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Autore: Little_Sisters    03/02/2014    1 recensioni
[Rhionne cetric | Arancione | Tematiche delicate]
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Rhionne aumentò leggermente il passo.
Il cielo plumbeo di pioggia era invisibile ai suoi occhi, coperto dalle fronde aranciate degli alberi.
Sentiva solo la sensazione di bagnato che le gocce le lasciavano sulle ciocche di capelli scappate dallo chignon.
Cadevano sul cappotto nero, sembrando quasi piccoli cristalli congelati, e scivolavano sul terreno, silenziose poiché le foglie cadute, ormai umide, ne attutivano il suono.
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- Geo
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hasuike An, Kurione Yuki
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Autrice: Geo
Titolo: Masquerade

Rating: Arancione
Personaggi: Rhionne (Kurione Yuki), Rean (Haisuke An).
Pairing: //
Numero di parole: 1393
Prompt: Maschera, suppongo.
Note:
Scritta perché ne sentivo il bisogno.
Arancione perché qua dentro sarà tutto arancione, fatevene una ragione tratta tematiche delicate. Spero
solo di non aver fatto niente di deplorevole e di non urtare la sensibilità di nessuno.

Beh... Penso sia tutto.
R&R

 



 

ooo Masquerade ooo

 

 

 

 

Rhionne aumentò leggermente il passo.
Il cielo plumbeo di pioggia era invisibile ai suoi occhi, coperto dalle fronde aranciate degli alberi.

Sentiva solo la sensazione di bagnato che le gocce le lasciavano sulle ciocche di capelli scappate dallo
chignon.

