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Autore: Fear    01/02/2014    5 recensioni
{ STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA }
[Angst; H/C, storico, dark; whump ― Rein!centic, introduzione di nuovi personaggi, hints!various pairings]
C'è tanta felicità a questo mondo; in futuro ce ne sarà abbastanza anche per noi.
Se un giorno qualcuno ti chiamerà bugiardo, se cercheranno di farti del male con quelle parole senza cuore, se il mondo non crederà più in te, se cercheranno di metterti su una corona di spine, io sarò il tuo unico e solo alleato. Conosco la solitudine e il dolore. Quindi, tutto ciò che mi è stato dato, offro tutto a te.
Sono tua.
Cit/: Si aspettava di poter avere il mondo, ma era diventato fuori dalla sua portata, così scappava via durante il sonno. E sognava il paradiso.
La sua pelle era di porcellana, avorio e acciaio.
[...]
Prima o poi la mia mano le raggiungerà, ma siccome l'orizzonte è eccessivamente lontano, le tue parole sono come un cielo di primavera; anche se so che non arriverà, oggi sto di nuovo pregando.
• {ispirata alla saga "Cronache del Ghiaccio e del Fuoco" di George R. R. Martin}
Genere: Dark, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Rein, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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{Note dell'autrice: è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d'autore, dell'opera 'Come il cielo di primavera'. Alcuni personaggi non mi appartengono e la storia non è stata scritta a scopi di lucro.

Canzone consigliata per leggere il capitolo: Demons di Imagine Dragons.
Sbaglio o mi ero scusata per il ritardo anche nello scorso capitolo? Eh, già. Li ho contati i giorni, sono ben cinquantadue giorni che non aggiorno, e cioé milleduecentoquarantotto ore.
Lasciando stare le mie innate doti per la matematica, mi dispiace. Non me ne sono mai andata, ma ho pubblicato quattro differenti one-shot su fandom differenti. Per chi mi segue su Facebook, potrebbe averlo già letto: voglio fare più esperienza su altri fandom, per questo non scriverò più capitoli unici su Twin Princess, ma sarò presente solo per recensire eventuali storie e aggiornare la mia bambina ('Come il cielo di primavera'), non è che cambia molto, ma volevo comunque avvisare.
Ammetto che non ho scuse, comunque. Il mio Ernesto sta bene, io sto bene, tutti stanno bene. Sono solo estremamente pigra dato che di idee in testa ce ne ho a bizzeffe.
Questo capitolo è dedicato a Lana (baby milky) perché, guardate: click. Cioé, dove trovate un'anime così dolce da farti gli auguri a mezzanotte in punto? Bah.
Ad ogni modo, ancora gomen nasai per il ritardo, cercherò di essere più puntuale in futuro... un futuro molto lontano. Il capitolo è stato betato (notizia del 01/02/2014 alle 22.00).
Rein ha incontrato la regina Earine, un personaggio un po' misterioso, ditemi che cosa ne pensate anche se non giudicatela subito definitivamente dato che, come Rein, cambierà, o almeno, proverà a cambiare, ma non vi rivelo nulla.
Volevo dire due cose: ad ogni capitolo dirò i personaggi (più o meno principali) che mi appartengono e quelli che invece sono sotto i copyright dei loro autori originari. Quindi: Rein è di proprietà di Mayuki Anan, così come Mirlo, Altezza e Toulouse. Lara, Earine e Ser Kysrad appartengono a me. Ovviamente i personaggi non appartenenti a me saranno comunque manipolati a mio piacimento e il loro carattere potrebbe risultare OOC.
Inoltre ho anche inserito la nota Cross-over dato che ci sarà lo sfondo di Game of Thrones (più un personaggio principale), come è scritto anche nella trama.
Prima di andarmene ne approfitto per fare gli auguri a Harry Styles (anche se non sono una Directioner), ora gli One Direction non sono neanche più dei teenagers, anche io sto invecchiando, quindici anni a settembre cari miei.
La citazione all'inizio è presa dal bellissimo anime Air - Tv.
Un abbraccio da Rebecca Arya Baratheon
 

 

Come il cielo di primavera
I giorni di sole e delle risate che non sentiamo più


Capitolo V - Quinto petalo
Nel cielo c'è una ragazza con le ali, incapace di diventare adulta.

