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Autore: Goldenslumber14    02/02/2014    2 recensioni
"-Ma questo è un fottutissimo triangolo, e da entrambi i lati!-
-In che senso?-
-Nel senso dell'eterosessuale e dell'omosessuale!-"
Si sono conosciuti ad Amburgo, erano ancora dei ragazzi e nessuno di loro avrebbe immaginato che, quella città sporca e violenta avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Un semplice incontro in uno strip club si rivela essere più significativo di quanto avessero pensato e l'unico ricordo di quell'incredibile storia, è una bambina: Marilyn. Non le hanno mai detto nulla su sua madre, volendo come cancellare ogni ricordo di quel periodo, ma Marilyn vuole sapere, e forse sarà proprio ricordando che John e Paul capiranno che non possono continuare a fingere.
Dal testo (Cap VIII):
"-Paul, non ho più nessuno, se adesso te ne vai anche te- Paul lo zittì. Disse che avrebbe sicuramente trovato un'altra donna e sarebbe stato felice -Si, e poi magari viviamo per sempre felici e contenti? Paul non è come una fiaba, io non sono come te! Hai trovato la donna della tua vita, la mia se n'è andata. So che in passato ho sbagliato, ma non lo rifarei, perché adesso so cosa significhi per me"
•momentaneamente sospesa•
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo II:

 

-Los Angeles- 10:30-

 

-John, mi avevi promesso che ti saresti preso cura di lei!-.

Abbassò lo sguardo colpevole, era consapevole di aver sbagliato, ma senza Yoko non riusciva a capire più niente ed era come se avesse perso l’orientamento, come se una parte di sé stesso non gli appartenesse più.

-Lo so, ma non ci riesco- tentò inutilmente di scusarsi.

-Sono solo parole Lennon, me l'avevi promesso e le promesse si mantengono- lo rimproverò delusa la donna, puntandogli un dito contro.

-Potrei sempre far sapere a tutto il mondo il tuo unico segreto- le parole uscirono dalle sue labbra con un suono provocatorio e malizioso.

-Quei tempi sono passati- rispose prontamente John cercando di evitare il discorso.

-E invece ancora una volta stai mentendo a te stesso-

-Ma comunque tu non lo faresti mai- disse il cantante cominciando ad essere inquietato. Di fronte a quella sagoma non riusciva ad essere del tutto tranquillo, la percepiva minacciosa nei suoi confronti. Cominciava a temerla.

-Ma sai John, come sono scomparsa posso sempre riapparire- schioccò le dita e sparì, in quel vuoto bianco.

John la chiamò e la chiamò più volte, finché non udì solamente l’eco della sua voce e si rese conto di essere rimasto solo.

Cadde in ginocchio e cominciò a piangere tutte le lacrime che fino a quel momento aveva tenuto rinchiuse dentro di sé. Non riusciva più a smettere, tutto stava diventando insopportabile. -Non avresti potuto- singhiozzò portandosi le mani tremanti al viso.

-Non avresti potuto lasciarmi, senza più nulla-.

Sentì delle mani che delicatamente gli alzavano il capo, e si trovò davanti a lei, che lo penetrava con i suoi occhi, enigmatici ma così familiari al tempo stesso. -Non ti ho mai lasciato solo, sono sempre stata accanto a te, anche se non mi vedi. John, ho realizzato il tuo sogno, ma te ne devi prendere cura, altrimenti diventerà un incubo... mi capisci John?-

Lui annuì, si asciugò una lacrima sorridendole, non era cambiata per niente -Allora, ci vediamo- disse vedendo che stava sparendo -Sì John, a DisneyLand.”

 

Aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi a fissare il soffitto bianco della sua stanza, che sapeva di fumo. Si stropicciò gli occhi, ancora intorpidito dal sonno e guardò l'ora dalla sveglia sul comodino -Le dieci e mezzo- sussurrò girandosi su di un fianco.

In quel momento la porta si aprì, rivelando una Marilyn già pronta e vestita -Giù dal letto! Si deve andare a Disneyland!-

A quelle parole il padre si nascose sotto le coperte come per non ascoltarla, facendo ridere la propria figlia. -A volte sembri proprio un bambino!-

Decise finalmente di alzarsi, ricordandosi che avrebbe dovuto passare a prendere Julian. Era felice di poter essere vicino ai suoi due figli, che in quel momento era l'unica cosa a cui teneva veramente, l’unica cosa che ancora gli apparteneva.

Quel giorno, sarebbe stato il padre migliore del mondo per loro.

