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Autore: Mania    31/01/2014    3 recensioni
{ Loki/Sigyn ● Ambientata antecedentemente al primo film ● Raccolta di one-shot ● Rating arancione in riferimento al capitolo conclusivo }
_____ Dal primo incontro della Fedeltà e dell’Inganno, lungo tutti gli inevitabili snodi salienti della loro conoscenza – perché l’amore è accettazione, non cambiamento.
| O3 • E poi c’è chi da importanza a cose diverse |
«Sigyn era persona razionale, nonostante il fascino che il principe sortiva su di lei, mai le avrebbe offuscato la vista e quando aveva pronunciato quella richiesta aveva perfettamente messo in conto i rischi che correva, dunque, non si sentì in alcun modo umiliata, perché, anche se in modo diverso da quello da lei espresso, aveva ricevuto qualcosa da lui e ciò era più che sufficiente. Dunque semplicemente sorrise, radiosa più di quanto potesse mai immaginarsi Loki, relegato a un mutismo per quella reazione inspiegabile.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO



C A P I T O L O 6
“ La Fedeltà è arma al servizio dell'Inganno




Ci passava, di tanto in tanto, davanti all’antica villa che aveva un tempo ospitato la nobile famiglia di cui aveva fatto parte. Non vi era mai una ragione specifica a tale visita, semplicemente, le piaceva riaffermare nei ricordi i dettagli sopiti dallo scorrere dei secoli, riassestare le rifiniture delle pareti e rievocare gli antichi momenti vissuti da bambina, quando ancora non aveva ben capito chi lei fosse – intuizione lasciata vagare e mutare con movenze flebili. Solo molto tempo dopo, mentre era intenta ad amputarsi i ricci ereditati dalla madre, avrebbe trovato l’inizio della consapevolezza di sé e sarebbe stato l’Inganno a suggerirgliela, con fare elegantemente sornione – una scommessa lanciata e raccolta.
Era nata in una casata che si era lasciata corrodere dalle passioni, dai vizi, dalla fedeltà a idealismi sovrapposti al resto. In un mondo in cui sua madre si era lasciata bruciare dagli amori clandestini, in cui suo padre aveva preferito la morte per preservare l’onore per tramandarlo intatto a sua figlia, in cui i suoi zii erano perduti della dissolutezza del gioco e sepolti dalla ricerca spasmodica di risposte a domande trascendenti nei fogli scritti dagli antichi, lei era sorta nei fumi di esasperati sentimenti. A pensarci riguardando le sue fondamenta, Sigyn si ritrovò a pensare che non sarebbe potuta diventare differente da ciò che era – con quella distorsione, quel mal funzionamento nell’osservare il mondo e non capirlo mai appieno, se non quando contraeva le sue regole a proprio vantaggio. Esattamente come stava per fare ora, per il principe Loki – una volta in più, e non l’ultima.
«Ci hanno attaccato, mio signore» cominciò a rispondere Lady Sigyn, con il capo chino davanti al trono del Padre degli Dei, intento a scrutarla con sguardo severo alla ricerca di crepe nel perfetto autocontrollo della giovane guerriera, dettagli che potessero svelare il suo essere in torto. «Avevamo lasciato meno sentinelle ai confini dell’accampamento, perché era stata stabilita la tregua. Poi, nel cuore della notte, un attacco furtivo guidato dal figlio del Lord delle Pianure di Rugiada ci ha colto nel sonno e non restava altro che contrattaccare. Molti dei nostri sono caduti, mio signore, ma molti più dei traditori hanno subito medesima sorte.»
«E li avete inseguiti fino al loro di accampamento?»
«Sì, mio signore.»
Odino, Padre degli Dei, sedeva sul trono che possedeva quando si muoveva in guerra, ma la sua maestosità, come quella della sua tenda, rimaneva abbagliante, soprattutto trattandosi dell’interno di una costruzione mobile. Nessuno avrebbe potuto dubitare di essere alla presenza di un re – il più grande di tutti. L’unico occhio di cristalli di cielo limpido la scrutava con severità indecifrabile nel domandarle spiegazioni, e la rigidità con cui pronunciava le proprie domande era la medesima con la quale rimaneva seduto in eretta posizione elegantemente prepotente. La forza del Padre degli Dei era palpabile in ogni suo gesto, anche in quelli che non compiva, come il riuscire a rimanere perfettamente immobile a fissare chi rimaneva inginocchiato al proprio cospetto.
