Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: mikchan    31/01/2014    3 recensioni
*SEQUEL DI LIKE A PHOENIX*
Il tempo passa, la vita continua e i brutti ricordi diventano passato. Per tutti è così, anche per Amanda, giornalista in carriera, sfruttata dal suo capo, in crisi con se stessa e con i sentimenti che prova per il suo ragazzo e in cura da uno psicologo. Tutto questo, e Amanda lo sa, è dovuto proprio a quel passato che non l'ha abbandonata, alla perdita delle cose più importanti che avesse al mondo. Ma il passato ritorna, sempre, e per Amanda si ripresenta in una piovosa giornata invernale.
Saprà il suo passato darle un'altra opportunità, oppure è davvero tutto finito?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Like a Phoenix'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

20- I LOVE YOU

Quella sera impiegai più del solito a tornare a casa. Mi fermai a fare la spesa, anche se non ne avevamo effettivamente bisogno e mi persi in libreria, tentando di scegliere qualcosa di nuovo da leggere, ma non riuscendo a concentrarmi veramente, mentre le parole di Adam continuavano a rimbombarmi in testa. Mi ero lasciata trascinare dal discorso, ma anche lui aveva sbagliato a reagire in quel modo.
La prima cosa che sentii quando entrai in casa fu il rumore della doccia e, poci secondi dopo, lo zampettare veloce di Wulfie che mi raggiunse in un attimo sulla porta e iniziò a saltellare felice. Mi abbassai e lo presi in braccio, coccolandolo. Mi era mancato nell'ultimo periodo in cui lo avevo lasciato da Austin, ma prendermi cura di un cane era diventato davvero troppo complicato. Una volta trasferitami da Adam, invece, lo avevo ripreso con me ed era una gioia vederlo ogni giorno gironzolare per la casa.
Adam.
Non sapevo se ero nervosa all'idea di incontrarlo dopo la sfuriata del pomeriggio o solo perché era la nostra prima litigata da quando eravamo tornati assieme.
Presi un respiro profondo e, dopo essermi tolta giacca e scarpe e appoggiato le borse in cucina, iniziai a sistemare il casino che c'era in soggiorno: tra il mio trasloco e il disordine di Adam si faceva fatica a vedere dov'era il pavimento a causa dell'enorme quantità di roba che vi era sopra. Raccolsi di tutto: giornali, cartacce, lattine vuote da sotto il divano, calzini, magliette e pantaloni. Questi ultimi dovevano essere quelli che Adam aveva indossato quel giorno perché non erano ancora molto sgualciti, anche se buttati malamente sul pavimento.
Nell'alzarli da terra, però, dalle tasche scivolò un bigliettino. Mi morsi il labbro, incerta: poteva essere uno scontrino o un promemoria, ma non avevo nessun diritto a sbirciare tra le sue cose. Io mi fidavo di lui. Poi pensai che il foglietto era caduto da solo e che, quindi, non avevo frugato nelle tasche. Curiosa, raccolsi il pezzetto di carta e lo aprii lentamente, raggelando sul posto.
In quel momento, sentii la porta del bagno al piano di sopra aprirsi e qualcuno scendere le scale. Feci appena in tempo a voltarmi che Adam comparve, con i capelli ancora umidi e una maglietta in mano.
"Ah, sei qui", commentò lanciandomi un'occhiata veloce e infilandosi la t-shirt.
"A quanto pare", mormorai, in preda alla confusione. Quello che avevo letto mi aveva presa alla sprovvista e non sapevo come reagire. L'idea migliore sarebbe stata quella di chiedere tranquillamente spiegazioni: eravamo adulti e ragionevoli e non c'era bisogno di fare delle scenate per nulla. Ma mi conoscevo bene e il rischio che scoppiassi era molto alto.
"Sono appena tornato a casa anch'io", continuò Adam entrando in cucina. "Quindi non c'è nulla di pronto. Che ne dici se ordiniamo una pizza e ci guardiamo un film?".
"Chi è Chantal?", chiesi invece io, pentendomi all'istante di quella domanda. Ma non dovevamo parlarne tranquillamente? E allora perché avevo usato quel tono accusatorio? Maledetta la mia impulsività...