Presi cappotto e cappello, uscì dall'appartamento. Come al solito il sole lo investì abbagliandolo. Si nascose da esso inforcando i suoi tipici occhialetti tondi, sperando che celassero i suoi occhi arrossati e le profonde occhiaie. Guardò sua figlia: indossava un cappello di paglia, che con l’ingombrante visiera, le ombreggiava il viso dai tratti morbidi. La bocca a cuore era aperta in un sorriso e i suoi occhi vagavano da una parte all’altra della città, incuriositi da qualsiasi cosa.

Era maturata molto velocemente, visto che aveva dovuto affrontare la realtà fin da piccola, per questo le perdonava qualche monelleria.

-Papà, aumenta il passo su!- gli ordinò Marilyn mentre saltellava felice. Si tenne il cappello per non farlo volare sotto al tocco del vento, per poi girare su sé stessa gioiosa. L'aria di Los Angeles le faceva proprio bene, alla fine quella settimana di sospensione non era così male.

Quando arrivarono a casa di Julian, il ragazzo si fiondò subito da loro, non volendo sprecare neanche un secondo di quel “ritrovo familiare”.

-Sei pronta per la sconfitta, McCartney?- chiese dandole un colpetto sulla spalla appena vide la sorella. Lei lo spintonò via -Bada a come parli Lennon!-

John si fece scappare una risata, erano proprio buffi come fratelli.

A Disneyland si divertirono un sacco. Era quasi toccante vedere i due ragazzi che ridevano di gusto e per un istante a John parve che tutto il resto non esistesse, solo lui e la sua famiglia.

Forse è questo che si prova pensò mentre addentava dello zucchero a velo, che prontamente gli si attaccava al palato, riempiendo la sua bocca di un dolce sapore.

Il tempo era passato come il vento e si rese conto solo all'ora che dovevano tornare a casa per la cena.

In macchina Julian e Marilyn, continuarono a decantare le loro meravigliose sfide all'autoscontro. John sapeva anche troppo bene che il giorno dopo non sarebbero stati così pimpanti, fortunatamente per lui, e che i lividi si sarebbero fatti sentire.

-Ordiniamo qualcosa al cinese?- chiese mentre guidava la macchina per le strade affollate di Los Angeles.

-Un'ottima idea papà, però a domicilio,noi non abbiamo voglia di uscire e neanche May- Julian strizzò l'occhio alla donna, che sorrise divertita. John si trovò pienamente d’accordo.

Appena arrivarono a casa, i due figli si stravaccarono sul divano, aspettando la cena. Julian raccontò a Marilyn come aveva trascorso quell’anno, con la scuola e tutto il resto. -Lo sai, mi sei mancata- disse infine guardandola seriamente.

-Dici davvero?- chiese lei alzando le sopracciglia.

-Certo, credi che mi inventi tutto?- protestò il fratello. Lei lo strinse a sé, forse troppo, ma lo fece ridere -Sei uno stupido tenerone certe volte!-

Quando lo lasciò, Julian si rabbuiò improvvisamente -Sai, quando papà mi ha chiamato per andare da lui...all’inizio non volevo farlo-.

La ragazza si sedette composta e lo guardò seriamente.

-Non so perché, ma l'idea di rivedere papà, solamente io e lui... mi terrorizzava- le parole di Julian erano sincere e Marilyn sapeva quanto sforzo stesse facendo per esplicitare ciò che sentiva.

-Ma quando poi ho saputo che c'eri anche tu, ho capito che sarebbe andato tutto bene-. Sorrise timidamente abbassando gli occhi.

La ragazza gli strinse la mano, calda e grande -Ma perché? Perché hai paura di John?-.

A quella domanda il ragazzo abbassò lo sguardo -Beh, tu non puoi saperlo, ma...ecco...certe volte, quando stava ancora con mia madre, aveva degli sbalzi di umore e si arrabbiava senza un vero motivo. Insomma, non volevo subirmi ancora una delle sue sfuriate, ma con te è come se fosse più tranquillo, non so perché-.

Non lo sapeva nemmeno lei e da una parte si sentiva più serena nel sapere che con lei John si desse una controllata, ma dall’altra non voleva che avesse delle preferenze, perché non era giusto nei confronti di Julian.

Paul l’aveva avvertita che stava passando un brutto periodo, ma non aveva mai saputo nulla di tutto questo.

-Ho capito, comunque non ti devi preoccupare, se prova a farti qualcosa ci penso io- disse dandosi un pugno sul petto, per sottolineare la sua fedeltà.

 

*

 

Stava per andare a letto, stanca di tutto, quando un pensiero le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno. Non ci aveva mai pensato prima, e quella cosa la incuriosiva. Così andò da suo padre, pensando che le avrebbe dato delle spiegazioni.