 

La luce del giorno era così violenta, e filtrava nel lugubre atrio attraverso una vetrata a mosaico, creando degli accecanti giochi di luce; il cielo sputava dei rossi raggi che cadevano sul pavimento e sul muro, entrambi di un colore bianco sporco. Eppure era strano: cadeva una pioggerellina fine fuori dalle mura del palazzo, era freddo il cielo pallido, ma la luce era insopportabile.
La sontuosità di quella sala ricordava un edificio sacro, dove riposavano indisturbate anime di lontani conquistatori e vecchi re. Alti pilastri si ergevano dal pavimento liscio, dettagliatamente decorati sino all'ultimo centimetro - a più di dieci metri dal suolo.
A volte il silenzio era così bello per Rein, dolcemente evanescente, puro e fluttuante, ma in quel momento tutto le sembrava irreale. Camminava lentamente, tutti i presenti nella sala la scrutavano dalla testa ai piedi, come se fosse un nuovo giocattolo di un'immensa collezione destinata a non finire mai. La sua mano era sempre serrata attorno a quella di Lara. Avrebbe voluto tornare nelle sue stanze - scappare -, ma avanzò verso la fine, cercando di offuscare la vista, in modo da non incontrare lo sguardo di volti annebbiati da espressioni serie e imperturbabili.
«Rein».
Se n'era quasi dimenticata, ma in un attimo un'acuta fitta di dolore la fece quasi piegare in due, foglia autunnale al vento dal quale gelidi sfavilli le trapassavano il fragile corpo. Rein rimase dritta, portandosi una mano sulla spalla ferita - quasi completamente guarita grazie alle cure delle due serve, protetta con impacchi di erbe di vario genere, scovate da miserabili servi nelle zone sabbiose di pianura.
La sua voce nel mio corpo tremante, in un luogo oscurato dalla fredda luce solare. Un nuovo suono si apprestò a fare la sua comparsa tra le ombre, una melodia che ardeva pace nel mezzogiorno congelato, scontrandosi con l'ondeggiare dei pini e le onde di quel mare, presente solo nei suoi occhi.
Mandò giù della saliva, dolce come lo zucchero con il quale
si sporcava la bocca e le guance da bambina.
Disse quella sola ed unica parola, la chiamò. E risuonò così immacolato il suo nome pronunciato dalle labbra della regina. E Rein per un momento volle piegarsi davanti al cospetto di tale sublime creatura: aveva lunghe ciocche di capelli chiari, che terminavano con un delicato ricciolo, scivolando sulla schiena appoggiata ad un trono, che come diamanti di rocce brillavano. La carnagione era lattea, proprio come la neve; sarebbe stata una bambola di porcellana, se non fosse stato per quegli occhi. Essi erano di un rosso artificioso, proprio come il fuoco delle anime bruciate... come macchie di sangue che imbrattano una rosa bianca, sporcandola, trafiggendola. A Rein non era mai piaciuto quel colore, il rosso era il colore della sofferenza, delle fiamme di luminescenze passate. Indossava un piacevole abito color cenere, i laccetti erano porpora, le incorniciavano il busto snello e il seno si appoggiava su uno stretto corpetto. La gonna non era ampia, i pizzi erano limitati, ma un leggero velo di tulle le copriva le spalle parzialmente nude. Non indossava gioielli, eccetto un'umile collana d'argento alla quale era appeso un piccolo contenitore di cristallo a forma di goccia, senz'altro di valore affettivo.
Rein sospirava speranze bianche, proprio come quei capelli.
«Benvenuta a Vesilia. Spero che le cure della nostra Lara siano state apprezzate» disse la regina Earine Astraea senza cattiveria nelle sue parole. Aspettava la reazione di Rein, stando seduta rigidamente sul trono, come quello delle favole, eppure così diverso... esso sembrava infatti costituito di pietre celesti, azzurre e diamanti trasparenti, e dava l'effetto di essere fatto semplicemente di ghiaccio. Non c'era né un cuscino né un'imbottitura, appariva scomodo alla sola vista, ma Earine non si alzò nemmeno quando Rein si inchinò leggermente, cercando di comportarsi adeguatamente sotto uno sguardo così importante ed etereo.
«Lara è stata un vero angelo, Vostra Maestà, vi ringrazio per le vostre premure, ma...», per la prima volta Rein dovette girare lo sguardo, posandolo imbarazzata sulla corte; una quindicina di uomini e donne di ogni genere bisbigliavano tra di loro, una dama rise, per poi ritornare composta, intimidita dallo sguardo della regina su di lei. Rein inoltre vide per la prima volta il sorriso di Earine, elegante, proprio come lei.