"Chantal chi?", domandò sorpreso.
Strinsi i denti. "Chiamami a questo numero, Chantal", recitai facendo il verso a questa ipotetica donna che già mi stava antipatica.
"È una mia collega", disse semplicemente. "Ma non capisco da dove venga quel biglietto", ammise.
"Ah, no?", lo provocai. "E come c'è finito nei pantaloni?".
Lui sospirò. "Non lo so. Ma so di certo che stai prendendo un granchio, Amanda. Chantal è solo una collega, anche parecchio antipatica se proprio vuoi saperlo".
"Mi stai tradendo?", sussurrai stringendo i pugni. Stavo esagerando, ne ero consapevole, ma la mia mente era offuscata dalla rabbia e dalla gelosia. Avevo impiegato così tanto per riconquistarlo che non avrei permesso alla Chantal di turno di portarmelo via.
"Guardami negli occhi, Amanda. Non ti sto tradendo", disse lentamente, lo sguardo serio.
Dovevo fidarmi di lui, così come pretendevo che lui si fidasse di me. E allora cos'era quel peso che mi stava opprimendo il cuore e l'anima? Abbassai lo sguardo, senza dire nulla.
"Non mi credi?", chiese lui, alzando il tono della voce.
"Ti credo", sussurrai. Poi mi lasciai cadere sul divano, mollando i vestiti che ancora stringevo tra le braccia e infilandomi le mani tra i capelli. "Sono una cogliona", mormorai per la seconda volta in quella giornata. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi: dopo tutto quello che avevamo passato, come potevo ancora dubitare del suo amore? Quel pomeriggio lo avevo accusato di non essersi pentito dei suoi errori, poche ore dopo mi ero autoconvinta che avesse un'amante.
"Non rincominciare con i sensi di colpa", sbottò Adam sedendosi al mio fianco. "Credo che per oggi ne abbiamo avuti abbastanza, ti pare?".
Scossi la testa. "Convincimi che non lo sono", mugugnai.
"È stato solo un equivoco, Amanda. Avrei dovuto buttare subito quel biglietto, ma non credevo che, vedendolo, avresti reagito in questo modo".
"E come avrei dovuto reagire, sentiamo. Complimentandomi con te?", esclamai con le lacrime agli occhi.
Adam sbuffò. "Ho appena detto che è stato tutto un equivoco. Devi decisamente smetterla di leggere tra le righe di quello che dico".
"Io non leggo tra le righe: hai detto, implicitamente, che speravi che non trovassi il biglietto. Quindi me lo volevi nascondere".
"Qualcosa mi sta facendo pensare che vuoi litigare, Amanda".
"Non voglio litigare. Sono solo gelosa", m'impuntai.
"E allora smettila di incolparmi. Chantal è una mia collega, nulla di più. Non l'ho nemmeno letto quel cazzo di biglietto quando me l'ha rifilato in mano perché ero troppo nervoso per quello che è successo da Mr Klant. Altrimenti, fidati, le avrei detto chiaro e tondo che sono impegnato con una Lupacchiotta psicopatica e gelosa, tra l'altro incinta".
"E perché non glielo hai detto?", sbottai.
"Ma sei stupida? Ti ho appena spiegato di non avere nemmeno aperto quel foglio di carta".
"Avresti dovuto farlo, invece. Non eri nemmeno un po' curioso?".
"Ora stiamo sfociando nel ridicolo, Amanda", esclamò, alzandosi in piedi di scatto. "Prima ti lamenti perché credi che l'abbia letto, ora mi dici che avrei dovuto farlo. Spiegami tu come dovrei comportarmi, dannazione".
"Ora non dare la colpa a me, Adam".
"Ma hai fatto tutto tu", esclamò esasperato. "Senti", continò, prendendo un grosso respiro, "capisco che tu sia gelosa, lo sono anche io, cosa credi? Ma ora stai esagerando, Amanda. Ti ho spiegato come sono andate le cose e le opzioni sono due: o ti fidi di me, oppure no".