Cadevano sul cappotto nero, sembrando quasi piccoli cristalli congelati, e scivolavano sul terreno, silenziose poiché le foglie cadute, ormai umide, ne attutivano il suono.
Cambiò direzione, prendendo un'accidentata stradina che si diramava dal sentiero principale del parco, seminascosta da un folto gruppo di rovi, e si fermò solamente dopo che una piccola radura si aprì sotto ai suoi occhi.
Poggiò cautamente la borsa verdognola alle radici di una vecchia quercia e si inginocchiò davanti al profondo specchio d'acqua che occupava la maggior parte del prato.
Tolse lentamente la maschera che indossava dal viso e la poggiò al suo fianco con estrema delicatezza, come se la sua vita dipendesse solo da quel fragile oggetto.
Improvvisamente, una ragazza dai corti capelli arancioni e vispi occhi azzurri le diede il benvenuto dall'altra parte della superficie scura dello stagno.
«Ciao Rean.» salutò anche lei, accompagnandosi con un gran sorriso «E' da tanto che non ci vediamo, mi dispiace...»
L'altra ragazza la guardava sorridendo materna, come se potesse leggerle direttamente dentro l'anima. Aveva lo sguardo carico di una consapevolezza enigmatica, che faceva sentire Rhionne compresa come non succedeva da ormai troppo tempo.
Ma, dopotutto, era sempre stata Rean l'unica in grado di capirla veramente.
«Però c'è un motivo se non sono venuta da te, in questo periodo. Ho... Avuto un paio di crisi di nervi ultimamente. Niente di preoccupante, comunque. Stai tranquilla.» si affrettò ad aggiungere la ragazza, notando l'espressione per un attimo corrucciata di Rean.
«E' stato frustrante il fatto che sia avvenuto davanti a tutti. Sono sempre riuscita a nascondere tutti i miei problemi a chi mi stava intorno, perché dovrei crollare proprio ora? Quando meno ne ho bisogno?» si lasciò scappare una risata nervosa, mentre strappava un ciuffo d'erba secca dal terreno.
Tutti quanti si erano accorti del suo strano comportamento.
Era buffo come nessuno si preoccupasse di nulla fino a che ciò non lo riguardasse personalmente.
Aveva più volte raccontato a Rean della sua timidezza e della sua fragilità.
Si sentiva sopraffatta dalle persone che la circondavano; persone che la vedevano senza guardarla, persone che la sentivano senza mai ascoltare veramente ciò che dicesse.
Non avevano mai ascoltato le sue disperate richieste d'aiuto, a volte urlate, a volte sussurrate da dietro la maschera che le avevano costruito intorno.
Lei si era dimostrata intelligente una volta, intuirono che fosse una sua qualità.
Lei si era dimostrata avveduta quando era stato necessario, pensarono che facesse parte della sua personalità.
Lei si era dimostrata una bambina che rimaneva sola e in disparte, ne venne dedotto che lo sarebbe stata sempre per propria scelta.
Non importava quanto facesse perché le persone capissero che lei non era ciò che credevano, Rhionne era troppo debole per farsi sentire.
Eppure l'avevano sempre definita come una ragazza forte, che ironia.
Si tolse il cappotto, ormai intriso di pioggia, e lo appoggiò al suo fianco, mentre l'acqua iniziava a picchiettare anche sul maglione di lana arancione.
«Sai Rean, a volte penso che sia tutta colpa della maschera.» pronunciò flebilmente, accarezzando con le dita affusolate l'oggetto nominato «E' pur vero che tutti si aspettavano che fossi la ragazza perfetta che loro stessi avevano creato, ma è stata una mia scelta quella di indossarla.»
Scrutò la reazione della compagna, incontrando uno sguardo fermo, indurito dalla rabbia.
Forse Rean aveva ragione, non avrebbe dovuto biasimarsi in quel modo: lei era solamente una bambina e voleva essere accettata.
Se non poteva essere capita voleva almeno essere considerata.
Voleva che la gente conoscesse il suo nome, che riconoscesse la sua faccia, che avesse almeno un'idea su di lei.
Poco le importava cosa avrebbe dovuto soffrire per raggiungere il suo obiettivo.
Avrebbe imparato ad essere ciò che fosse stato meglio, si diceva da sola.
Così aveva iniziato a comportarsi in modo intelligente, avveduto e introverso, indossando quella maschera di porcellana ogni giorno.
Andava tutto bene all'inizio.
«Come ho fatto ad arrivare a questo punto, Rean? Tu lo sai?» Rhionne sorrise malinconica, passandosi una mano tra i ciuffi color albicocca.
«Erano tutti così fieri di me... Compiacevo le loro aspettative, ricevevo una carezza sul capo e tutto filava liscio.»
Sbilanciò il peso in avanti, appoggiando entrambi i palmi al terreno infangato.
Le gocce di pioggia che si scontravano con la superficie del lago creavano un ritmo costante, ipnotico e, nei loro cerchi concentrici, sembravano tutte identiche.
Ad un certo punto scomparivano e si mescolavano con l'acqua del bacino, entrando a far parte di ciò che in principio doveva essersi formato proprio così, come un insieme di gocce anonime. Nessuno sarebbe riuscito più a distinguerne una da un'altra.
“Esattamente come loro” pensò con un risolino isterico, piegando la testa di lato.
Che poi, chi erano loro? Professori, amici definiti tali solo perché il concetto di “conoscente” era out, amici dei genitori... I suoi stessi genitori, o, per lo meno, sua madre: tutte persone il cui unico obiettivo sembrava quello di uniformarsi alla massa e lasciarsi trasportare dalla corrente comune, non prestando attenzione a chiunque ne venisse brutalmente travolto.
Non soccorrendo neanche lei dopo che qualcosa dentro il suo corpo si era rotto.
Un'ennesimo, lieve impatto fece tremare l'immagine di Rean.
«Io-io non capisco più chi sono...» iniziò la ragazza singhiozzando «Ho sempre cercato il consenso delle persone che mi stavano accanto, perché adesso non me lo danno più? Ho solo bisogno di una pacca sulla spalla, perché tutti mi devono trattare male, lasciandomi in disparte? Che cos'ho fatto per meritarmelo!» Ormai stava urlando, rannicchiata su se stessa in posizione fetale, mentre amare lacrime le rigavano il viso.
«Ditemelo, ditemelo... Vi prego...»
E Rhionne non ce la faceva davvero più.
Inconsciamente, lei che aveva cercato così tanto di essere accettata, si era annullata.
Se non sapeva nemmeno lei chi era come avrebbe potuto pretendere che lo sapessero gli altri?
Ma, ancora, non era di certo colpa sua il comportamento che aveva assunto.
Alla fine era come se, in qualche modo, anche lei fosse entrata a far parte di quel turbinio di gocce di cui nessuno si curava.
Si era uniformata al tutto, che nel medesimo tempo non era nulla.
Si prese la testa tra le mani, respirando piano per far passare l'emicrania che la stava attanagliando.
Era un pensiero troppo difficile per venirne a capo.
Con calma, alzò la fronte dal terreno e vide la maschera, ancora lì, dove l'aveva riposta, anonima come sempre.
Forse era sua la colpa.
La maschera che lei aveva indossato come ancora di salvezza, ma che al contempo le era stata mostrata come unica via.
Doveva per forza essere colpa sua.
Rhionne sferrò un pugno all'oggetto, spezzandolo.
Il sangue vermiglio si fece strada, caldo sulla sua mano percorsa da mille brividi.
Le venne la nausea, un po' per il dolore e un po' per l'odore metallico che le stava riempiendo le narici.
Solo in quel momento si accorse di Rean, che la guardava terrorizzata.
La paura si era impossessata dei suoi occhi e guardava sbigottita ciò che aveva appena fatto.
Tremante, la ragazza si avvicinò all'altra e allungò la mano per accarezzarle il volto, per rassicurarla.
Ignorò il bruciore dell'acqua fredda a contatto con le ferite e cercò di ridere, cristallina.
«Rean, e se venissi da te? Tu sei l'unica che sa tutto di me e mi hai sempre aiutata. Mi sembra il minimo che possa fare per ricambiare la tua gentilezza.»
Un viso sorridente, rigato da lacrime ancora fresche e sporco di terra fu l'ultima immagine che venne riflessa nel lago prima che Rhionne vi si immergesse senza alcuna esitazione.
Voleva trovare Rean e ce l'avrebbe fatta.
Doveva solo aspettare pazientemente un altro po', ignorando il gelo che si faceva strada prepotentemente tra le ossa e i polmoni.
Un tenue filamento rosso si mescolò all'acqua, spandendosi in modo irregolare e, dopo che le ultime bolle d'aria si scontrarono con la superficie del laghetto, ora increspata solo dal continuo picchiettio del temporale, tutto divenne buio.