«Chi ve lo ha ordinato?»
«Nessuno, mio signore. Semplicemente, il nemico non ha dimostrato onore, ha mancato alla propria parole a al proprio giuramento – ha mancato di risposto al mio re e ad Asgard. Non potevamo permettere loro di fuggire.»
Captò, Lady Sigyn, una millimetrica contrazione del muscolo laterale all’occhio del sovrano, ma non seppe interpretarla. Non poteva immaginare che Odino semplicemente trovasse interessante il modo con cui la giovane guerriera, facente parte della Guardia Reale – il corpo più preparato del suo esercito -, riuscisse tanto facilmente a sostenere non solo lo sguardo, ma l’intera conversazione. Non un fremito, nemmeno un’involontaria flessione dei muscoli facciali o una deglutizione di troppo che potesse dar segno dell’insofferenza per l’interrogatorio al quale la stava sottoponendo.
«Uno dei principi fatto prigioniero, in realtà l’unico dei cinque sopravvissuto, il minore ancora fanciullo, ha riferito che l’attacco è giunto per via di informazioni che suggerivano loro il nostro prossimo tradimento.»
«Voci ovviamente infondate.»
«Un viandante, o meglio, un informatore clandestino fatto infiltrare nel nostro accampamento, ha comunicato loro che le sentinelle erano state tolte per ingannarli, facendo abbassare loro la guardia, mentre un manipolo era stato fatto uscire di nascosto dalle porte ad Est. Per avvalorare le sue parole ha consegnato un ordine in cui si dava il comando clandestino di portare tale azione, in linguaggio cifrato» raccontò il re, sollevando appena un sopracciglio, dando maggior enfasi alla riproposizione del racconto che gli era stato sottoposto direttamente dal giovane risparmiato, l’unico che era stato lasciato in vita dall’ondata di vendicativo furore dei suoi uomini – inizialmente, di una sola parte, quella guidata dalla donna ora davanti a lui.
«La squadra uscita ad Est non risponde a me, mio signore, ma so che sono usciti a caccia perché le provviste scarseggiavano. Dubito si potessero scambiare per un manipolo in spedizione punitiva, l’equipaggiamento della caccia diverge da quello della battaglia. E suppongo, credo correttamente, che detto fantomatico messaggio mai sia stato ritrovato.»
«Il viandante disse loro che li avrebbero cacciati come selvaggina» perseverò Odino, senza concederle la soddisfazione di sentirsi dar ragione sulla fine di quel documento di cui non si erano trovate né resti o tracce. Eppure, in quando Padre degli Dei, per quanto quel racconto da parte del nemico arrecasse più punti cigolanti – per voler essere gentili –, non riusciva a impedirsi di trovare alquanto strano come un avversario che si era arreso davanti alla loro predominazione si fosse lanciato in un’operazione ridicolamente stupida, nefasta e disonorevole. Ma anche se avesse voluto credere immediatamente alla giovane guerriera, Lady Sigyn, si sarebbe comunque visto costretto a condurre quel teatrino, il cui gusto cominciava a diventare velenoso per la palese inutilità – le risposte erano lineari, precise tanto quanto il tono e l’assenza della benché minima traccia di menzogna –, perché in quanto re aveva anche il compito di essere imparziale giudice.
«È altrettanto ovvio che questo viandante o non esiste o farneticava. In ogni caso non comprendo se mi state attribuendo la colpa di codesto evanescente personaggio o altro, mio signore», domandò senza domandare la guerriera, usando tono remissivo e non macchiandolo di iracondo atteggiamento per l’essere sottoposta a tale questionario dopo ore passate a versare sangue, scampando alla morte.
«Nessuna colpa, mia prode guerriera, solo chiarimenti necessari affinché la mia vista non si adombri. Qualcosa di strano si cela in questa faccenda, o forse è solo la speranza che vi siano ancora nemici onorevoli, capaci di mantenere la propria parola. È ciò che mi fa sperare che qualcosa abbia guidato le loro gesta. Evidentemente, è solo vano ciò, perché chiare solo le vostre azioni» rispose Odino, cambiando in fine posizione, invitandola a rialzarsi con un cenno della mano libera dallo scettro. Non era la prima volta che sentiva parlare di quella donna, ma mai prima d’allora l’aveva osservata con i propri occhi – o almeno, aveva fatto prestato solo tenue caso alla sua presenza, perché essa non ne deteneva una particolarmente forte vista la sua esile costituzione. «Tu e i tuoi soldati verrete premiati per i meriti di questa battaglia, vinta in un momento di svantaggio e per l’onore del nostro popolo.»