"Io mi fido", sussurrai, sentendo le lacrime bagnarmi le guance. Avevo una confusione enorme in testa: Adam aveva maledettamente ragione. Mi ero comportata da stupida ragazzina gelosa che non era stata in grado di usare il cervello e riflettere prima di parlare. Potevo dare la colpa agli ormoni, al cane, al mio psicologo, ma la verità era solo una sola: ero una cogliona.
"A me non sembra", disse infatti Adam. "Se ti fossi fidata di me, mi avresti creduto, Amanda".
"Mi dispiace", mormorai.
"Non ne dubito", rispose lui. Poi, senza dire nient'altro, salì al piano di sopra e ne scese qualche minuto dopo, vestito e con i capelli asciutti. Si infilò giacca e scarpe e, dopo avermi lanciato un'altra veloce occhiata, uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle.
Rimasi con lo sguardo fisso per qualche minuto. Due giorni che vivevamo assieme e già litigavamo. Come avremmo potuto essere una famiglia? Come avrebbe vissuto nostro figlio in mezzo a due genitori che si urlavano contro per certe stronzate?
Mi asciugai le lacrime e mi alzai dal divano. Come un automa, raccolsi di nuovo tutta la roba che era caduta e la portai in lavanderia, accendendo la lavatrice. Tornai poi in cucina e mi preparai qualcosa da mangiare che non toccai nemmeno di striscio. Ripiegai su una lattina di birra, che bevetti lentamente seduta sulla poltrona, con Wulfie accoccolato ai miei piedi e la televisione accesa su un canale che non stavo realmente guardando.
Mi addormentai così, in una posizione scomoda, le lacrime agli occhi e un peso sul cuore. Avrei voluto aspettare Adam alzata, ma Morfeo mi prese tra le sue braccia prima di quando me lo aspettassi.
La prima cosa che registrai, quando mi svegliai, fu l'assenza di un appoggio sotto il mio sedere. Appena aprii gli occhi, però, mi accorsi anche delle braccia che mi stringevano e del petto su cui appoggiava la mia testa. Alzai gli occhi e incontrai la mandibola di Adam, con quell'accenno di barba che lo rendeva così attraente. Allungai d'istinto una mano e gli accarezzai una guancia.
"Scusa, non volevo svegliarti", disse voltandosi e guardandomi con un mezzo sorriso.
Scossi la testa, scendendo dalle sue braccia quando entrò in camera da letto, la nostra camera da letto. "Anzi, grazie. Mi fa un male cane la schiena", dissi stiracchiandomi. Dormire sulla poltrona era stata una pessima idea, decisamente.
"Infilati sotto le coperte. Io arrivo subito", disse lui sfilandosi la giacca e buttandola sul letto prima di entrare in bagno.
Sbadigliando, mi sfilai i jeans e la maglietta, scostando il lenzuolo e sedendomi sul bordo del letto. Non volevo addormentarmi di nuovo: avremmo parlato e chiarito perché non riuscivo a resistere in quel modo. Quelle poche parole che ci eravamo rivolti poco prima erano state forzate e distanti e io non volevo un rapporto simile con l'uomo che amavo.
Per questo lo aspettai sveglia, seduta al centro del letto con le gambe incrociate. Quando Adam uscì dal bagno mi guardò sorpreso, ma si tolse in fretta i vestiti e si sdraiò al mio fianco, incrociando le braccia dietro la testa e fissando il soffitto.
"Mi dispiace", sussurrai. "Non volevo mancarti di rispetto o offenderti. Mi sono solo lasciata prendere la mano".
Adam si mise seduto di scatto. "Ne sei convinta?", mi chiese guardandomi negli occhi.
"Certo", risposi annuendo. "Però dille lo stesso quelle cose a Chantal", aggiunsi, facendo una smorfia quando pronunciai quel nome. "In particolare la parte della psicopatica".
Adam mi guardò serio per un attimo, poi scoppiò a ridere. "Sei davvero fuori", esclamò scuotendo la testa.
"Lo farai?", insistetti.
Lui prese un respiro e annuì, ancora sorridendo. "Però voglio sapere cosa stavi dicendo di Austin con Mr Klant".
"Te l'ha detto lui, mi sembra".
"Sì, ma da dove è iniziato il discorso?".
