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Autore: Yuuki_Chan_Sanji    01/02/2014    4 recensioni
Re Boot è un video Vocaloid cantato da Miku, Luka e Mimi da cui io ho tratto la storia che state per leggere: "[...] un movimento brusco, ruppe la catenina che reggeva il ciondolo a forma di stella che Luka teneva attaccato alla borsa a tracolla, finendo sulla strada.
Mi precipitai a raccoglierlo: non volevo che Luka lo perdesse, in fondo era il simbolo della nostra eterna amicizia. Sentii però all'improvviso un forte suono di un clacson e voltandomi vidi che un enorme camion stava venendo verso di me."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Luka Megurine, Miku Hatsune
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero in ritardo. Corsi velocemente verso la collina su cui ci eravamo date appuntamento. Le mie due migliori amiche, Miku e Luka mi stavano aspettando forse non da poco, ma purtroppo c'era stato un imprevisto. Mentre correvo, notai che era già il tramonto: il sole era di un rosso acceso e colorava il cielo di un arancione vivo, le nuvole invece erano di un colore arancio più sfumato, certe quasi rosa e sembravano così dolci e soffici che ti veniva quasi voglia di toccarle. 
Anche la collinetta su cui stavo correndo era colorata di arancione: amavo quell'atmosfera. 
Quale migliore modo per consegnare i regali alle mie due migliori amiche?.

Le raggiunsi e loro si voltarono verso di me, sorridendomi. Non fecero in tempo a salutarmi, che consegnai a loro due piccoli pacchetti. Il regalo di Miku lo avevo incartato con una carta a quadri gialla, nera e violetto mentre quello di Luka era sempre a quadri, però colorata tutta di viola chiaro e scuro e qualche quadretto giallo in contrasto.
Entrambe li presero e li scartarono velocemente, alzando il portachiavi a forma di stella di cui ne avevo regalato una copia a ciascuna. Miku sorrise, Luka lo fissò prima incuriosita, poi guardò la nostra amica e sorrisero felici.
Si volsero verso di me e intravidero che anche io tenevo in mano un portachiavi uguale al loro. 
Ero felicissima in quel momento e tutte e tre decidemmo di alzare quei portachiavi al cielo, in segno della nostra amicizia, che niente e nessuno l'avrebbe mai rovinata e che sarebbe durata per sempre.


Qualche giorno dopo a ritorno da scuola, io Luka e Miku, stavamo passeggiando per le vie della città sotto l'ombrello di Luka. Era una giornata piovosa, il cielo di un grigio scuro e il paesaggio sembrava così triste ... ma non ci deprimavavamo per questo: a noi importava solo stare insieme.
Parlammo della nostra giornata a scuola, quando smise di piovere e guardammo il cielo: i raggi del sole spuntavano fuori dalle nuvole grigie e tristi, dipigendo tutto il paesaggio attorno a noi.

Decidemmo allora di prendere un gelato: io scelsi quello al puffo perchè lo amavo, Luka quello al lampone e Miku quello al tè verde.
Riprendemmo la nostra passeggiata gustando il nostro spuntino con gran voracità ed io mi limitai a stare dietro alle due mie amiche poco più avanti.
"Come al solito Luka prenderà il voto massimo nel test di matematica!" esclamò Miku prendendola in giro.
"Dai, non dire sciocchezze, l'ho preso solo una volta!" rispose Luka dandole un colpo alla spalla.
Miku fu presa alla sprovvista e di conseguenza il suo gelato finì sull'asfalto. Lei guardò in basso, silenziosa.
Luka fissò preoccupata l'amica, io invece pensavo a cosa dire per rallegrarla.
Improvvisamente, Miku più arrabbiata che mai, spinse Luka facendole cadere il gelato dalla mano ed iniziarono a litigare.
Entrambe si tiravano i capelli e iniziarono a urlarsi contro dandosi la colpa a vicenda.
Io cercai di intervenire, ma un movimento brusco, ruppe la catenina che reggeva il ciondolo a forma di stella che Luka teneva attaccato alla borsa a tracolla, finendo sulla strada.
Mi precipitai a raccoglierlo: non volevo che Luka lo perdesse, in fondo era il simbolo della nostra eterna amicizia.
Lo scrutai girandomelo tra le mani e per fortuna non si era danneggiato. Sorrisi soddisfatta.
Sentii però all'improvviso un forte suono di un clacson e voltandomi vidi che un enorme camion stava venendo verso di me.
Mi colpì con grande violenza, scaraventandomi qualche metro più in là e facendomi scivolare dalle mani la stella.
Sentii una voce urlare il mio nome e capii che si trattava di Miku.

Provai stranamente freddo, percependo un liquido caldo che mi stava scivolando lungo le guance. Non mi preoccupai, volevo solo recuperare la stella di Luka perchè si sarebbe preoccupata, in fondo è molto sensibile. Le volevo troppo bene per deluderla, allora cercai di allungarmi per raccogliere il prezioso oggetto, ma iniziai a sentire un enorme stanchezza e chiusi lentamente gli occhi.
Dai diversi brusii che mi circondavano, non udii più nulla.


