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Autore: haarryness    02/02/2014    1 recensioni
Charlie ed Harry sono sempre stati pronti a tutto pur di salvare la loro storia. Hanno affrontato tutti gli ostacoli che la vita diede loro. E anche quando tutto sembra finito, si ritrovano, in nome dell'amore.
Storia vincitrice del secondo posto nella categoria "Narrativa Junior" de "Il pensiero libero".
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bianco.
 
Il bianco era tutto quello che vedevo.
 
Era questo il posto di cui tutti parlavano? L'aldilà?
 
Era quello, il mio posto, il mio paradiso?
 
No, certo che no. Il mio paradiso era tra le braccia di Harry.
 
Quanto tempo era passato? Un minuto, un'ora, un giorno, da quando l'avevo lasciato solo?
 
Non me lo sarei mai perdonata. Gli avevo promesso che non l'avrei lasciato, che sarei stata per sempre con lui.
 
Invece mi ero lasciata sopraffare dalla malattia, dalla debolezza. E me n'ero andata via, così, in un soffio di vento.
 
Che razza di persona ero, se non mantenevo nemmeno le promesse?
 
Il solo pensiero di averlo deluso mi faceva venire i brividi.
 
Ma come possono le anime, avere i brividi?
 
Forse ero ancora viva, forse ero ancora distesa sul letto dell'ospedale ad aspettare che la porta si aprisse, lasciando che lui entrasse! Forse era solo un incubo!
 
Ad un tratto sentii un fischio, squillante e prolungato. Fastidioso.
 
Strizzai gli occhi, cercando in qualche modo di fermarlo. Caddi in ginocchio, con le mani sulle orecchie.
 
Poi il silenzio.
 
Aprii lentamente gli occhi, come se avessi paura di quello che potessi trovarmi davanti. Ma nulla, c'era solo il bianco.
 
Mi alzai in piedi e cominciai a guardarmi intorno. Doveva esserci qualche cosa che non fosse bianca e che mi facesse capire che ero viva!
 
Cominciai a correre, senza una meta. Corsi fino allo sfinimento, ma tutto quello che riuscivo a vedere era solo e soltanto il bianco.
 
Una voce, all'inizio flebile, irriconoscibile. Ma pian piano, cominciò a diventare più forte.
 
La conoscevo. Sì, la conoscevo fin troppo bene.
 
Era la sua voce. Era quella voce che io ho sempre amato.
 
Ma non era felice, anzi. Urlava il mio nome, tra un singhiozzo e l'altro.
 
Un'immagine cominciò a prendere forma davanti ai miei occhi.
 
Raffigurava me, nel letto dell'ospedale, con gli occhi chiusi, immobile. Un medico spegneva le macchine che erano vicine a me, mentre altri trattenevano Harry. Era sconvolto, in lacrime. Non l'avevo mai visto così. Si dimenava tra le braccia degli infermieri, che ormai stanchi, lo lasciarono andare.
 
Corse vicino al mio letto, e si aggrappò al mio corpo, come se fosse la sua ancora di salvezza. I medici erano ancora lì, a guardarci. Harry mise la sua testa nell'incavo del mio collo, e cominciò a piangere più forte che mai.
 
«No... No... »
 
Sussurrava, mentre aumentava la sua presa su di me.
 
«Non te ne puoi andare, non puoi lasciarmi solo qui, me l'hai promesso, per favore, svegliati... ».
 
Portò la sua mano sulla mia guancia e alzò il suo viso per guardarmi.
 
Lo sentivo. Sentivo le sue mani, il suo respiro sulla mia pelle, sentivo le lacrime che bagnavano la mia spalla. Istintivamente portai la mano sulla guancia, come per poterla stringere.
 
Mi baciò. Era un bacio disperato, ricco di tutto l'amore che aveva. Un bacio che voleva essere ricambiato.
 
«Per favore... »
 
Guardavo quella scena scioccata, senza poter fare nulla, se non piangere insieme a lui.
 
Caddi di nuovo in ginocchio. Volevo urlargli che lo amavo, volevo abbracciarlo forte per dirgli che io ero lì, che andava tutto bene.
 
Allungai la mano verso l'immagine davanti a me, come per poterci entrare, ma l'unica cosa che essa fece fu quella di distorcersi e poi tornare al suo posto.
 
Si alzò in piedi, senza però lasciare andare la mia mano, senza spostare il suo sguardo dal mio viso.
 
«Ti amo.»
 
Tornò al suo pianto, interrotto dagli innumerevoli singhiozzi.
 