Il sospiro che scivolò fuori dalle sue labbra carnose, quando entrò nella tenda del principe Loki, non fu di sollievo, ma di stanchezza trattenuta a lungo. Anche se avrebbe preferito dirigersi verso la propria branda, riteneva di potersi concedere un cedimento all’atteggiamento implacabilmente fermo con cui si era dovuta mostrare davanti al Padre degli Dei. Il gelo del vento mattutino era stato uno schiaffo prepotente, abbastanza da mozzarle a metà il primo respiro sul sentiero, che l’aveva condotta fino al tepore rossastro delle candele accese sotto il telone in cui stanziava il principe minore. Lo sporco le metteva addosso l’ardente desiderio di lavarsi, ma prima che potesse chiedere il favore di potersi sistemare, per poi tornare in modo da dedicarsi al resoconto che probabilmente Loki desiderava, venne vinta sul tempo dall’altro sulla presa delle redini del discorso.
«Sei un’attrice splendida, mia devota Sigyn», con il dorso delle dita mancine le accarezzò la guancia con lento movimento ripetitivo, fino a roteare la mano per sospingerla a scorrere sul collo sottile della guerriera. Non aveva bisogno di costringerla verso di sé per farle compiere un passo in più, tanto da far entrare in contatto i loro corpi, ma affondò comunque lievemente le unghie nella carne di lei per incitarla a tale movimento. Non dovette insistere, per quando Lady Sigyn adorasse contraddirlo unicamente per dispetto, la sua resistenza fu di breve durata e lo scontro tra loro meno pacato di quando lui si sarebbe immaginato – abbastanza da fargli allargare il ghigno dipinto sulle labbra sottili.
«Per voi, mio principe» chiosò inutilmente la donna. «Ho fatto ciò che mi avete domandato, spero che siate soddisfatto della vostra vendetta.»
Non amava uccidere Sigyn a discapito del lavoro che aveva scelto. Tuttavia, se era ordine del dio degli inganni, piegava semplicemente il capo in un assenso quiescente – soprattutto quando comprendeva le sue ragioni, anche se non le condivideva. E il suo principe era poco avvezzo a perdonare coloro che provavano a metterlo in ridicolo, biasimarlo o deriderlo – mentre lei era lievemente propensa a poter perdonare simili offese, e nel caso contrario avrebbe preferito adottare altre metodologie.
Appoggiò nella mano libera di Loki gli stemmi regali dei principi che aveva sconfitto nell’attacco notturno, sorridendo tiepidamente. La superficie era appiccicosa nonostante fossero stati ripuliti rapidamente, residui di sangue intaccavano l’assenza di imperfezioni dell’oro lavorato sapientemente dai nani, ma agli occhi dell’Ingannatore erano gemme diversamente preziose – almeno in quel momento, fino a quando la sazietà regalatagli da Lady Sigyn su coloro che avevano osato provare a ridicolizzarlo sarebbe durata. Li osservò brevemente, per poi appoggiarli sul tavolo di legno scuro al proprio lato, senza nemmeno osservare i propri gesti per continuare a osservare lei.
«La soddisfazione è per chi non sa trovare nuovi obbiettivi» asserì mentre le sfilava i pezzi di armatura, per poter osservare se e quante ferite solcavano la sua pelle. Fino a quando l’acciaio e la stoffa l’avrebbero ricoperta, gli era impossibile stabilire se le macchie dal sapore metallico fossero prodotte dal suo sangue o da quello dei suoi nemici, piegati, inginocchiati davanti a lei. «Dimmi, Sigyn, non hai provato disagio a mentire al tuo re?»
«Tutti mentono, mio principe, a se stessi o agli altri, o entrambe le cose. Poi c’è chi ne fa un’arte e chi è meglio se non vi si addentrasse. In ogni caso, reputo la menzogna una parte dell’esistenza delle persone e non la condanno, essa è solo un mezzo, non il fine.»
