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Autore: irene862    02/02/2014    2 recensioni
INTERROTTA - IN FASE DI REVISIONE
Sookie (Sara) è adottata, ancora in fasce, dai vampiri Godric ed Eric. Questa è la storia dei suoi poteri, della sua crescita (da bambina neonata a giovane ragazza 27enne) e dell'evolversi del rapporto tra i tre con la creazione di legami molto profondi.
Dal 3° Capitolo:
"Le fate, come ben saprai sono creature leggendarie ormai diffuse in tutto il mondo ma ho trovato figure mitologiche affini nei racconti medievali dell’Europa dell’est. Vi sono moltissimi miti sull’ origine di queste creature. Alcuni racconti parlano di un piccolo popolo, di fate che hanno avuto contatti con la razza umana altri racconti si riferiscono a loro chiamandoli fairies, per loro il contatto con gli umani è proibito. La durata di vita di queste creature è incredibilmente lunga, sono dotate di doti particolari legate alla creatività o doti intellettive superiori. La loro indole è buona, certo questo non per tutti gli esemplari. Caratterialmente sono vanitose ed un poco egocentriche e fortemente permalose.”
“Ma questa è Sara!” esclamò Eric colpito “Lei è vanitosa, permalosa e adora che il mondo le giri intorno! Lei è buona e allegra!”
“E incredibilmente sveglia e intelligente” gli fece eco Godric con un sorriso sereno
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric Northman, Godric, Sookie Stackhouse
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11° Capitolo

 Una parola dolce può calmare un cuore arrabbiato…

  
https://www.youtube.com/watch?v=j0JiEglvJic

 

 

Ero sdraiata a letto, agitata, intenta a rigirarmi fra quelle fresche lenzuola. Non riuscivo a prendere sonno e la testa mi doleva quasi volesse scoppiarmi da un momento all’altro.

Cosa scatenava i miei mal di testa?

Erano casuali o ero io stessa a provocarli?

Erano le mie emozioni o i pensieri che, vorticando frenetici tra le pareti del mio cranio, premevano per poter uscire?

Assurdo… cosa andavo a pensare!

Nervosa ed scossa mi alzai, tanto era unitile continuare a rimaner sdraiata a letto senza riuscire a prender sonno. Camminai un poco per la grande stanza che ormai dividevo con Eric, tenendomi la testa con le mani.

Il mal di testa non accennava a diminuire ed ora avevo anche la nausea.

Decisi di andare di sopra, in cucina, per mangiare un poco e prendere qualcosa per quel dolore assurdo che mi trapanava, da diverse ore, il cranio.

Di sopra, notai che Eric mi aveva comprato altre confezioni di fragole e mi appuntai mentalmente di ringraziarlo non appena fosse tornato a casa, da lavoro. Ne mangiai due confezioni, per dessert una bustina di analgesico, semi sdraiata sul divano. Chiusi gli occhi e pregai che facessero effetto alla svelta.

 

Un’ora dopo, con le lacrime agli occhi e una nausea fortissima, mi costrinsi ad alzarmi per spegnere tutte le luci e prendere una piccola coperta. Mi misi seduta sul divano, poggiando la testa all’indietro in modo da non comprimere lo stomaco e aggravare la situazione.

Il mal di testa non era passato, anzi andava peggiorando di minuto in minuto.

Sudavo freddo e un momento dopo morivo di caldo. Lo stomaco mi sembrava pesantissimo, avevo acidità e frequenti conati. Eppure, per quante volte ero andata in bagno, non avevo vomitato. La situazione era rimasta immutata e stavo arrivando seriamente al limite.

Mi capitava spesso di soffrire di mal di testa ma non erano mai così persistenti e violenti, tanto da farmi piangere.

Ero preoccupata ed anche un poco in ansia perché non sapevo come far cessare tutto.

Provai a sdraiarmi nuovamente, chiusi gli occhi e  tentai di calmarmi respirando profondamente. Iniziai a contare mentalmente … 1, 2, 3, 4, 5 …

 

 

 

Rientrai a casa, più tardi rispetto al solito e già mi immaginavo le storie che avrebbe fatto Sara. Parcheggiai la macchina in garage, abbassai la bascula e la sigillai con il solito lucchetto pesante. Rialzando il capo, mi apprestai ad entrare notando, solo in quel momento, che tutte le luci di casa erano spente e nessun rumore proveniva dall’interno. Prese le chiavi, aprì la porta di casa come una furia. Preoccupato a morte.