Sospirai. "Dal fatto che l'ho fatto soffrire, suppongo".
"E te l'ha detto lui?".
"No, non l'ha detto, ma lo so".
"Lo sai perché sei una veggente?", mi prese in giro.
Sbuffai. "No, perché l'ho mollato per il mio ex e perché sono incinta".
"Che scuse del cazzo. A me non sembra che Austin si sia arrabbiato così tanto".
"Non si è arrabbiato perché è una persona buona. Ma io so che ci è rimasto male".
"Sfido qualcuno a non farlo, Amanda. Ma, parole tue, vuole rimanere tuo amico e ha iniziato a frequentare un'altra ragazza. Qual'è il problema?".
Scossi le spalle. "Lo voglio semplicemente aiutare".
"Non credo che sia una buona idea, sai?".
"Non ho chiesto il tuo parere, mi sembra", sbottai.
"Ehi, ritira gli artigli. Ti ho solo fatto notare che impicciarsi degli affari degli altri non è una grande idea".
"Non voglio impicciarmi dei suoi affari", esclamai stizzita.
"E allora lasciagli vivere la sua vita, Amanda".
"Non voglio che soffra", mormorai.
"Non sei tu che decidi, Mandy".
"Ma posso aiutarlo", insistetti.
"Limitati a stargli accanto, testona", disse Adam, accarezzandomi una guancia.
Sospirai. "Sono stata davvero stronza con lui, Adam. Come fa a volermi ancora bene?".
"Come faccio io ad amarti? Semplice", si rispose da solo. "Ti amo perché sei tu. E probabilmente per lui è lo stesso. Renditi conto che sei speciale, Mandy".
"Mr Klant mi ha detto la stessa cosa".
"Visto? Perché non ti metti l'animo in pace e ammetti a te stessa che sei una bella persona?".
"Perché sono tremendamente insicura e stupida?", mormorai, scuotendo la testa.
Adam ridacchiò. "Accorgersi del problema è il primo passo per superarlo", disse.
Sbuffai. "Stupide frasi fatte", dissi incrociando le braccia al petto.
"Beh, accontentati di queste: è quasi l'una del mattino e sono troppo stanco per dirti qualcosa di originale", commentò sbadigliando, ritornando di nuovo sdraiato.
Lo guardai per un attimo, poi mi sdraiai accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla e coprendo entrambi con il lenzuolo. "Dove sei stato?", gli chiesi.
"In giro", rispose lui semplicemente.
"In giro è molto vago".
Adam sospirò. "Sono andato a bere qualcosa con Charlie".
"Charlie", mormorai. "Come sta Liz?".
Adam mi strinse le spalle con un braccio. "Sta bene".
"Mi manca, sai?".
"Immagino. Tra l'altro non mi hai ancora detto perché non vi parlate più".
"Divergenza di opinioni".
"Più nello specifico?".
Sospirai, girandomi su un fianco per guardarlo negli occhi. "Semplicemente ha voluto tagliare tutti i ponti dopo quello che è successo con te", spiegai.
"Avete litigato per me?", esclamò sorpreso.
Feci una smorfia. "A dire il vero io mi sono limitata a incassare gli insulti. Non avevo il coraggio di ribattere sapendo di essere nel torto".
"Non si è comportata bene con te", disse dandomi un bacio sulla fronte.
"E nemmeno io con te", gli feci notare.
"Sì, ma quella era una questione tra noi due. Non capisco lei cosa c'entra".
"Ha semplicemente preso la tua difesa, Adam".
"Non avevo bisogno dell'avvocato".
"Senti, ormai è cosa passata. Liz mi manca, era la mia migliore amica. Ma posso vivere anche senza di lei".
"Sto solo dicendo che ha esagerato".
Sospirai. "E cosa posso fare, Adam?".
"Provare a parlarci. Ora siamo tornati insieme, no? E aspettiamo anche un bambino. Se io sono riuscito a fare tutto questo non vedo perché lei non possa".
"Sai che è più testarda di un mulo", sbottai. "Credi che non ci abbia provato in questi anni?".
"Posso provare a parlare con Charlie", mi propose.