Quella scena era troppo per me. Scoppiai a piangere anche io. Gridai, senza la certezza che qualcuno potesse sentirmi.
 
Non riuscivo a guardarlo in quelle condizioni, soprattutto se la causa ero io.
 
Un medico lo allontanò con la forza, mentre lui lasciava riluttante la mia mano, ormai debole.
 
«No... No... » continuava a ripetere, mentre veniva trascinato dalla stanza dell'ospedale.
 
Non potevo lasciarlo così. Sapevo che lui aveva ancora bisogno di me. Dovevo stare con lui, anche se solo spiritualmente, avevamo entrambi bisogni di sentirci vicini.
 
Desiderai di stare accanto a lui.
 
*****
 
Non so per quanto tempo restai con gli occhi chiusi. Ma quello che so è che riuscii nel mio intento.
 
Mi ritrovai nel corridoio dell'ospedale, in piedi, accanto alle sedie dov'erano seduti i miei familiari e i miei amici, tutti in lacrime.
 
Feci qualche passo, avvicinandomi a mia madre e mio padre, stretti in un abbraccio, per trovare un po' di conforto. Avrei voluto tanto dare loro un ultimo abbraccio.
 
Così, mi avvicinai a loro, e li strinsi forte, anche se non sapevo se potessero sentirmi.
 
Mi staccai da loro, e continuai a camminare.
 
Gli altri avevano tutti una faccia che era un misto tra confusione e disperazione. Non potevo fare a meno che le lacrime scendessero dai miei occhi.
 
Harry però non c'era. Non era tra le tante persone sedute fuori dalla mia stanza. Dove poteva essere?
 
Cominciai a cercarlo, e dopo poco tempo, lo trovai sul terrazzo, seduto per terra, circondato dai ragazzi.
 
Mi avvicinai lentamente a loro: si era chiuso con le gambe al petto, e nascondeva la sua testa tra le braccia, ma si riusciva benissimo a capire che stesse ancora piangendo. Singhiozzava così forte, che sembrava che non respirasse.
 
I ragazzi non potevano fare nulla, sapevano bene che in quel momento non c'era nulla che potesse calmarlo. Si limitavano ad accarezzargli la schiena, come facevo anche io. Avevano gli occhi lucidi, e ogni tanto si facevano sfuggire qualche lacrima.
 
Avanzai ancora un po', chinandomi per stringergli un braccio, come per confortarlo.
 
«Voglio stare solo» disse ad un tratto.
 
Forse mi aveva sentito?
 
«Harry... » lo richiamò Louis.
 
«Ho detto che voglio stare da solo!» quasi urlò.
 
I ragazzi si scambiarono qualche sguardo incerto, ma alla fine si alzarono.
 
«Non fare cazzate» lo avvertì Zayn, e tutti rientrarono, passandomi accanto.
 
Li guardai allontanarsi, prima di posare di nuovo lo sguardo su Harry.
 
Alzò di poco la testa, lasciando intravedere i suoi occhi, orma i rossi.
 
Strinsi ancora po' la presa sul suo braccio, e poi appoggiai la testa sulla sua spalla.
 
Non piangere.
 
Dalla mia bocca non usciva alcun suono.
 
Alzò di scatto la testa, impaurito.
 
«C-Charlie?» balbettò, girando la testa a destra e a sinistra.
 
Spalancai gli occhi. Puoi sentirmi?
 
«Dove sei?»
 
Alla tua sinistra, ho appoggiato la testa sulla tua spalla.
 
«Vorrei che fossi ancora qui... »
 
Ma io sono qui!
 
«Dimmi che è tutto un incubo. Svegliami.»
 
Oh, Harry...
 
«Perché? Perché a te? Dovevo esserci io al posto tuo!»
 
Non dirlo nemmeno per scherzo. Il tuo posto é qui!
 
«Voglio venire da te...»
 
No!
 
«Se avessi saputo che quello era il nostro ultimo bacio, l'avrei fatto durare più a lungo. L'avrei reso più bello.»
 
Era perfetto, ogni bacio era perfetto.
 
«Non capisco perché le persone migliori debbano andarsene via così...»
 
Non sapevo cosa rispondere. In effetti era così.
 
«Vorrei che sapessi una cosa, però... »
 
Per un momento, sembrava che i nostri occhi si incontrarono, anche se lui non poteva vedermi. Rimasi a fissarli per uno po', non sapevo quando li avrei rivisti, non sapevo se li avessi rivisti.
 
«Ti avevo detto che sei l'unica.»
 