Solo quando accesi la luce in sala mi accorsi di lei. Era seduta rigida sul divano, gli occhi sgranati e le mani a tenersi il capo con forza. Davanti a lei, vicinissimo al suo petto, andava creandosi una strana sfera luminosa.

Tentai di toccarla, di arrivare alla sua spalla, ma un potente scudo d’energia me lo impedì. Anzi mi spedì con forza dall’altra parte della stanza, scaraventandomi sul tavolino in vetro.

“Che cos’hai?” domandai ad alta voce “Sara!”

Lei non dava segno di sentirmi né di esser cosciente di quanto le stava accadendo, sembrava concentrata in altro. La chiamai di nuovo, gridando il suo nome ma con tutta probabilità non mi vedeva né sentiva la mia voce.

Mi alzai in fretta, ripulendomi dalle schegge di vetro e tentai nuovamente di avvicinarmi.

“Sara! Svegliati!” gridai  “Guarda cosa stai facendo!!!”

La sfera di energia sembrava ingrandirsi a poco a poco, le sue mani sembravano aggrappate tenacemente al cuoio capelluto mentre  gli occhi erano inondati di lacrime.

Fui scioccato da quella scena. Le sue lacrime avevano sempre avuto uno strano effetto su di me.

Scossi la testa tentando di schiarirmi le idee. Fermarmi a pensare a lei, a quanto fosse fragile ed indifesa non avrebbe contribuito a migliorare la situazione.

Magari, se tentassi un approccio differente…

 

Con lentezza esasperante, avvicinai la mia mano alle sue ma la sua energia, quella che aveva materializzato da chissà dove, mi respinse di nuovo.

Le sue lacrime continuavano a rigare il suo bellissimo viso e questo mi fece scattare rabbiosamente. Erano così fastidiose e dolorose che senza pensarci mi fiondai su quel divano e lo scossi, brutale. Lo sollevai con la sola forza delle braccia e lo sbatacchiai più volte. Volevo gridare ancora il suo nome, farla svegliare per fermare qualunque cosa stesse facendo ma dalla mia gola non uscì altro che una accorata supplica.

“Sara … ti prego, smetti di fare qualunque cosa tu stia facendo. Torna da me”

Chiusi gli occhi e posai a terra il divano. Mi accasciai sulle ginocchia, poggiando la testa sul bracciolo del divano tentando di fare mente locale e trovare una nuova soluzione efficace.

Appena un secondo dopo mi sentì sfiorare i capelli e sollevando la testa la vidi guardarmi con una dolcezza in volto che mi spezzò dentro, in un milione di pezzi.

“Sara” sussurrai avvicinando lentamente una mia mano al suo bellissimo viso

“Sei stanco?” domandò ricambiando la carezza  “Quando sei tornato? Non ti ho sentito … devo essermi addormentata”

Ritrassi la mano come scottato e rimasi a fissarla con sguardo serio

“Che significa?” domandai teso  “Non ricordi?”

“Cosa? Che c’è … perché fai quella faccia … sei arrabbiato?” domandò non riuscendo a capire quale fosse il motivo del mio irrigidimento

“Come ti senti?” chiesi di rimando, fiondandomi sul divano ad abbracciarla stretto

“Bene, credo … sono stata male a causa di un tremendo mal di testa … poi devo essermi addormentata perché non ti ho sentito rientrare” un sorriso stanco sul volto  “Come è andata a lavoro?”

“Lascia perdere il mio lavoro … voglio sapere come stai” tuonai in modo brusco, iniziando a tastarle la fronte e le braccia e il collo

Ero morto di paura, qualche minuto prima, nel vederla preda di quella strana situazione. Ora sembrava non solo che lei non ricordasse nulla ma che non avesse riportato conseguenze dall’accaduto.

“Io sto bene. Perché continui a chiedermelo?”

Mi guardava negli occhi un poco accigliata e solo allora mi accorsi che il suo sguardo era ancora bagnato di lacrime. Le avvicinai i pollici agli zigomi e con calma glieli asciugai non resistendo poi a lasciarle un lieve bacio a fior di labbra.

Le tenni la testa vicino alla mia, fronte contro fronte, mentre le mie mani le accarezzavano il collo.

