Vegeta,
Nappa e Radish camminavano con non curanza tra le strade
del pianeta mercantile dove erano atterrati.
Nessuno faceva caso a loro con tutti gli alieni che c’erano
in
giro!
Vegeta si guardò intorno con aria di sufficienza.
Poi guardò in alto.
“La navicella della ragazza sarà atterrata da un
pezzo”
Le sue divagazioni vennero interrotte da Nappa.
-Ehi Vegeta, ma non credi che daranno l’allarme a tutte le
altre
città, così il tuo piano andrà in fumo-
Vegeta sorrise malignamente, compiaciuto della sua idea.
-Non ti preoccupare, ci premureremo di eliminare tutti i possibili
testimoni, e tranciare qualunque comunicazione con il resto del
pianeta,
così lasceremo il resto alla ragazza.-
Nappa sorrise immaginando la scena.
-Okey ora possiamo muoverci? La puzza di questi esseri inferiori
mi da la nausea- disse Radish schifato da qualche strano piatto alieno
su una
bancarella del mercato.
-Non preoccuparti Radish, tra poco di questi viscidi alieni non
rimarrà neanche la polvere- disse Vegeta, scrutando bene la
zona per stabilire
da che parte cominciare.
-Ehi, voi!-
Un alieno dal cranio allungato all’indietro si
avvicinò mostrando
un distintivo.
-Sono della polizia spaziale, vi dispiace mostrarmi il vostro
permesso di sbarco?- fece lui tirando fuori un taccuino.
-Ma certo- rispose divertito Nappa.
E invece dei documenti, che non aveva, allungò la mano
facendo
partire una sfera di energia che prese in pieno l’alieno,
scaraventandolo contro
un palazzo che cominciò lentamente a crollare dalle
fondamenta, travolgendo metà
della strada, e insieme a questa i passanti.
Vegeta notò che un alieno dalla pelle verde e i capelli blu
stava
prendendo un apparecchio per contattare i rinforzi.
Tese la mano verso l’apparecchiò, ridusse gli
occhi a due fessure e lo
incenerì.
L'alieno guardò l'aggeggio ormai
inutilizzabile e poi Vegeta sentendosi gelare il sangue
nelle vene.
-Cosa credevi di fare? Vi comunico che il vostro pianeta è
stato
scelto per l’iniziazione di un guerriero- disse con tono di
scherno
Tutti si misero a tremare stringendosi alle persone che avevano
vicino per farsi forza.
-Già, è un grande onore sapete?- si intromise
Nappa
ridendo sotto i baffi.
Vegeta mise a terra un dispositivo dalla forma conica e premette
il pulsante di un telecomando estratto dalla sua divisa.
L’apparecchio iniziò a vibrare, per un attimo la
gente temette che
fosse una bomba, ma non era nello stile dei Sayan farla finita
così in fretta,
a loro piaceva uccidere con le proprie mani.
Un suono acutissimo e assordante pervase tutta la città,
frantumando
i vetri dei palazzi, facendo saltare tutti gli apparecchi elettronici,
e bloccando
qualunque segnale.
Il piccolo cono smise di tremare e Vegeta premette un altro
pulsante del telecomando.
Subito dal congegno scaturì un
raggio bianco che poi
cominciò a ingrandirsi fino a disegnare nel cielo la
proiezione perfetta del
disco lunare.
La sua pallida e artificiale luce si riflette negli occhi neri di
Vegeta che incantato
mormorò…
-Ora ci divertiamo…-
Bulma si trovava nella navicella con gli occhi sbarrati davanti a
se, privi di espressività, poi, qualcosa sembrò
farla riattivare improvvisamente,
il suo cervello riprese la normale e regolare attività e
lentamente le sue
pupille cominciarono a ingrandirsi.
Si stiracchiò.
Le sembrava di aver fatto un viaggio di un
paio di
giorni seduta senza mai alzarsi e, effettivamente, era rimasta seduta
in una
navicella spaziale per due giorni di fila.
Dopo che ebbe realizzato che era intrappolata cominciò a
battere
forte i pugni sul vetro nel tentativo di liberarsi, la porta essendo
già aperta
si aprì senza alcuna resistenza facendo cadere Bulma fuori
dalla navicella.
Si tastò la guancia dolorante: era caduta con la faccia per
terra.
Si guardò intorno.