-Papà, dov'è la mamma?-.

John stava lavando i piatti, ma anche se la domanda poteva sembrare innocente e innocua, turbò l'uomo. Una forchetta scivolò dalle sue mani e lo stridio risuonò glaciale per tutto l’appartamento.

Marilyn lo continuava a fissare, quasi incuriosita dal suo comportamento. -Papà?- chiese di nuovo.

John si riscosse -Come mai lo vuoi sapere?- “Che domanda idiota, non c’è un perché lo voglia sapere, è un suo diritto” pensò.

-Non so, mi sembra giusto che io lo sappia- dichiarò lei.

Come immaginava. John chiuse gli occhi, dire la verità era più difficile di quanto volesse ammettere.

Si passò una mano tra capelli nervoso. -Non posso- sussurrò velocemente, andandosene dalla cucina. La ragazza lo seguì, volendo sapere ancora di più quello che era accaduto a sua madre.

-John, non provare a scappare- disse minacciosa puntandogli il dito contro. Lo conosceva e sapeva anche meglio di lui che, davanti a delle brutte situazioni, preferiva fuggire che affrontarle.

-Io non sto scappando- disse irritato alzando entrambe le mani, sapendo perfettamente che sua figlia aveva ragione.

-Allora dimmi, dov'è mia madre- disse scandendo le parole.

Non lo sopportava, non voleva assolutamente parlare di sua madre, non era il momento. Era ancora troppo presto, c’erano ancora tante cose che doveva capire, metabolizzare e tutto stava andando troppo velocemente per i suoi gusti. -Senti, adesso no-

Ma Marilyn insisteva, non capendo perché si ostinasse a non voler dire nulla.

-Che cazzo Marilyn! Ti ho detto di no! Per dodici anni ho vissuto senza sapere chi fosse mia madre e non ho mai rotto il cazzo in questa maniera!-

Marilyn sgranò gli occhi -Appunto tu più di chiunque altro dovresti capire! Sai benissimo che è un mio diritto sapere chi mi ha dato la vita!-

Ecco, gli sbalzi di umore. Vedeva nei suoi occhi una strana luce, inquietante e irata, che non gli aveva mai visto. Quello non era John, non era il padre divertente e scanzonato che la faceva ridere ogni volta.

-Non cominciare con queste puttanate, non è così importante sapere chi ti ha partorito, ci siamo io e Paul, quindi smettila di rompere il cazzo!- la minacciò John.

La ragazza si sentiva come messa al muro, e aveva paura ma era anche così arrabbiata con suo padre che reagì d’impulso -Altrimenti cosa farai? Mi picchierai? Ma tanto tu sei il fantastico e famosissimo John Lennon, puoi dire e fare qualunque cosa, perché tanto tutti ti ameranno comunque!-

Era rossa in viso, non aveva mai litigato con John e per lei quella situazione era del tutto inesplorata.

-Non dici niente? Vedo che allora nessuno te lo ha mai detto, forse perché col tuo carattere di merda hai finito con l’allontanare tutti quelli che ti volevano bene!-

John scosse la testa -Che diavolo stai dicendo?-

-Sto dicendo la verità, papà! Tu non ti rendi conto di cosa hai fatto a Cynthia e a Julian! Forse Cynthia è stata troppo buona, ma io non sono lei e devi mettertelo in testa, perché quando cominci a fare cazzate, io te lo dico e non ho paura di te!- Non fece in tempo a finire la frase che John aveva sbaraccato il tavolino con un calcio, rompendo anche qualche bicchiere.

Il silenzio si fece padrone dell'appartamento.

I due si guardavano, entrambi con le labbra serrate dall’ira e dalla delusione. Marilyn aveva le mani strette in pugni e ormai non le sentiva più. I suoi occhi stavano diventando lucidi, ma non voleva dargli quella soddisfazione. Non quella sera.

John allontanò lo sguardo da lei e andò a prendere il cappotto, per poi uscire dall’appartamento camminando nervosamente. Sentì sua figlia che lo mandava a quel paese, probabilmente stava piangendo. Ma non gli importava, non in quel momento.

 

*

 

Le strade luminose di Los Angeles erano prive di attrazione per John. Aveva bisogno di calmarsi, di sfogare tutta quella rabbia che gli si era annidata dentro, o sarebbe finito con lo scoppiare.

Si intrufolò così in un bar, buio, sporco e pieno di persone ubriache o stravaccate sui tavoli. In quel momento non ambiva a nulla di meglio.

