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Autore: CheshireClown    12/06/2008    4 recensioni
Viviamo la nostra vita come se fosse un giorno, venerando il mattino ed evitando la notte. E appena le tenebre ci avvolgono, ci sentiamo persi, cerchiamo disperatamente quei tiepidi raggi che all'alba ci vengono a svegliare. Amando il sole che sorge, ci è difficile accettare la realtà.[NaruSaku]
[Terza classificata al contest "Made Abroad" indetto da V@le]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dreaming Sunrise
Dreaming Sunrise
[sognando l'alba]


[Sunrise, Sunrise
Looks like mornin' in your eyes
But the clocks held 9:15 for hours]


La tazzina si schiantò contro il liscio pavimento, frantumandosi.
Imprecò la ragazza seduta al tavolo, prima di portarsi una rosea ciocca dietro l'orecchio e chinarsi a raccogliere i candidi tasselli, invano.
Sbuffando, agguantò la scopa e li spazzò via, assieme ai suoi fastidiosi pensieri.
La polvere si librò leggera, svolazzando per la stanza.
Era nervosa, Sakura. Il sole era tramontato ore prima e lui non si era ancora fatto vivo.
Non aveva sentito il campanello suonare, nè era corsa ad aprire la porta.
Era rimasta seduta al tavolo della piccola cucina polverosa, a chiedersi quando si sarebbe degnato di arrivare.
Veniva sempre a farle visita la sera, nonostante fosse distrutto dal pesante turno di lavoro. Non aveva nessuno ad aspettarlo a casa, e per lui erano preziosi i pochi attimi trascorsi assieme alla ragazza.
Sakura poteva vederlo chiaramente, nei suoi ricordi.
Varcava la porta con un gran sorriso sulle labbra, un dono speciale. Per colpa della sua occupazione non poteva sorridere più così spesso, come in passato. Eppure, ogni qualvolta l'andasse a trovare si sforzava di aprire quelle sottili labbra e piegarle verso l'alto, pur di farla felice. Come indossare il vestito più bello per la messa della domenica, pur di sembrare perfetti.
Portava sempre lo stesso cappotto, bianco e lungo fino ai piedi. Ne andava molto fiero: era simile a quello di suo padre. Se lo toglieva con cura e lo appendeva dentro il guardaroba nell'ingresso.
Infine, si voltava verso Sakura ed entrava in cucina, accolto dal delizioso profumo di una cenetta servita in candidi piatti di ceramica.
Trascorrevano la sera assieme, parlando e ridendo.
Nonostante fosse sera, per la ragazza era sempre un adorabile mattino.
Le bastava osservare quel volto abbronzato, quegli occhi limpidi quanto il cielo terso padrone dei campi attorno alla casa.
Le ciocche dorate che birichine ricadevano sul volto del ragazzo erano raggi di sole che fastidiosi le accarezzavano il volto addormentato.
Il sorriso, la sua voce calda, la sua allegria, tutto di lui le ricordava l'alba.
Si ricordava di quando, da bambina, correva fra i prati appena sveglia. Voleva raggiungere il sole nascente, affermava.
E i suoi genitori ridevano, vedendola giocare felice alle prime luci del nuovo giorno.
Amava svegliarsi presto, indossare un bel vestitino e galoppare verso l'orizzonte per salutare lo splendente astro che luminoso sorgeva.
Com'era ingenua e infantile.
Forse era stato un errore crescere.
E quando, una volta adulta, si era accorta di quanto fosse sola, si era aggrappata a ciò che più le ricordava l'alba.
Naruto.
L'impacciato compagno di scuola che per anni, imperterrito, l'aveva corteggiata, sempre rifiutato.
Lui, al contrario di lei, era rimasto un bambino. Rideva sempre e tornava spesso a casa con qualche graffio sul viso o qualche macchia di fango.
Lui, al contrario di lei, aveva conservato alcuni raggi mattutini della sua vita.
Sakura se n'era accorta e, pian piano, si era avvicinata sempre di più a quella dolce fonte di calore.
Non voleva rimanere la freddo e al buio, non voleva arrivare alla sera della sua vita.
I suoi occhi color speranza non erano più vivaci come una volta. Avevano bisogno di riflettere la luce che emanava lo sguardo allegro di Naruto.
Alzò il capo verso l'orologio appeso alla parete lignea di fronte a lei, leggendovi sopra l'ora.
Le nove e un quarto.
Il ragazzo sarebbe dovuto essere accanto a lei già da un'ora e quindici minuti.
[Ma la sedia era vuota.]
Naruto sarebbe dovuto venire a farle visita.
[Ma l'ingresso era vuoto da mesi.]