Dove
era?Cosa le era successo? E
soprattutto…
chi era lei?
Vide che vicino al cratere dove era finita lo strano apparecchio cavo
c’era un laghetto.
Si
avvicinò e guardò la
sua immagine riflessa.
Qualcosa le venne in mente, ricordava che si era addormentata su
un pianeta e … si era svegliata in una base spaziale
“…o qualcosa del genere”
pensò lei.
“Poi ho mangiato un frutto, mi sono addormentata
e…”
Si guardò sempre più intensamente, poi
corrugò la fronte.
“Ogni volta che mi addormento mi sveglio in un posto diverso,
la
prossima volta mi sveglierò su un meteorite forse”
pensò esasperata lei
continuando a fissarsi nello specchio d’acqua.
“Però una cosa è
certa…” disse posando davanti alla superficie
riflettente “…sono proprio uno schianto”
Distolse lo sguardo dall’acqua dello stagno e notando che
all’orizzonte
si vedeva una città con un puntino luminoso in cielo.
Quel puntino luminoso in cielo… era davvero bello.
Una luce strana un po’ opaca, non molto intensa
eppure…
Quella luce sparì prima che lei potesse chiedersi cosa fosse.
Si sentì rinvenire da una specie di catalessi, scosse la
testa; era
leggermente confusa.
Un urlo simile a quello di un animale la fece sobbalzare; sembrava
un grido di guerra.
Udì altre urla animalesche e poi un altre e un altre ancora.
Parevano ruggiti di bestie feroci.
Poi quelle urla, gradualmente divennero più umane, parvero
divenire
urla di
uomini sofferenti poi lentamente divennero gemiti.
Prima che la fonte di quelle agghiaccianti urla arrivasse da lei
sarebbe stato meglio filarsela.
Ma dove?
Il boschetto li vicino poteva essere un buon rifugio, nessuno
l’avrebbe
cercata li.
Non si era addentrata molto nella piccola foresta: non voleva
perdersi, sarebbe stato meglio rimanere sul confine, così
avrebbe avuto un
punto di riferimento.
Con la coda slacciata, che si dimenava nervosamente tra le fronde
abbattendo qualche rametto, camminava lungo
l’apice del tratto boschivo della zona
evitando ome poteva gli arbusti e le spine di alcuni strani fiori
fucsia.
Senza rendersene conto, a tratti si addentrava sempre più
all’interno
della foresta.
“non mi allontano molto voglio solo vedere quanto
è grande” pensò.
Ma man mano che camminava l’azzurro del cielo che si
intravedeva
dal bordo del bosco scompariva, quando se ne accorse era troppo tardi.
“accidenti” pensò battendo un piede per
terra per dare sfogo alla sua concitazione e incrociando le
braccia.
Sentì qualcosa muoversi e sfiorarle il piede.
Le si mozzò il respiro, disgustata credette che fosse un
serpente,
ma una volta che ebbe controllato, quel qualcosa risultò
essere una specie di
liana, semplice vegetazione aerea dunque.
“eppure mi era parso che si fosse mossa”
pensò perplessa Bulma
camminando verso un albero e appoggiandosi contro il suo tronco.
Scivolò verso il basso accomodandosi sull’erba
umida di rugiada.
"Uff ma dove sono finita?” si chiese guardando il poco
azzurro del
cielo che si intravedeva da laggiù.
Poi un profumo strano la attirò quasi la chiamasse.
Un basso gorgoglio echeggiò per la foresta.
Era il suo stomaco.
Accidenti, come aveva fatto a sopravvivere senza mangiare per due
giorni?
Si guardò in torno per capire da dove provenisse quel
profumo
dolce e allettante, dopo poco ne individuò la fonte.
Si trattava di un albero di frutti dall’insolito colore
proprio
accanto a lei, dove si era appoggiata.
Sembrava quasi che la stessero invitando ad afferrarne uno.
Qualunque cosa la stessero invitando a fare lei ne afferrò
uno
strappandolo da un ramo molto basso con tutta l’intenzione di
mangiarselo, ma
poi, le sembrò di avere un deja vù.
Lasciò cadere il frutto per terra e questo si
ammaccò.
Si alzò senza smettere di fissare quel cibo.