Si sedette al bancone con lo sguardo torvo e ordinò un drink. Si passò una mano sul viso esasperato; capiva che aveva sbagliato ad arrabbiarsi così, non ce n'era bisogno, ma quella domanda lo aveva fatto impazzire.

Sono uno stronzo” pensò mentre ingurgitava alcol tutto d'un fiato. Appoggiò lentamente il bicchiere. Si guardò intorno, due uomini avevano cominciato a litigare a gran voce, ma non capiva un’accidente di cosa si stessero dicendo.

Continuò ad ordinare drink su drink senza mai smettere, ed in quel momento i ricordi cominciarono a farsi vivi e limpidi nella sua mente. Ricordava tutto perfettamente e sapeva di doverlo dire a Marilyn, se lo meritava, dopo anni passati nell'ignoranza.

Tutto era iniziato in quella schifosa città di Amburgo, rise tra sé e sé ripensando ai momenti passati là. Strano che proprio lì fosse cambiato tutto.

Erano accadute troppe cose che per troppo tempo erano state nascoste, ma era difficile rivelarle tutte in quel momento e da solo non ce l'avrebbe mai fatta. Non avrebbe saputo nemmeno da dove cominciare.

Si stravaccò sul bancone completamente ubriaco. Voleva chiudere gli occhi e dimenticare per un momento tutto. Chi era lui, i suoi doveri di padre, gli amori vecchi e nuovi, tutto a quel paese, voleva essere libero.

Una scossa lo fece tornare in sé, un uomo lo stava scuotendo. Il bar sarebbe chiuso fra poche ore e John doveva andarsene il prima possibile.

Tornò a casa, triste, ripensando a quanto fosse diverso una volta.

Quando entrò nell'appartamento, vide che Marilyn lo stava ancora aspettando, seduta sul divano, con una coperta sulle spalle. Lo guardò con gli occhi arrossati, segno che aveva pianto.

John sentì improvvisamente un dolore fortissimo. Vederla in quello stato e sapere di esserne la causa, face nascere il lui dei dolorosi sensi di colpa. Si precipitò da lei e l'abbracciò baciandole la testa.

-Sono un figlio di puttana- le sussurrò tra i capelli. Marilyn lo strinse ancora più a sé, per fargli capire che lo aveva perdonato.

-Non avrei dovuto insistere, posso capire che possa essere difficile-

John sorrise, era per questo che voleva molto bene a sua figlia, lo capiva e riusciva a perdonarlo, anche se riusciva benissimo a ferirlo con la sua lingua tagliente. Caratteristica che sicuramente le aveva trasmesso lui stesso, si ritrovò a pensare.

-Ma almeno puoi dirmi com'era?- chiese lei.

John sospirò, ma accettò comunque la richiesta -Era una donna straordinaria, amava cantare, ballare ma soprattutto ridere. Non c'era nulla che le piacesse più di ridere. Era anche bella sai, molto bella, e tu le assomigli-

Mary arrossì, non si era mai considerata bella, ma John sapeva che prima o poi se ne sarebbe resa conto.

-Lei mi capiva, riusciva a tirarmi sù il morale e non c'era sfida che non accettasse. Diceva che le faceva solo per vivere la vita con pienezza, per avere delle storie da raccontare e dire “io l'ho fatto”- rise ripensando a che donna incredibile fosse la madre di quella ragazza.

-Ma dietro a quella donna divertente, si nascondeva una donna seria, matura e sensibile-

Marilyn gli disse di fermarsi. Non voleva sapere altro, gli bastava quello. Aveva notato qualcosa negli occhi di suo padre, come un luccichio. Forse l'aveva amata sul serio, pensava la ragazza mentre andava a dormire.




Angolo Autrice:
Si lo so, questo capitolo è corto, ma finalmente Marilyn chiede di sua madre. Ah, che soddisfazione arrivare a questi traguardi (?).
Come avrete notato non metto l'anno in cui si svolge la storia, però visto che John è a Los Angele si potrebbe dedurre che sia durante il Lost WeekEnd, e quindi intorno al 1975-76. Ho scelto apposta questo periodo della vita di John perchè...beh, Yoko per un po' non ci sarà e quindi il nostro Johnny è un po' instabile. 
Vi avverto che potrebbero esserci delle incongruenze per quanto riguarda l'età di Marilyn...ma queste sono sottigliezze.
Ringrazio Mei 77 che ha recensito e messo la storia sia nelle seguite che nelle ricordate.  cipollina_15 che ha messo la storia nelle preferite e infine Chiara_LennonGirl06 che ha recensito.
Vi prego di recensire, è importante :)

With Love
Goldenslumber14
  
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