“Eric cosa c’è? Sembri … turbato” sussurrò avvicinandosi con il resto del corpo “Parlami, non riesco a leggerti nella mente, lo sai … non con te”

“E’ quasi una fortuna, a volte” sussurrai, scostandomi poi per baciarle la fronte

“Vieni, parliamo giù … in camera nostra. Sono stanco. Ho bisogno di una doccia e di cambiarmi”

“Va bene”

Mi alzai per primo e mi voltai appena in tempo per vederla scivolare a terra. Le erano cedute le gambe, quasi fosse senza forze.

Si guardò lentamente per poi riportare lo sguardo su di me “Credo di non sentirmi molto b-”

Non riuscì a finire la frase perché si addormentò prima. Chiuse gli occhi e si lasciò andare alle mie braccia. L’unica cosa che riuscì a fare fu prenderla in braccio e portarla di sotto senza dire una parola.

 

Ero sotto il getto della doccia da quasi due ore eppure mi rifiutavo di uscire. L’acqua calda mi scorreva sul corpo, lenta, e sembrava essere l’unica cosa capace di tenere a freno la mia rabbia e la mia paura.

Non so nemmeno per quale motivo io sia così arrabbiato…

Avevo voglia di urlare e scatenare la mia ira.

Avevo voglia di azione e movimento eppure non potevo fare altro se non rimanere in quella maledetta doccia, rinchiuso tra due pareti di marmo.

Che cosa avrei dovuto fare? Raccontarle tutto quello che aveva fatto o tacerglielo? Come mi sarei dovuto comportare?

Godric avrebbe sicuramente saputo come agire…

 

 

 

 

… il giorno seguente…

 

Cominciai di nuovo a perdere sangue dal naso, quel dannato mal di testa era tornato un’ora prima e nonostante l’assunzione di ben due analgesici non era sparito. Cominciavo a sentirmi di nuovo debole.

Buio. Avevo bisogno di buio assoluto e di silenzio.

Mi sdraiai sul divano dopo aver oscurato tutta la stanza. Ripresi a respirare lentamente e tentai di calmarmi. Forse se mi fossi addormentata, sarei riuscita a farlo passare.

Ieri sera ha funzionato…

Quando riaprì gli occhi erano passate un paio di ore, era appena l’una di notte. Il mal di testa era diminuito e il mondo aveva smesso di vorticarmi attorno. Provai a sollevarmi, lo feci lentamente e con la massima cautela.

Mi diressi in cucina perchè avevo una fame da lupi. Mangiai in piedi, appoggiata al frigo. Vampate di caldo soffocavano la mia pelle e rimanere vicinissima alla parete del frigo mi trasmetteva una sensazione di frescura, davvero piacevole.

Quei dannati analgesici non funzionano per nulla!

Stavo per tornare in salotto a distendermi quando una fitta alla tempia mi stordì d’improvviso. Mi ritrovai a barcollare colta da vertigini e nausea. Appoggiai la schiena al muro e lentamente mi lasciai scivolare a terra.

“Ma che cavolo mi succede?” biascicai con le lacrime agli occhi

Sentì solo in lontananza il telefono di casa suonare. Poi la suoneria del mio cellulare.

Non pensai nemmeno per un momento di andare a rispondere. Non vi sarei riuscita. Mi presi la testa fra le mani e pregai con tutta me stessa che finisse tutto presto.

Voglio stare meglio, voglio stare bene.

 

 

 

“Non risponde nessuno” mi annunciò Pam entrando in ufficio

Ero in piedi col cellulare tra le mani e stavo provando a chiamarla da diversi minuti. A Pam avevo ordinato di chiamare a casa mentre io provavo sul suo cellulare. Non rispondeva nessuno.

“Merda!” imprecai ad alta voce

Possibile che stia ancora male?

Un gigantesco lampo di preoccupazione e paura mi attanagliò lo stomaco.

Forse, non avrei dovuto lasciarla a casa da sola.

Non puoi starle sempre appiccicato al culo, cazzo! E’ adulta ed autonoma!

Pam mi guardava incuriosita e confusa, appoggiata alla porta. Sollevai lo sguardo e mi volsi verso di lei 

“Fai andare via tutti. Chiudi il locale” ordinai mentre raccattavo le poche cose presenti sulla scrivania

“Cosa?” mi domandò scioccata  “Che diavolo stai dicendo, Eric?”