Di nuovo si sentì sfiorare il piede da qualcosa, ma questa
volta
sembrò che quell’affare si stesse avvolgendo,
silenziosamente, attorno alla sua
gamba.
Sentì un potente strattone che la fece capovolgere
lasciandola
penzolare da un ramo di quell’albero.
Attorno a lei da quel ramo cominciò a…
incredibile ma vero… sudare
una specie di liquido giallognolo che pareva resina.
Questo
cominciò a scorrerle
sulla faccia: sembrava colla.
L’albero stava cominciando a tessere un bozzolo che la stava
lentamente ricoprendo.
Impaurita e al contempo disgustata prese a urlare.
Poi sembrò che la liana con cui era sospesa in aria cedette
e lei
cadde a terra, sporca di quel liquido disgustoso.
-Lasciala in pace- urlò una voce piuttosto infantile.
Bulma si mise una mano dietro la testa grattandosi il capo e
massaggiandosi la schiena per il dolore.
Una
figura bassina, con un bastone sulla cui punta
c’era
una piccola lama simile a quella di una lancia, le stava davanti .
Aveva due enormi orecchie a punta e degli occhi grandissimi di un
solo unico colore verde privi di iride, una pelle di diverse sfumature
viola e
un paio di piccole antenne dello stesso colore.
-Tutto bene?- chiese.
Bulma si riprese dallo spavento e mise a fuoco la persona che
aveva davanti.
Sgranò gli occhi nel vedere un bambino di circa otto anni
con una
tunica nera e pure armato.
-Si credo…-
Il bambino sembrò rilassarsi.
-Bene cominciavo a temere che avessi mangiato uno di quei frutti-
disse indicando la pianta che si trovava alle sue spalle.
-Perché scusa?-
Il bambino senza smettere di sorridere proseguì.
-Perché se li mangi cadi in trans e ti risvegli dopo
mooolto
tempo- fece lui facendo si con la testa come per
dire che era un ovvietà.
Bulma si irrigidì, spaventata.
-Credo di averne già mangiato uno prima sai!-
Il bimbo sgranò gli occhi.
-E come sono? Saporiti? Come è svenire? Come ti sei sentita
dopo?-
Bulma rimase un attimo stordita da tutte quelle domande.
-Credo siano dolci e poi… poi…-
Il bimbo assunse un espressione un po’ più
preoccupata.
-Oh no, tu hai un amnesia!!!-
Bulma inclinò la testa, non aveva capito cosa intendesse.
-Ne hai mangiato uno e ora fai fatica a ricordare!- continuò
lui.
-Devi venire a casa mia, la mia mamma può aiutarti,
così poi puoi
tornare a casa-
Bulma lo guardò ancora un po’ stupita.
-Non mi ricordo dove è…-
-Non ti preoccupare, puoi stare da me finche non ti torna in mente-
proseguì lui mentre le tese le mani per aiutarla a rialzarsi.
Dopo essersi rialzata seguì quel bambino che correva per il
bosco
con sicurezza.
-Ehi aspettami- urlò lei.
-Devi andare più veloce – disse lui ridendo.
-Guarda che corro veloce- proseguì, ma che faceva? La
prendeva
in giro?
-Vedrai che ti raggiungo- disse lei stando al gioco.
-No, nessuno può raggiungermi, io sono il velocissimo Lah-
Vegeta stava davanti alle macerie di un palazzo ridendo tra se e
se.
-E pensare che gli altri abitanti del pianeta non sanno nemmeno
che siamo qui- disse Nappa addentando qualcosa che sembrava
commestibile.
-Ehi Vegeta quale città lasciamo alla ragazzina?-
Vegeta si voltò.
-Quella vicino al bosco, la sua navicella è atterrata li
secondo
il rilevatore-
Radish rise.
-Non vedo l’ora di vedere cosa sa fare-
Vegeta sorrise malignamente e sussurrò
-Nemmeno io-
A
Angelo Azzurro: Nella guida turistica di Freezer non credo ma in
quella di questo pianeta forse quei frutti sono indicati come letali, e
come
vedi non è l’unica volta che Bulma ci ha avuto a
che fare, sono felice che la
storia ti stia piacendo.
A
Umpa_Lumpa: grazie di avermi fatto notare che nelle altre mie
storie la punteggiatura non è delle migliori, adesso la sto
correggendo, ci
vorrà del tempo, ma grazie di avermelo dettoJ