Sostenne come sempre lo sguardo magnetico di Loki, senza asserire null’altro, evitando di domandargli perché avesse fatto scivolare via la maglia rovinata, sfilacciata e inzozzata di fango e liquido vermiglio – l’aveva gettata ai loro piedi, facendola sedere sulla poltrona alle sue spalle. Non si preoccupò nemmeno di indagare la ragione per cui ora era intento a passarle una spugna umida lungo il collo, le braccia, le falangi, il palmo, il petto e il ventre; lavando via le scorie di sangue incastrate su di lei. Fu tentata di abbassare le palpebre, sia per alleviare la sensazione ustionante dello sguardo penetrante – troppo – di Loki, che la faceva sentire completamente nuda anche se non lo era, sia per tentare di alleviare i fremiti di cui era pervasa e dei quali solo il dio degli inganni era il responsabile e non la freddezza dell’acqua, sia per assaporare insieme quelle stesse sensazioni da cui si sentiva scossa e che affondavano nelle sue viscere, alleviandole la lucidità. Sentiva di non riuscire a impedire al proprio corpo tremiti e movimenti che la rendevano vulnerabile, completamente leggibile – si mordeva l’interno della bocca, si torturava i polpastrelli con le unghie, e le ginocchia cozzavano tra di loro a intervalli irregolari.
«Risposta tortuosa, ma apprezzabile» osservò non poco pieno di compiacimento nell’assaporare con vibrante soddisfazione la sensazione del proprio potere su di lei – e anche l’effetto, soprattutto l’effetto che lui le faceva. «Dunque, stando alle tue parole, mi reputi al di sopra di categorie come buono o cattivo.»
«Mio principe, se voi rientraste in una delle dette categorie, sareste noioso come tutti gli altri» rispose quasi con tono perfettamente controllato, ma note roche le sfuggirono nonostante la volontà di nascondere, almeno nella voce, le reazioni che semplici perle trasparenti le provocavano se erano prodotte da gesti appartenenti a lui. Avvertiva i propri sensi acutizzati e non sapeva se era colpa della situazione o di qualche magia di Loki, ma era certa che il percorso delle finte lacrime che scivolavano sino l’ultimo frammento di tessuto che le era rimasto a coprirle i seni, inzuppato di poco, fosse stranamente marchiato da una precisione incendiaria nella sua mente – rendendola pregna di sensazioni esaltate, drogate nella loro eccessività.
«Gli inganni possono creare e distruggere, Sigyn, sono solo illusioni – come la mia magia. A tutti serve la forza per fare anche la più piccola impresa, ma non si rendono conto che la pura violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.[1]»
Non era uno sciocco, non lo era mai stato e mai lo sarebbe divenuto. Gli atti di forza avevano la loro utilità, oltre a un certo quantitativo di teatralità utile se usato nel modo adeguato, ma la brutalità delle azioni dispotiche era solo una sottigliezza da adottare in un piano che doveva basarsi su qualcosa di assai più ampio e complesso. Le macchinazioni, gli imbrogli e le menzogne erano le vere armi da adottare quando si desiderava conquistare qualcosa, e Loki lo aveva compreso istintivamente.
La sua attitudine alla magia era stata una benedizione per il suo animo portato all’inganno, un trucco maestoso in cui celarsi insieme alla sua capacità d’attore. E conosceva anche la sua unica pecca – quella vera, non quella che gli rifilavano gli altri sorreggendosi su una differente morale, ma non per questo necessariamente migliore – ed era l’essere poco attento alle pieghe della propria anima. Era bizzarro il modo in cui si era ritrovato a comprendere finalmente la mutevolezza delle sfumature che lo legavano a Lady Sigyn, solo nel momento in cui aveva deciso che non l’avrebbe più assecondata tanto quando le aveva permesso fino ad allora. Ma nonostante il nuovo livello di autocomprensione, non aveva intenzione di interrompere in alcun modo il suo divertimento in quella zona grigia – di confine –, nella quale poteva permettersi di osservarla nel ruolo della preda – anche se dubitava fortemente che mai lo sarebbe potuto essere completamente, perché il suo modo di inchiodare le liquide iridi nere nelle proprie era così poco affine a chi sapeva di essere caduto in trappola. Lei voleva essere catturata, voleva essere circuita da lui, glielo stava solo permettendo e Loki aveva la sgradevole sensazione che se Sigyn non avesse gradito la sua presenza sarebbe riuscita a liberarsene – erano entrambi perennemente affissi a ruoli indefiniti, dove si mescolavano in un tripudio di effervescenti contraddizioni in cui nessuno dei due poteva predominare.
