era mai stato, in tutta la sua
fragilità.
Kendeas
non disse nulla.
Quel
pianto non gli faceva paura perché sapeva che Saga aveva solo bisogno di
sfogarsi, per questo si limitò a raccoglierlo in un abbraccio e a lasciarlo
piangere sulla sua spalla.
These open arms will
wait for you
These open arms can pull us through
Between what's left and left to do
These open arms
These open arms
These open arms
These open arms
These open arms will wait for you”
(These Open Arms – Bon
Jovi)
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Makoto *histerycal
mode on* Aaahhh!!! Ritardo!
Ritardo! Ritardo! >//< Imperdonabile, indegno, disgustoso ritardo! Ed è
tutta colpa mia, confesso =(
Intanto rispondo alla recensione
X Calhin: Ah-a! Oggi ci sono io in questo angolo! *butta Rory giù dalla sedia* Grazie per la recensione sul capitolo
precedente, spero che anche per questo sia valsa la pena aspettare. Eh, sì, è
impossibile rimpiazzare Saga! Ed anche se è un traditore schizofrenico a
Kendeas non importa (e neanche a noi, o no?) Sul biasimo di Aioros mi unisco
con tutto il mio piccolo, malvagio cuoricino. Dico, morire eroicamente va bene,
ma morire per salvare quella che sarebbe diventata Saori no, eh! A proposito,
sono, anzi, siamo contentissime che Kendeas ti stia piacendo =D Per fortuna
Kurumada, avendo inventato una carrettata di personaggi uno più strano
dell’altro, ha dovuto lasciare parecchi buchi neri… che noi scrittori di fan
fiction siamo lietissimi di riempire XD
Per l’immagine devi ringraziare le abilità artistiche di Rory, come per tutte le altre immagini ad inizio capitolo.
Un abbraccio anche a te =)
Ps: asdfghjkl è una parola elfica immagino XD
Poi passo alle cose da dire sul capitolo:
1Questo doveva essere l’ultimo e invece l’ho diviso in due se no diventava un mostro di più di
venti pagine.
2 La canzone perfetta per questa prima parte l’ha trovata la mia
so®cia ed è “These open arms” dei BonJovi (Link http://www.youtube.com/watch?v=NnBWvqpmqq4 )
3 “Odio stare in mezzo” detto da Kanon è una delle battute di Kronk ne “Le follie dell’imperatore” . Sì, lo so, sono una
cretina che mette citazioni cretine in cose serie.
4 “il male non è altro che assenza di bene” è la filosofia di
Sant’Agostino (sempre di Santi si parla!) messa gentilmente a disposizione
sempre dalla mia so®cia (P.S: Sì, qui è Rory che invece
di studiare filosofia pensa a come quest’ultima possa essere applicata in fanfiction di vario genere xD
Povera la mia prof, quando ho voluto ripetere Sant’Agostino lei era tutta felice
e gongolante per aver trovato qualcuno a cui piaceva la sua materia… non poteva
immaginare perché ci avessi messo tanto impegno a studiarlo! xD).
5 Un pianto alla fine ci stava bene perché anche nell’anime non
fanno altro che aprire i rubinetti e frignare almeno una puntata su due.
Va bene, adesso basta, posso andare a fustigarmi ancora per il
ritardo.
Al prossimo capitolo
Makoto