[Sunrise, sunrise
Couldn't tempt us if it tried
'Cause the afternoon's already come and gone.]

L'assolato pomeriggio era solo un ricordo sfocato nella mente di Sakura.
Pareva fossero passati anni da quando aveva visto il sole assopirsi sulle cime delle colline ad ovest. Era rimasta nei campi attorno alla casa per tutto il giorno, alla ricerca di quei pochi raggi che dall'alba persistevano fin oltre mezzogiorno.
Era tornata a dondolarsi sull'altalena legata al nodoso ramo della quercia al limitare del bosco. Era corsa fino al ruscello per giocare con i pesciolini che nuotavano nell'acqua limpida. Infine, aveva fatto visita alle tombe dei suoi genitori, sepolti sulla cima di una collina.
Ogni anniversario della loro morte, Naruto la accompagnava per sentierini tortuosi e le offriva una spalla su cui piangere di fronte a quelle fredde lapidi.
Col calore del ragazzo, i pensieri di Sakura riguardo la notte eterna che l'avrebbe aspettata una volta raggiunta la fine dei suoi giorni scivolavano via, sulle ali del vento.
[Ma il prossimo anniversario, Naruto non l'avrebbe sostenuta.]
Sulla via di casa aveva raccolto un mazzolino di margherite che aveva sistemato poi in un grazioso vasetto sul ripiano sopra il lavello. Aveva buttato anche tutti i giornali dalle pagine ingiallite abbandonati sui gradini davanti alla porta d'ingresso.
Non riusciva a comprendere perchè mai non li avesse raccolti per tutto quel tempo, nè riuscì a trovare una motivazione all'apparente scomparsa del postino che da mesi non le recapitava più i quotidiani.
Mentre si dirigeva verso il piccolo cestino della spazzatura al limitare della strada sterrata che tortuosa passava fra i campi, aveva letto con la coda dell'occhio i necrologi posti nell'angolino in basso della prima pagina del quotidiano in cima alla pila di giornali. Aveva sorriso nel constatare l'esistenza di una sua omonima. Pareva infatti che, mesi prima, una certa Sakura Haruno fosse precocemente morta alla giovane età di ventiquattro anni a causa di una rara malattia trasmessale dal fidanzato.
Il sorriso, divenuto forzato, era sparito del tutto una volta gettati con poca cura i quotidiani nel cestino. Non voleva pensare alla morte, odiava pensare alla morte.
Per questo aveva tentato in ogni modo di distrarsi dal terribile senso di malinconia che l'aveva oppressa da qualche mese.
Si era data da fare, dopo giorni di assoluto riposo trascorsi chiusa in casa.
Aveva tentato, per tutto il pomeriggio, di tornare bambina, di ritrovare i persi raggi del mattino della sua vita.
Solo alla sera si era rassegnata, riponendo le sue speranze nel giorno seguente e dedicandosi all'attesa di Naruto.
[Ma lui non sarebbe venuto, perchè per lui il pomeriggio non arrivava da tempo.]


[Surprise, surprise
Couldn't find it in your eyes
But i'm sure it's written all over my face]