Finì di lavarle via il sangue con accortezza, una cura con cui le cucì addosso una pressione ambigua e silente. Sapeva cosa Sigyn stava leggendo negli propri occhi verdi, riusciva a scorgere il riflesso di essi in quelli di lei e ciò che trasmettevano – e non aveva paura, come di consueto, nonostante l’evidente carica di maliziosa lussuria con la quale continuava a far scorrere la spugna lungo il suo corpo. Dubitava che al mondo vi fosse qualcosa capace di intimorirla, nemmeno la morte probabilmente – ma si sbagliava Loki, almeno quella volta, perché Lady Sigyn aveva paura, anche se di una sola cosa e per quanto assurdo fosse, era certa che prima o poi si sarebbe avverata. E aveva ragione.
Quando ebbe finito la lasciò da sola nella propria tenda, ritornando in quella di suo padre per scoprire come si sarebbe mossa ora la diplomazia – non che gli interessasse alla luce di informazioni da lui solo possedute e che lo ritraevano nell’aver raggiunto il proprio scopo, ma almeno avrebbe dato alla donna il tempo di completare da sola la propria sistemazione.
«Tu non mi biasimi per la mia scelta di vendicarmi su più persone per i peccati di pochi», le aveva sussurrato all’orecchio prima di allontanarsi, innalzandosi nella sua nodosa elegante altezza, senza attendere possibili parole da lei, uscendo nella frescura dell’alba inoltrata.
Per quanto potesse non concordare con le scelte, perfino considerarle sbagliate nonostante vi si attenesse per fedeltà a lui, mai avrebbe potuto provare spregio per il dio degli inganni.
Lady Sigyn non aveva mai compreso per quale ragione la morale dei più dovesse essere considerata di conseguenza la migliore. Nel corso dei secoli – dei millenni – erano sorti e sgretolati molti regni che si facevano portatori di una concezione della vita diversa da quello precedente, e ogni volta si erano tutti ritenuti nel giusto – non per la giustizia intrinseca, ma per il prevalere su ciò che era il passato. Lei, lo sapeva bene, era detentrice di una visione del mondo divergente in molti tratti da quella di cui si fregiava Asgard, lei non amava la battaglia fine a se stessa, non riteneva la verità superiore alla menzogna, non credeva nella superiorità fisica, non pensava che il loro re fosse di più alta considerazione di quelli degli altri imperi. Lady Sigyn vedeva sfaccettature in ogni dettaglio e non poteva catalogare l’esistenza e le sue parti in due colonne sempre nettamente distinte, dove il nero dello sbagliato era in contrasto con il bianco della rettitudine.
Come aveva imparato, poi, dal dio degli inganni, le menzogne non erano dello stesso colore dei capelli di lui, ombre nella notte, ma erano di luce pura, come al contrario le proprie ciocche quasi bianche – accecavano, privavano della capacità di visione con la forza dei soli, rendendo cieco chi ne capitava vittima. Molti spregiavano le bugie, i raggiri, le parole melliflue, ma lo facevano solo quando erano succubi di codeste, non quando ne traevano vantaggi, e si ostinavano a non comprendere come esse non servissero un fine né buono né malvagio – erano campo neutro, unicamente mezzi, al servizio di colui che era in grado di maneggiarle con più maestria di tutti, e chi possedeva un simile dono non poteva essere relegato a una fazione, a una definizione. E questa era forse la principale ragione per cui vedeva in Loki l’unico capace di comprenderla, nonostante anche le loro concezioni della morale non si sovrapponessero in modo completo, ognuno dei due rispettava quella dell’altro e non vi erano tentativi di prevaricare.
Le sue dita si stavano muovendo con sapienza, guardandosi allo specchio con capo reclinato a destra, intrecciando i biondi capelli simili a gelidi raggi di sole, quando Loki tornò nella propria tenda. Nessuna parola mosse le labbra inclinate in uno sghembo sorriso soddisfatto, avvicinandosi a lei per rimanere in piedi alle sue spalle, osservando il riflesso dello specchio per poterne studiare i filamenti di espressione sul volto provato dalla fatica della battaglia.