"Non cambierebbe nulla, la conosci. Sarebbe capace di portarmi rancore all'infinito, ma se non è nemmeno disposta ad ascoltarmi non so proprio come chiederle scusa".
"Ma tu non devi chiederle scusa di niente!".
Sbuffai. "Lo so, cavolo. Vallo a dire a lei".
"Contaci", sbottò lui. "Non voglio che tu ci stia male. Ti fai già un sacco di sensi di colpa da sola".
"Grazie eh", mugugnai.
"E poi", continuò. "Una volta vorrei uscire tutti e quattro assieme, come quando andavamo al liceo".
"Niente sarà mai come quando andavamo al liceo".
"Beh, io e te ci siamo ancora, no?".
Sorrisi, allungandomi per dargli un bacio sulla guancia. "Mi dispiace per quello che è successo oggi, Adam".
"Non preoccuparti. È normale discutere".
Sospirai, evitando di ribattere e mi appoggiai di nuovo con la testa sulla sua spalla. "Non te ne andrai come ha fatto mio padre, vero?", sussurrai.
Adam s'irrigidì, stringendomi più forte al suo petto. "No", mormorò. "Non me ne andrò".
"Io ti amo, Adam".
"Era da un sacco di tempo che non te lo sentivo dire", sorrise, appoggiando il mento sulla mia testa.
"Preparati a sentirlo ogni giorno perché ti amo, Adam. Come non ho mai amato nessuno e come mai amerò qualcuno".
"Non ti sembra un po' esagerato? Prova a pensarci su".
Scossi la testa. "Ci ho già provato e non ha funzionato. Tu sei tutto, per me. Ascolta il mio cuore", dissi prendendogli la mano e appoggiandogliela sul mio petto, dove il mio muscolo caridaco batteva placido e sereno. "È la tua voce che mi tranquillizza. È il tuo modo di parlare, il tuo modo di chiamarmi con quel nomignolo che mi riservi. È che sei tu. E quando si tratta di te io non so che mi succede. Per quanto io cerchi di trattenermi, se si tratta di te, io sono felice". *
"Sei davvero felice con me?".
"Come non lo ero mai stata", lo rassicurai. "Ogni giorno afferri un pezzettino del mio cuore e lo rinchiudi al sicuro. So che lo proteggerai e che non lo lascerai mai andare".
"Fidati".
"Mi fido", sussurrai.
Adam non rispose, limitandosi a sciogliere l'abbraccio solo per alzarsi e poi posarsi su di me. "Non lascerò mai scappare il tuo cuore, Lupacchiotta", sussurrò, abbassandosi per baciarmi. Risposi senza esitazioni, aggrappandomi con le braccia dietro il suo collo e inebriandomi del suo sapore e del suo profumo. "Non permetterò mai a nessuno di rubarmelo", continuò, facendo scivolare le mani lungo i miei fianchi. Allacciai le gambe al suo bacino, avvicinandolo a me. Non ci mise molto a slacciarmi il reggiseno e presto ci trovammo pelle contro pelle, calore contro calore, cuore contro cuore.
Lo amavo, accidenti se lo amavo.
Amavo la sua personalità, il suo sorriso, il suo umorismo, i suoi baci, il suo modo di farmi sentire perfetta, il suo modo di amarmi. Amavo tutto di lui e mi chiedevo come avevo fatto a credere di averlo scordato. In quel momento, stretta tra le sue braccia, mentre la ragione veniva sopraffatta dall'istinto e dalle sue labbra bollenti sul mio collo, sapevo che nel mio cuore niente era mai cambiato.
Mi lasciai trascinare in quel mondo fatto di baci e passione, arpionandomi alla sua schiena mentre la sua bocca e le sue mani vagavano incustodite sul mio corpo. Nessuno le fermò nemmeno quando si infilarono sotto le mutandine e, nei minuti successivi, credetti sinceramente di stare per morire. Era una sensazione potentissima, proveniente sia dal mio basso ventre che dal cuore e quando esplosi gridando ringraziai chiunque dovessi ringraziare per avermi concesso una seconda possibilità.