Sul ciglio fra sera e notte, Sakura decise di abbandonare la cucina.
Andò nell'ingresso, per poi salire le scale in legno. Con la coda dell'occhio osservava soddisfatta l'ordinato salotto occupato da un basso tavolino in mogano dal ripiano polveroso attorniato da un divano e due poltrone coperte da candidi teli. Giunse al piano superiore e si diresse in camera sua.
Nel buio, senza accendere nessuna luce, percorse la stanza fino ad arrivare alla finestra. Si sedette sulla poltroncina posta lì vicino.
Si accoccolò, cercando conforto. Gli occhi, tristi, accarezzavano il freddo e liscio vetro dinanzi a lei, focalizzando la vista sulla maniglia così che il paesaggio di sfondo risultasse sfocato.
La sera le incuteva timore, con i suoi toni cupi e la sua assenza di certezze. Non si fidava del buio, delle minacciose ombre.
Nonostante fosse maturata, le era rimasta la paura della notte.
Da piccola pregava sempre i suoi genitori di lasciare acceso almeno una candela. In tal modo, se si fosse svegliata e si fosse ritrovata avvolta dalle tenebre, la fioca luce del lumino l'avrebbe rassicurata, ricordandole l'esistenza di qualcosa di vivo e benevolo nella sua camera.
Da adulta pregava sempre Naruto di rimanere con lei le sere più buie, così che se si fosse svegliata in piena notte il tepore del corpo del ragazzo avrebbe placato le sue paure.
Ora, però, non vi era niente che potesse consolarla.
L'imbottitura della poltrona pareva troppo fredda, la luce delle candele pareva troppo debole. E il suo corpo sembrava di ghiaccio al calar delle tenebre.
Si accarezzò il volto, lo sguardo perso. La mano, in un gesto fluido, scivolò via dal volto. Si librò nell'aria fino a scontrare la gelida superficie del vetro della finestra. La carezzò, seguendo con gli occhi ogni minimo movimento delle dita.
Provò sorpresa nel constatare quanto la sua pelle fosse pallida. Pareva addirittura che, alla luce della luna nascente, la pelle brillasse.
Provocò ancora più stupore vedere un albero nascondersi dietro un'unghia quasi trasparente.
Ritrasse di scatto la mano, spaventata.
La portò al petto, chiusa a pugno. Titubante, abbassò il capo per osservarla una seconda volta.
Notò che non solo la mano risplendeva alla luce lunare, ma l'intero corpo emanava una candida luce pallida.
Le vesti, come il corpo, contrastavano con il loro chiarore con il tessuto scuro della poltrona.
Oltre alle pieghe del vestito, oltre ai suoi arti, Sakura poteva vedere la minuziosa decorazione della stoffa del sedile.
Sgranò gli occhi, terrorizzata e al contempo sorpresa.
Alzò il capo, rivolgendolo al cielo notturno.
Forse Naruto, da lassù, la stava osservando con i suoi occhi calmi e sereni, sorridendole gentile.
Magari era pure divertito da quella reazione, e si sarebbe sentito invaso dalla voglia di scendere sulla terra e abbracciarla per consolarla.
Sembrava un bambina sola in mezzo ad un bosco, Sakura. Rannicchiata sulla poltrona, stringeva le vesti a sè, gli occhi color speranza sgranati dallo stupore e ricolmi di insicurezza.


[Surprise, surprise
There was something i could hide
When i see we made it through another day]


Abbassò il capo, le labbra schiuse.
Si torturò le mani, sentendosi sciocca. Era adulta, responsabile, matura, ma non aveva mai lasciato che le sue paure infantili rimanessero sigillate nel suo passato.
Le aveva portate con sè, per tutti quegli anni. Aveva giocato con loro la mattina, il pomeriggio, la sera, e infine era andata a dormire con loro la notte.
[Ma l'alba non era mai arrivata.]
Una lacrima scivolò sulla guancia, tracciando un umido percorso sulla gelida pelle evanescente.
Ogni sera, da alcuni mesi, scopriva che il cuore non batteva più.
E ogni sera, da alcuni mesi, ne rimaneva stupita.
O semplicemente aveva paura di ammetterlo.
Aveva paura di ammettere che ormai il suo giorno era passato, come quello di Naruto.
Doveva accettarlo.
Doveva accettare le tenebre che ne avvolgevano l'anima.
Doveva accettare il Fato birichino che aveva voluto che il ragazzo, nel pieno del primo pomeriggio, tramontasse precocemente.
Si abbracciò, cercando di scacciare quei dolorosi pensieri. Fuggire era inutile, ma non trovava altra soluzione.
Dopotutto, aveva un'eternità per accettare il suo decesso.
Ricordava, come ogni sera, Naruto disteso su un letto d'ospedale.
La sua voce riecheggiava nella mente della ragazza, ripetendole quanto l'amasse e quanto si sentisse in colpa per averla trascinata in quel baratro profondo.
Rivedeva l'erba perfettamente tagliata che gentile accarezzava la cinerea lapide.
Aveva versato lacrime su lacrime su quella fredda pietra. Le aveva addirittura parlato, nella speranza di poter essere ascoltata da colui che riposava nell'umida terra sotto di lei.
Erano ricordi confusi di giornate trascorse a correre per i campi, fra pianti e speranze.
Pure le bianche lenzuola che l'avevano accolta nei suoi ultimi giorni di vita apparivano sfocate alla vista della mente.
Il suo inconscio aveva esaudito i suoi desideri più reconditi, sigillando con cura quei momenti così dolorosi.
Ne era grata, in questo modo riusciva a non pensarci.
[Ma ormai era giunto il momento di fronteggiare la realtà]