Il giorno dopo fu celebrato il mio funerale. Si svolse in una stanza buia e scura, al centro la piccola cassa di marmo grigio, con appoggiata sopra una mia foto.
Il tutto era decorato con dei splendidi fiori bianchi di cui però non potevo sentirne il dolce profumo. 
Miku e Luka rimasero lì in piedi, anche dopo che amici e parenti se ne furono andati. Erano entrambe vestite di nero e avevano un'aria così triste, pentita.
Miku, che non aveva ancora parlato, borbottò: "E' tutta colpa tua...".
Luka la osservò non capendo bene quello che aveva pronunciato.
Miku allora urlò in preda alle lacrime:"E' tutta colpa tua, stupida! Non capisci?! E' colpa tua! Solo tua!".
Si coprì il viso bagnato con le mani, continuando a gridare:"Vattene! Non ti voglio più vedere!".
Luka non sapeva cosa dire: era rimasta profondamente ferita.
Durante i momenti difficili non ci si doveva sostenere a vicenda? Così sicuramente pensò: glielo lessi negli occhi.
Scioccata continuò a fissarla in silezio.
Io comparii dietro loro e capii che dovevo fare qualcosa, che avevo una missione. Se ero rimasta lì, voleva dire che qualcosa tra le mie due migliori amiche si era rotto ed io ero l'unica che lo avrebbe potuto riparare.


Il pomeriggio dopo, il tempo era peggiorato e pioveva a dirotto. Questa volta si era dimenticata Luka l'ombrello a casa.
Contemplò il cielo pensierosa, poi scrutò Miku che sbucò accanto a lei assieme a una loro compagna, ma non le disse niente.
Continuò semplicemente a camminare, sorpassandola.
Non la invitò nemmeno sotto il suo ombrello: si limitò solo a volgerle uno sguardo triste, forse ricordando il terribile incidente. Luka arresa, corse a casa piangendo.
Io non sapevo cosa fare, perché non si chiarivano? Magari una parola poteva chiarire tutto, loro avevano bisogno l'una dell'altra!
Mi limitai a guardare stupita la scena che si stava svolgendo sotto i miei occhi. Non poteva finire tutto così per un stupido incidente.  

Cercai disperatamente di urlare sia a Luka che a Miku che dovevano parlarsi, ma loro continuavano a piangere per me e dando l'una la colpa all'altra. Miku si chiudeva sempre nella sua camera, deliziosamente decorata dai poster della nostra band preferita, con il letto verde bosco vicino alla finestra che di solito lasciava aperta.
Il computer, sopra alla scrivania in legno di quercia dalla parte opposta al letto, era spento e per terra era pieno di foto strappate di Luka. Iniziai a preoccuparmi seriamente.
Miku intanto disperata, continuava a urlare: "Luka! Maledetta! Perchè?!"
"No, Miku, ascoltami! Ora io sto bene e tu ora hai bisogno di Luka come lei ha bisogno di te! Siete migliori amiche! Per favore, provaci almeno te!" ribattevo accanto al suo letto decisa stringendo i pugni.
Lei però non mi sentiva e continuava a lamentarsi, allora andai da Luka sperando non si stesse disperando come Miku. 

Purtroppo, sbagliai. Entrai nella sua camera color lavanda, il letto decorato con una coperta rosa era stato spostato accanto all'armadio viola scuro vicino alla porta.
La scrivania sotto alla finestra era sgombra: tutto il resto era per terra. Matite. Fogli. Foto.
"Mi dispiace Miku... Non volevo... Perché sei così cattiva con me? Pensi che l'abbia fatto apposta?" singhiozzava con la faccia nel cuscino "Zimi ... perdonami".
Andava di male in peggio. 
Cercai per ore, giorni, mesi se non anni a dire le stesse identiche cose, che dovevano fare pace.
Cercai in tutti i modi per farmi capire, per rimediare ai nostri sbagli, per poterle fare stare meglio. Volevo rivederle sorridere.
Loro erano state la mia vita, fin da piccole ci siamo tenute strette l'una all'atra ma non vuol dire che se io me n'ero andata loro si dovevano allontanare. 

Ad un certo punto però, mi arresi. Loro avevano cambiato amicizie, non si salutavano neanche più ormai, ma semplicemente si ignoravano. Era una scena che mi dava sui nervi, perché leggevo nei loro sguardi un enorme malinconia sotto a quel finto sorriso. 
Io mi appoggiai nel muro della gelateria in cui avevamo preso il gelato quella volta.
Quant'era passato? Giorni, mesi, anni? Sicuramente anni, ma niente era migliorato.
Il mio viso era stravolto dalla fatica e dalla tristezza: perché non riuscivo a riavvicinarle? Come potevo fare?
Mille domande mi scorrevano in testa senza una risposta.
Seduta per terra, come un burattino rotto, senza vita e senza giocattolaio, osservavo l'altra parete di fronte a me.