Lady Sigyn era bella nonostante sulle sue mani vi fossero costellazioni di calli, nonostante sulla sua pelle fossero dipinte cicatrici, nonostante le sue spalle fossero lievemente sproporzionate nell’ampiezza, nonostante vi fosse spesso sangue rappreso sotto le sue unghie, nonostante per alcuni potevano essere troppi i nei a dare indizi di disegni nascosti sul suo corpo. La collezione di difetti fisici erano particolarità estremamente interessanti agli occhi del dio degli inganni e mai avrebbe potuto definire altrimenti tali sue accezioni.
«Sigyn, la tua fedeltà a me si sta rivelando la mia arma più preziosa» asserì andandosi a sedere sulla poltrona sulla quale prima vi era stata lei, intenta a sottoporsi ad attenzioni di cui mai era stata prima di quel momento calamita.
«Ne sono molto felice, mio principe», le falangi continuavano a cucire nodi tra le ciocche, cercando di scendere con pazienza per evitare che il duro lavoro fosse annientato dalla foga di completare la treccia. Le liquide iridi d’inchiostro di Lady Sigyn si muovevano dal suo stesso riflesso a quello alle sue spalle dell’uomo, scorgendolo con il capo appoggiato al dorso della mano il cui gomito si impuntava nel bracciolo della poltrona. Non era la stessa impellente voracità con cui l’aveva sbucciata con precisione millimetrica poche ore prima, eppure nella sua espressione Lady Sigyn continuava a ritrovarci torpide tracce fameliche. Per quanto mantenesse la sua consueta aria nobiliare, delineando i suoi gesti di compostezza placidità, evitando sbavature e permanendo nella sua aria di dama dall’eretta postura adornata di movenze femminili, le era impossibile reprimere i moti interiori dell’anima – del cuore. Disagio non era il sentimento che stava provando, perché le era impensabile potersi sentire tale in sua compagnia, era più l’imbarazzo di essere stata privata di ogni difesa con la scusa di prendersi cura di lei, intaccando la sua arte recitatoria facendo leva sui sentimenti che provava per lui.
«E il tuo amore un balsamo sulla mia insoddisfazione» consumò piano quelle sillabe, per gustarsele nel loro suono e nella forma che assumevano nella bocca quando le delineò, seguendo lo spostamento della lingua e delle labbra per captarne più in profondità le sfumature con le quali stava dipingendo la propria rimonta nel loro privato gioco – intimo. «Non ti avevo mai visto arrossire», ridacchiò senza l’obbiettivo di prenderla in giro – vi era quasi una nota di dolcezza nel coglierla in un attimo di abbandono a un istinto indomabile, che la riportava a una vulnerabilità di cui solo Loki era a conoscenza e di cui era la causa.
«Deve essere un po’ di fatica per la guerra, mio principe», le parole vennero modulate con tanta naturalezza che se non fosse stato il dio degli inganni il suo interlocutore, sarebbero parse credibili. Lady Sigyn sapeva di non poter mascherare in alcun modo ciò che il suo volto dichiarava apertamente, tuttavia poteva almeno prendersi un’inutile rivincita nel non dargliela vinta ricostruendosi un tono deliziosamente innocente quanto bugiardo.
«Menti benissimo, ma sono io il dio degli inganni, non ti aspetterai che non scorga oltre le tue bugie?»
«La chiamerei storpiatura, più che bugia.»
Come Loki, nemmeno Lady Sigyn era una persona sciocca, sapeva che lui le aveva sempre concesso più vantaggio di quanto ne avrebbe avuto se solo lo avesse desiderato. Il principe era persona nata per dominare, e anche in quel loro rapporto lasciato senza nome non poteva aspettarsi che sarebbe sempre stata lei ad averla vinta. Non si meravigliava tanto che i suoi sentimenti fossero stati scoperchiati – perché, in fin dei conti, sarebbe stato più difficile lasciarli ricoperti dall’indifferenza –, quando che lui ne parlasse. Una sorpresa la cui spinta elettrizzante lasciò crogiolarsi nelle acque calme della sua anima, senza esporre anch’essa allo sguardo mellifluo del dio.