Cosa voleva dire?
 
«E lo sarai, per sempre. Sarai l'unica donna che avrò mai amato, e che amerò per tutta la vita.».
 
Harry...
 
«Ti amo.»
 
Si alzò e rientrò, mentre si asciugava il viso, lasciandomi da sola, seduta per terra, senza saper cosa pensare.
 
Da un lato, volevo che Harry si rifacesse una vita senza di me, che fosse felice, perché questo significava anche la mia felicità. Ma dall'altro, più egoista, speravo che quello che disse fosse realizzato.
 
Mi alzai in piedi, con l'intenzione di tornare dentro, ma fui colpita da un forte mal di testa. Sentii di nuovo quel fischio assordante, mi coprii le orecchie con le mani.
 
E poi il buio.
 
 
 
 
*****
 
 
Harry camminava con lo sguardo basso, perso nei suoi pensieri.
 
Erano ormai passati cinque mesi che Charlie non c'era più, e lui si chiedeva il perché lui non l'avesse ancora raggiunta, perché non aveva ancora abbandonato tutto, perché non c'era stato lui al posto suo.
 
Aveva ritrovato la canzone che aveva scritto insieme a lei, e aveva deciso di registrarla insieme ai ragazzi. Ma non fu un'impresa facile: ogni volta che era il suo turno di registrare scoppiava a piangere. Più volte gli avevano consigliato di rinunciare, ma lui rispondeva con un "no" secco, si alzava dal divano dove era seduto, si avvicinava al microfono e cantava, mentre immaginava che, a suonare il pianoforte nella base, fosse la sua Charlie.
Convinse i ragazzi di cantarla ai concerti, ma quando videro che durante le prove, dopo pochi secondi cominciava a piangere, abbandonarono l'idea, immaginando cosa sarebbe potuto succedere ai concerti.
 
Era stanco. Stanco di parlare, di mangiare, di dormire, persino di cantare e continuare a realizzare il suo sogno. Era stanco di vivere.
E non riusciva ad avere il coraggio di farla finita.
 
E se facendo così, non l'avrebbe rivista? Se l'avesse delusa, perché voleva che lui vivesse ancora? Se una volta raggiunta, lei non l'avrebbe più voluto?
 
Tanti interrogativi si facevano spazio nella sua mente. Ma erano inutili, perché Harry sapeva che lei non l'avrebbe mai rifiutato.
Sapeva che lei desiderava di riabbracciarlo almeno quanto lo voleva lui.
 
Non si rese conto che era arrivato ad un lago. Non l'aveva mai visto da quelle parti. Era circondato da un prato verde, la superficie era coperta da ninfee rosa. Il sole di mezza estate faceva capolino dietro le montagne che facevano da sfondo a quella visione paradisiaca.
 
Si avvicinò alla sponda e toccò l'acqua. Era calda. Piacevole.
Si tolse le scarpe, posò il cellulare e il portafogli sull'erba e si tuffò senza pensarci due volte.
 
Nuotò fino al centro del lago, poi si fermò. Si distese sull'acqua, rivolgendo lo sguardo al cielo. Ad un tratto, una sensazione piacevole lo avvolse. Sentì i suoi problemi, la tristezza, la tensione scorrere via. La luce lo accecava, ma non chiuse gli occhi. Si sentì più leggero, come se volasse.
 
E trovò la pace.









Ciao a tutti. 
Questo, come avete letto dall'introduzione, è un racconto (che doveva far parte di una long che non è mai stata scritta) che ho scritto per un concorso, e che con mio grande stupore, si è classificata seconda. 
L'idea iniziale era una storia Larry, ma ahimè, la mia professoressa di italiano non condivise la mia scelta, quindi l'ho dovuta trasformare in una storia het, e non so davvero come ci sono riuscita, dato che non le amo particolarmente. 

Come penso avrete notato, la trama è più o meno simile al film Ghost, uno dei miei preferiti. 
Per l'ultima parte, invece, ho preferito lasciare in sospeso la situazione di Harry. Alcune mie amiche credono che si morto, altre invece dicono che si è finalmente rilassato e ha continuato a vivere. E voi, invece, come la pensate?

Fatemelo sapere in una recensione con più di dieci parole, e magari datemi anche qualche dritta sul mio modo di scrivere (anche se è stata scritta quest'estate, e il mio modo di scrivere ora è leggermente diverso).

Spero di pubblicare altre storie, man mano che le scriverò. 

Un bacione, 
Annalaura.  








 

 

 

  
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