Con Adam non era solo sesso, non lo era mai stato. Grazie al corpo riuscivamo ad esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni molto più facilmente. Era come se in quei momenti ogni barriera cadesse e restassimo solo noi due, abbracciati e ansimanti, sempre più innamorati.
Adam non mi lasciò nemmeno il tempo di riprendere fiato: entrò in me velocemente, facendomi di nuovo partire verso il paradiso. Amavo il modo in cui mi toccava, il modo in cui mi baciava, il modo in cui mi venerava. Attraverso gli occhi socchiusi e con ancora un briciolo di lucidità era facile incontrare il suo sguardo liquido e perdersi il quell'azzurro che sembrava infinito e bollente. Bollente come le sue labbra sul mio collo e sul mio seno, bollente come le sue mani che non smettevano mai di accarezzarmi, bollente come i nostri cuori, che battevano all'unisono veloci come colibrì e potenti come aquile.
Lo amavo, accidenti se lo amavo.
L'ennesimo orgasmo che mi colse poco dopo fu estenuante e bellissimo. Mi sentivo in un limbo: ero consapevole di quello che stava succedendo, ma allo stesso tempo tutto era sfocato e lontano. Sentii Adam raggiungere l'apice poco dopo di me e accasciarsi sul mio corpo, non smettendo un attimo di riempirmi di piccoli baci.
Lentamente ripresi il contatto con la realtà e sorrisi teneramente quando lo vidi abbassarsi e regalare dei baci anche al mio ventre, dove il nostro bambino stava crescendo. Sarebbe stato un padre perfetto, ne ero più che certa.
"È stato fantastico", sussurrai accucciandomi di nuovo al suo fianco.
"Tu sei fantastica", disse stringendomi a se e imprimendo di nuovo le sue labbra sulla mia fronte.
"Ti amo".
"Vi amo", sussurrò lui.
Sorrisi. Era tutto perfetto.

*citazione di Anna Ombra Brambilla.





Salve a tutti!
Lo so, sono in ritardissimo, ma mi sono ritrovata all'ultimo minuto senza mezzo capitolo già pronto, così ho deciso che da oggi, prima di pubblicare, devo avere pronto almeno un altro capitolo e scriverne almeno uno a settimana. In questo modo, spero, non capiteranno più imprevisti così e anche io sarò più tranquilla.
Ritornando al capitolo. È il seguito dell'altro, con la spiegazione del litigio e la sua conclusione. Non ho niente da dire in particolare, se non che la frase con l'asterisco è di Anna Ombra Brambilla e l'ho presa da una pagina di Facebook.
Ringrazio sempre di cuore chiunque legga la mia storia, in particolare Minelli che mi segue fin dall'inizio e DarkvViolet92 che si è letta entrambe le storie ed è stata davvero dolcissima con i suoi commenti.
Lo so che sembrerò un po' idiota, ma faccio un'altro angolo pubblicità. Eh, sì, perché mentre non avevo ispirazione per concludere questo capitolo, ho scritto altre storie, sempre delle one-shot. Che ci volete fare, quando l'ispirazione chiama, bisogna rispondere!
"Io mi arrendo a te, Risa", altra song-fic su Lovely Complex --> 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2413286&i=1 "Di guardoni, papere e fumetti", un'originale commedia, di cui sto lavorando anche al seguito. O, almeno, ci provo -->
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2409559&i=1 Bene, ho finito qua. Vi lascio con lo spoiler del prossimo capitolo, già pronto, ma che non pubblico fino a quando non sarà fatto anche quello dopo.
A presto
mikchan


SPOILER
capitolo ventuno: WEDDING'S TALES
[...] La cerimonia fu molto più che commovente. Piansi dall'inizio alla fine, così contenta che la mia amica avesse trovato la felicità e anche un po' invidiosa. Un anello al dito era quello che ogni ragazza desiderava e, checchè ne dicessi, il mio sogno segreto era di poter vivere quel momento dall'altra parte, come sposa, ovviamente di Adam. Eppure sapevo anche che non dovevo fargli pressioni: era già meraviglioso che fossimo tornati insieme dopo tutto quello che era successo e, se il destino avesse voluto, avremmo fatto anche noi quel passo. Prima o poi. [...]

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: mikchan