Era una bella giornata dopotutto, l'aria primaverile scompigliava leggermente i capelli delle persone che passavano e il sole mi illuminava il viso, così per dire.
Ad un tratto, un gatto nero mi venne incontro e mi sfiorò leggermente la mano con la sua linguetta ruvida; poi dolcemente si sdraiò vicino a me.
Però non mi importava, avevo solo una cosa fissa nella mente, poi un'ombra mi passò davanti. Alzando lo sguardo, vidi che era Luka.
Quant'era cresciuta! Ora indossava una lunga camicia di un azzurrino chiaro e dei leggins più scuri. I suoi capelli si erano allungati tantissimo e fluttuavano dolcemente nel vento: a me piacevano tanto.

Decisi di seguirla e raggiunsi la scuola che una volta erano le nostre medie. Non era cambiata tanto, le avevano solo aggiunto nuove classi per le scuole secondarie di secondo grado, ovvero le superiori.
C'erano quasi tutti i miei vecchi compagni, anche loro erano cresciuti molto. Continuai a seguire la mia vecchia amica fino a quando non svoltò, osservando un cartellone posto alla nostra sinistra che inaugurava la nuova scuola.
Attorno c'erano tante stelle: una in particolare mi fece ricordare che qualcosa potevo ancora fare, non so cosa, ma mi diede un po' di speranza.
In nome della nostra amicizia, non dovevo arrendermi così!

Proseguimmo in silenzio per i vari piani dell'edificio, l'interno era dipinto di bianco con le porte e le finestre di un grigio scuro in contrasto. 
Finalmente arrivammo a destinazione: Luka osservò per un attimo la porta e poi l'aprì.
Davanti a noi trovammi una ragazza alta, snella con i capelli di un verde acqua raccolti in due codini.
Indossava un cardigan rosa antico sopra una maglietta color crema e dei pantaloncini blu corti.
Sentendoci, si voltò e mostrò due grandi occhi da cerbiatto color fucsia: era Miku.
Luka la guardò sconcertata e poi iniziò a scappare. Perchè fai così? Iniziai a chiedermi quando Miku la bloccò prendendola per una mano. Tutto stava accadendo dinnanzi a me e sentivo che era giunto il momento cruciale, in cui Miku e Luka avrebbero fatto pace.
Guardai la scena con occhi sbarrati, per la paura che fosse un sogno che si avverava.
La ragazza dai capelli rosa si girò e notò l'amica che iniziò a piangere continuando a ripetere: "Perdonami Luka".
Gli occhi viola di Luka iniziarono a diventare lucidi e, girandosi, prese tra le sue mani quella di Miku e le sorrise, come per dire che lei l'aveva già perdonata ... chissà da quanto avevano desiderato entrambe un'occasione del genere per riavvicinarsi.
Sentii che le lacrime iniziarono a scivolarmi copiose sulle guance: non ci potevo credere che si erano finalmente chiarite!
Che avevano smesso di stare male ed erano andate avanti INSIEME!
Si sedettero per terra e iniziarono a consolarsi a vicenda: io rimasi lì accanto a loro.


Quella sera, decisero di andare ad osservare il cielo stellato, sulla stessa collina dove regalai a loro il portachiavi a forma di stella. 
Rimasero a fissarlo per un po', poi Miku mostrò a Luka la stella che teneva appesa a una bellissima collana; Luka invece con un movimento veloce della testa, mostrò che lei invece ne portava l'orecchino. 
Le raggiunsi e finalmente le osservai insieme dopo anni di tortura. Ero felice che non si fossero dimenticate del nostro patto e anche se non potevo rimanere o solo anche salutarle, sapevo che ora non avevano più bisogno di me.
Erano riuscite a superare il più grande ostacolo che le intralciava.
Attorno a me si accese un cerchio di luce che mi scompigliò tutti i capelli e sentii un calore immenso, una pace interiore completa.
Mi abbandonai a quel calore chiudendo gli occhi, ma prima di scomparire riuscii a mormorare: "Grazie".
Le mie due migliori amiche si girarono, come se avessero udito qualcosa. 
Sicuramente capirono che ero stata io, perché si osservarono con le lacrime agli occhi e tornarono a fissare il cielo dove io ora mi trovavo.
In nome della nostra amicizia, come ultimo regalo, feci brillare tre stelle di colore diverso; una blu, una rosa e una bianca leggermente più grandi delle altre.

Ora potevo riposare in pace.


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NOTA DELL'AUTRICE:

Salve, vi ringrazio per la lettura: di solito io nelle mie storie non tendo ad essere troppo sdolcinata, ma questa aveva proprio bisogno di essere sentimentale! Il video è molto commovente, quindi la storia doveva essere altrettanto! (o almeno ci ho provato!) . Grazie ancora, intanto, vi lascio il link del filmato sopracitato:
https://www.youtube.com/watch?v=_kTxQdbw1HI  





 
  
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