«Essia, allora. Storpierò anch’io ciò che avevo intenzione di dirti chiaramente», non serviva lo sguardo di ironica perplessità di Lady Sigyn a rendergli chiaro quanto poco potesse credere alla menzogna appena pronunciata, perché lei aveva sempre saputo nuotare nel fango delle sue bugie. Eppure, per una vota, fu lui a provare il desiderio di poter credere nella sua stessa fasulla affermazione, almeno un po’, il giusto per poter pensare che quantomeno un frammento di sé aveva effettivamente preso in considerazione quell’ipotesi – ma sapeva che non era in quel modo che stavano disposti effettivamente gli spazi del suo cuore. E nonostante la consapevolezza, quel desiderio evanescente, logorato dalla sua stessa natura, aleggiò nella frase finale che le rivolse prima di vederla girarsi, sorridendogli con quella straordinaria felicità che solo lei riusciva a rovesciargli addosso. «Sei indispensabile per il perseguimento dei miei scopi.»






M A N I A’ s W O R D S
Eccomi con l’aggiornamento! Come state miei adorati?
Io mi scuso se ci ho messo un filino di più ad aggiornare, ma stamattina avevo un esame, quindi capirete che non potevo ieri e l’altro ieri mettermi a correggere tutta questa shot così lunga. Inoltre non so nemmeno se è corretta perfettamente dato appunto che ho sostenuto un esame e sono lievemente stanca, ma spero di sì.
Allora, questo capitolo è un po’ più lungo dei miei soliti – e giuro che mi sono trattenuta. Tuttavia doveva essere perfetto in ogni sua parte perché ci tengo veramente parecchio, sarà che c’è una tiepida svolta nel rapporto tra Loki e Sigyn? Sì, credo sia per quello.
Come avevo accennato nelle risposte alle recensioni, Loki aveva semplicemente concesso un po’ di vantaggio a Sigyn nel loro rapporto, nonostante lei sia comunque brava a usare le parole per inganni, in realtà i ruoli sono molto più equilibrati – e Loki direi che qui ha un vantaggio lievemente schiacciante. Avevo anche accennato al fatto che io il nostro caro dio degli inganni lo vedo poco propenso ad essere un buon osservatore di se stesso, ma essendo tanto bravo a prendere il posto degli altri, è comunque una persona che conosce i meccanismi della psiche e del cuore, quindi non lo vedo affatto ad aver paura dei propri sentimenti – semplicemente ci mette un po’ ad accorgersene semplicemente. E ora vuole un po’ divertirsi, una specie di piccola rivincita, ecco.
Il discorso sulla morale mi ha preso molto tempo perché volevo fosse il più possibile chiaro e spero lo sia. Ovviamente sottolineo una banalità, ma le opinioni di Sigyn e Loki in merito non sono le mie, io mi limito a descrivere la loro di psicologia e il modo di pensare. Per quanto entrambi abbiano visioni che si discostano dallo standard normale, tengo a precisare che quello di Loki è parecchio più distaccato di quello di lei – o almeno lo sarà –, e le ragioni per cui Sigyn possiede questa visione diversa si fonda nella sua famiglia. Ne avevo accennato nel quinto capitolo, ma Sigyn è cresciuta in una famiglia in cui i sentimenti, le virtù e i vizi erano ugualmente portati all’eccesso, in un certo senso celebrati – ed è proprio questa tendenza che ha causato la caduta della sua casata, ma comunque lo spiegherò meglio.
Ah, il Lord delle Pianure di Rugiada me lo sono bellamente inventata, prendetelo per buono.
Ci tengo a precisare, per quanto riguarda la nota precedentemente inserita e ora tolta, che comunque la storia verrà continata e il seguito verrà scritto - anzi, informo che ho già provveduto a mettermi d'impegno per sistemare la long precedentemente da me iniziata, in modo tale che possa spronarmi nuovamente a continuarla, e per farlo ho dovuto cambiare alcuni tratti della storia, per tale ragione probabilmente ritarderò un po' nel pubblicarla. Tuttavia i tratti fondamentali sono già stati scritti, e prima o poi pubblicherò il tutto.
La nota segnata nel testo:
[1] È una citazione di Asimov, di uno dei libri che fanno parte del ciclo della Fondazione.
Come sempre ringrazio infinitamente chi segue la storia, tutti quelli che la inseriscono tra i preferiti/seguite/ricordate che mi fanno ovviamente un oceano di piacere. Le statue le faccio però a chi commenta, che mi riempie le giornate di felicità e gongolaggine (?), ovvero a Pitonia, Helen L, Zarael e Yoan Seiyryu. Non avete idea di quanto stimolo a continuare a dare sempre di più ricevo ad ogni vostra recensione ♥
Alla prossima,

Mania■




  
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