[Now good night
Throw its cover down
On me again
Ooh and if i'm right
It's the only way
To bring me back]


La notte era ormai calata, sul mondo e sulla vita di Sakura.
Non vi era nient'altro da fare, se non arrendersi.
Si alzò dalla sedia, Sakura, dipingendo sul volto un amaro sorriso. Incuteva paura il solo pensiero di lasciarsi andare, di dire addio a quel mondo così confortevole ma non più suo.
Rimanere ancorata al passato, a quella casa che per un'intera vita l'aveva ospitata, era sbagliato.
Pareva giusto, ma era solo un'illusione. Lei non apparteneva più a quel mondo e non poteva nemmeno andare contro alle regole della natura.
Per troppo tempo era scappata, terrorizzata dall'idea di raggiungere l'aldilà. Aveva paura che, una volta concessasi al sonno eterno non avrebbe mai più rivisto l'alba.
Rimanendo un fantasma, poteva benissimo ammirare il sole sorgere.
Poteva sentirsi all'alba della sua vita.
Ma era quella la libertà promessa dalla morte?
Una continua fuga dalla realtà, una prigione delimitata da immensi campi? Catene la legavano al passato, e solo la sua volontà sarebbe riuscita a spezzarle.
Si coricò sul morbido letto, chiudendo le palpebre.
Si fece coraggio e si rilassò.
Erano mesi che non chiudeva occhio, rimanendo vigile la notte aspettando maniacalmente l'alba.
Erano mesi che non accettava gli inviti della Signora Tenebra a lasciare il mondo.
E ora, lasciando i ricordi scivolare via, abbandonandoli in un angolo come vecchi giocattoli, Sakura svuotava la sua mente.
Un sorriso sereno a illuminarle il volto.
Avrebbe accettato la realtà, avrebbe accettato la sua morte.
E sarebbe salita sul carro di Selene verso una destinazione a lei ignota.
Chissà cosa le sarebbe successo, dove sarebbe finita.
Forse avrebbe rivisto il suo mondo, i suoi campi, la sua casa, dal luogo in cui si sarebbe trasferita la sua anima.
Magari avrebbe anche rincontrato Naruto, e insieme avrebbero continuato a sperare di vedere un'ultima volta l'alba.





Canzone: Sunrise
Artista: Norah Jones
Vincolo tematico: casa infestata




******




Ecco a voi la storia terza classificata al concorso "Made Abroad" indetto da V@le.
Volevo scrivere una song-fic sulla canzone "barbie girl" degli Aqua ambientata all'Inferno (ossì, la mia mente è malata) ma alla fine nella mia testolina è sbucata fuori questa ficcina *-*
Non posso che essere felice del podio, visto che l'ho scritta in circa due ora dopo due interi giorni di crisi da "ora-che-diamine-mi-invento?"
Non so come sia venuta fuori, in realtà. Forse è colpa proprio della canzone, ascoltata a manetta per circa una settimana.
Almeno la fic è meno cupa delle altre storie che solitamente presento ai concorsi indetti da V@le xD
Dunque, dunque, che altro dire?
Ah sì, la trama, mentre scrivevo la fic, mi sono accorta che somigliava lievemente al film "The Others". Ciò era completamente involontario, visto che la mia mente era già troppo impallata nella crisi più nera per andare a pescare spunti in film xD
Poi, per chi non lo sapesse, il carro di Selene è il carro su cui viene trasportata la luna secondo la mitologia greca. Ecco a cosa serve il libro di storia dell'arte xD
Complimenti alle altre partecipanti, alle prime classificate Queen_of_Sharingan_91 e Hipatya, alla seconda classificata ladykiki e a V@le e miya86. La nostra SuperWoman tira sempre fuori idee magnifiche per i concorsi *-*
Infine, un grazie a HopeToSave, o Bea, per aver sopportato il mio mini periodo di crisi profonda martedì mattina. 



kiara_chan


 

  
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