 

Non rimaneva altro che una maschera di porcellana crepata,
sulla quale risultavano ancora evidenti macchie cremisi.
Se ne stava lì, abbandonata tra l'erba secca e nessuno l'avrebbe più raccolta.
Chi l'aveva portata così a lungo, finalmente, non ne sentiva più il bisogno.


 


 

 

Angolo dell'autrice:
Come si sarà capito, qui la nostra cara Kurione Yuki/Rhionne è pazza.

E, come tale, vede il suo stesso riflesso come quello di un'altra persona: Haisuke An/Rean.
Quindi tutti i sentimenti, le espressioni, etc... espressi come di Rean sono in realtà della stessa Rhionne. E loro due sono la stessa persona perché Rean in realtà non esiste.
Ho scelto loro due perché penso si somiglino abbastanza come aspetto fisico e anche i nomi alieni hanno una certa assonanza/consonanza. Per questo ho usato solo quelli.
In più il discorso della maschera è generalmente metaforico, ma ho scelto proprio Yuki perché ne indossa veramente uno e rende meglio l'idea.
Insomma, tutte le strade portano a Yuki ='D
Spero non sia così complicato come ragionamento.
Il significato principale è la fragilità di Yuki che si ritrova a contatto con il mondo, ma, appunto, fragile com'è, non riesce a conviverci.
Ma non si sente di dare la colpa di tutto questo a nessuno, ecco.
Sì, in parole povere è così.
Ci lavoro su da... Tre mesi? All'incirca.
E' la terza versione e spero anche l'ultima. Non so, forse la riscriverò di nuovo, ma per ora penso possa andare quindi la pubblico comunque.
Beh, ora me ne vado e spero vivamente che la storia non abbia dato l'impressione di “argomento preso alla leggera durante un pomeriggio di noia” o abbia ancora, in qualche modo, urtato nessuno.
A presto,
- Geo

  
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