Era stupita, incredula e a buona ragione. Purtroppo in quel momento non avevo tempo di spiegarle i dettagli, avevo bisogno che mi seguisse subito a casa.

“Fai come ti ho detto, Pamela” ordinai deciso, sollevando di scatto la testa verso di lei

Raramente la chiamavo con il suo nome completo e quando lo facevo era per imporre la mia volontà sulla sua. Si trattava di ordini che non poteva assolutamente discutere.

“Bene” sibilò infastidita, precipitandosi ad eseguire

 

 

Salimmo in macchina velocemente e qualche minuto dopo eravamo a casa. Notai subito che le luci erano spente e dentro di me pregai intensamente che lei stesse bene.

“Come mai è tutto spento? Dov’è Sara?” domandò Pam scendendo dalla macchina

Arrivai alla porta e l’aprì velocemente. Accesi la luce e i miei incubi si concretizzarono all’istante.

Sara era riversa a terra e sembrava svenuta.

Mi precipitai da lei gridando il suo nome  “SARA!!!”

La presi tra le braccia e le sfiorai il viso. Non dava segni di ripresa ma per fortuna non era preda di quella strana crisi che l’aveva colpita la sera prima.

“Che cos’ha?”

“Non lo so” risposi prendendo in braccio quel suo fragile corpo umano

“Sara, piccola mia…” sussurrai al suo orecchio a voce bassissima 

Pam, capendo le mie intenzioni, liberò il divano e lo sistemò permettendomi di posarvela sopra.

Le accarezzai delicato la fronte e la trovai fresca, non aveva febbre. Corsi in cucina e presi una pezzuola di stoffa e un piccolo catino, riempiendolo di acqua.

Tornai accanto a lei e cominciai a bagnarle la fronte, il collo e i polsi. Non sapevo cos’altro fare e mi volsi verso Pam come in cerca di aiuto.

“Forse dovremmo sollevarle le gambe … potrebbe aiutare” borbottò dandosi da fare

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so quanto tempo fosse passato quando notai che lentamente stava riaprendo gli occhi e tornando cosciente.

“Hey” sussurrai

Era tutto quello che riuscì a dire. Non mi ero allontanato da lei e non lo avrei fatto sino a quando non si fosse alzata anche lei. Pam era al mio fianco, in piedi, rigida e silenziosa.

Sarebbe stato sempre così?

Sarei morto ogni volta che si fosse sentita male e sarei risorto solo quando si fosse ripresa?

 E che ne era stato del mio carattere? Del mio modo di fare e di essere? Perché spariva del tutto in sua presenza?

Perché mi risultava così importante ed essenziale?

Perché mi scatenava tutto quel sentire quando avevo fatto della mia esistenza una distesa eterna ed oscura di insensibilità totale?

 

La porta di casa si spalancò d’improvviso, proprio in quel momento, e l’autoritaria figura di Godric entrò velocemente.

Arrivò vicinissimo a noi, in pochi istanti, accovacciandosi ad accarezzare con una dolcezza ultraterrena, che gli invidiavo e che mai mi sarebbe appartenuta, il livido viso di Sara.

“Papi” sussurrò lei con un sorriso stanco

Mi sollevai di scatto e lasciai il posto a lui, che si accomodò vicino ai suoi piedi prendendoli sulle sue ginocchia

“Stai meglio, figlia mia?” domandò sollecito, prendendole una mano tra le sue

“Ora si” risposi io per Sara  “Ma è stata molto male ... anche ieri sera” continuai con tono duro  “C’è qualcosa che non va”

“Lo so bene Eric … la casa è circondata da un alone di energia molto forte … a tratti è impenetrabile”

“Cosa?”

Mi voltai verso Pam che aveva trattenuto il fiato sorpresa poi gli domandai  “Credi che sia lei?”

“Sono sicuro che sia opera di Sara … ero fuori da qualche minuto e solo adesso sono riuscito a passare … e quell’energia è ancora qui … tutta la stanza ne è pervasa” mi spiegò sempre senza distogliere lo sguardo da Sara, che si era riaddormentata 

“E’ fortissima… com’è possibile che tu non riesca a percepirla?” mi domandò voltandosi e guardandomi, finalmente, per la prima volta da quando era arrivato

  
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