Si girava e si rigirava nel letto senza trovar Pace.
Lui la Pace se l’era lasciata alla spalle anni e anni addietro e tuttora i fantasmi del passato gli facevano compagnia nei suoi incubi.
Incubi contornati da sangue e urla. Incubi vissuti.
Gli occhi rossi come il sangue, che ancora gli macchiava le mani, si aprirono e fissarono la luna piena. La stessa luna piena che lo aveva guidato quella notte. Che gli aveva illuminato la via da percorrere, per il Suo bene. Da percorrere solo per Lui.
Cancelḷ dalla sua mente quei pensieri dolorosi. Non farlo significava tornare indietro e cercare di rimediare ai propri rimpianti.
“Ma questo era davvero un errore? Continuare egoisticamente quel percorso significava essere nel giusto?”
No. Non era cosi. Lo sapeva bene, Itachi.
Esisteva una via che non portasse inesorabilmente “Là” tramite le sue mani?
No. Era da stupidi pensarlo. E Itachi non lo era.
Itachi era dannatamente Realista. Era dannatamente Cattivo.
Con se stesso.
Seguire la mente e far piangere il Cuore. Che essere meschino.
Chiuse gli occhi stanchi di tutto ma la luce di una nuova alba illumiṇ il suo viso.
Era il momento. Sorrise.
Ma nel suo cuore martoriato non c’era Nulla di simile alla Felicità. Nulla.
La sua era una Condanna.
La Condanna di chi Ama nel Peccato.
La condanna di chi va a testa alta contro la Morte.