«So bene che desideri delle risposte, Rein. Ma desidero parlarti in privato. Se vorrai, potremmo farlo nel giardino di corte», Rein annuì, aggiungendo un “certo” in un sussurro, per paura di essere di nuovo giudicata dai presenti.
«Benissimo. Vi prego, Ser Kysrad, accompagnateci nei giardini» chiese gentilmente Earine volgendo una preghiera con i suoi occhi di sangue ad un uomo robusto, dalle braccia potenti e il petto ben scolpito, che si fece subito avanti e raggiunse in pochi passi la regina. Lei gli sussurrò qualcosa che Rein non riuscì a comprendere, e lui le mise cavallerescamente una mano dietro la schiena, mentre Earine gli avvolse le braccia al collo e in pochi movimenti fu sorretta.
Rein guardò sorpresa la scena mentre i due scendevano i pochi scalini che li separavano. Ser Kysrad era un uomo sulla trentina, probabilmente pochi anni in più della regina, i suoi occhi erano piccoli e color delle castagne, reggeva Earine come se fosse una piuma e, facendo fluttuare il vestito morbido della donna, chiese a Rein di seguirli.
Arrivarono nei giardini in pochi minuti, immersi nel silenzio. Il profumo sottile di boccioli di rose attirò l'attenzione di Rein, rimasta indietro procedendo con la testa bassa. I suoi occhi chiari si addolcirono quando vide delle minuscole macchie colorate nel verde di un'erba umida; un imponente glicine si era arrampicato intorno al tavolo bianco dai mille particolari. Il vento era freddo, troppo freddo, chiedeva alle piccole rose di danzare come ballerine, a creare un armonico ondulare. Senza accorgersene Rein posò una mano su un albero pietrificato, accarezzandone la corteccia e comunque ringraziando la terra viva, genitrice, che aveva creato un così bel paradiso tra serie mura del colore di una natura morta.
Ser Kysrad appoggiò Earine su una sedia in mezzo al prato e tirò indietro una seconda sedia, permettendo a Rein di sedersi. Lei si avvicinò e si accomodò imbarazzata.
Quando Earine e Rein furono lasciate sole, Rein non sapeva che cosa fare per spezzare il ghiaccio che si frapponeva tra lei ed una persona così differente quale era la regina.
«Vi serve qualcosa, Vostra Meastà?» chiese premurosamente, ricordandosi che per qualche motivo la regina non poteva camminare.
«Stai tranquilla, cara. È successo molti anni fa, ero a Sud di Llibranthil e c'era un mare bellissimo», volse lo sguardo al cielo. La pioggia si era calmata, ma non del tutto, piccole lacrime ogni tanto accarezzavano i loro volti. «Il mio giovane cuore sentì come un richiamo dalle onde azzurre e mi buttai, senza pensieri, ma loro erano troppo aggressive per una ragazza fragile come lo ero io; andai a sbattere più volte contro gli scogli aguzzi. Mi picchiavano, non smisero fino a che non persi i sensi. Non so come successe, non lo scoprii mai, ma venni trasportata sulla terra ferma da una corrente misericordiosa. Sono stata fortunata, ringrazio ogni giorno gli dei per avermi salvata. Nonostante non riesca più a sentire le gambe... nonostante tutto. Non ho perso la vita, e in questo posto la vita è come una lacrima ai confini tra mento e collo. Sai cosa succede, non è vero, Rein?», Rein perse un battito, osservando gli occhi tristi della regina, rossi, sempre e comunque. Anche lei allora alzò lo sguardo e pensò pochi secondi alla risposta da darle, ma lo sapeva, sì, dopotutto aveva fatto così da sempre. I suoi polsi erano ancora segnati dall'odio della gente, della mancanza di felicità.
«Si può sempre asciugare quella lacrima, prima che cada si può salvare. E si possono salvare anche le altre, sempre», non spostò lo sguardo dalle nuvole colorate dalla malinconia.
«Si può anche imparare a non piangere. Ma ci sono dei momenti in cui le lacrime diventano troppe e non puoi impedire che cadano, e quando ciò succede, esse non sono più semplici gocce salate, ma si tramutano in uno strano liquido rossastro: sangue», Earine sorrise debolmente e la sua mano bianca come quella di uno spettro afferrò quella di Rein con una delicatezza unica.
«Oh, dolce e candida Rein, che cosa ci fai in un posto come questo? Qui gli eroi non servono, sono i mostri che vincono».
Rein ascoltava la sua voce mentre tenui raggi di sole affioravano dalle nuvole gonfie e traboccanti di pioggia.

   
 
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